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«Il maggior deposito europeo in questo genere». Istanze di riforma della Calcografia Camerale nell’età della Restaurazione, in "Governo della Chiesa, governo dello Stato. Il tempo di Leone XII", a cura di R. Regoli, I. Fiumi Sermattei, M.R. Di Simone, Ancona 2019, pp. 261-281

At the beginning of the 19th century the papal cultural policy made an effort to protect historic heritage and to promote art market. A relevant scope of this government action was the Calcografia Camerale, the papal collection of engraved copperplates, to print the images of the city and its ancient monuments as required for the Grand Tour. During the first and the second decades of the century the Giuseppe Valadier’s management was often, strongly disapproved, and on 1822 the institution was finally reformed, in order to improve profitability, print’s quality and censorship. On 1826, under the pontificate of Leo XII, this first reform was enhanced, exactly detailing the structure of the organization, not competing but rather supporting the local art market and engravers.

I ALE CON S IG O R EG ON LI a lle ble Ma rc h e A ssem le g is l a t i va de QUADERNI DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLE MARCHE con il patrocinio di in copertina: Nicola Cerbara, Medaglia commemorativa della Congregazione degli studi istituita da Leone XII con la bolla “Quod Divina Sapientia”, 1824, bronzo (foto Antonio Barberis, 2019) G  C,   S Il tempo di Leone XII a cura di Roberto Regoli, Ilaria Fiumi Sermattei, Maria Rosa Di Simone "G  C,   S. Il tempo di Leone XII" Stampato dal Consiglio Regionale Assemblea legislativa delle Marche Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche, n. 256, Ancona 2019 a cura di Roberto Regoli, Ilaria Fiumi Sermattei, Maria Rosa Di Simone nell’ambito di un programma ideato da Valerio Barberis Saggi di Anna Barańska, Edoardo Bressan, Lisa Cattaneo, Andrea Cicerchia, Alessandro Dani, Maria Carmela De Marino, Maria Rosa Di Simone, Marco Fioravanti, Ilaria Fiumi Sermattei, Pierangelo Gentile, Mario Luigi Grignani, François Jankowiak, Chiara Lucrezio Monticelli, Davide Marino, Sandro Notari, Roberto Regoli, Lorenzo Scatena, Ugo Taraborrelli, Luca Topi, Paolo Daniele Truscello Redazione Chiara Orefice Progetto grafico Mario Carassai Ringraziamenti David Bruffa, Luigi Carnevale Caprice, Giulia De Marchi, Isabella di Carpegna Falconieri Massimo, Tommaso di Carpegna Falconieri, Marco Filipponi, Maria Antonella Fusco, Luisa Clotilde Gentile, Antonio Mastrovincenzo, Maria Cristina Misiti, Gian Savino Pene Vidari, Daniele Salvi un ringraziamento particolare a Carmen Mochi Onory, Franca Persichetti Ugolini, Lorenzo Pucci della Genga SOMMARIO Presentazione Antonio Mastrovincenzo Presidente del Consiglio Regionale delle Marche ............................ Premessa Valerio Barberis ...................................................................... Introduzione Roberto Regoli con Ilaria Fiumi Sermattei e Maria Rosa Di Simone..... 11 I. Una questione aperta «Per qualche tempo tenuto all’oscuro…». Brèves remarques sur l’historiographie de la Curie et du gouvernement des États pontificaux sous le pontificat de Léon XII François Jankowiak ...................................................................... 19 Ordini, contrordini e disordini. Riforma della Curia e dello Stato Roberto Regoli ............................................................................... 29 II. Governo della Chiesa «Per sradicare la peste e i mali communi». La Congregazione del Sant’Uffizio e i suoi tribunali nell’età di Leone XII (1823-1829) Andrea Cicerchia .................................................................... 55 Una «colluvie di libri perniciosi». L’Indice durante il pontificato di Leone XII Davide Marino .............................................................................. 71 L’attività della Congregazione di Propaganda Fide durante il pontificato di Leone XII alla luce degli Acta Sacrae Congregationis de Propaganda Fide e la missione nell’Indostan detta Tibetana Mario L. Grignani ......................................................................... 85 7 9 Léon XII et la Congrégation des Affaires ecclésiastiques extraordinaires: nouveaux horizons, nouveaux défis Anna Barańska ............................................................................. 115 La Segreteria di Stato e la «direzione suprema di tutti gli affari» durante il pontificato leonino Paolo Daniele Truscello ................................................................. 137 La Penitenzieria Apostolica al tempo di Leone XII: un dicastero per la “restaurazione” delle anime Ugo Taraborrelli ............................................................................. 153 III. Governo dello Stato Tra norma e prassi. Leone XII e la riforma dei tribunali civili camerali (1824-1828) Maria Carmela De Marino ............................................................ 179 La Commissione Turiozzi e la riforma dell’ordinamento giudiziario civile di papa Leone XII (1823-1824) Sandro Notari ............................................................................... 189 Le riforme universitarie e scolastiche di Leone XII Maria Rosa Di Simone .................................................................. «Il maggior deposito europeo in questo genere». Istanze di riforma della Calcografia Camerale nell’età della Restaurazione Ilaria Fiumi Sermattei ................................................................... «La speciale protezione delle Belle Arti». La Commissione Consultiva Generale di Antichità e Belle Arti al tempo di Leone XII Lisa Cattaneo ................................................................................. Le istituzioni sociali a Roma nell’età di Leone XII Edoardo Bressan ............................................................................ La normativa di Annibale della Genga cardinale vicario di Roma Alessandro Dani ............................................................................. Ordine pubblico e ordine morale: polizia e parroci nella capitale agli esordi del pontificato di Leone XII Chiara Lucrezio Monticelli ............................................................. Ai margini della legalità: la condanna alle galere nello Stato pontificio negli anni Venti dell’Ottocento Marco Fioravanti ........................................................................... «Mestiere da matti o da birbi»: miti e realtà di sette e congiure carbonare nell’epoca di Leone XII Pierangelo Gentile .......................................................................... «Per giudicare della causa di Lesa Maestà e altre qualità aggravanti». La repressione giudiziaria del dissenso politico sotto il pontificato di Leone XII Lorenzo Scatena ............................................................................. Processo Gasbarrone (1825): la fine di un brigante, la fine di un fenomeno. L’epilogo del brigantaggio nello Stato Pontificio Luca Topi ....................................................................................... Indice dei nomi ............................................................................. Gli Autori ...................................................................................... 