Università degli Studi di Napoli Federico II
Scuola delle Scienze Umane e Sociali
Quaderni
20
RAGIONE, RAZIONALITÀ
E RAZIONALIZZAZIONE
IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
a cura di Maurizio Cambi, Raffaele Carbone,
Antonio Carrano, Edoardo Massimilla
Università degli Studi di Napoli Federico II
Scuola delle Scienze Umane e Sociali
Quaderni
20
Ragione, razionalità e razionalizzazione
in età moderna e contemporanea
a cura di Maurizio Cambi, Raffaele Carbone,
Antonio Carrano, Edoardo Massimilla
Federico II University Press
fedOA Press
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea / a cura di
Maurizio Cambi, Raffaele Carbone, Antonio Carrano, Edoardo Massimilla. – Napoli :
FedOAPress, 2020. – 552 p. ; 24 cm. – (Scuola di Scienze Umane e Sociali. Quaderni ; 20).
Accesso alla versione elettronica:
http://www.fedoabooks.unina.it
ISBN: 978-88-6887-086-7
DOI: 10.6093/978-88-6887-086-7
Online ISSN della collana: 2499-4774
Questo volume è stato pubblicato con un contributo del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Federico II di Napoli (fondo per la ricerca 70%).
Comitato scientifico
Enrica Amaturo (Università di Napoli Federico II), Simona Balbi (Università di Napoli Federico II),
Antonio Blandini (Università di Napoli Federico II), Alessandra Bulgarelli (Università di Napoli
Federico II), Adele Caldarelli (Università di Napoli Federico II), Aurelio Cernigliaro (Università di
Napoli Federico II), Lucio De Giovanni (Università di Napoli Federico II), Roberto Delle Donne (Università di Napoli Federico II), Arturo De Vivo (Università di Napoli Federico II), Oliver Janz (Freie
Universität, Berlin), Tullio Jappelli (Università di Napoli Federico II), Paola Moreno (Université de
Liége), Edoardo Massimilla (Università di Napoli Federico II), José Gonzàlez Monteagudo (Universidad de Sevilla), Enrica Morlicchio (Università di Napoli Federico II), Marco Musella (Università di
Napoli Federico II), Gianfranco Pecchinenda (Università di Napoli Federico II), Maria Laura Pesce
(Università di Napoli Federico II), Mario Rusciano (Università di Napoli Federico II), Mauro Sciarelli
(Università di Napoli Federico II), Roberto Serpieri (Università di Napoli Federico II), Christopher
Smith (British School at Rome), Francesca Stroffolini (Università di Napoli Federico II), Giuseppe
Tesauro (Corte Costituzionale)
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Indice
Introduzione di Maurizio Cambi, Raffaele Carbone, Antonio Carrano, Edoardo
Massimilla
7
Sezione I
Possibilità, limiti e inquietudini della ragione nel pensiero del Rinascimento
Paolo Castaldo, Dal movimento della ragione alla dialettica naturale. Vives e
Ramo a confronto
Olivier Guerrier, Raison et Fortune, de Machiavel à Montaigne
Maurizio Cambi, Giordano Bruno, la magia e i limiti della ragione
Fabio Seller, Ratio e sensus in Tommaso Campanella
13
29
37
51
Sezione II
Significati, usi e ambiguità del concetto di ratio dalla Scolastica a Leibniz
Igor Agostini, Ragione e causa nella dimostrazione a priori in Dio: da Cajetano a
Descartes
Fabrizio Lomonaco, Mens, anima, corpo in una polemica tra medici e filosofi in
Olanda: Descartes versus Regius
Chantal Jaquet, Spinoza: un razionalismo assoluto? Una riflessione sulle interpretazioni contemporanee
Francesco Piro, Di alcuni usi del concetto di ratio sufficiens nella Scolastica e in
Leibniz
Paul Rateau, Leibniz, Heidegger e il principio di ragione
69
97
113
129
151
Sezione III
La ragione tra metafisica, gnoseologia e religione da Hobbes a Helvétius
Éric Marquer, Hobbes: raison et religion
Raffaele Carbone, Malebranche, Locke, Vico: momenti della riflessione sulla ragione universale
Francesco Toto, «Au tribunal de la raison». Ragione e pregiudizio nel De l’esprit
di Helvétius
179
191
219
Sezione IV
Patologie e trasformazioni della ragione tra Kant e Hegel
Anna Donise, Razionalità e agire morale in Kant
Giovanni Morrone, Le patologie della ragione kantiana
Antonio Carrano, Una ragione più che ardita: l’idea fichtiana di un proseguimento della creazione
Stefania Achella, Ragione vivente. Il confronto di Hegel con la modernità
237
257
269
285
Sezione V
Ragione, vita e storia tra Ottocento e Novecento
Giuseppe Cacciatore, Dilthey. La ragione tra storia e vita
Clementina Cantillo, Vita, ragione, storicità. La riflessione di Ortega y Gasset
Chiara Cappiello, L’«altare della Ragione»: Benedetto Croce
307
315
325
Sezione VI
Ragione, razionalità e razionalizzazione da Weber alla Teoria Critica
Edoardo Massimilla, Razionalismo, agire razionale e razionalizzazione in Max
Weber: un possibile itinerario di ricerca
Domenico Conte, Situazione spirituale, esistenza e razionalità in Karl Jaspers
Winfried Schröder, Max Horkheimer on Reason and Morality
Stefano Petrucciani, Razionalità e storia nella prospettiva della teoria critica
347
367
387
397
Sezione VII
Ragione e razionalità nel dibattito contemporaneo
Riccardo De Biase, Prolegomeni a una critica della ragion semiotica
Carmelo Colangelo, «Il più commovente dei tradimenti»? Critica ed etica nel dibattito contemporaneo sulla ragione illuminista
Sonja Lavaert, Razionalità e immaginazione radicale. La critica di Castoriadis
Darrow Schecter, La critica della ragione strumentale come critica della differenziazione egemonica dei sistemi sociali
David Owen, The Institution of Reason
Aleksandar Bošković, Rationality in Anthropology
Raffaele Carbone, Teorie e tipologie della ratio. Letture critiche e prospettive di
analisi alla luce di alcuni momenti del dibattito contemporaneo
409
429
443
453
471
487
499
Profili biografici
533
Indice dei nomi
541
Malebranche, Locke, Vico:
momenti della riflessione sulla ragione universale
Raffaele Carbone
1. La concezione della ragione universale in Malebranche
Théodore : […] Mais pendant que vous voilà pur esprit, dites-moi, je vous prie, qu’avez-vous
découvert dans le pays des idées? Savez-vous bien présentement ce que c’est que cette Raison
dont on parle tant dans ce monde matériel et terrestre, et que l’on y connaît si peu?1
Il concetto di ragione occupa una posizione centrale nelle opere e nella
riflessione di Nicolas Malebranche, tuttavia non è così semplice perimetrarne
il campo semantico-lessicale. È certamente utile a riguardo l’analisi lessicografica del termine effettuata da André Robinet nell’articolo pubblicato nel
volume del Lessico intellettuale europeo dedicato alla Ratio, nel quale il direttore delle Œuvres complètes di Malebranche registra non soltanto il significato
preponderante del lemma – che si esprime nel binomio ragione umana/ragione divina2 – ma anche diverse accezioni “minori” (“causa”, “motivo”, “legge”;
un significato argomentativo, fisico, geometrico, giurisprudenziale)3. In questo articolo Robinet mette soprattutto in evidenza il «dédoublement ‘raison’‘Raison’»4 che si riscontra alla luce delle correzioni apportate da Malebranche
1
N. Malebranche, Œuvres complètes, sous la direction d’A. Robinet, XXIII tomes, Paris, Vrin/CNRS, 1958-1990,
vol. XII, Entretiens sur la métaphysique et sur la religion, édité par A. Robinet, seconde édition, Paris, Vrin, 1976,
IIe Entretien, p. 50 [qui e di seguito abbiamo modernizzato l’ortografia dei testi di Malebranche]. In questo articolo citiamo le opere di Malebranche dall’edizione delle Œuvres complètes a cura di Robinet. Segnaliamo comunque
le seguenti traduzioni italiane dei testi malebranchiani utilizzati: La ricerca della verità, a cura di M. Garin,
introd. di E. Garin, con una nota di E. Scribano, Roma-Bari, Laterza, 2007; Conversazioni cristiane, a cura di A.
Ingegno, trad. it. di L. Andrini, Firenze, Olschki, 1999; Colloqui sulla metafisica e sulla religione, trad. it. di R.
Crippa, rivista da A. De Maria, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1999.
2
A. Robinet, Raison, Ratio, Logos, Ly, dans l’œuvre de Malebranche, in Ratio, VII Colloquio internazionale del
lessico intellettuale europeo (Roma, 9-11 gennaio 1992), a cura di M. Fattori e M. L. Bianchi, Firenze, Olschki,
1994, pp. 439-454, p. 444.
3
Ivi, pp. 447-449.
4
Ivi, p. 440.
191
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
in alcuni passi delle nuove edizioni delle sue opere (in cui ragione diventa
Ragione quando indica la Ratio divina) e che trova una sua sistematicità nelle opere della maturità (negli anni ’80 del XVII secolo), a cui fa seguito una
minor frequenza della grafia con la maiuscola nelle opere tarde (dal Traité de
l’amour de Dieu, 1697, alle Réflexions sur la prémotion physique, 1715)5. Con lo
sdoppiamento realizzato grazie alla maiuscola, il termine “raison” abbraccia
le due sfere della ragione umana e della ragione divina e si inscrive in una
teoria dell’unione tra ragione umana e Ragione divina, tra ragione creata e
ragione increata6, nella quale, nondimeno, come a breve illustreremo, l’essere
razionale dell’uomo consiste nella sua “partecipazione” alla ragione universale ed eterna, una struttura onto-teologica (con contenuti epistemologici e assiologici) che sovrasta ed è irriducibile al lume naturale della ratio umana. L’operazione malebranchiana, peraltro, estendendo il campo della ragione fino
a comprendere un orizzonte che Descartes non contemplava, ovvero, con le
parole di Martial Gueroult, «transposant la raison cartésienne, purement humaine, dans le Verbe divin, la Raison universelle», modifica profondamente
il concetto cartesiano di ragione7. Nello stesso tempo, individuando un orizzonte concettuale che collega ragione increata e ragione creata, Malebranche
prende le distanze anche dalla tesi di Pascal sui limiti della ragione misurante
e finita dell’uomo, considerata dall’autore delle Pensées come una facoltà puramente discorsiva che, incapace di comprendere il divino che la trascende,
si colloca in una posizione più defilata rispetto al cuore, in grado invece di
elevarsi ai primi principi (come spazio, tempo, movimento, numero)8.
Ivi, pp. 443-444.
Ivi, p. 444.
7
Cfr. M. Gueroult, Malebranche I La Vision en Dieu, Paris, Aubier-Éditions Montaigne, 1955, p. 18. Secondo
Gueroult, «[l]a raison humaine étant ab ovo identifiée avec le Verbe divin, ou Raison universelle, la distinction
entre veritas rationum et veritas rei n’a plus de sens. La raison humaine n’a plus besoin de rejoindre Dieu pour être
assurée d’avoir une valeur objective. Veritas rationum et veritas rei par définition ne font originellement qu’un,
et il n’y a plus qu’un seul ordre: celui de la raison en Dieu» (ivi, p. 24). Come ha scritto Margit Eckholt mettendo
l’accento sugli aspetti teologici della questione, «la ragione umana – e precisamente la concreta ragione umana
in tutta la sua finitezza e fallibilità – partecipa del mistero divino: essa è capace di conoscere il vero perché,
inclusa nell’accadere della Parola, trascende se stessa [Menschliche Vernunft – und zwar die konkrete, menschliche Vernunft in aller Endlichkeit und Irrtumsfähigkeit – partizipiert am göttlichen Geheimnis, sie ist fähig zur
Wahrheitserkenntnis, weil sie, einbezogen in das Wortgeschehen, über sich hinausweist]» (M. Eckholt, Vernunft
in Leiblichkeit bei Nicolas Malebranche: die christologische Vermittlung seines rationalen Systems, Innsbruck,
Tyrolia, 1994, p. 134. Traduzione nostra).
8
Cfr. a riguardo B. Pascal, Pensées, in Id., Pensées opuscules et lettres, éd. Ph. Sellier, Paris, Classiques Garnier,
2011, § 142, p. 213; trad. it. Pensieri, a cura di P. Serini, Torino, Einaudi, 1967, p. 58. Su questo tema in Pascal cfr.
H. Pasqua, Le coeur et la raison selon Pascal, in «Revue Philosophique de Louvain», Quatrième série, tome 95, n°
3, 1997, pp. 379-394, pp. 386 e 392.
5
6
192
Raffaele Carbone, Malebranche, Locke, Vico: momenti della riflessione sulla ragione universale
In questo articolo tematizziamo dunque la concezione malebranchiana
della ragione universale – dunque della Ragione –, concezione che permette
nondimeno di identificare il campo della ragione umana come partecipazione
alla ragione divina, con l’intento di esaminarla poi alla luce delle obiezioni di
Locke e delle tracce che se ne ritrovano nel pensiero di Vico.
Nelle Conversations chrétiennes, libro pubblicato all’inizio del 1677 tra la
Recherche de la vérité (1674-1675) e gli Éclaircissements sur la Recherche de la
vérité (1678), Malebranche espone la sua teoria dell’unione delle menti alla
ragione sovrana in questi termini: «[o]ui, tous les esprits sont essentiellement
unis à la souveraine Raison: ils ne peuvent vivre et se nourrir que de sa substance, les Anges, les hommes et les démons mêmes»9. La dottrina della ragione universale, infinita, sovrana, che coincide con il Verbo divino, e alla
quale sono uniti tutti gli esseri spirituali, costituisce uno dei temi essenziali,
dei leitmotiv del malebranchismo10. In effetti, tra i pensatori della prima modernità, l’Oratoriano è tra quelli che più hanno messo l’accento sulla ragione
universale quale struttura ontologica unificante, medium attraverso cui Dio e
gli esseri spirituali trovano la loro unione11.
Pur tenendo presente che questo tema è un filo conduttore della riflessione
malebranchiana e che è presente in quasi tutti i suoi scritti, in questa sede
abbiamo effettuato una selezione dei testi da esaminare e considerato in particolare il X Éclaircissement sulla Recherche de la vérité, intitolato Sur la nature
des idées, su cui si focalizza lo stesso Locke nelle sue annotazioni sulla teoria
malebranchiana della visione in Dio. Di questo denso Éclaircissement ci proponiamo di analizzare questo passo:
N. Malebranche, Œuvres complètes, vol. IV, Conversations chrétiennes, publié par A. Robinet, Paris, Vrin, 1959,
III, p. 65.
10
Cfr. ad esempio N. Malebranche, Œuvres complètes, vol. XVII-1, Pièces jointes. Écrits divers, publiés par P.
Costabel et A. Cuvillier, A. Robinet, Paris, Vrin, 1960, Réponse à Regis, II, § 17, p. 295: «[j]e soutiens donc que
cette Raison universelle, qui éclaire intérieurement tous les hommes, et qui a pris une chair sensible pour s’accommoder à leur faiblesse, et leur parler par leur sens, est la Sagesse de Dieu même, en qui se trouvent toutes les
idées et toutes les vérités: que par elle nous voyons une partie de ce que Dieu voit très clairement: qu’ainsi par elle
nous avons avec Dieu et entre nous une espèce de société, et que sans elle il est impossible que les esprits puissent
avoir même entre eux le moindre rapport, former quelque liaison, convenir de quelque vérité que ce puisse être».
11
Va sottolineato che su questo punto si può cogliere anche una traccia del Lógos degli stoici. Cfr. É. Bréhier, Logos
stoïcien, Verbe chrétien, raison cartésienne, in Id., Études de philosophie antique, Paris, PUF, 1955, pp. 161-177, p.
162: «Le Stoïcisme a été une prédication du Logos: c’est par le Logos que sont unis les hommes et les dieux, être
raisonnables, en vue de qui toutes les autres parties du monde ont été faites, et qui sont les citoyens de cette grande
cité qu’est l’univers. […] Le Logos est la loi de l’univers, la loi des cités et la loi morale […]».
9
193
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
Il n’y a personne qui ne convienne que tous les hommes sont capables de connaître la vérité;
et les philosophes même les moins éclairés, demeurent d’accord que l’homme participe à une
certaine Raison qu’ils ne déterminent pas. C’est pourquoi ils le définissent animal RATIONIS
particeps: car il n’y a personne qui ne sache du moins confusément, que la différence essentielle de l’homme consiste dans l’union nécessaire qu’il a avec la Raison universelle, quoiqu’on ne
sache pas ordinairement quel est celui qui renferme cette Raison, et qu’on ne se mette fort peu
en peine de le découvrir. Je vois par exemple que 2 fois 2 font 4, et qu’il faut préférer son ami à
son chien; et je suis certain qu’il n’y a point homme au monde qui ne le puisse voir aussi bien
que moi. Or je ne vois point ces vérités dans l’esprit des autres: comme les autres ne les voient
point dans le mien. Il est donc nécessaire qu’il y a une Raison universelle qui m’éclaire, et tout
ce qu’il y a d’intelligences. Car si la raison que je consulte, n’était pas la même qui répond aux
Chinois, il est évident que je ne pourrais pas être aussi assuré que je le suis, que les Chinois
voient les mêmes vérités que je vois. Ainsi la Raison que nous consultons quand nous rentrons
en nous-mêmes, est une Raison universelle. Je dis quand nous rentrons en nous-mêmes, car je
ne parle pas ici de la raison que suit un homme passionné […].
Je suis certain que les idées des choses sont immuables, et que les vérités et les lois éternelles
sont nécessaires: je puis n’être point, ou n’être pas tel que je suis: il peut y avoir des esprits qui
ne me ressemblent pas; et cependant je suis certain qu’il ne peut y avoir d’esprits qui voient des
vérités et des lois différentes de celles que je vois: car tout esprit voit nécessairement que 2 fois
2 font 4, et qu’il faut préférer son ami à son chien. Il faut donc conclure que la raison que tous
les esprits consultent, est une raison immuable et nécessaire12.
L’espressione «animal Rationis particeps» non è certo nuova, come Malebranche stesso riconosce: in particolare è frequente in Agostino (De Trinitate,
libro VII, cap. IV, § 7; De quantitate animae, cap. XXV) e si riscontra in Cicerone (Academicorum priorum, II libro, VII, 21). Tuttavia, mentre Agostino
metteva in luce la trascendenza di ogni verità rispetto alle menti finite, Malebranche pensa che esiste una lumière che illumina tutti gli esseri pensanti
(uomini, angeli, demoni) e che coincide con la ragione divina a cui tutti gli
esseri spirituali sono intimamente uniti. Solo consultando la ragione universale, e non seguendo la propria presunta ragione (ovvero il “particolarismo”
delle proprie opinioni e dei propri interessi)13, è possibile accedere alla verità
in campo metafisico, matematico e morale. Questa ragione, pertanto, non è
riducibile a nessun particolarismo. Nel X Éclaircissement Malebranche sviluppa un’idea che ha esposto nella Préface de la Recherche de la vérité, dove,
richiamando in nota sant’Agostino (Confessiones, libro XI, cap. III), afferma
che la luce della verità illumina tutti e, evocando a titolo di esempio la condot-
12
N. Malebranche, Œuvres complètes, vol. III, De la recherche de la vérité. Éclaircissements, édité par G. RodisLewis, Paris, Vrin, 1964, pp. 129-130.
13
Sulla critica malebranchiana del particolarismo cfr. P. Riley, Malebranche’s Moral Philosophy: Divine and Human Justice, in The Cambridge Companion to Malebranche, ed. S. M. Nadler, Cambridge, Cambridge University
Press, 2000, pp. 220-261, pp. 226-227, 244, 248-249.
194
Raffaele Carbone, Malebranche, Locke, Vico: momenti della riflessione sulla ragione universale
ta di Alessandro Magno verso gli Sciti, scrive: «[…] la voix de la nature, qui ne
parle ni grec, ni scyte, ni barbare, lui parlait comme au reste des hommes un
langage très clair et très intelligible»14. Qui Malebranche pensa probabilmente
anche a Descartes, che nel Discours de la méthode evoca la luce naturale presente in tutti gli uomini quando osserva che anche i barbari usano la ragione
come noi (noi occidentali), se non addirittura meglio di noi15.
L’Oratoriano insiste però sulla dimensione onto-teologica della ragione
universale, fonte ultima delle verità epistemologiche e pratiche, che – va sottolineato – non sono create da Dio, tanto che egli afferma, nel medesimo X
Éclaircissement, che la ragione universale, pur essendo in Dio, in un certo senso è più indipendente di Dio stesso: questi non può modificarne il contenuto
e il carattere normativo, non può che seguirla:
Mais la Raison que nous consultons n’est pas seulement universelle et infinie, elle est encore nécessaire et indépendante, et nous la concevons en un sens plus indépendante que Dieu
même; il dépend d’elle en un sens: il faut qu’il la consulte et qu’il la suive. Or Dieu ne consulte
que lui-même: il ne dépend de rien. Cette raison n’est donc pas distinguée de lui-même: elle
lui est donc coéternelle et consubstantielle16.
La ragione divina malebranchiana presenta dunque i seguenti caratteri:
universalità, infinità, necessità, indipendenza. Essi rispecchiano quelli delle
verità (i rapporti di grandezza) e delle leggi (rapporti di perfezione) che essa
contiene.
In primo luogo, tali verità sono universali, altrimenti gli uomini non potrebbero intendersi su nulla e ogni comunicazione sarebbe impossibile – la
ragione, del resto, è anche la base e il medium delle società umane.
N. Malebranche, Œuvres complètes, vol. I, De la recherche de la vérité. Livres I-III, édité par G. Rodis-Lewis,
Paris, Vrin, 1962, Préface, p. 14.
15
R. Descartes, Œuvres de Descartes, publiées sous la direction de Ch. Adam et P. Tannery, nouvelle édition,
Paris, Vrin, 1996, vol. VI, Discours de la méthode, première partie, p. 2. Un’indagine semantica del lemma ratio/
raison nel corpus cartesiano è stata realizzata da J.-R. Armogathe, Sémantèse de ratio/raison dans le corpus cartésien, in Ratio, cit., pp. 403-413. Su un aspetto in particolare della ragione in Descartes cfr. É. Cassan, La raison
chez Descartes, puissance de bien juger, in «Le Philosophoire», vol. 28, n° 1, 2007, pp. 133-145. Per inquadrare la
questione nella più ampia trama delle argomentazioni cartesiane cfr. M. Gueroult, Descartes selon l’ordre des
raisons, 2 voll., Paris, Aubier, 1953, riedizione 1991.
16
N. Malebranche, De la recherche de la vérité, Éclaircissements, cit., p. 131. Come sottolinea F. Alquié (Le cartésianisme de Malebranche, Paris, Vrin, 1974, p. 198), la ragione universale è la ragione di Dio, il Verbo di Dio (in
altri termini, la ragione che ci insegna le verità matematiche è la stessa che si è incarnata per la nostra salvezza, ivi,
p. 401): in effetti, da un lato, Dio la segue e la consulta, dall’altro, egli non dipende da nulla, quindi non potrebbe
a rigore soggiacere a un’entità a lui eteronoma. Sull’equivalenza di Ragione e Verbo cfr. in particolare N. Malebranche, Entretiens sur la métaphysique et sur la religion, cit., III, § 2, p. 64: «[…] le Verbe divin, en tant que Raison
universelle, renferme dans sa substance les idées primordiales de tous les êtres et crées et possibles».
14
195
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
In secondo luogo, esse sono necessarie: le idee delle cose, le verità e le leggi
eterne non possono essere il prodotto della mente di un singolo individuo, un
essere pensante limitato e contingente, diverso da altri esseri pensanti. Tali
idee hanno una consistenza e certe caratteristiche intrinseche che non permettono di ridurle ad alcuna mente finita; esse devono dunque trovarsi in un
luogo che permetta di render conto della loro consistenza e delle loro proprietà: la ragione divina. Quest’ultima, in quanto dimensione dell’essere divino e
non quale facoltà della menta umana, è inoltre infinita.
In terzo luogo, i contenuti della ragione universale possiedono il carattere
dell’indipendenza: essi non sono creati da Dio né possono essere da lui modificati a suo arbitrio.
Si può ancora notare che in Malebranche, da un lato, la ragione universale è un centro di luce che illumina tutti gli esseri spirituali (gli uomini, gli
angeli, i demoni, Dio stesso)17, dall’altro essa entra in gioco nella definizione
dell’essere umano, l’animale che partecipa della Ratio: la ragione contribuisce
pertanto in maniera decisiva alla caratterizzazione dell’uomo nella sfera dei
viventi e degli enti creati. Nella sua relazione alla Raison universelle l’uomo
(quale soggetto cognitivo finito) si trova però in una condizione di pura ricettività. Eppure in tale condizione egli non deve adattarsi a una normalizzazione eteronoma, che gli si imporrebbe dall’esterno, bensì, come ha scritto Josef Reiter, rivela la sua «apertura trascendentale» (propria di una dimensione
umana ridotta idealisticamente alla sua componente spirituale), apertura già
sempre compiuta dalla dimensione del Trascendente, l’orizzonte che informa
e codifica il pensiero e l’agire umani18.