243 261 283 329 341 369 383 393 409 421 439 453 «Il maggior deposito europeo in questo genere». Istanze di riforma della Calcografia Camerale nell’età della Restaurazione Ilaria Fiumi Sermattei La stagione di riforme che segnò il pontificato di Pio VII investì un rilevante ambito di applicazione in quella che oggi chiamiamo tutela del patrimonio, con gli editti dei cardinali camerlenghi Giuseppe Maria Doria Pamphili, nel 18021, e Bartolomeo Pacca, nel 18202, e nella rinnovata promozione delle arti, con lo sviluppo delle accademie e delle istituzioni culturali3. Questo testo è il primo, parziale esito del progetto di ricerca sulla storia della Calcografia Camerale nell’età della Restaurazione, avviato come responsabile delle collezioni di disegni e stampe della Calcografia Nazionale presso l’Istituto Centrale per la Grafica, Roma. Sono grata a Luisa Clotilde Gentile e a Luigi Carnevale Caprice per l’attenta e paziente revisione del testo, i consigli e la condivisione delle riflessioni. 1 O. Rossi Pinelli, Carlo Fea e il Chirografo del 1802: cronaca, giudiziaria e non, delle prime battaglie per la tutela delle “Belle Arti”, “Ricerche di Storia dell’Arte”, VIII, 1978-1979, pp. 27-41. 2 V. Curzi, Per la tutela e la conservazione delle belle arti: l’amministrazione del cardinale Bartolomeo Pacca, in Bartolomeo Pacca (1756-1844). Ruolo pubblico e privato di un cardinale di Santa Romana Chiesa, a cura di C. Zaccagnini, atti del convegno, Velletri 2001, pp. 49-79; Idem, Bene culturale e pubblica utilità: politiche di tutela a Roma tra Ancien Régime e Restaurazione, Argelato 2004; Idem, La riscoperta del territorio. Tutela e conservazione del patrimonio artistico nello Stato Pontificio nei primi decenni dell’Ottocento, in Cultura nell’età delle Legazioni, atti del convegno, a cura di F. Cazzola, R. Varese, Ferrara 2005, pp. 789-809; Idem, Nuova coscienza e uso politico del patrimonio artistico negli anni del pontificato di Pio VII Chiaramonti, in L’arte contesa. Nell’età di Napoleone, Pio VII e Canova, a cura di R. Balzani, Cinisello Balsamo 2009, pp. 28-32; Idem, Il patrimonio artistico e monumentale nello Stato Pontificio negli anni del cardinale Pacca, in Municipalia. Storia della tutela, a cura di D. La Monica, F. Nanni, Pisa 2010, vol. II, pp. 207-215. 3 S. Pinto, La promozione delle arti negli Stati italiani dall’età delle riforme all’Unità, – 261 – Tale impulso trapassò nel terzo decennio del secolo e visse, durante il pontificato di Leone XII «carico di iniziative a livello internazionale, nazionale e locale»4, una delicata fase di assestamento e di verifica. Per quanto riguarda la tutela del patrimonio questi sono gli anni nei quali si provò ad applicare un provvedimento, l’editto Pacca, tanto completo e organico sul piano ideale e formale quanto difficile da mettere in pratica, come dimostrano la mancata realizzazione del «piano di statistica», ossia di un catalogo delle opere da tutelare5, e i permessi di esportazione forzatamente concessi ai sovrani stranieri6. Riguardo alla promozione delle arti proprio negli anni del pontificato leonino emerse l’esigenza di una sede per la pubblica esposizione delle opere d’arte prodotte nella Città Eterna prima della loro spediin Storia dell’arte italiana. Settecento e Ottocento, a cura di F. Bologna, Torino 1982, pp. 794-1079, per lo Stato Pontificio nella Restaurazione pp. 889-916; A.L. Bonella, A. Pompeo, M.I. Venzo (a cura), Roma fra la Restaurazione e l’elezione di Pio IX: amministrazione, economia, società e cultura, Roma-Freiburg-Wien 1997, in particolare D. Tamblé, La politica culturale dello Stato Pontificio nell’età della Restaurazione: antichità, belle arti, biblioteche e archivi, pp. 759-782; Maestà di Roma: da Napoleone all’Unità d’Italia. Universale ed Eterna. Capitale delle Arti, a cura di S. Pinto, L. Barroero, F. Mazzocca, con la segreteria scientifica di G. Capitelli e M. Lafranconi, catalogo della mostra (Roma, Scuderie del Quirinale; Galleria Nazionale d’Arte Moderna, 7 marzo – 29 giugno 2003), Milano 2003; G. Capitelli, Quadri da altare: pittura sacra a destinazione pubblica, in L’Ottocento in Italia. Le Arti sorelle: il Neoclassicismo, a cura di C. Sisi, Milano 2005, pp. 100-120; Eadem, La pitttura religiosa, in L’Ottocento in Italia. Le Arti sorelle: il Romanticismo, a cura di C. Sisi, Milano 2006, pp. 71-85. 4 G. Piccinini, Il 250° della nascita di Annibale della Genga come nuova occasione di riflessione storica sul pontificato leonino, il governo della Chiesa e dello Stato nell’età della Restaurazione, in Il pontificato di Leone XII. Restaurazione e riforme nel governo della Chiesa e dello Stato, a cura di G. Piccinini, Ancona 2012, pp. 17-27, in particolare p. 23. 5 C. Mannoni, Il Piano di Statistica di Antichità e Belle Arti come modello per una nuova tutela del patrimonio artistico nello Stato Pontificio, in Antico, conservazione e restauro nell’età di Leone XII, a cura di I. Fiumi Sermattei, R. Regoli, M.P. Sette, Ancona 2017, pp. 211-221. 6 C. Mannoni, «Che il quadro parta pure per la Prussia». Esportazioni e trafugamenti di opere nel contesto della politica pontificia nell’età della Restaurazione, in Le relazioni internazionali di Leone XII, a cura di I. Fiumi Sermattei, R. Regoli, P.D. Truscello, Ancona 2018, pp. 277-291. – 262 – zione ai committenti, sovente stranieri. Tale sistema di esposizione pubblica dell’arte contemporanea fu sperimentato dal governo gradualmente nel corso del terzo decennio, in uno degli edifici di piazza del Popolo appena rinnovata da Giuseppe Valadier, fino alla sua definitiva configurazione con la nascita, nel 1829, della Società amatori e cultori di Belle Arti7. Un altro ambito nel quale si misurò l’iniziativa del governo pontificio fu quello della promozione delle locali manifatture artistiche, tanto pubbliche quanto private. Dipinti e stampe, medaglie e reliquiari, mosaici e arazzi, erano donati a principi e sovrani stranieri, strumenti di una diplomazia culturale che esaltava il pontefice, la corte e la città, la quale ancora in questi anni manteneva il ruolo di meta ambita del Grand Tour8. A tal fine, un’attenzione particolare era riservata alle attività artistiche e manifatturiere e all’equilibrio tra inizia7 G. Montani, La Società amatori e cultori di Belle Arti a Roma (1829-1883), tesi di dottorato, Università di Roma Tre, 2005-2007, in particolare pp. 13-47. 8 F. Sisinni (a cura), Il San Michele a Ripa Grande, Roma 1991, in particolare i saggi di A. Mattirolo, M. Di Macco, F. Piccirillo; A.M. De Strobel, Le arazzerie romane dal XVII al XIX secolo, Roma 1989, in particolare pp. 72 e ss.; Eadem, L’arazzeria di San Michele tra il Settecento e l’Ottocento attraverso le opere della collezione vaticana, in Arte e artigianato nella Roma di Belli, a cura di L. Biancini e F. Onorati, Roma 1998, pp. 117-136; P. Toscano, Roma produttiva tra Settecento e Ottocento. Il San Michele a Ripa Grande, Roma 1996, in particolare pp. 107 e ss.; M.G. Branchetti, Il mosaico nella Roma di Leone XII: il ruolo centrale nel cerimoniale diplomatico, nel commercio cittadino, nella politica di tutela del patrimonio artistico, in Il pontificato di Leone XII. Restaurazione e riforme cit., pp. 231-255; Eadem, Il guéridon ad uso di déjeuner detto Lo scudo di Achille: aggiornamenti documentari, 1813-1818, in Il mosaico minuto tra Roma, Milano e l’Europa, a cura di C. Stefani, Foligno, 2016, pp. 73-101. Per i doni in particolare: L. Barroero, Pio VI, i doni diplomatici e l’indotto del Grand Tour, in Arte e politica. Studi per Antonio Pinelli, a cura di N. Barbolani Di Montauto, G. de Simone, T. Montanari, C. Savettieri, M. Spagnolo, Firenze 2013, pp. 121-124; A. Pinelli, Souvenir. L’industria dell’antico e il grand tour a Roma, Roma 2010; S. Rolfi Ožvald, La “rosa d’oro”, Rubens e Piranesi. Le arti e il cerimoniale di stato: doni, visite e invii di opere alla corte austriaca nel 1780 e 1819, “Studi di Storia dell’Arte”, 28, 2017, pp. 265-278; I. Fiumi Sermattei, «Un diverso sistema ne’ regali da farsi ai Sovrani». Oggetti e strumenti della diplomazia leonina, in Dall’intransigenza alla moderazione. Le relazioni internazionali di Leone XII, a cura di I. Fiumi Sermattei, R. Regoli, P.D. Truscello, Ancona 2018, pp. 293-346. – 263 – tiva pubblica e mercato privato, come dimostra anche l’istituzione, nel 1827, di un’apposita Congregazione per definire quali oggetti, in particolare «chincaglierie», dovessero produrre i pii stabilimenti per non sovrapporsi alle imprese private9. Esemplare di questa attività del governo pontificio, e dei suoi tentativi di riforma per migliorare la produzione in positivo equilibrio con il mercato privato, è il caso della Calcografia della Reverenda Camera Apostolica. La “fabbrica delle immagini” Nel 1738 Clemente XII dispose l’acquisto della ricca raccolta di matrici incise della storica stamperia De Rossi, istituendo la Calcografia Camerale con l’obiettivo di «promuovere magnificenza e splendore di Roma appresso le Nazioni straniere, come pure l’avanzamento della gioventù studiosa dell’arti liberali»10. Grazie a un patrimonio di migliaia di matrici, la Calcografia costituiva una vera e propria “fabbrica delle immagini” con un ricco repertorio di vedute della città e cartografie del territorio, ritratti di pontefici e cardinali, monumenti antichi e moderni, dipinti e sculture dei maggiori maestri del 9 Archivio di Stato di Roma (di seguito ASR), Computisteria generale, div. VI, b. 412, fasc. 54. 10 Chirografo di Clemente XII, 15 febbraio 1738 (pubblicato in E. Ovidi, La Calcografia romana e l’arte dell’incisione in Italia, Roma-Milano 1905, doc. I, pp. 94-100). Per la storia della Calcografia Camerale, in particolare nell’età della Restaurazione, si vedano Ovidi, La Calcografia romana cit., pp. 19-41, 57-66; A. Grelle Iusco, Indice delle stampe De’ Rossi. Contributo alla storia di una Stamperia romana, Roma 1996, pp. 63 e ss.; G. De Marchi, Il Palazzo della Calcografia. La storia attraverso i documenti, Roma 2002, pp. 13-25; Eadem, La Calcografia romana e le sue collezioni, in Le tecniche calcografiche d’incisione diretta. Bulino puntasecca materia nera, a cura di G. Mariani, Istituto Nazionale per la Grafica, Lineamenti di Storia delle tecniche/2, Roma 2003, pp. 125-135; G. Mariani, L’Istituto nazionale per la grafica, in Istituto nazionale per la grafica, a cura di G. Mariani, G. De Marchi, Roma 2009, pp. 13-23, in particolare pp. 14-20; A. Grelle Iusco, La Calcografia romana e la sua raccolta di matrici. Lineamenti di due storie parallele, in La Raccolta di Matrici della Calcografia Romana. Aggiornamento al Catalogo Generale delle Stampe di C.A. Petrucci (1934), a cura di A. Grelle Iusco, E. Giffi, Roma 2009, pp. 47-72; G. Bocconi, Alla gioventù studiosa delle arti. La traduzione in Calcografia come modello didattico, “Horti Hesperidum”, 2017, 2 («Invenit et delineavit»), pp. 385-414. – 264 – Rinascimento e dell’età barocca. Attraverso la traduzione in incisione su matrici in rame e la stampa in serie venne promossa efficacemente l’immagine della città e del suo sovrano, favorendo nel contempo un’attività artistica rigogliosa anche in ambito privato. Nell’età della Restaurazione, e in particolare nel terzo decennio del XIX secolo, la Calcografia Camerale divenne oggetto della crescente attenzione del tesoriere generale, monsignor Belisario Cristaldi. Figura di spicco dell’entourage consalviano, in carica dal 1820, questi promosse l’attività culturale, produttiva e commerciale della Calcografia11. Esito dell’intelligente interessamento di Cristaldi fu lo straordinario incremento del patrimonio di matrici grazie all’acquisto delle raccolte Canova, Volpato, Folo, Camuccini, Gmelin, e alla committenza di nuove incisioni ad artisti romani. Contraltare di tale azione fu l’incipiente censura di immagini, nudità femminili e scene di promiscuità, che nell’età della Restaurazione iniziarono a essere percepite come «oscene» da una nuova, diffusa sensibilità12. Il potenziamento del ruolo culturale della Calcografia fu accompagnato e reso possibile da una radicale riorganizzazione del suo assetto amministrativo, che culminò nel chirografo emanato da Leone XII il 6 gennaio 1829, poco più di un mese prima della sua morte. Con questo provvedimento l’istituto venne accorpato ad altri due opifici pontifici, la Stamperia e la Cartiera, in un’unica amministrazione che comprendeva anche il sistema di raccolta e distribuzione degli 11 Per Belisario Cristaldi si veda N. Del Re, Il cardinale Belisario Cristaldi e il Can. Antonio Muccioli, Città del Vaticano 1980; M. Caffiero, Belisario Cristaldi, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. XXXI, 1985. 12 Rimando alla mia tesi di dottorato Aspetti della politica culturale sotto il pontificato di Leone XII: reimpiego dell’antico, censura delle immagini e rappresentazione della sovranità (“Studi sul patrimonio culturale”, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, sede di Ravenna, XXIX ciclo, tutor prof. Luigi Tomassini, 2014-2016) in corso di pubblicazione; esiti che ho parzialmente pubblicato in Note sulla censura delle immagini a Roma nel terzo decennio del XIX secolo, “Il 996, rivista del Centro Studi Giuseppe Gioachino Belli”, anno XVI – numero 2, maggio-agosto 2018, pp. 25-38. Si veda anche V. Pagani, The prints of the Calcografia Camerale at the Biblioteca Casanatense, “Print Quaterly”,13, 1996, pp. 291-304, in particolare p. 299, dove l’autrice annuncia un suo approfondimento monografico sull’argomento. – 265 – stracci dell’intero Stato13. Tale amministrazione costituì di fatto un livello intermedio rispetto alla Tesoreria generale, dalla quale fino a questo momento dipendevano direttamente i singoli istituti, esautorando il tesoriere di un ambito di azione, culturale ed economico, che nell’ultimo decennio, sotto la direzione di Cristaldi, aveva assunto un particolare rilievo. In realtà, al di là della contingenza, la riforma del 1829 non risulta così determinante, dato che nel giro di pochi anni fu annullata e dal 1834 l’amministrazione autonoma fu soppressa tornando gli opifici sotto il diretto controllo della Tesoreria. E tuttavia, il chirografo del 1829 interessa perché costituì il momento culminante della crescente attenzione che sin dai primi anni della Restaurazione si venne concentrando sulla Calcografia Camerale, generando una serie impressionante di progetti di riforma e di regolamenti, circostanziate contestazioni e appassionate difese. Tale clima vivacemente polemico data ai primissimi anni del secolo XIX, arrivando a maturazione nel terzo decennio, sotto il tesorierato di Cristaldi e in coincidenza con il pontificato della Genga. La direzione di Valadier tra critiche, istanze di rinnovamento e progetti di riforma Tralascio per il momento il tema degli orientamenti che guidarono la politica culturale della Calcografia Camerale nell’età della Restaurazione14, per concentrare la riflessione sulla riforma dell’istituto che con la caduta dell’Antico Regime iniziò a essere percepita come urgente, in risposta a nuove esigenze di qualità, efficienza e redditività. Negli anni successivi alla Repubblica romana del 1799, con il ritor13 Chirografo della santità di nostro signore papa Leone XII per lo stabilimento della amministrazione generale camerale della stamperia, calcografia, cartiera ec. Esibito per gli atti dell’Appolloni segretario, e cancelliere della R.C.A. Li 7 gennaio 1829, Roma, nella Stamperia della R.C.A. 1829. 