17
Cfr. quanto scriveva Francisque Bouillier: «Cette union des esprits avec Dieu, cette vue en Dieu des idées et des
vérités éternelles, voilà ce qu’il [Malebranche] appelle la raison. […] La raison étant le rapport de tous les esprits
avec une même source de lumière, avec Dieu lui-même, il n’y a qu’une raison, qui est la raison, la sagesse même
de Dieu» (F. Bouillier, Mémoire sur la vision en Dieu de Malebranche, extraits des tomes XXI et XXII du CompteRendu de l’Académie des Sciences morales et politiques, Orléans, 1852, p. 22-23). Cfr. anche Id., Histoire de la
philosophie cartésienne, troisième édition, Paris, Ch. Delagrave et Cie, 1868, Hildesheim-New York, Georg Olms
Verlag, 1972, réimpression anastatique, tome II, p. 87.
18
«In der reinen Rezeptivität des endlichen Erkenntnissubjektes im Verhältnis zur es bestimmenden „Raison
universelle“ sieht Malebranche freilich keine von außen kommende (heteronome) Normierung, sondern (ganz
im Gegenteil) die vom Transzendenten schon je vollbrachte transzendentale Eröffnung der Dimension von Menschlichkeit (in ihrer idealistischen Reduktion auf „Geistigkeit“), den prägenden Horizont menschlichen Denkens
und Tuns» (J. Reiter, System und Praxis. Zur kritischen Analyse der Denkformen neuzeitlicher Metaphysik im Werk
von Malebranche, Freiburg-München, Verlag Karl Alber, 1972, pp. 204-205).
196
Raffaele Carbone, Malebranche, Locke, Vico: momenti della riflessione sulla ragione universale
2. Le obiezioni di Locke alla concezione malebranchiana della ragione universale
Locke comincia a interessarsi all’opera di Malebranche durante il suo soggiorno in Francia: nel 1676 acquista i due tomi della Recherche de la vérité, pubblicati
rispettivamente nel 1674 e 1675 a Parigi dall’editore André Palard19. Sembra comunque che il filosofo inglese abbia effettivamente letto in modo accurato i due
tomi soltanto nei primi mesi del 1685, nel corso del suo soggiorno in Olanda20.
Nel 1693 Locke redige una memoria – quasi in forma di appunti – in cui,
alla luce della seconda parte del terzo libro della Recherche de la vérité e del
X Éclaircissement sur la Recherche de la vérité, esamina criticamente alcuni
aspetti della teoria malebranchiana della visione in Dio e della natura delle
idee. Questo testo, com’è noto, viene pubblicato postumo, poiché solo nella
sua ultima lettera a King Locke toglie il divieto di pubblicarlo. Anthony Collins e Peter King, i curatori dei Posthumous Works, lo pubblicano nel 1706
con il titolo, rimasto successivamente invariato, An Examination of P. Malebranche’s Opinion of Seeing All Things in God21. Diversi anni dopo, nel 1732,
appare anche un’edizione francese di questo scritto, pubblicata nella seconda
edizione della raccolta di alcune opere di Locke22. In entrambe queste edizioni, come pure in quelle successive, questo testo non è stato edito integralmente. In particolare non sono stati pubblicati alcuni paragrafi iniziali e un
successivo breve passo: si tratta di brani conservati nella versione redatta dal
copista di Locke e suo fedele aiutante, Sylvester Brounower23. Tali paragrafi
– tradotti invece nell’edizione italiana – sono importanti dal punto di vista
storico-filosofico giacché rinviano esplicitamente all’opera di Norris, Reason
and Religion24. Norris, com’è noto, è un convinto difensore del pensiero ma-
19
Cfr. G. Bonno, Les relations intellectuelles de Locke avec la France, Berkeley-Los Angeles, University of California Press, 1955, pp. 58 e 243-245.
20
Cfr. J. Lough, Locke’s Reading during his Stay in France (1675-1679), in «The Library», vol. 8, 1953, pp. 229-258.
Su Locke e la Francia cfr. inoltre Id., Locke’s Travels in France 1675-1679: as Related in his Journals, Correspondence and other Papers, Cambridge, Cambridge University Press, 1953.
21
Posthumous Works of John Locke, London, Printed by W. B. for A. and J. Churchill at the Black Swan in PaterNoster-Row, 1706, pp. 139-213.
22
Œuvres diverses de Monsieur Locke, nouvelle édition considérablement augmentée, 2 voll., Amsterdam, chez
Jean Frédéric Bernard, 1732.
23
Cfr. Ms. Locke d 3. Cfr. P. Long, A Summary Catalogue of the Lovelace Collection of the Paper of John Locke in
the Bodleian Library, Oxford, University Press for the Society, 1959, p. 32; L. Simonutti, Introduzione, in J. Locke,
Malebranche e la visione in Dio, con un commento di Leibniz, Pisa, ETS, 1994, pp. 7-26, p. 13.
24
J. Norris, Reason and Religion, or, The Grounds and Measures of Devotion, consider’d from the Nature of God,
and the Nature of Man in several Contemplations: with Exercises of Devotion applied to every Contemplation, 2
voll., London, Printed for Samuel Manship, at the Bull in Cornhil, 1689.
197
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
lebranchiano e in particolare della teoria della visione delle idee in Dio25. In
qualche modo l’esame critico della teoria malebranchiana si intreccia con la
querelle con Norris, epigono del neoplatonismo di Cambridge, a cui Locke
contrappone An Essay Concerning Human Understanding e il suo metodo critico per la ricerca dei principi del conoscere26. Non a caso, dopo aver esaminato la concezione malebrancheana, Locke formula anche alcune osservazioni
sull’interpretazione norrisiana della teoria della visione di Malebranche nei
Remarks upon some of Mr. Norris’s Books, wherein he asserts P. Malebranche’s
Opinion of seeing all Things in God27.
Intendiamo ora focalizzare l’attenzione sull’Examination of P. Malebranche’s Opinion of Seeing All Things in God, dove Locke analizza la dottrina della
visione in Dio e la concezione dell’origine e della natura delle idee così come
Malebranche la espone nella seconda parte del terzo libro della Recherche de
la vérité. Segnaliamo comunque che alcuni dei temi trattati nell’Examination
emergono già nello scambio epistolare con William Molyneux, il quale, in
una lettera del 1693, scrive a Locke che trova completamente inintelligibili i
concetti malebranchiani28. In una successiva lettera a Molyneux del 1695 Locke fa riferimento proprio alla sua memoria su Malebranche che analizza criticamente il pensiero del filosofo francese, in un modo che riecheggia e sviluppa
il pensiero del suo corrispondente: «I have also examined Pere Malebranche’s
opinion concerning seeing all things in God, and to my own satisfaction laid
open the vanity, and inconsistency, and unintelligibleness of that way of explaining humane understanding»29.
L’Examination considera in particolare il primo capitolo della seconda par-
Sulla lettura norrisiana di Malebranche rinviamo a E. Scribano, Norris interprete di Malebranche, in A. Santucci (a cura di), Filosofia e cultura nel Settecento britannico, Bologna, Il Mulino 2001, pp. 43-52.
26
Su Locke, Norris e Malebranche cfr. Ch. Johnston, Locke’s Examination of Malebranche and John Norris,
«Journal of the History of Ideas», vol. 19, n° 4, 1958, pp. 551-558.
27
I Remarks sono stati pubblicati per la prima volta, a cura di Pierre Desmaizeaux, nel volume A Collection of
Several Pieces of Mr. John Locke, never before Printed, or not Extant in his Works, London, Printed by J. Bettenham
for R. Francklin, at the Sun in Fleetstreet, 1720, pp. 153-176.
28
«I look upon Malbranches Notions, or rather Platos, [as] in this particular perfectly unintelligible; And if you
will Ingage in a Philosophick Controversy, you cannot do it with more advantage than in this matter» (Molyneux
to Locke, 18 April 1693, in The Correspondence of John Locke, ed. E. S. de Beer, 8 voll., Oxford, Clarendon Press,
1976-1989, vol. IV, letter 1622, p. 668).
29
Locke to Molyneux, 8 March 1695, in The Correspondence of John Locke, cit., vol. V, letter 1857, p. 287. Cfr. a
riguardo N. Jolley, Locke and Malebranche. Intelligibility and Empiricism, in Locke and Cartesian Philosophy,
eds. Ph. Hamou and M. Pécharman, Oxford, Oxford University Press, 2018, pp. 205-218, pp. 206-207. Cfr. inoltre
Th. M. Lennon, The Battle of the Gods and Giants: The Legacies of Descartes and Gassendi, 1655-1715, Princeton,
Princeton University Press, 1993, p. 175.
25
198
Raffaele Carbone, Malebranche, Locke, Vico: momenti della riflessione sulla ragione universale
te del terzo libro della Recherche de la vérité. Qui l’Oratoriano illustra la sua
teoria della percezione degli oggetti esterni e il corretto significato filosofico
del concetto di idea. A suo avviso, non percepiamo gli oggetti esterni per se
stessi, non abbiamo un rapporto diretto con essi; l’oggetto immediato della
nostra mente quando percepiamo un corpo esterno è l’idea, qualcosa che è
intimamente legato a essa: «Ainsi par ce mot idée, je n’entends ici autre chose,
que ce qui est l’objet immédiat, ou le plus proche de l’esprit, quand il aperçoit
quelque objet, c’est-à-dire ce qui touche et modifie l’esprit de la perception
qu’il a d’un objet»30. In seguito Malebranche distingue le diverse opinioni
sulla percezione degli oggetti esterni, i vari modi in cui è possibile spiegare
tale fenomeno, mettendo in luce quelli che sono a suo avviso i punti critici di
ciascuna opzione, per poi concludere, seguendo dunque un procedimento per
esclusione, che la teoria più soddisfacente è quella della visione in Dio31. Va
detto che questa strategia di indagine non è quella che si riscontra nelle opere
più tarde, come gli Entretiens sur la métaphysique et sur la religion, dove il
filosofo francese prima afferma che noi percepiamo i corpi non direttamente
ma tramite idee che li rappresentano, e dopo argomenta che le idee godono di
proprietà quali l’immutabilità, l’eternità, la necessità e l’infinitezza in modo
tale che esse possono esistere solo in Dio32.
Locke mette in discussione la correttezza metodologica del procedimento
malebranchiano e l’efficacia in campo epistemologico della sua teoria33. Egli
30
N. Malebranche, De la Recherche de la vérité, cit., liv. III, IIe partie, chap. Ier, § 1, p. 414. Sulle critiche di Locke
a Malebranche sono sempre utili le analisi di Richard Glauser, che ha efficacemente focalizzato le differenze fondamentali tra le posizioni dei due filosofi. In primo luogo, per Locke l’unione dell’anima con l’idea non spiega né
la natura dell’idea né il meccanismo della percezione. In secondo luogo, anche per Locke gli oggetti materiali non
sono uniti alla mente percipiente, ma questa tesi ha nei suoi testi un significato diverso rispetto a quello malebranchiano. Infatti, per il filosofo inglese, che attribuisce (non senza leggerezza, commenta Glauser) a Malebranche
un idealismo percettivo, è fondamentale riconoscere la causalità dei corpi sulla mente. Tale rapporto causale
corpi-mente presuppone la certezza dell’esistenza dei corpi esterni, e quest’ultima, secondo Locke, si fonda sulla
ricezione delle idee particolari nella mente, prodotte dagli oggetti indirettamente, attraverso gli organi sensoriali
(cfr. R. Glauser, Berkeley et les philosophes du XVIIe siècle. Perception et scepticisme, Sprimont, Mardaga, 1999, pp.
148-150). Anche Steven Nadler contesta le interpretazioni che riducono la teoria malebranchiana della conoscenza a un perceptual idealism. Cfr. S. Nadler, Malebranche and Ideas, New York-Oxford, Oxford University Press,
1992, pp. 152-182, in part. pp. 155-157, 162-163.
31
N. Malebranche, De la Recherche de la vérité, cit., liv. III, IIe partie, chap. II-VI, pp. 418-447.
32
Cfr. N. Malebranche, Entretiens sur la métaphysique et sur la religion, cit., II, § 1, pp. 50-51.
33
In base al procedimento utilizzato e alle sue premesse, l’argomento malebranchiano è, secondo Locke, un Argumentum ad ignorantiam: esso «[…] loses all its Force as soon as we consider the weakness of our Minds, and the narrowness of our Capacities, and have but Humility enough to allow that there may be many things which we cannot
fully comprehend, and that God is not bound in all he does to subject his ways of operation to the scrutiny of our
Thoughts, and confine himself to do nothing but what we must comprehend» (An Examination of P. Malebranche’s
Opinion of Seeing All Things in God, in Posthumous Works of John Locke, cit., § 2, p. 142; trad. it. cit., § 6, p. 35).
199
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
si concentra sulle falle dell’argomentazione dell’Oratoriano nonché sui punti
oscuri e sulle affermazioni difficilmente comprensibili che a suo avviso emergono nei testi in cui è esposta la dottrina delle idee e la connessa teoria della
percezione34. In particolare, Locke si sofferma sulla concezione secondo cui
vediamo in Dio le idee degli oggetti – idee che vanno distinte dalle percezioni,
che sono modificazioni dell’anima: secondo il ragionamento malebranchiano,
io vedo in Dio queste idee per mezzo della mia intima unione con l’Essere
supremo in quanto Egli è onnipresente («by my intimate Union with God, for
he is every where present»)35. Se è così, sostiene Locke, io dovrei vedere tutte le
idee in Dio, mentre in realtà secondo Malebranche io vedo solo quelle idee che
Dio si compiace di svelarmi: in fin dei conti, si può dire che io ho quelle idee
che Dio vuole che io abbia, ma non so, alla luce dell’argomento malebranchiano, in che modo si producono in me le idee36.
Consideriamo ora i paragrafi in cui Locke prende in esame la concezione
della ragione universale, così come è esposta da Malebranche nel X Éclaircissement sulla Recherche de la vérité, in particolare il § 53.
What he says here of universal Reason, which enlightens every one, whereof all Men partake,
seems to me nothing else but the Power Men have to consider the Ideas they have one with
another, and by thus comparing them, find out the relations that are between them; and therefore if an intelligent Being at one end of the World, and another at the other end of the World,
will consider twice two and four together, he cannot but find them to be equal, i.e. to be the
same Number. […] If he means, as he says, p. 536, that this infinite and universal Reason,
Cfr. ad esempio l’affermazione che Dio è il luogo degli spiriti come gli spazi sono i luoghi dei corpi: «His proof,
that our Souls can see them in God, is because God is most straitly united to our Souls by his Presence, insomuch that
one may say, God is the place of Spirits, at Spaces are the places of Bodies. In which there is not, I confess, one word
that I can understand» (ivi, § 25, p. 160; trad. it. cit., § 29, p. 53).
35
Ivi, § 25, p. 161; trad. it. cit., § 29, p. 54.
36
Ibid. Va detto che Locke non intende propugnare, contro Malebranche, una tesi positiva sulla natura delle idee
e sul processo attraverso il quale esse si formano in noi; egli si propone piuttosto di dimostrare che nell’Oratoriano – a parte la concezione secondo cui le idee sono l’oggetto immediato della mente – non si riscontra alcuna tesi
positiva difendibile sulle idee. Cfr. a riguardo S. Roux, De Malebranche à Locke et retour. Les idées avec ou sans
la vision en Dieu, in Les Malebranchismes des Lumières. Études sur les réceptions contrastées de la philosophie de
Malebranche, fin XVIIe et XVIIIe siècles, études réunies par D. Antoine-Mahut, Paris, Honoré Champion, 2014,
pp. 78-123, pp. 91-92 (una versione di questo articolo è consultabile online: https://hal.archives-ouvertes.fr/hal02461594/document). Sulla posizione lockiana cfr. J. Locke, Saggio sull’intelletto umano/An Essay Concerning Human Understanding, a cura di V. Cicero e M. G. D’Amico, introd. di P. Emanuele, Milano, Bompiani, 2007 [2004],
Book II, Chapter VIII, § 8, pp. 214-215: «[w]hatsoever the Mind perceives in it self, or is the immediate object of
Perception, Thought, or Understanding, that I call Idea […]». Cfr. anche ivi, Book I, Chapter I, § 8, pp. 38-39, dove
Locke afferma che il termine idea è quello più appropriato per designare l’oggetto dell’intelletto quando pensiamo: «[i]t being that Term, which, I think, serves best to stand for whatsoever is the Object of Understanding when
a Man thinks, I have used it to express whatever is meant by Phantasm, Notion, Species, or whatever it is, which
the Mind can be employ’d about in thinking; and I could not avoid frequently using it».
34
200
Raffaele Carbone, Malebranche, Locke, Vico: momenti della riflessione sulla ragione universale
whereof Men partake, and which they consult, is the Reason of God himself; I can by no
Means assent to it. First, Because I think we cannot say God reasons at all; for he has at once a
View of all things. But Reason is very far from such an Intuition, it is a laborious and gradual
Progress in the Knowledge of things, by comparing one Idea with a second, and a second with
a third, and that with a fourth, &c. to find the Relation between the first and the last of these
in this Train, and in search for such intermediate Ideas, as may shew us the Relation we desire
to know, which sometimes we find, and sometimes not. This way therefore of finding Truth,
so painful, uncertain, and limited, is proper only to Men of finite Understandings, but can
by no Means be supposed in God; it is therefore in God Understanding or Knowledge. But
then to say that we partake in the Knowledge of God, or consult his Understanding, is what I
cannot receive for true. God has given me an Understanding of my own; and I should think it
Presumption in me to suppose I apprehended anything by God’s Understanding, saw with his
Eyes, or shared of his Knowledge. I think it more possible for me to see with other Men’s Eyes,
and understand with another Man’s Understanding, than with God’s; there being some Proportion between mine and another Man’s Understanding, but none between mine and God’s.
But if this infinite Reason which we consult, be at last nothing but those infinite unchangeable
Relations which are in things, some of which we make a Shift to discover, this indeed is true,
but seems to me to make little to our Author’s Purpose, of seeing all things in God; […]37.
Secondo Locke, dunque, la ragione universale su cui insiste Malebranche
non sarebbe altro che la capacità umana di mettere a confronto le idee e di
scoprire, in tal modo, le relazioni che sussistono tra loro: per cui due uomini,
anche se diversi per lingua e cultura, possono cogliere il rapporto che esiste
tra 2 volte 2 e 4. Tuttavia, il pensatore inglese non ritiene che la ragione che gli
uomini consultano sia la ragione di Dio stesso. In realtà – secondo Locke – di
Dio non si può certo dire che ragioni, nel senso in cui parliamo del ragionare
e della ragione umani. Infatti, in An Essay Concerning Human Understanding,
Locke definisce la ragione come quella facoltà tipicamente umana (facoltà che
distingue l’uomo dagli animali)38 attraverso cui l’uomo coglie le idee intermedie tra due idee e le ordina, scoprendo così la connessione che sussiste tra ogni
anello della catena per mezzo di cui sono congiunte le estremità39.
J. Locke, An Examination, cit., § 53, pp. 205-207; trad. it. cit., § 59, pp. 96-97.
J. Locke, Saggio sull’intelletto umano/An Essay Concerning Human Understanding, cit., Book IV, Chapter XVII,
§ 1, pp. 1258-1259.
39
Ivi, Book IV, Chapter XVII, § 2, pp. 1260-1261. Si ricordi che per Locke la conoscenza è la percezione della
concordanza o discordanza fra le nostre idee (ivi, Book IV, Chapter I, § 2, pp. 982-983) e la ragione è la capacità di
ricombinare tali idee per fornirci delle conoscenze. Tutte le nostre conoscenze sono costituite da idee, e le idee, secondo Locke, si acquisiscono attraverso le nostre facoltà naturali (sensazione e riflessione). Le verità della ragione
sono dunque convalidate tramite mezzi naturali e si distinguono dalle verità di fede, le quali sono avvalorate non
per mezzo della sensazione e della riflessione in quanto fonti delle idee in esse contenute, ma perché sono rivelate
divinamente (cfr. ivi, Book IV, Chapter XVIII, § 5, pp. 1304-1307). Da questi passi emerge che la ragione per Locke
non è un Logos universale ma una facoltà della mente umana, come emerge già nel primo testo degli Essays on
the Law of Nature (1663-1664), dove il filosofo inglese asserisce che la ragione non è un’entità trascendente, ma è
piuttosto l’attività dell’intelletto che organizza il discorso e deduce le conclusioni. In questi saggi giovanili Locke
37
38
201
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
Nell’Examination of P. Malebranche’s Opinion of Seeing All Things in God
Locke afferma che, avendo una visione simultanea di tutte le cose («he has
at once a View of all things»), Dio in realtà non ragiona40: la sua conoscenza è in altri termini di tipo intuitivo e totale. Ma il modo di procedere della
ragione non è intuitivo e immediato: anche nella memoria su Malebranche
Locke sostiene che la ragione consiste nel confrontare un’idea con un’altra e
quest’ultima con un’altra ancora e così via, per cogliere il nesso tra la prima e
l’ultima idea di questa serie. Questa facoltà conosce le cose attraverso un processo lento, nel corso del quale si realizza un progresso che è appunto graduale
e laborioso («[b]ut Reason is very far from such an Intuition; it is a laborious
and gradual Progress in the Knowledge of things»)41. Tale modo di pervenire
alla verità, segnato da incertezze, fatica ed evidenti limiti, è proprio di un
intelletto finito, e non può essere attribuito a Dio. Diventa chiaro che, per Locke, è assurdo ritenere che noi attingiamo al sapere di Dio, che consultiamo
la sua intelligenza42. Va peraltro notato in Locke uno slittamento semantico:
Malebranche parla piuttosto di ragione divina, ragione che coincide col Verbo
e che contiene essenzialmente l’insieme delle oggettualità matematiche e dei
principi basilari della morale; Locke, invece, utilizza non soltanto l’espressione «we partake in the Knowledge of God» ma anche «consult his Understanding», sembra dunque parlare di “intelligenza” di Dio (come emerge in modo
ancora più evidente nel brano che segue immediatamente questo appena cita-
distingue la ratio intesa come facoltà discorsiva della mente dalla ratio come insieme dei principi che regolano
l’azione (tuttavia il secondo significato di ragione si coglie all’interno di una tesi secondo la quale la ragione si
rivelerebbe in giudizi morali già costituiti e che si allontana dalla concezione che Locke sostiene): «Per rationem
autem hic non intelligendum puto illam intellectus facultatem quae discursus format et argumenta deducit, sed
certa quaedam practica principia e quibus emanant omnium virtutum fontes et quicquid necessarium sit ad mores bene efformandos; quod ex his principiis recte deducitur id jure dicitur rectae rationi conforme» (Essays on the
Law of Nature and Associated Writings, the Latin Text with a Translation, Introduction, and Notes, Together with
Transcripts of Locke’s Shorthand in His Journal for 1676, edited by W. von Leyden, Oxford, Oxford University
Press, 2002 [1954], p. 110; trad. it. Saggi sulla legge naturale, a cura di M. Cristiani, introd. di G. Bedeschi, RomaBari, Laterza, 2019 [1973], p. 4). La ragione, comunque, non è la fonte della legge di natura («legem […] naturae»),
essa piuttosto la ricerca e la trova in quanto decretata da una potenza superiore e impiantata nei nostri cuori («a
superiore potestate sancitam et pectoribus nostris insitam»); essa non può stabilire per noi delle leggi perché è
e resta una facoltà della nostra mente e una parte di noi («nec enim ratio, cum facultas solum animi sit et pars
nostris, nobis dare leges potest») (ibid.; trad. it. cit., p. 5). Sulle funzioni e sui limiti della ragione come facoltà
della mente cfr. anche il secondo saggio degli Essays: ivi, in part. pp. 122-124; trad. it. cit., pp. 15-16. Su questi temi
negli Essays cfr. S. Goyard-Fabre, John Locke et la raison raisonnable, Paris, Vrin, 1986, pp. 54-55, e J.-M. Vienne,
Expérience et raison. Les fondements de la morale selon Locke, Paris, Vrin, 1991, pp. 95-97.
40
J. Locke, An Examination, cit., § 53, p. 206; trad. it. cit., § 59, pp. 96-97.
41
Ivi, § 52, pp. 206-207; trad. it. cit., § 59, p. 97.
42
Ivi, § 52, p. 207; trad. it. cit., § 59, p. 97.
202
Raffaele Carbone, Malebranche, Locke, Vico: momenti della riflessione sulla ragione universale
to), accentuando così il senso “soggettivo” del genitivo, cioè il modo di conoscere e il conoscere di Dio.
Dio – argomenta ulteriormente Locke – mi ha dato una mia propria intelligenza, per cui sarebbe pretenzioso sostenere di comprendere qualcosa per
mezzo dell’intelligenza divina, ovvero vedere con i suoi occhi o condividere
il suo sapere («I should think it presumption in me to suppose I apprehended anything by God’s understanding, saw with his eyes, or shared of his
knowledge»)43. In maniera diametralmente opposta a Malebranche Locke
pensa che sia più realistico vedere con gli occhi di un altro uomo, ovvero capire qualcosa attraverso l’intelligenza di un nostro simile, piuttosto che con
quella di Dio44 (d’altro canto, nell’Essay, in contrapposizione alla concezione
secondo cui la mente umana accede al vero nella misura in cui è unita alla ragione divina, Locke propone il modello della «Candle-light», secondo il quale
Dio ha dotato gli uomini di facoltà limitate eppure sufficienti per permettere
di conoscere ciò che è utile ai loro scopi)45. Infine, se per ragione infinita e universale che gli uomini consultano Malebranche intende le relazioni infinite e
immutabili che esistono tra le cose e che conosciamo faticosamente solo in
parte, allora – conclude Locke – questo è vero, ma non contribuisce a provare
che noi vediamo le cose in Dio46.