14 Rimando al mio intervento La Calcografia Camerale alla prova della modernità. Nuovi orientamenti della politica culturale pontificia nell’età della Restaurazione, presentato al convegno internazionale Alle radici della modernità: progetti di riforma, dinamiche sociali e valorizzazione dei patrimoni culturali (secoli XVIII-XIX), a cura di C. Coletti, S. Petrillo, Assisi, 6-8 giugno 2019, in corso di pubblicazione. – 266 – no di Pio VII e la ripresa del governo pontificio sulla città di Roma e sullo Stato, la Calcografia era tornata sotto la direzione dell’architetto Giuseppe Valadier, che già l’aveva diretta dal 1786 al 1798. Come testimonia una ricca documentazione d’archivio, sin dai primi anni del XIX secolo da più parti si levarono obiezioni riguardo al governo dell’architetto, mosse anche da artisti che mal sopportavano la sua estraneità alla professione, a differenza dei predecessori, il disegnatore Giuseppe Domenico Campiglia e lo scultore Gaspare Sibilla. Tra tante voci anonime emerge la proposta dell’incisore Francesco Saverio Gonzalez15, il quale in particolare criticò la consuetudine della Calcografia di associarsi a imprese editoriali private, di artisti che prima si assicuravano dal governo la “privativa” – sorta di diritto esclusivo di riproduzione – per l’incisione di «grandi opere» classiche, richieste dal mercato, poi ne cedevano le stampe alla Calcografia che le rivendeva a un prezzo concordato, restando questi liberi di ridurre il prezzo di vendita16. I rami della collezione erano poi «stracchi, lordi, e poco bene [de]lineati», con scapito della qualità delle stampe, inficiata anche dal lavoro sbrigativo dello stampatore, che era pagato a cottimo. Inoltre, le serie erano incomplete e non si vendevano fogli sciolti ma solo corpi interi, impegnativi economicamente e quindi poco appetibili dal mercato. Si proponeva allora di rinnovare completamente l’organico dell’istituto, assumendo finalmente un direttore che fosse di professione incisore, in grado di completare, restaurare e ritoccare le matrici delle collezioni e di sorvegliare la qualità della stampa; ma anche abili stampatori e venditori attenti alle esigenze del pubblico. Erano infine auspicati la pubblicazione del catalogo del15 ASR, Camerale II, Calcografia, b. 2, fasc. 5, “Piano di riforma della Calcografia Camerale”, s.d. ma in un contesto archivistico riferibile al 1803, presentato da Francesco Saverio Gonzalez, incisore romano (E. Benezit, Dictionnaire des peintres, sculpteurs, dessinateurs et graveurs, Paris 1960, vol. IV, p. 342). Ringrazio per la segnalazione Cecilia Bartoli. 16 Per il tema dell’acquisto in associazione si veda L. Cicchinelli, Acquisti tramite associazione della Calcografia Camerale di Roma nella prima metà dell’Ottocento, in Collezioni di grafica a cura di M.M. Breccia Fratadocchi, “Quaderni della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma”, 18, Roma 2014, pp. 163-181. – 267 – le stampe in vendita in più lingue, e il trasloco del negozio dai locali concessi gratuitamente dalla Stamperia Camerale, presso fontana di Trevi17, in un sito migliore, «più esposto alla vista, e alla curiosità dei cittadini e dei forestieri». La sfiducia di Gonzalez nei confronti del direttore, Valadier, era totale: costui «presiede colla imponenza della autorità, non colla presenza della persona e molto meno coll’opera, che non sa né può impiegare», tanto più non avendo «bisogno di compenso, essendo facoltoso e architetto della Reverenda Fabbrica» si proponeva allora di «pagarlo senza che operi [piuttosto] che lasciarlo in una amministrazione, [cosa] che produrrebbe la ruina totale di un dipartimento di una tale e sì grande importanza». Non era solo il direttore a essere messo sotto accusa, ma tutto il personale e l’organizzazione commerciale: si rilevava come lo spaccio rimanesse perlopiù chiuso al pubblico e non si adottasse alcun accorgimento, sia pure basilare, per promuovere la produzione, a Roma, nel resto dello Stato Pontificio, e all’estero18. A dire il vero, comunque, l’efficienza produttiva dell’istituto non aveva mai corrisposto ai rosei auspici che nel secolo precedente avevano accompagnato l’acquisto della raccolta De Rossi19. In principio Valadier rispose con una relazione sbrigativa alle critiche, che si sarebbero ripetute a più riprese nel corso degli anni, fino alla svolta del terzo decennio. «In tutte le corti esiste una Calcografia del Principato»: sin dall’incipit egli ribatteva che il fine dell’istituto non era meramente commerciale, finalizzato alla vendita, bensì «di aiuto, ed incoraggiamento delle arti, e decoro della capitale, dove è 17 Per le sedi della Calcografia rimando a De Marchi, Il Palazzo della Calcografia cit., in particolare pp. 13-25. 18 Si veda in particolare ASR, Camerale II, Calcografia, b. 5 fasc. 5, “Progetto per rendere più utile e meno dispendioso lo smercio di stampe della Calcografia Camerale”, s.f., s.d., riferito da una annotazione a lapis al 1802. 19 G. Sapori, S. Amadio, Giovan Domenico Campiglia e la produzione della Calcografia Camerale tra tradizione e rinnovamento (1738-1773), in Il mercato delle stampe a Roma. XVI-XIX secolo, a cura di G. Sapori con la collaborazione di S. Amadio, San Casciano V.P., 2008, pp. 265-315. – 268 – fondata». E proseguiva sostenendo che l’amministrazione fosse in attivo, e non in passivo, per l’aumento del capitale in stampe tirate e in quelle acquisite per associazione20. Sollecitato dalle critiche, Valadier ne trasse anche alcuni spunti per elaborare un proprio piano di riforma al fine di migliorare la gestione21. Ma, al di là della consueta, roboante dichiarazione programmatica iniziale – «Lo scopo principale di questa Istituzione è quello dell’incoraggiamento delle arti del disegno, e dell’incisione» – la sua proposta si ridusse a pochi, elementari provvedimenti non strutturali: istituire un fondo per commissionare nuove matrici, a scelta del tesoriere su proposte del direttore, comporre delle nuove raccolte con stampe di varie opere, stabilire una corrispondenza con i negozianti stranieri, senza però tralasciare di attribuire una percentuale sulle vendite al personale coinvolto, quale incentivo per il maggiore impegno richiesto. Appena un anno più tardi, il primo maggio 1804, Valadier presentò un secondo, apparentemente più innovativo progetto22, nel quale proponeva il trasloco del negozio, magari in piazza di Spagna, e sconti fino al 30% per i negozianti stranieri. Ma soprattutto egli suggeriva di conservare le matrici e gli strumenti d’impressione presso la dimora del direttore, cioè la propria, trasferendovi tutte le operazioni di stampa. Anche quest’ultimo progetto di Valadier appare molto approssimativo, orecchiando alcuni spunti dalle critiche mossegli in passato, senza essere però in grado di operare una riforma strutturale dell’istituto nel rispetto della sua natura pubblica. A questa situazione, già molto critica, si aggiunsero i «passati ge20 ASR, Camerale II, Calcografia, b. 2, fasc. 5, relazione di G. Valadier con incipit “In tutte le corti esiste una Calcografia del Principato…”, 25 giugno 1803 (altra copia in b. 5, fasc. 5). 