Le critiche di Locke hanno il merito di focalizzare un nodo problematico
della teoria malebranchiana della ragione universale, che l’Oratoriano non
sembra contemplare. Tale criticità della dottrina è dovuta all’ambivalenza della ratio intesa come Ragione o Verbo di Dio, che presta il fianco all’obiezione
del filosofo inglese. Da un lato, infatti, essa potrebbe essere intesa come l’organo attraverso cui Dio conosce ogni cosa, dall’altro come una sfera che contiene le idee delle cose e le loro relazioni che sono oggetto delle nostre percezioni. Questa equivocità del concetto di ragione appare paradossalmente in un
Ibid.
Ibid.
45
J. Locke, Saggio sull’intelletto umano/An Essay Concerning Human Understanding, cit., Book I, Chapter I, §
5, pp. 34-35. Scrive Jolley a riguardo: «[…] there is no room in Malebranche’s system for any characterisation
of reason as a dim candle. Indeed, given the identification of reason with divine Reason, such a disparagement
would be blasphemous» (N. Jolley, Reason’s Dim Candle. Locke Critique of Entousiasm, in The Philosophy of Locke:
New Perspectives, ed. P. Anstey, London-New York, Routledge, 2003, pp. 179-191, p. 185). Va detto che in questo
articolo Nicolas Jolley mette in discussione la tesi di Lennon secondo cui il capitolo XIX del IV libro dell’Essay,
«Of Enthusiasm», aggiunto nella quarta edizione (1700), sia stato scritto contro Malebranche (Th. M. Lennon, The
Battle of the Gods and Giants, cit., pp. 169-190). Per una recente discussione della questione, cfr. S. Roux, in De
Malebranche à Locke et retour. Les idées avec ou sans la vision en Dieu, cit.
46
J. Locke, An Examination, cit., § 53, pp. 207-208; trad. it. cit., § 59, pp. 97-98.
43
44
203
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
libro che si presenta come un’apologia della dottrina malebranchiana contro
le critiche di Locke: la Défense du sentiment du P. Malebranche sur la nature et
l’origine des idées contre l’examen de M. Locke (1748) di Giacinto Sigismondo
Gerdil. In un luogo del testo Gerdil intende confutare in particolare l’interpretazione lockiana secondo la quale Malebranche avrebbe attribuito a Dio la
facoltà di passare da una conoscenza all’altra come si riscontra negli uomini.
Ora, secondo Gerdil, la definizione della ragione come facoltà di conoscere le
relazioni tra le idee muovendo da una conoscenza all’altra non sembra costituire necessariamente l’essenza della ragione. Siccome è possibile conoscere
una serie di rapporti in un colpo d’occhio – come fa il buon matematico rispetto al principiante, che solo a fatica conosce, uno dopo l’altro, i passaggi
di questa successione –, non dovremmo ascrivere sempre alla ragione tale capacità di conoscere una successione di verità in un colpo d’occhio piuttosto
che identificarle una dopo l’altra?47 È a questo punto che Gerdil si pone una
domanda nella quale emergono sia l’aspetto soggettivo-gnoseologico della ragione di Dio sia il suo aspetto oggettivo-contenutistico.
Pourquoi donc ne peut-on pas appeler raison de Dieu cette sagesse infinie, par laquelle il connait parfaitement toute vérité, cette sagesse, qui comprend toutes les idées, et qui en voit tous
les rapports?48
Subito dopo, compiendo un’esegesi della dottrina malebranchiana dell’unione tra mente umana e ragione divina, della partecipazione della prima alla
seconda, Gerdil lascia apparire piuttosto la seconda caratterizzazione della
ragione universale quale dimensione che contiene le idee delle cose e i loro
rapporti, i quali costituiscono l’oggetto del nostro conoscere:
L’Homme participe donc à la raison universelle en ce sens, que l’objet immédiat de sa perception, et de sa connaissance est la raison même de Dieu, en tant qu’elle contient les idées des
choses, et leur rapport. Cette faculté d’apercevoir ces idées, et ces rapports, c’est la raison particulière de l’Homme. Chaque Homme a ainsi sa raison particulière, qui lui est propre; et tous
les Hommes ont la même raison universelle pour objet immédiat de leur raison particulière49.
Torniamo ora a Locke ed esaminiamo un interessante paragrafo del Libro
IV (cap. XIX, § 4) di An Essay Concerning Human Understanding, intitolato
«Reason and Revelation».
Cfr. G. S. Gerdil, Défense du sentiment du P. Malebranche sur la nature et l’origine des idées contre l’examen de
M. Locke […], Turin, Imprimerie royale, 1748, pp. 231-232.
48
Ivi, p. 232.
49
Ibid.
47
204
Raffaele Carbone, Malebranche, Locke, Vico: momenti della riflessione sulla ragione universale
Reason is natural Revelation, whereby the eternal Father of Light, and Fountain of all
Knowledge communicates to Mankind that portion of Truth, which he has laid within the
reach of their natural Faculties: Revelation is natural Reason enlarged by a new set of Discoveries communicated by GOD immediately, which Reason vouches the Truth of, by the
Testimony and Proofs it gives, that they come from GOD. So that he that takes away Reason,
to make way for Revelation, puts out the Light of both, and does much what the same, as if he
would perswade a Man to put out his Eyes the better to receive the remote Light of an invisible
Star by a Telescope50.
Qui Locke definisce la ragione come una rivelazione naturale attraverso cui Dio, principio di conoscenza, comunica al genere umano una certa
porzione di verità adeguata all’estensione delle facoltà naturali dell’uomo
(va detto ovviamente che tra ragione e fede, per Locke, c’è una differenza
importante, sia per quanto riguarda la loro fonte – sensazione e riflessione
da un lato, rivelazione divina dall’altro – sia per quanto concerne il loro
statuto epistemico: il corretto uso della ragione conduce alla conoscenza, la
fede conduce soltanto alla credenza51). Locke presuppone qui una comunicazione della verità che procede da Dio all’uomo, dunque potrebbe indurre
a considerare la possibilità che Dio e uomo condividano, come pensa Malebranche, alcune verità (fermo restando la distanza abissale tra l’uno e l’altro). Inoltre, il filosofo inglese sembra insistere meno – rispetto al posteriore
scritto su Malebranche (redatto nel 1695, cinque anni dopo la pubblicazione
dell’Essay Concerning Human Understanding) – sui caratteri propri dell’intelligenza umana, che certamente procede in maniera laboriosa e graduale,
ma conserva una qualche attività. Nel contesto di questo capitolo, e in particolare del paragrafo 4, sottolineando la continuità tra ragione e rivelazione
– che è la stessa ragione naturale estesa a un nuovo campo di conoscenze comunicate immediatamente da Dio –, Locke intende mettere in guardia contro l’affrettata pretesa di sbarazzarsi della ragione per affidarsi totalmente
alla rivelazione: questo significherebbe spegnere la luce di entrambe52. Non
a caso, in questo stesso capitolo Locke mostra i limiti dell’entusiasmo e della
salda persuasione che lo alimenta; egli afferma che la luce della mente consiste in realtà nell’evidenza della verità di una proposizione – che o è autoevidente o è accolta come vera in virtù della sua chiarezza e della validità degli
J. Locke, Saggio sull’intelletto umano/An Essay Concerning Human Understanding, cit., Book IV, Chapter XIX,
§ 4, pp. 1316-1319.
51
Cfr. ivi, Book IV, cap. XI, § 12, pp. 1198-1199: in questo paragrafo Locke dice in modo chiaro che la conoscenza
è possibile solo nel campo della ragione e che in materia di fede dobbiamo accontentarci della mera credenza.
52
Ivi, Book IV, Chapter XIX, §§ 9-12, pp. 1320-1329.
50
205
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
argomenti che la provano53. La stessa rivelazione, infatti, afferma il titolo del
§ 14 di questo capitolo, deve essere giudicata dalla ragione («Revelation must
be judged of by Reason»)54: in effetti, la ragione deve essere, secondo Locke,
il nostro giudice e la nostra guida nell’esame di ogni cosa55. Il pensatore inglese insiste dunque sulla capacità della ragione di confermare certi aspetti
del contenuto delle Scritture; in sintesi, sostiene che essa può e deve giudicare certe parti di una rivelazione nonché la totalità della rivelazione56. Del
resto, le stesse Scritture affermano che i santi uomini del passato cercavano
segni esterni, al di là della loro certezza interiore, che potessero persuaderli
dell’origine divina delle loro rivelazioni. Ciò che la ragione giudica, nei fatti,
è se una proposizione pronunciata da qualcuno che ha la pretesa di essere
ispirato da Dio sia effettivamente una rivelazione di Dio57.
Successivamente, in The Reasonableness of Christianity, pubblicato anonimo nel 1695, Locke afferma che qualunque cosa debba valere universalmente,
come modello rispetto al quale gli uomini devono conformare il loro agire,
deve trarre la sua autorità dalla rivelazione o dalla ragione:
Whatsoever should thus be universally useful, as a standard to which Men should conform
their Manners, must have its Authority either from Reason or Revelation. ’Tis not every
Ivi, Book IV, Chapter XIX, § 13, pp. 1328-1329.
Ivi, Book IV, Chapter XIX, § 14, pp. 1330-1331. A proposito della differenza tra le verità di ragione e le verità
di fede, Snyder ha scritto: «This does not mean that for Locke the ideas contained in truths of faith do not come
from sensation and reflection. They do. That is, we understand truths of faith in terms of ideas that we receive via
sensation and reflection. But truths of faith are not formed by reason through the recombination of these ideas.
God reveals them, and they are validated in virtue of coming from him» (D. C. Snyder, Faith and Reason in Locke’s
Essay, «Journal of the History of Ideas», vol. 47, n° 2, 1986, pp. 197-213, p. 204).
55
«Reason must be our last Judge and Guide in every Thing. I do not mean, that we must consult Reason, and examine whether a Proposition revealed from God can be made out by natural Principles, and if it cannot, that then we
may reject it: But consult it we must, and by it examine, whether it be a Revelation from God or no: And if Reason
finds it to be revealed from GOD, Reason then declares for it, as much as for any other Truth, and makes it one of her
Dictates» (J. Locke, Saggio sull’intelletto umano/An Essay Concerning Human Understanding, cit., Book IV, Chapter
XIX, § 14, pp. 1330-1331). Facendo leva sull’affermazione che apre questo brano, cioè che la ragione debba essere
nostra guida e giudice ultimo in ogni cosa, e su altri luoghi lockiani, Miklós Vassányi argomenta che la ragione
in Locke è uno strumento universale del giudizio e la pietra ultima della verità: desumendo dai testi del filosofo
inglese che non si può modificare la natura razionale dell’uomo, per cui la ragione umana stessa è «unchangeable»,
egli sostiene che in Locke la ragione ha i caratteri dell’universalità e dell’eternità (M. Vassányi, The Reasonabless of
Christianity as an Antitode against Atheism, Deism and Sectarism. A Philosophical Study Concerning Locke’s Concept
of Reason and Reasonableness as Applied in Theology, in Reflecting Diversity: Historical and Thematical Perspectives
in the Jewish and Christian Tradition, edited by P. Losonczi, G. Xeravits, Berlin, Lit Verlag, 2007, pp. 101-128, p. 114).
56
Va ricordato che nel secondo libro Locke afferma che la luce della Natura («the light of Nature») – ovvero la
ragione – e la voce della Rivelazione («the voice of Revelation») sono i due strumenti che permettono di discernere
e di comprendere la legge divina (Saggio sull’intelletto umano/An Essay Concerning Human Understanding, cit.,
Book II, Chapter XXVIII, § 8, pp. 640-641).
57
Ivi, Book IV, Chapter XIX, § 15, pp. 1330-1331.
53
54
206
Raffaele Carbone, Malebranche, Locke, Vico: momenti della riflessione sulla ragione universale
Writer of Morals, or Compiler of it from others, that can thereby be erected into a Law-giver
to Mankind; and a dictator of Rules, which are therefore valid, because they are to be found in
his Books; under the Authority of this or that Philosopher. He that any one will pretend to set
up in this kind, and have his Rules pass for authentique directions; must shew, that either he
builds his Doctrine upon Principles of Reason, self-evident in themselves; and deduces all the
parts of it from thence, by clear and evident demonstration: Or, must shew his Commission
from Heaven; That he comes with Authority from God, to deliver his Will and Commands to
the World58.
In sintesi i filosofi che intendono fornire regole per il comportamento umano devono costruire le loro dottrine sui principi della Ragione, in se stessi autoevidenti, e dedurre tutte le parti della loro dottrina da questi, altrimenti devono dimostrare che svolgono questo incarico con delega divina. Anche qui,
nondimeno, l’espressione «Principles of Reason» sembra evocare non tanto o
non soltanto un carattere procedurale della ragione ma un insieme di principi
oggettivi a cui ogni essere razionale può attingere in modo tale da poter formulare in base ad essi determinate norme di condotta.
3. Vico: dalla ragione di cui l’uomo non è padrone alla «ragion tutta spiegata»
Prendiamo ora in esame alcuni testi vichiani nei quali il pensatore partenopeo fa allusione a Malebranche a proposito del tema della ratio, segnatamente
della ragione universale, e delinea la propria visione della ragione59. Attraverso
un confronto critico col filosofo francese60, oltre che con altri autori, Vico – che,
J. Locke, The Reasonableness of Christianity, Edited with an Introduction and Notes by J. C. Higgins-Biddle,
Oxford, Clarendon Press, Paperback, 2018, Chapter XIV, p. 152. In questo testo Locke non solo sostiene che è
ragionevole credere che Dio si è rivelato nelle Scritture ma anche che le Scritture sono vere. In questo stesso testo
scrive: «’Tis no diminishing to Revelation, that Reason gives its Suffrage too to the Truths Revelation has discovered. But ’tis our mistake to think, that because reason confirms them to us, we had the first certain knowledge
of them from thence, and in that clear Evidence we now possess them» (ivi, pp. 156-157). Cfr. anche Id., Saggio
sull’intelletto umano/An Essay Concerning Human Understanding, cit., Book III, Chapter IX, § 23, pp. 914-915:
«Though every thing said in the Text [Old and New Testament] be infallibly true, yet the Reader may be, nay cannot chuse but very fallible in the understanding of it».
59
Non effettuiamo qui un’indagine esaustiva sul concetto di ragione in Vico, ma indichiamo e commentiamo
alcuni luoghi vichiani al fine di mettere in luce il contributo del filosofo napoletano al dibattito sulla ragione universale. Per una ricognizione analitica dei signficati di ratio in Vico in relazione alla tradizione filosofica antica e
moderna, rinviamo al sempre utile e denso saggio di G. Costa, G. B. Vico tra “platonici” e “monastici”: il termine
ragione nella filosofia italiana dal Rinascimento alla Scienza nuova, in Ratio, cit., pp. 325-378
60
Non rientra nei propositi di questo saggio un esame approfondito della presenza di Malebranche in Vico, ovvero dell’interpretazione vichiana delle dottrine del filosofo francese, che è stata peraltro oggetto di diversi studi. Su
tale questione, dunque, rinviamo in particolare ai seguenti lavori: A. Ingegno, Da Malebranche a Vico, in Filosofia
e cultura. Per Eugenio Garin, 2 voll., a cura di M. Ciliberto e C. Vasoli, Roma, Editori Riuniti, 1991, vol. II, pp.
58
207
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
come Locke61, ha una certa familiarità con alcuni testi malebranchiani – propone una chiave di lettura della ratio all’interno della sua precipua riflessione sui
rapporti tra Dio e uomo, tra ragione increata e ragione creata.
Nel primo capitolo del De antiquissima Italorum sapientia (1710), dove
enuncia il principio della conversione verum-factum, Vico ricorda che in latino il termine ratio significa, da un lato, il calcolo aritmetico, dall’altro, un elemento essenziale che distingue l’uomo dagli altri animali e lo rende superiore
a essi: infatti nel parlare comune dei Romani l’uomo era definito come l’essere
che partecipa della ragione.
Ratio autem iisdem significabat, & arithmeticae elementorum collectionem, & dotem hominis
propriam, qua brutis animantibus differt, & praestat: hominem autem vulgo describebant
animantem rationis participem, non compotem usquequaque62.
Com’è noto, Vico trova questa definizione in Agostino (sempre nel De Trinitate, libro VII, cap. IV, § 7), ma può aver tenuto presente anche Malebranche – con il quale si confronta in questo stesso testo che doveva costituire il
primo libro (il Liber metaphysicus) di un trittico (gli altri due, dedicati rispettivamente alla fisica e alla morale, non sarebbero stati redatti). In particolare,
quando sottolinea che l’uomo partecipa soltanto della ragione ma non ne è il
padrone, per cui non ne dispone a suo piacimento, il pensatore napoletano
495-529; B. Billi, Vico interprete di Descartes e Malebranche. Il problema delle verità eterne nel De uno universis
iuris principio et fine uno, in L’interpretazione nei secoli XVI e XVII, a cura di G. Canziani e Y. C. Zarka, Milano,
FrancoAngeli, 1993, pp. 208-223; G. Costa, Malebranche e Vico, in «Nouvelles de la République des Lettres», n° 2,
1997, pp. 31-44; M. Agrimi, Vico e Malebranche, in Giambattista Vico nel suo tempo e nel nostro, Atti del Convegno, Napoli, 1-3 dicembre 1994, a cura di M. Agrimi, Napoli, Cuen, 1999, pp. 9-46; A. Stile, Anatomia dell’anima:
tra Malebranche e Vico, in Vico tra l’Italia e la Francia, a cura di M. Sanna e A. Stile, Napoli, Guida, 2000, pp.
263-286; E. Nuzzo, Tra ordine della storia e storicità. Saggi sui saperi della storia in Vico, Roma, Edizioni di Storia
e Letteratura, 2001, pp. 80-91; P. Fabiani, La filosofia dell’immaginazione in Vico e Malebranche, Firenze, Firenze
University Press, 2002; R. Carbone, Genesi e decadenza del linguaggio. Segni, parole e società tra Malebranche e
Vico, in «Bollettino del Centro di Studi Vichiani», anno 41, n° 1, 2011, pp. 15-41; G. Cerchiai, L’«acerrimus Malebrancius». Vico, il De antiquissima Italorum sapientia e Malebranche, in «Laboratorio dell’ISPF», vol. XIV (7),
2017, DOI: 10.12862/ Lab17CRG.
61
Non esaminiamo qui l’interpretazione vichiana di Locke (e le critiche che il Napoletano indirizza al filosofo
inglese), tema che richiederebbe più ampio spazio. Sulla questione rinviamo a G. Costa, Vico e Locke, in «Giornale
critico della filosofia italiana», n° 3, 1970, pp. 344-361, e D. Ph. Verene, Vico’s Reprehension of the Metaphysics of
René Descartes, Benedict Spinoza, and John Locke, in Giambattista Vico: Keys to the New Science: Translations,
Commentaries, and Essays, eds. T. I. Bayer and D. Ph. Verene, Ithaca (NY), Cornell University Press, 2009, pp.
179-198.
62
«Inoltre in latino ratio stava a significare da una parte il calcolo aritmetico, dall’altra quella specifica caratteristica che distingue l’uomo dai bruti e lo rende a questi superiore: infatti, nella lingua corrente i Latini definivano
l’uomo quale essere animato “partecipe della ragione”, non padrone di essa» (G. Vico, De antiquissima Italorum
sapientia, a cura di M. Sanna, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2005, Cap. I, De Vero, & Facto, pp. 14-15).
208
Raffaele Carbone, Malebranche, Locke, Vico: momenti della riflessione sulla ragione universale
sembra voler far valere, malebranchianamente, l’irriducibilità della ragione a
ogni particolarismo ed evocarne la trascendenza rispetto alla mente umana.
In questo stesso capitolo Vico chiarisce anche perché la mente umana è
partecipe della ragione ma non ne è padrona. Egli distingue l’intelligere dal cogitare: nella lingua latina il primo termine significa «perfecte legere» e «aperte
cognoscere»; il secondo equivale ai nostri «pensare, & andar raccogliendo»63.
Alla luce di questa distinzione Vico afferma che proprio della mente umana
è il pensiero, mentre pertiene alla mente divina l’intelligenza. Dio coglie tutti
gli elementi delle cose («omnia elementa rerum legit»), tanto quelli intrinseci
quanto quelli estrinseci, perché li contiene e li ordina («quia continet, & disponit»), mentre la mente umana non può mai raccogliere tutti gli elementi
(«numquam omnia colligat»), deve accontentarsi solo di quelli esteriori: in
effetti, essa è limitata ed è costretta a confrontarsi con l’esteriorità delle cose
(cioè quelle cose che non sono la stessa mente)64. La distinzione sembra emergere se si confrontano i rispettivi verbi qui usati: lego e collĭgo; certo, entrambi
si possono tradurre con «raccogliere», ma il primo può essere reso meglio con
«cogliere», che dà l’idea dell’immediatezza dell’atto concettuale divino, mentre «raccogliere» esprime più efficacemente un procedere – quello della mente
finita – che richiede tempo e mediazioni (non siamo lontani dalla definizione
lockiana di ragione come facoltà che attraverso una serie di passaggi coglie i
nessi tra le idee). Vico così conclude: «itaut de rebus cogitare quidem possit,
intelligere autem non possit; quare particeps sit rationis, non compos»65.
Il pensatore napoletano insiste dunque sulla distinzione tra il conoscere
divino e il pensare umano. Nel cogitare la mente umana deve fronteggiare
l’esteriorità degli oggetti del suo conoscere66; essa si sforza di conoscere le cose
dividendole in parti («homo autem studet dividendo ea scire»)67. Dio invece
Ibid. (corsivo di Vico).
Ivi, pp. 16-17.
65
«Cosicché ad essa è concesso pensare alle cose, certo non intenderle; ed è per questo che è partecipe della ragione ma non ne è padrona» (ibid.).
66
Cfr. ivi, § I, pp. 26-27: «Cum igitur scientia humana nata sit ex mentis nostrae vicio, nempe summa ejus brevitate, qua extra res omnes est, & qua quae noscere affectat non continet: & quia non continet, vera, quae studet non
operatur; eae certissimae sunt, quae originis vicium luunt, & operatione scientiae divinae similes evadunt, utpote
in quibus verum & factum convertantur [Dal momento, quindi, che la scienza umana è nata da un’imperfezione
della nostra mente, ossia dalla estrema limitatezza dovuta al fatto che tutte le cose sono al di fuori di essa e che
non contiene le cose che aspira a conoscere – e poiché non le contiene, non può rendere vere le cose alle quali si
applica –, sono certissime quelle scienze che si affrancano dal loro limite originario e diventano, con il fare, simili
alla scienza divina, in quanto in esse vero e fatto si convertono]».
67
Ivi, § I, pp. 18-19.
63
64
209
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
conosce ogni cosa per il fatto che contiene in sé gli elementi con cui compone
tutte le cose («Deus scit omnia, quia in se continet elementa, ex quibus omnia
componit»)68. Gli enti creati vengono annichiliti al cospetto di Dio, vero ente,
uno, infinito69. Pertanto la ragione umana cede il passo e soccombe nei riguardi di Dio in quanto Dio contiene in sé, integralmente a lui presenti, le cose che
conosce perfettamente; del resto, mentre la mente umana ragiona e calcola
producendo «ratiocinia», Dio opera e produce il mondo70. Il riconoscimento
dei limiti del cogitare umano rispetto all’intelligere divino, collegandosi alla
critica del cogito quale fondamento primo del sapere71, schiude le porte a una
nuova visione dell’uomo e del suo cogitare, che non si costruisce attraverso un
metodo analitico che ne scompone la struttura in parti e facoltà distinte, ma
coglie il cogitare stesso quale si costituisce nella relazione tra mente e corpo72.
Nella prospettiva di ricostruire alcuni momenti della riflessione sulla ragione universale lungo il percorso che porta da Malebranche e Vico, tra i molteplici snodi tematici del De antiquissima, segnaliamo, dunque, in particolare la concezione secondo cui l’intelligere totale di Dio implica che gli oggetti
della conoscenza sono interni a Dio: l’intelligere divino quale è delineato da
Vico evoca la ragione universale malebranchiana come struttura ontologica
che comprende in sé le idee delle cose e che – coincidendo teologicamente con
il Verbo – è coeterna e consustanziale a Dio.
Più avanti, nel capitolo VI, Vico critica Malebranche, ma in modo non convincente, giacché propone un’interpretazione erronea della dottrina dell’Oratoriano. In primo luogo, sostiene che l’acutissimo Malebranche («acerrimus
Malebrancius») accoglie il primo vero («primum verum») di Descartes, cioè
il cogito ergo sum73. Si tratta di un’interpretazione inesatta, di un autentico
fraintendimento della teoria malebranchiana, in quanto – com’è noto – la
Ibid.
Ivi, pp. 20-21.
70
«[…] ratio haec humana perit, quia cum Deus habeat intra se quae intelligit, & omnia preaentia habeat; quae in
nobis sunt ratiocinia, in Deo sunt opera […]» (ivi, pp. 22-23).
71
«Atque ex his, quae sunt hactenus dissertata, omnino colligere licet, veri criterium ac regulam ipsum esse fecisse: ac proinde nostra clara, ac distincta mentis idea, nedum ceterum verorum, sed mentis ipsius criterium esse
non possit: quia dum se mens cognoscit, non facit; & quia non facit, nescit genus, seu modum, quo se cognoscit»
(ivi, pp. 26-27).