21 ASR, Camerale II, Calcografia, b. 2, fasc. 5, “Progetto per il nuovo sistema da praticarsi per l’andamento della Calcografia Camerale”, presentato da G. Valadier il 13 novembre 1803 (pubblicato in Ovidi, La Calcografia cit., doc. IV, pp. 113-114). 22 ASR, Camerale II, Calcografia, b. 5, fasc. 5, “Nuovo metodo che si propone per l’andamento della Calcografia Camerale”, G. Valadier, primo maggio 1804. Lo stesso progetto è ripresentato identico il 10 giugno successivo e, con qualche piccola modifica, come vedremo, il 24 [gennaio] 1815, vedi infra. – 269 – nerali sconvolgimenti» delle occupazioni francese e napoletana di Roma, tra il 1809 e il 1814, per i quali anche la Calcografia «non rimase esente di soffrire le sue peripezie»: spostamenti di sede, dalla Stamperia Camerale al palazzo di Propaganda Fide e viceversa, traslochi delle collezioni e cambi di ordinamento, pur con la redazione di nuovi inventari23. Dopo il definitivo ritorno di Pio VII a Roma Valadier, restituito alla carica di direttore, ripresentò il progetto di riforma del 1804, espungendo solo la proposta – davvero disinvolta – di conservare matrici e strumenti d’impressione presso la propria privata dimora24. Ancora una volta montarono le critiche alla gestione dell’istituto. Esse riguardavano la cura delle raccolte e l’urgenza della redazione degli inventari, distinti per categorie – rami, stampe, stigli, cioè arredi, e carte da stampare – completi di perizia del valore; la registrazione delle vendite in libri contabili degli introiti e degli esiti25; la commercializzazione, con la proposta di affidare il negozio a un privato, ripartendo a metà i proventi e impegnando l’imprenditore a investire l’eventuale surplus nell’incisione di nuove matrici26; l’organico della Calcografia, composto da persone definite «onestissime» malgrado abbiano «tuttavolta deviato dalla di lei fondazione per propri privati interessi» (!), incompetenti e perciò da sostituire con artisti, disegnatori, incisori e compositori27; il controllo delle tirature, con una 23 ASR, Camerale II, Calcografia, b. 5, fasc. 5, “Dettaglio sulla Calcografia Camerale”, s.f. 1814. 24 ASR, Camerale II, Calcografia, b. 5, fasc. 5, “Nuovo metodo che si propone per l’andamento della Calcografia Camerale”, G. Valadier, 24 [gennaio] 1815 (pubblicato in Ovidi, La Calcografia cit., doc. V, pp. 117-120). 25 ASR, Computisteria generale, div. IV, b. 331, “Metodo che potrebbe tenersi per la Calcografia Camerale”, s.f. 1817. 26 ASR, Camerale II, Calcografia, b. 5, fasc. 5, progetto presentato da Francesco de Sanctis, s.d. ma riferibile all’inizio del secondo decennio del XIX secolo (l’autore scrive di essere stato in servizio dei Piranesi e poi, da ventidue anni, presso Volpato); si veda anche, nello stesso fascicolo, il progetto anonimo con incipit “La Calcografia Camerale è una delle istituzioni che meritatamente impegnano…”. 27 ASR, Camerale II, Calcografia, b. 5, fasc. 5, “Alcune riflessioni sulla Calcografia Camerale”. – 270 – chiusura a doppia chiave del deposito delle matrici, e delle vendite, e il divieto di sconti arbitrari; infine, la scelta dei soggetti, che privilegi «antichità, rottami e statue», e la composizione dei fogli volanti in volumi per autore o scuola28. Comune, e ormai rituale, era la condanna dell’acquisto di stampe in associazione, pratica culturalmente irrilevante e svantaggiosa sul piano economico, ma anche misura assistenziale a favore degli artisti, quindi funzionale a un sistema clientelare difficile da sopprimere. Una prima, matura presa di coscienza della natura della Calcografia Camerale Nessuna di queste critiche raggiunse però la precisione del dettaglio e l’ampiezza del ragionamento dello “Stato attuale della Calcografia Camerale”, un’anonima, sistematica contestazione delle proposte formulate da Valadier nel 1803 e 1804-181529. Si trattò della prima, matura presa di coscienza della natura di questo particolare istituto pontificio e del difficile equilibrio da raggiungere tra la sua funzione culturale, una redditizia amministrazione e il rapporto con il mercato privato. Anche qui si rilevava l’incompetenza e la mancanza di motivazione del personale, una confusione diffusa nella gestione dei rami e delle stampe, l’indiscriminata libertà nelle tirature, senza alcuna tutela dei rami né della qualità della produzione, e nello sconto arbitrario dei prezzi di vendita. A differenza però delle altre critiche mosse in precedenza, questo documento dimostrava una puntuale conoscenza della gestione interna dell’istituto e una capacità di visione prospettica, in grado di anticipare gli indirizzi delle future riforme. In primo luogo, si sfatava l’utile vantato nel 1803 da Valadier, che «è inesistente, o chimerico», costruito artificiosamente su un vero e proprio escamotage, «nascendo dal prezzo dato alle stampe che ha fatto tirare, o ha acquistate in questo tempo, le quali restano tuttora invendute nella Calcografia, e che forse non si venderanno giammai». 28 Ibid. 29 ASR, Camerale II, Calcografia, b. 5, fasc. 5, “Stato attuale della Calcografia Camerale”, s.f. s.d. – 271 – Si concludeva pragmaticamente che «il vero utile deve risultare dalle vendite a contante, e dall’introito del danaro, e non altrimenti». Con evidente imbarazzo si rifiutava anche la proposta di ribasso del 30% e di conservare le matrici presso la casa del direttore come «cose che lasciano al medesimo una troppo estesa libertà di profittarne, e perciò non sembrano da adottarsi». Inoltre, il documento contestava tanto la premessa ideale addotta da Valadier nel 1803, «l’incoraggiamento delle arti» fine a se stesso, quanto la sua opportunistica adesione, nel 1804-1815, a una prospettiva commerciale, «rendere questo stabilimento sul piede dei negozianti» traslocando il negozio in un sito più favorevole. L’anonimo estensore riconosceva che, anche se il fine dell’istituto risiedeva nella promozione delle arti del disegno e dell’incisione, non si poteva trascurare la ricerca del guadagno, che avrebbe dato anzi maggiori mezzi per favorire gli artisti. Ma qui si rilevava anche come la Calcografia non potesse essere gestita come un’impresa privata: «conviene dunque combinare in questo metodo il decoro della cosa pubblica, l’incoraggiamento delle arti, l’utile dell’azienda e la semplicità delle operazioni». Si proponeva allora di scegliere del personale esperto nell’arte dell’incisione e capace tanto nella contabilità quanto nella vendita; ispezionare la raccolta dei rami e conservarla sotto due chiavi; redigere inventari e registri; pubblicare cataloghi di vendita con prezzi fissi; assicurare la regolare apertura del negozio. Questo nuovo sistema avrebbe portato un utile da investire a favore di artisti capaci e disoccupati, commissionando l’incisione di nuove matrici per integrare le raccolte o cedendo quelle inutilizzabili per la stampa, o ancora dando un assegnamento fisso a qualche giovane di grande talento. Insomma, un