72
«[…] ego qui cogito, mens sum & corpus: & si cogitatio esset caussa, quod sim; cogitatio esset caussa corporis:
atqui sunt corpora, quae non cogitant. Qui quia corpore, & mente consto, ea proprer cogito: itaut corpus, & mens
unita sint cogitationis caussa: nam si ego solum corpus essem, non cogitarem; sin sola mens, intelligerem. Enimvero cogitare non est caussa quod sim mens, sed signum: atqui techmerium caussa non est: techmeriorum enim
certitudinem cordatus Scepticus non negaverit; caussarum vero negaverit» (ivi, § II, pp. 36-37).
73
Ivi, cap. VI, pp. 106-107.
68
69
210
Raffaele Carbone, Malebranche, Locke, Vico: momenti della riflessione sulla ragione universale
celebre formula cartesiana costituisce, per Malebranche, un modo secondario del conoscere, vale a dire la conoscenza per coscienza delle modificazioni
dell’anima, che va distinto dalla visione delle idee in Dio per mezzo delle quali conosciamo i corpi, il mondo materiale74. In secondo luogo, Vico afferma
che, per essere coerente, Malebranche avrebbe dovuto sostenere che la mente
umana riceve da Dio non solo la conoscenza del corpo, del quale è mente, ma
anche di se stessa, sicché la mente non potrebbe conoscere se stessa se non in
Dio («itaut nec se quoque agnoscat, nisi in Deo se cognoscat»). L’essere della
mente, infatti, consiste nel pensare, ma – così Vico interpreta Malebranche – è
Dio che pensa in me, per cui è in Dio che conosco la mia stessa mente («Mens
enim cogitando se exhibet: Deus in me cogitat: in Deo igitur meam ipsius
mentem cognosco»)75. Questo ragionamento, conclude Vico, avrebbe reso coerente la teoria malebranchiana («[s]ed haec esset Malebrancicae doctrinae
constantia»)76.
In realtà Vico non coglie la complessità della dottrina malebranchiana –
forse perché la sua conoscenza dell’Oratoriano si limita a una parte del suo
immenso corpus. Oltre a spiegare le ragioni per cui l’uomo, finché è legato
alla sua condizione mondana, conosce la propria anima (ovvero le sue manifestazioni “esistenziali”) soltanto per mezzo del sentimento interiore e non
attraverso una visione della sua essenza, Malebranche sostiene chiaramente
che l’uomo conoscerà l’idea della sua anima in Dio nella dimensione ultraterrena77.
È utile qui ricordare anche un’allusione – nemmeno tanto velata – a Malebranche presente nelle Dissertationes: discorrendo dell’intersezione di religio-
Cfr. a riguardo l’intero capitolo VII (e in particolare i §§ 3 e 4) della seconda parte del terzo libro della Recherche
de la vérité (Œuvres complètes, cit., vol. I, pp. 448-455). Cfr. inoltre il capitolo VI del sesto libro della Recherche,
seconda parte (Œuvres complètes, cit., vol. II, pp. 369-370).
75
G. Vico, De antiquissima Italorum sapientia, cit., cap. VI, pp. 108-109.
76
Ibid. Sintetizzando la lettura vichiana di Malebranche, Nicola Badaloni ha scritto: «[…] Vico concorda con
Malebranche nella teoria della conoscenza in Dio; ma vorrebbe che l’elemento oggettivo condizionante (Dio) precedesse logicamente l’esercizio della funzione del pensare che è un suo prodotto; ciò significa che il pensare non
è un atto originario dell’uomo […], esso è un risultato, un punto di arrivo di una forza oggettiva» (N. Badaloni,
Introduzione a Vico, Milano, Feltrinelli, 1961, p. 349).
77
Sulla questione cfr. ad esempio N. Malebranche, Œuvres complètes, vol. X, Méditations chrétiennes et métaphysiques, éd. H. Gouhier et A. Robinet, Paris, Vrin, 1959, Méditation IX, §§ 15-23, pp. 101-106. Comunque va sottolineato che Vico rimprovera a più riprese all’Oratoriano il primato della conoscenza dei corpi su quella dell’anima.
Nella lettera dell’11 ottobre 1729 a Tommaso Russo, egli critica «la corpulenza del P(ad)re Malebrance, che apertamente professa, non potersi spiegare le cose della Mente, che per rapporti, che si prendono da’ corpi» (G. Vico,
Epistola 62, in Opere di Giambattista Vico XI, Epistole, con aggiunte le epistole dei suoi corrispondenti, a cura di
M. Sanna, Napoli, Morano, 1992, p. 155. Cfr. anche l’epistola 92 a Muzio Gaeta, ivi, p. 197).
74
211
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
ne, cose umane e filosofia, Vico afferma che «[c]um hominum genere natam
hanc rudissimam metaphysicam: homines in Deo audire, videre, sentire omnia. Quod postea metaphysica philosophorum docet homines in Deo ideas
rerum omnium intelligere»78. La metafisica della comprensione delle cose in
Dio costituisce uno sviluppo più maturo e raffinato rispetto alla metafisica
grossolana che identifica Dio e le cose, che ritiene che ogni cosa sia Dio79.
Nelle opere giuridiche, in realtà, Vico fa riferimento a una ragione divina
che impregna l’universo della legge. Nel De universi iuris uno principio et fine
uno, segnatamente nel De opera proloquim che precede il Liber unus (De uno
universi iuris principio et fine uno), egli mette in luce il nesso tra filosofia e
giurisprudenza: «[r]atio naturae necessitate, auctoritas iubentium voluntate
constat; philosophia necessarias rerum caussas vestigat; historia voluntatis est
testis. Itaque iurisprudentia universa coalescit ex partibus tribus: philosophia,
historia et quadam propria arte iuris ad facta accommodandi»80. Vico afferma
che i principi della dottrina civile e della dottrina morale si fondano sulla «divina philosophia», che insegna le verità che riguardano Dio, l’animo umano,
la mente, la ragione, che è l’occhio della mente («de mentis oculo nimirum
ratione»), e le idee, che ne sono la luce («de eius oculi lumine sive de ideis»);
la filosofia divina, inoltre, rafforza e perfeziona la ragione poiché la stimola a
riflettere sulla verità e sull’eternità di queste realtà spirituali81.
Nella parte introduttiva del secondo libro, il De Constantia jurisprudentis,
Vico riafferma il proposito di dimostrare la coerenza della giurisprudenza attraverso l’intimo nesso tra filosofia e filologia: «[…] ab utraque eius muneris
parte in legibus interpretandis, altera rationem aeternam spectare philosophum, altera philologum verba legum expendere»82. La ratio aeterna qui evo-
78
«Insieme agli uomini nacque anche questa molto rudimentale metafisica: gli uomini in Dio ascoltano, vedono
e sentono ogni cosa. Il che poi viene insegnato anche dalla metafisica dei filosofi quando insegna che gli uomini
comprendono le idee di tutte le cose in Dio» (G. Vico, Dissertationes, trad. it. di L. Fiorentini, in Id., Opere giuridiche. Il Diritto universale, introd. di N. Badaloni, a cura di P. Cristofolini, Firenze, Sansoni, 1974, XII, II, § 13,
pp. 902-903).
79
Ivi, III, § 14, pp. 902-903.
80
«Consiste la ragione nella necessaria naturale concatenazione delle verità, siccome deriva l’autorità dal volere
del legislatore. La filosofia ricerca le cagioni necessarie delle cose; la storia ci fa conoscere i vari e successivi voleri;
adunque tre sono le parti che concorrono a costituire la giurisprudenza: la filosofia, la storia, ed una certa arte di
accomodare ingegnosamente il diritto ai fatti» (G. Vico, De universi iuris uno principio et fine uno, trad. it. di C.
Sarchi, in Id., Opere giuridiche, cit., «De opera proloquium», pp. 22-23).
81
Ibid.
82
«[…] all’interpretazione delle leggi valgono entrambe le parti: con la prima, il filosofo può osservare la ragione
eterna, con la seconda, il filologo valuta le parole della legge» (G. Vico, Liber alter. De Constantia irisprudentis,
trad. it. di S. Barbera, in Id., Opere giuridiche. cit., pp. 350-351).
212
Raffaele Carbone, Malebranche, Locke, Vico: momenti della riflessione sulla ragione universale
cata dal pensatore napoletano non sembra però collegarsi direttamente alla
ragione universale malebranchiana, piuttosto richiama quell’ordine divino
– di matrice stoica e platonica – nel quale la ratio iuris si radica e trova un
assetto sottratto all’arbitrio e alla contingenza: si tratta di uno ius divinum che
perde la propria purezza e autonomia per identificarsi con lo ius naturale dal
punto di vista più strettamente filosofico, quello che rivendica Attico nel De
legibus ciceroniano (I, 5) ed è citato da Vico in esergo nel De Uno83. Proprio
nel De Uno la ragione universale («ratio universa») si rivela come ciò che sempre deve essere considerato nell’interpretazione delle leggi84. Qui Vico afferma
inoltre: «Iura universaliora Deo propiora. Hinc quo ratio est universalior, propius accedit ad Deum»85. Il filosofo napoletano riformula un problema (e ne
elabora una soluzione che si radica nel cuore stesso della sua riflessione) che
anche Malebranche si è posto e che ha illustrato mettendo in luce la tensione
che sussiste tra l’universalità della ragione e il carattere imperativo dell’ordine
(cioè la gerarchia di valori inscritta nella struttura stessa del reale), da un lato,
e i comportamenti e le “morali” individuali nonché gli svariati usi e costumi
collettivi, dall’altro86. Anche se la ragione è universale e l’ordine immutabile, Malebranche non ignora la questione della varietà delle abitudini, delle
consuetudini e delle leggi, che spesso, poiché gli uomini si lasciano di norma
condurre dall’immaginazione e dall’amor proprio piuttosto che dalla ragione,
entrano in conflitto con le verità pratiche che essi possono conoscere in virtù
dell’unione tra la loro ragione e la ragione divina87.
Non potendo, come già annunciato, approfondire la complessa questione
della lettura vichiana di Malebranche e del confronto tra i due autori, ci limitiamo a rilevare, in estrema sintesi, che, già nel De antiquissima e poi nelle
opere successive, a differenza del filosofo francese, Vico si interessa meno alla
sfera della verità eterna e della ragione universale che a quella del facere, della
scoperta di cose nuove, dell’umana creazione delle società storiche; ma in questa sfera – così argomenta il Napoletano – non è la ragione il principio operan-
83
Cfr. F. Lomonaco, Ragione e diritto prima delle Scienze nuove, in Razionalità e modernità in Vico, a cura di M.
Vanzulli, Milano, Mimesis, 2012, pp. 79-95, p. 81.
84
G. Vico, Liber uno. De uno universi iruis principipio et fine uno, cit., caput LXXXV, pp. 102-103.
85
«Più sono universali i diritti, più a Dio si avvicinano. E più è universale la ragione, più a Dio si avvicina» (ivi,
pp. 104-105).
86
Cfr. ad esempio N. Malebranche, Œuvres complètes, vol. XI, Traité de morale, édité par M. Adam, Paris, Vrin,
1966, I, II, § 7, pp. 31-32.
87
Abbiamo approfondito la questione nel nostro volume La Vision politique de Malebranche, Paris, Vrin, 2018,
pp. 167-185.
213
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
te originario, bensì l’ingenium: quest’ultimo è la facoltà di raccogliere in unità
cose diverse e disperse88, grazie alla quale «homo est capax contemplandi, ac
faciendi similia»89 e alla quale è legata la fantasia, che ne è l’occhio («phantasia […] est ingenii oculos»)90. Si è detto che Dio contiene in sé gli elementi con
i quali compone ogni cosa e pertanto è onnisciente, mentre l’uomo conosce le
cose con gran pena, attraverso la loro divisione in parti in modo tale che il sapere che costruisce è «naturae operum Anatome quaedam»91. Si comprende
allora quanto l’ingenium, quale capacità di cogliere similitudini tra le cose per
poi riprodurle, sia fondamentale per l’uomo: questi procede per segmentazione, potendo conoscere le cose solo dividendole in parti92, eppure, affinché ci
sia scienza, deve pur raccogliere in unità ciò che è diverso e disperso.
Alla luce del tema dell’ingegno e del peculiare costituirsi della scienza umana, possiamo ora prendere in esame un passo della Scienza nuova del 1744:
[…] come la metafisica ragionata insegna che «homo intelligendo fit omnia», cosi questa metafisica fantasticata dimostra che «homo non intelligendo fit omnia»; e forse con più di verità
detto questo che quello, perché l’uomo con l’intendere spiega la sua mente e comprende esse
cose, ma col non intendere egli di sé fa esse cose e, col transformandovisi, lo diventa93.