vero e proprio programma di promozione culturale che sarebbe stato realizzato nel corso del terzo decennio del secolo, grazie all’azione di Cristaldi. È molto interessante seguire i ragionamenti dell’anonimo estensore quando esamina le obiezioni che potrebbero essere avanzate alla sua proposta. Se il nuovo sistema avesse funzionato, anche a livello commerciale, forse gli artisti avrebbero sofferto la concorrenza pubblica e, paradossalmente, proprio a causa dell’attività della Calcogra– 272 – fia perdersi un’arte che la sua istituzione aveva inteso favorire? No, si replicava, perché le opere della Calcografia non possono tutti contentare, ché i geni sono diversi, ché col passare del tempo prevale ancora un nuovo gusto, e perciò le nuove incisioni dei particolari artisti se saranno buone troveranno sempre dell’esito, tanto più se la produzione pubblica si fosse concentrata sulla traduzione in stampa di «opere classiche», quelle che solitamente si donavano a sovrani e principi forestieri, non vi sarebbe stato alcun danno per il libero mercato. Si delineava così una precisa divisione di compiti tra pubblico e privato: la sperimentazione della stampa d’invenzione era riservata ai singoli artisti; i soggetti classici, più tradizionali e per così dire istituzionali, rimanevano di competenza del governo, riprendendo quel diritto esclusivo di raffigurare cerimonie pontificie, sovrani pontefici, cardinali e antichi monumenti che era stato riservato alla Calcografia da Clemente XII con il breve del 7 ottobre 173930. Gli artisti dovevano essere sostenuti non mediante l’acquisto di rami già incisi o l’associazione a stampe già prodotte, che «è lo stesso che premiare l’ignoranza, favorire gl’impegni e pregiudicare il pubblico erario», bensì concretamente dalla committenza diretta della Calcografia. L’anonimo concludeva che per promuovere l’arte servono scuole pubbliche, buone accademie, premi per i giovani, magari di talento ma privi dei mezzi per proseguire gli studi. Si prospettava così una possibile, positiva collaborazione tra le pubbliche istituzioni e il mondo artistico privato: «se l’utile di una buona amministrazione della Calcografia ci porrà in stato di provvedere a tali oggetti, l’arte certamente non scapiterà, ma ne riporterà giovamento». La stagione delle riforme, tra Pio VII e Leone XII Il clamore delle critiche arrivò addirittura alla Segreteria di Stato, tanto che sulla scrivania del cardinale Ercole Consalvi giunse nel 30 Pubblicato in Ovidi, La Calcografia cit., doc. III, pp. 105-112. – 273 – 1822 un’anonima protesta per la cattiva gestione di un settore considerato cruciale per l’attività camerale31. In realtà, proprio nel 1822, spinto dalla continua, ormai ventennale pressione dell’opinione pubblica il governo pontificio si stava muovendo per riformare la gestione della Calcografia. Secondo la versione dei fatti lasciata alcuni anni dopo da uno dei protagonisti, Pio VII, conosciuto lo «stato di passività, gli abusi e gli sconcerti» dell’istituto, avrebbe chiesto a padre Filippo Anfossi, maestro del Sacro Palazzo, di individuare un incisore che fosse «persona di buona morale»32. Venne scelto Antonio Testa, il quale presentava una memoria su «gli abusi e disordini esistenti nella Calcografia Camerale»33. Dopo l’esame del candidato da parte del cardinale Consalvi e di Girolamo Galanti, minutante della Segreteria di Stato, si combinarono precise istruzioni con il tesoriere generale Cristaldi34 per elaborare una riforma definitiva del sistema facendo tesoro dei primi esposti35. Testa fu così cooptato nell’amministrazione della Calcografia, con il ruolo di incisore di ispezione alla Stamperia rappresentante del direttore, per integrare le competenze tecniche mancanti a Valadier. Non a caso fu scelto un incisore di secondo, anche terzo piano nel panorama artistico romano, facilmente manovrabile e il cui basso profilo non rischiava certo di entrare in competizione né di oscurare la figura di Valadier. Costui mantenne una carica onorifica, ma re31 Nel vol. XLVI delle Rubricelle della Segreteria di Stato in Archivio Segreto Vaticano (di seguito ASV), n. di protocollo 12988, novembre 1822, è registrato un documento anonimo contro la Calcografia, al momento non rintracciato. 32 ASR, Tesorierato generale poi Ministero delle finanze, b. 442, “Memoria di Antonio Testa incisore autore di tutte le operazioni, e i miglioramenti entro esposti”, passato agli uffici il 23 dicembre 1833. 33 ASR, Computisteria generale, div. IV, b. 331, fascicolo “Calcografia Camerale carteggi”, 27 aprile 1822. Per Antonio Testa si veda L. Scervolini, Dizionario illustrato degli incisori italiani moderni e contemporanei, Milano 1955, pp. 784-785. 34 ASR, Tesorierato generale poi Ministero delle finanze, b. 442, “Memoria di Antonio Testa…”. 35 ASR, Camerale II, Calcografia, b. 5, fasc. 5, note al progetto di Francesco Saverio Gonzalez e allo “Stato attuale”. – 274 – tribuita, in modo da giovare all’istituzione con la sua autorevolezza, riconosciuta ormai a livello internazionale. L’architetto rimaneva formalmente sovraordinato rispetto all’incisore, ma il reale rapporto di forza era rivelato inequivocabilmente nelle intenzioni di Cristaldi: «Tutte le altre operazioni e provvedimenti che saranno da prendersi a garanzia dell’interesse della Reverenda Camera dovranno effettuarsi dal detto sig. direttore, premessa l’intelligenza e consenso in iscritto del sunnominato sig. Antonio Testa»36. L’incisore si mise subito all’opera: Tutto si fece dal suddetto Antonio Testa colla massima prudenza ed efficacia, togliendo in primo luogo tutte le stampe e rami osceni, occasione di scandalo al buon costume, e specialmente in un governo ecclesiastico, e traslatando lo spaccio, mettendolo più in vista e comodo dei forestieri, e con tale pretesto separò stamperia e spaccio di stampe, prima in confuso, restando i rami in mano degli spacciatori medesimi37. La riorganizzazione della Calcografia fu, quindi, parte di un più ampio progetto di riforma, che comprendeva anche la censura di immagini percepite come sconvenienti. Inizialmente, queste ultime furono escluse dal sistema di produzione, come dimostra anche la loro scomparsa dal catalogo delle stampe in vendita pubblicato nel 1823 rispetto a quello del 1816. Le matrici incriminate furono poi avviate alla distruzione con il noto provvedimento di Pio VII del 10 maggio 1823, di solito riferito per errore al suo successore, Leone XII38. L’incarico a Testa rientrava in una moralizzazione ad ampio raggio, che integrava il controllo delle scelte iconografiche e il contrasto agli abusi dei dipendenti. Agli occhi dei governanti, immagini lascive e ineffi36 ASR, Computisteria generale, div. IV, b. 331, “Istruzioni per il sig. Giuseppe Valadier direttore della Calcografia Camerale”, da riferire a Cristaldi, settembre 1822, minuta; copia in ASR, Camerale II, Calcografia, b. 5, fasc. 7, con la nota a margine «Queste istruzioni non ebbero corso». 37 ASR, Tesorierato generale poi Ministero delle finanze, b. 442, “Memoria di Antonio Testa…”. 38 Fiumi Sermattei, Note sulla censura delle immagini cit., p. 36. – 275 – cienza amministrativa erano espressioni del medesimo decadimento morale: la sfera della cura spirituale delle anime e quella dell’amministrazione temporale, della Chiesa e dello Stato, si combinavano. Entro la fine del 1822 fu formalizzato un progetto di riforma organico39 che sanciva il trasloco del negozio dalla Stamperia Camerale a Trevi a un locale affittato in via del Corso n. 138, nell’isolato dei Trinitari davanti a Palazzo Ruspoli; la redazione dell’inventario patrimoniale, completo del valore delle singole matrici; la custodia del patrimonio presso il Sacro Monte di Pietà, inclusi i torchi, in particolare le matrici sotto tre chiavi, due alla Calcografia e una alla Tesoreria; il controllo delle operazioni di stampa; la regolare apertura del negozio con la registrazione contabile degli introiti e la pubblicazione di un catalogo di vendita con prezzi fissi, ribassabili per non più del 10%40. Si può dire che tale riforma rifletteva le proposte avverse a Valadier giunte da più parti, nel corso degli anni. Al contrario, a parte il trasloco del negozio, sollecitato invero da più parti ma in seguito messo in discussione, la riforma disposta da Cristaldi nel 1822 non accolse le generiche istanze avanzate in passato dall’architetto41. Questa prima riforma si presentava sotto forma di regolamento 39 I principi della riforma furono anticipati nelle “Istruzioni” di Cristaldi a Valadier, nel settembre del 1822 (ASR, Computisteria generale, div. IV, b. 331), e cioè l’obbligo dell’inventario di matrici e stampe, la custodia sotto tre chiavi, il divieto di ribasso rispetto ai prezzi di catalogo che sono da intendersi fissi. 40 Rispetto alla prima proposta (ASR, Computisteria generale, div. IV, b. 331, “Li 29 novembre 1822. Articoli principali che si propongono…”) la versione definitiva del provvedimento fu integrata con una maggiore cura alla registrazione della consegna delle stampe al negozio e degli introiti dalla vendita, al controllo delle operazioni di stampa, al rispetto dell’orario di apertura dello spaccio, all’esatta attribuzione del valore delle matrici (“Regolamento stabile all’oggetto di rendere più attiva la vendita delle stampe appartenenti alla Calcografia Camerale”, in due copie, minuta ASR, Computisteria generale, div. IV, b. 331, e definitiva ASR, Camerale II, Calcografia, b. 5, fasc. 7, pubblicata da Ovidi, La Calcografia cit., doc. VI, pp. 121-124). 41 Vedi supra. Ancora nel 1821 Valadier rispondeva ai rilievi avanzati dalla Tesoreria al bilancio presentato nel 1818 ribadendo l'impossibilità di una gestione commerciale dell'istituto (ASR, Computisteria generale, div. IV, b. 331, memoria di G. Valadier, 6 settembre 1821). – 276 – manoscritto, e sarebbe stata perfezionata e pubblicata nel 1826 dallo stesso Cristaldi42. Con tale ultimo provvedimento si confermavano i principi del 1822 – cura del patrimonio, controllo della stampa, efficienza contabile e commerciale – che venivano però elaborati nel dettaglio delle più minute procedure. Il regolamento disciplinava il funzionamento dell’istituto senza alcun cenno alla committenza delle matrici, un ambito che il tesoriere si riservò in via esclusiva senza condividerlo con il direttore, al contrario di quanto aveva auspicato in passato Valadier. Committenza che proprio in questi anni, grazie all’interessamento di Cristaldi, riceveva uno straordinario impulso, mentre si sperimentavano nuove modalità di assegnazione degli incarichi, scelta dei soggetti e controllo della qualità dell’esecuzione. Il ruolo del direttore appariva molto ridotto rispetto a quello del soprintendente incisore43, accogliendo così le sollecitazioni che erano giunte da più parti sin dall’inizio del secolo, e ogni singola procedura era regolamentata minuziosamente per evitare gli abusi44 e migliorare la qualità della produzione45. Appena l’anno successivo, nel 1827, già si studiava di modificare 42 Regolamento per la Calcografia Camerale, Roma, presso Vincenzo Poggioli, emanato dal tesoriere generale Belisario Cristaldi il 30 aprile 1826 (copia in ASR, Camerale II, Calcografia, b. 5, fasc. 7, e minuta manoscritta con annotazioni). 43 Regolamento, 1826, artt. 19-20, 30-48. 44 Per evitare l’abuso di tirature clandestine dei rami a vantaggio personale degli impiegati si confermava il sistema del deposito chiuso con tre chiavi, delle quali due riservate ora alla Tesoreria e una alla Calcografia, in rapporto inverso rispetto al 1822 (Regolamento, 1826, artt. 4, 5, 11); gli inventari riguardavano l’intero patrimonio, rami e stampe, ma anche carta, mobili e strumenti d’impressione, dovevano essere completi del valore e firmati dai consegnatari (artt. 2, 3, 16, 17); ogni operazione, l’estrazione dei rami, delle stampe e della carta dai depositi, la stampa e la vendita, doveva essere accuratamente registrata (artt. 6, 9, 11, 25, 26, 28, 29, 31, 32, 36, 37, 46, 47, 48, 55, 57, 61-67, 71 e ss). 45 Una nuova attenzione era riservata alla qualità delle stampe, curata dal soprintendente (Regolamento, 1826, art. 38); la tiratura era commisurata all’andamento delle vendite, non è più fissa a cinquanta esemplari come nel 1822, per una migliore gestione delle riserve ma probabilmente anche per non esaurire i rami (artt. 6, 12, 13); si raccomandava di inframezzare le stampe di valore con «carta sugherina», ossia assorbente (art. 24). – 277 – il regolamento per motivazioni strettamente economiche. Benedetto Perfetti, commissario della Reverenda Camera, presentò ad Angelo Galli, computista generale, una proposta che annunciava, significativamente, come «lo scopo principale deve esser quello di spendere il meno possibile». Oltre a un restringimento delle facoltà di accesso alle matrici e a una limitazione delle tirature, da effettuare solo in caso di mancanza di assortimento, si proponeva di sopprimere il negozio, affidandosi per lo spaccio a «due, o tre principali negozianti di questo genere di Roma» e accordando loro una percentuale sulle vendite, in modo da risparmiare il costo della locazione e ridurre l’organico46. Ulteriore ragione per la soppressione del negozio era riconosciuta anche nel negativo impatto sul mercato privato del sistema degli sconti nelle vendite al minuto e ai negozianti esteri, come stabilito nel regolamento del 182647. Tale proposta ci documenta come la situazione fosse tutt’altro che stabile e che si avanzasse riprendendo suggerimenti del recente passato per non porsi in concorrenza con i negozianti privati, anzi favorirli48. Conclusioni Al termine di almeno un trentennio di critiche, contestazioni e difese, istanze di riforma e sperimentazioni, la Calcografia Camerale raggiunse, negli anni del pontificato della Genga, una gestione ordinata, almeno nelle intenzioni del legislatore. L’attenta regolamentazione delle procedure amministrative e contabili, quale emerge nel provvedimento del 1826, mirava a contrastare quegli «abusi» che avevano indignato l’opinione pubblica sin dall’inizio del secolo, in particolare l’incompetenza professionale dei dipendenti, accusati tra l’altro di stampare liberamente dalle preziose 46 ASR, Camerale II, Calcografia, b. 5, fasc. 7, “Progetto di un regolamento economico per la Calcografia Camerale”, 22 febbraio 1827. 47 ASR, Computisteria generale, div. III, b. 100, fasc. 32, relazione allegata alla minuta di comunicazione al marchese Urbano del Drago Biscia Gentili, nuovo amministratore della Calcografia, Stamperia e Cartiera Camerale, 31 gennaio 1829. 48 Si veda il progetto di Francesco de Sanctis, ASR, Camerale II, Calcografia, b. 5, fasc. 5, supra. – 278 – matrici della collezione camerale per il proprio personale guadagno. Valadier non fu in grado, né forse gli interessava rinnovare la gestione della Calcografia: i suoi progetti, ben poco innovativi, rimasero inascoltati e l’architetto mantenne la carica di direttore grazie alla sua fama professionale e accademica, pur essendo esautorato da Cristaldi, sul piano decisionale, e da Testa, su quello operativo. Il sistema costruito nel 1826 per il controllo dei depositi, della stampa e della vendita, nel tentativo di arginare la corruzione dei dipendenti, era così articolato e complesso da far dubitare della reale possibilità della sua applicazione. In tal senso, esso ricorda quello elaborato, negli stessi anni, per l’amministrazione del patrimonio dei Sacri Palazzi Apostolici49. In ambedue i casi il puntuale intervento leonino richiama, sviluppa e perfeziona un precedente e più generico provvedimento di Pio VII, confermando un’evidente linea di continuità tra i due pontificati. Riconosciamo nei provvedimenti emanati sotto Leone XII quella «rigida, minuziosa precettistica» che Raffaele Colapietra individua come caratteristica del pontificato leonino per l’ambito morale50 e che avrebbe procurato il disappunto dei suoi sudditi gettando le basi di una duratura incomprensione51. Tale precettismo, che informava anche l’ambito del patrimonio e della promozione culturale, va considerato come nota comune dell’intero decennio, un tentativo di risposta alle pressanti esigenze di miglioramento organizzativo reclamato dalle tante, accorate proteste per la Calcografia. 49 Rimando a I. Fiumi Sermattei, Da un conclave all’altro. La cura del patrimonio dei Sacri Palazzi Apostolici tra i pontificati di Pio VII e Leone XII, in Il conclave del 1823 e l’elezione di Leone XII, a cura di I. Fiumi Sermattei, R. Regoli, Ancona 2016, pp. 155-190. 50 R. Colapietra, La Chiesa tra Lamennais e Metternich. Il pontificato di Leone XII, Brescia 1963, p. 48, riferito al suo governo da vicario, 1820-1823, e a quello del cardinale Placido Zurla, a sua volta vicario di Roma sotto il suo pontificato, p. 237. 51 R. Colapietra, La formazione diplomatica di Leone XII, Roma 1966, p. 196; Ph. Boutry, Leone XII, in Dizionario Storico del Papato, a cura di Ph. Levillain, Milano 1996, vol. II, pp. 858-862, in particolare p. 861; Idem, Une théologie de la visibilité. Le projet zelante de resacralisation de Rome et son échec (1823-1829), Cérémonial et rituel à Rome, a cura di M.A. Visceglia, C. Brice, Roma 1997, pp. 317-367, in particolare pp. 362 e ss. – 279 – La riforma di questo istituto, avviata da Pio VII e completata da Leone XII, rientra allora nel più generale clima di rinnovamento seguito alla caduta dell’Antico Regime. Tale evento fu percepito, dai più avvertiti tra i contemporanei, quale straordinaria occasione per migliorare le strutture dello Stato Pontificio: come scrisse il segretario di Stato Consalvi al nunzio della Genga, il 6 dicembre del 1800, «finalmente una occasione simile di riedificare, or che tutto era distrutto, non ritorna più»52. Diffidando delle programmatiche, astratte dichiarazioni di principio dell’Antico Regime e dell’età napoleonica, negli anni della Restaurazione pontificia si provò a verificare nella prassi quotidiana il funzionamento delle istituzioni, si sperimentarono concrete soluzioni di gestione perché un’azione pubblica efficace ed efficiente si integrasse armoniosamente con l’iniziativa privata. E questo, in realtà, si configura già come un programma d’intervento, pur nella sobrietà, ai limiti della reticenza, delle forme di espressione. Nel corso del terzo decennio del secolo si provò a costruire un sistema di funzionamento adeguato a un’istituzione che intorno al 1828, grazie al patrocinio del pontefice regnante, Leone XII, e allo «zelo e amore costante» del tesoriere, Cristaldi, poteva essere a ragione orgogliosamente riconosciuta come «il maggior deposito europeo in questo genere»53, vantando un primato attuale ancora oggi54. 52 ASV, Carte Pasolini Zanelli, 7, fogli non numerati. Riportato, con piccole varianti, da Colapietra, La Chiesa tra Lamennais e Metternich cit., p. 18; Idem, Note sulla politica del cardinale Consalvi, “Rassegna di politica e storia”, 104 (1963), pp. 21-23; Idem, La formazione diplomatica cit., p. 113. 53 Biblioteca Apostolica Vaticana, Manoscritti Ferraioli, 935, fogli 160-163. Il testo, introduttivo ad una nuova edizione del catalogo delle stampe in vendita, è scritto sul retro di una busta indirizzata a Melchiorre Missirini segretario dell’Accademia di San Luca, e si trova in una busta contenente minute di suoi scritti. Se lo scritto è riferibile a Missirini, la sua datazione dovrebbe ricadere tra il 1826, data di pubblicazione dell’ultimo catalogo delle stampe in vendita, e il 1828, quando furono acquisite le raccolte di matrici ricordate nel testo, o, meglio, prima dell’estate del 1828, quando scoppiò lo scandalo del coinvolgimento dell’erudito nella pubblicazione veneziana di alcune stampe raffiguranti opere di Canova, cui seguì il suo allontanamento da Roma e il trasferimento a Firenze. 54 Il primato è oggi confermato a livello mondiale, con le 23.400 matrici conservate dall’Istituto Centrale per la Grafica, che ha ereditato le collezioni della Calco- – 280 – Nei decenni successivi, i criteri di intervento adottati da Cristaldi furono messi in discussione55: furono percorse strade alternative per il miglioramento della Calcografia Camerale, alla ricerca di quel difficile equilibrio tra qualità, redditività e sostegno al mercato privato che proprio tra il pontificato di Pio VII e quello di Leone XII era stato riconosciuto quale obiettivo prioritario del rinnovamento. ABSTRACT At the beginning of the 19th century the papal cultural policy made an effort to protect historic heritage and to promote art market. A relevant scope of this government action was the Calcografia Camerale, the papal collection of engraved copperplates, to print the images of the city and its ancient monuments as required for the Grand Tour. During the first and the second decades of the century the Giuseppe Valadier’s management was often, strongly disapproved, and on 1822 the institution was finally reformed, in order to improve profitability, print’s quality and censorship. On 1826, under the pontificate of Leo XII, this first reform was enhanced, exactly detailing the structure of the organization, not competing but rather supporting the local art market and engravers. Keywords: pope Leo XII; Calcografia Camerale; engravings; Giuseppe Valadier. grafia Camerale, divenuta poi Regia e Nazionale (G. Mariani, La collezione delle matrici, in Istituto nazionale per la grafica cit., pp. 46-52, in particolare p. 46). 55 Si vedano, a titolo esemplificativo, alcuni documenti conservati in ASR, Tesorierato generale, b. 443: “Riflessioni del sig. Minardi sullo stabilimento della Calcografia Camerale”, s.d., post 1834; “Provvedimenti che potranno prendersi per mettersi in attività la Calcografia Camerale”, s.f. s.d. e la risposta di Vincenzo Camuccini, 16 aprile 1834, in difesa di Cristaldi. A tale proposito rimando anche al testo di G. De Marchi, Paolo Mercuri tra Roma e Parigi: testimonianze d’archivio, in corso di stampa nella collana delle monografie di “Horti Hesperidum”, 8. Ringrazio Giulia De Marchi per avermi permesso di consultare il suo testo e per l’utile confronto sui temi di questo articolo. – 281 –