Vico qui sembra voler dire che, intendendo, l’uomo estende razionalmente
il suo pensiero alle cose, non intendendo si unisce alle cose, vi si identifica, su
un piano non razionale ma emotivo. In luogo del conoscere che presuppone
il dualismo natura/mente Vico fa valere un conoscere che si sviluppa sul pia-
«Ingenium facultas est in unum dissita, diversa conjugendi» (G. Vico, De antiquissima Italorum sapientia, cit.,
cap. VII, § III, pp. 118-119).
89
Ivi, cap. VII, § IV, pp. 128-129. L’ingegno è la facoltà propria del conoscere («Propria sciendi facultas ingenium»): attivo nell’uomo fin dalla fanciullezza, quale capacità di osservare cose simili e di riprodurle, esso è la sola
facoltà grazie a cui si scoprono cose nuove (ibid.).
90
Ivi, pp. 134-135. Come ha scritto Stephan Otto, se la ratio porta ordine in un pensiero che si radica nell’esperienza,
è l’ingegno a far da guida all’esperienza, al giudizio e alla ragione: «Solo il proprio ingegno pone l’uomo in grado
di fare esperienze dotate di senso, facendogli rinvenire ciò che è simile e ciò che è dissimile; solo l’ingegno gli rende
anche possibile giudicare similitudini e dissomiglianze. L’ingegno guida anche la ratio, quando essa mette ordine
in questi passaggi conoscitivi. […] l’ingegno è la forza commensurante dello spirito in tutti i suoi atti conoscitivi» (S.
Otto, Giambattista Vico. Lineamenti della sua filosofia, trad. it. di M. Romano e S. Caianiello, Napoli, Guida Editori,
1992, p. 62). Su questi temi cfr. G. Cacciatore, Per una critica della ragione poetica: l’‘altra’ razionalità di Vico, in Razionalità e modernità in Vico, a cura di M. Vanzulli, Milano, Mimesis, 2012, pp. 109-128. Sulla ratio e sul cogitare vichiani cfr. inoltre l’interpretazione di B. Pinchard, La raison dédoublée. La fabbrica della mente, Paris, Aubier, 1992.
91
G. Vico, De antiquissima Italorum sapientia, cit., cap. I, § I, pp. 18-19.
92
«Deus scit omnia, quia in se continet elementa, ex quibus omnia componit; homo autemm studet dividendo
ea scire» (ibid.). Per illustrare questo punto, Vico propone una serie di esempi: tra questi, possiamo qui ricordare
che la scienza umana divide l’uomo «in corpus & animum» e nell’animo distingue l’intelletto dalla volontà (ibid.).
93
G. Vico, Scienza nuova (1744), in Id., Opere, a cura di A. Battistini, quarta edizione, Milano, Mondadori, 2007,
Libro secondo, sezione seconda, capitolo secondo, II, § 405, p. 589.
88
214
Raffaele Carbone, Malebranche, Locke, Vico: momenti della riflessione sulla ragione universale
no del vissuto e nel quale tale dicotomia viene superata. Il che non significa
un’abiura della ragione: è noto l’assioma vichiano secondo cui «[l]a filosofia
contempla la ragione, onde viene la scienza del vero; la filologia osserva l’autorità dell’umano arbitrio, onde viene la coscienza del certo»94. Poco più avanti
Vico esprime in modo esplicito l’esigenza di una cooperazione tra le due sfere:
i filosofi devono accertare le loro ragioni con l’autorità dei filologi, come questi
ultimi devono «avverare», convertire nel vero, la loro autorità con le ragioni
dei filosofi95.
Il progetto vichiano si propone di indagare la genealogia della natura umana e della vita civile e in questo lavoro non c’è d’aiuto la ragione universale
malebranchiana. Infatti – scrive Vico nel De nostris temporis studiorum ratione (1708) –, è erroneo applicare alla prassi della vita il metodo di indagine
proprio della scienza: i sapienti che valutano i fatti secondo la retta ragione
(«recta ratione») non si rendono conto che gli uomini, in maggioranza ottusi
e sconsiderati, non si lasciano guidare da propositi razionali ma dal desiderio
e dal caso. All’applicazione “universale” della ragione, all’identificazione di
ragione e realtà, Vico contrappone dunque la capacità di saper coltivare e far
uso del senso comune e di perseguire le verosimiglianze96. Il senso comune si
genera dal verosimile e si pone in posizione intermedia tra vero e falso97; esso
Ivi, Libro primo, sezione seconda, X, § 138, p. 498. Cfr. anche Id., Liber uno. De uno universi iruis principipio et
fine uno, cit., «De opera proloquim», pp. 34-35.
95
«Questa medesima Degnità dimostra aver mancato per metà così i filosofi che non accertarono le loro ragioni
con l’autorità de’ filologi, come i filologi che non curarono d’avverare le loro autorità con la ragion de’ filosofi; lo
che se avessero fatto, sarebbero stati più utili alle repubbliche e ci avrebbero prevenuto nel meditar questa Scienza» (G. Vico, Scienza nuova (1744), cit., Libro primo, sezione seconda, X, § 140, p. 498).
96
«Non recte igitur, per haec, quae diximus, ii faciunt, qui iudicandi rationem, qua utitur scientia, in prudentiae
usum transferunt: nam ii res recta ratione aestimant, et homines, cum bona ex parte stulti sint, non consilio, sed
libidine vel fortuna reguntur: ipsi de rebus iudicant, quales esse oportuerit, et res, ut plurimum, temere gestae
sunt. Et cum sensum communem non excoluerint, nec verisimilia unquam secuti sint, uno vero contenti, quid
porro de eo homines communiter sentiant, et an iis quoque vera videantur, nequicquam pendunt: quae res non
solum privatis hominibus, sed principibus viris et summis regibus et summo vicio datum est, et quandoque maximo damno maloque fuit» (G. Vico, De nostris temporis studiorum ratione, in Id., Opere, cit., pp. 132-133).
97
Ivi, pp. 104-105. Questa particolare configurazione e collocazione del senso comune in Vico evoca la science de
l’homme di cui parla Malebranche nella Recherche de la vérité, ad esempio nella Préface (Œuvres complètes, cit.,
vol. I, p. 20), e nel Traité de morale (cit., Première partie, chap. V, § 17, p. 67). In Malebranche la scienza dell’uomo
sembra esser connessa, da un lato, alle scienze basate sull’evidenza e, dall’altro, alle scienze pratiche, che poggiano, almeno in parte, su basi metafisiche. Meno forte è il suo legame con la conoscenza del probabile, che è strettamente soggetto alla volontà e all’opinione mutevole degli uomini: più precisamemte, essa non dipende da loro.
Se la conoscenza dell’uomo può consentire di chiarire gli accadimenti e i mutamenti che hanno luogo nei campi
della storia, del diritto, della grammatica, dal momento che questi dipendono dall’arbitrio dell’uomo, essa non
può però emergere da tali contesti, che, al contrario, la presuppongono. Tutte le scienze che hanno a che fare con
l’uomo si nutrono delle nozioni che una scienza dell’uomo attentamente meditata e articolata può fornire loro.
Abbiamo approfondito questo tema nel nostro libro La Vision politique de Malebranche, cit., pp. 30-35.
94
215
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
resta il criterio operante di Vico in quanto avverte le cose e le verifica certificandole98. Non a caso, nella Scienza nuova del 1744, com’è noto, egli presenta
il senso comune come il perno attorno cui ruota e si determina la volontà
fluttuante dell’uomo: «[l]’umano arbitrio, di sua natura incertissimo, egli si
accerta e determina col senso comune degli uomini d’intorno alle umane necessità o utilità, che sono i due fonti del diritto naturale delle genti»99. Come
ha colto Hans-Georg Gadamer, focalizzando l’attenzione in particolare sul
De nostris temporis studiorum ratione100, il senso comune non è semplicemente una disposizione generale di cui tutti gli uomini sono dotati, ma anche il
senso fondante della comunità («der Sinn, der Gemeinsamkeit stiftet»). In tal
modo Vico fa valere non l’universalità astratta della ragione ma l’universalità
concreta («die konkrete Allgemeinheit») che costituisce l’unità comune di un
gruppo, di un popolo, di una nazione o dell’intero genere umano101.
Se poi consideriamo un’espressione che è attestata nelle ultime due versioni della Scienza nuova, la «ragion tutta spiegata», comprendiamo meglio
non solo l’intrinseca problematicità della razionalità nel pensiero vichiano102,
ma anche il carattere proprio delle esigenze filosofiche e dell’itinerario speculativo del pensatore napoletano, che assumono una curvatura ben diversa
rispetto a quelli di Malebranche, al di là di certi centri di interesse comuni.
Nel § 326 della Scienza nuova del 1744 la «ragion tutta spiegata»103 è presenta-
Cfr. F. Tessitore, Senso comune, teologia della storia e storicismo in Giambattista Vico, in Id., Nuovi contributi
alla storia e alla teoria dello storicismo, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002 pp. 7-33, pp. 24-27. Sul senso
comune cfr. inoltre G. Cacciatore, Giambattista Vico: l’ordine della ‘comunità’ e il senso comune della ‘differenza’,
in All’ombra di Vico. Testimonianze e saggi vichiani in ricordo di Giorgio Tagliacozzo, a cura di F. Ratto, Ripatransone, Edizioni Sestante, 1999, pp. 191-199; Id., Metaphysik, Poesie und Geschichte. Über die Philosophie von Giambattista Vico, Berlin, Akademie Verlag, 2002, pp. 191-210. Su questo tema ci permettiamo di rinviare inoltre a un
nostro articolo: R. Carbone, Difference, Migration, and Cultural Exchange in Vico, in «Philological Encounters»,
vol. 5, n° 1-2, 2020, pp. 25-49, pp. 35-41.
99
G. Vico, Scienza nuova (1744), cit., Libro primo, sezione seconda, XI, § 141, p. 498.
100
G. Vico, De nostris temporis studiorum ratione, in Opere, cit., pp. 104-105 e 132-135.
101
H.-G. Gadamer, Hermeneutik I, Wahrheit und Methode. Grundzüge einer philosophischen Hermeneutik,
Tübingen, J. C. B. Mohr (Paul Siebeck), 1986, I.1, p. 26. Gadamer spiega che per Vico il sensus communis esprime
la nostra capacità di cogliere ciò che è giusto e il bene comune («ein Sinn für das Rechte und das gemeine Wohl»):
esso si forma nella vita della comunità e si determina per mezzo delle istituzioni e dei fini della società (ivi, p. 28).
Sul nesso tra il senso comune, l’utile e il lavoro cfr. E. Grassi, The Priority of Common Sense and Imagination:
Vico’s Philosophical Relevance Today, in Vico and Contemporary Thought, ed. G. Tagliacozzo, New York, The
MacMillian Press LTD, 1976, vol. I, pp. 163-185, pp. 169-170, 174-176.
102
È quanto ha rilevato Pierre Girard nei suoi lavori, in particolare in Modernità e «ragione tutta spiegata» in Vico,
in Razionalità e modernità in Vico, cit., pp. 245-261, pp. 258-261.
103
Cfr. G. Vico, Scienza nuova (1744), cit., Libro primo, sezione seconda, CXIV, § 326, p. 540: «L’equità naturale della ragion umana tutta spiegata è una pratica della sapienza nelle faccende dell’utilità, poiché “sapienza”,
nell’ampiezza sua, altro non è che scienza di far uso delle cose qual esse hanno in natura». Cfr. inoltre ivi, Libro
98
216
Raffaele Carbone, Malebranche, Locke, Vico: momenti della riflessione sulla ragione universale
ta, nella misura in cui realizza «l’équità naturale»104, come una declinazione
operativa della «sapienza», che va intesa nella pregnanza del suo significato
biblico, dunque non tanto e non solo nel suo carattere astratto e speculativo
ma nel suo rapporto trofico con la vita105. Anche se, come indica chiaramente l’espressione stessa, questa ragione è un compimento e un raffinamento
dell’umanità106, essa comporta comunque un certo numero di rischi interni,
che si possono riassumere nella tentazione di svincolarsi dalla base collettiva,
soprattutto giuridica e politica, in cui essa si ancora, di sottrarsi a un rapporto
dialettico col senso comune intorno a cui si costituiscono le società umane.
Nondimeno, chi può percepire il pericolo è proprio la ragione: essa, cioè, può
dunque riflettere sulla necessità di rifuggire le tentazioni solipsistiche e di tenersi radicata nella dimensione del “comune” senza abbandonare le sue esigenze strettamente epistemologiche107.
Il progetto di Vico sembra dunque divergere notevolmente rispetto a quello malebranchiano, in primo luogo nella misura in cui fa valere il principio
secondo cui conosciamo a fondo solo ciò che abbiamo fatto noi stessi, principio che egli rinnova e rielabora individuando nello studio del processo storico
in cui gli uomini agiscono la base di quella conoscenza che è alla loro portata
– seppure non viene costruita senza fatica. Nella prospettiva di Malebranche,
secondo, sezione prima, § 394, p. 581 («ragion naturale tutta spiegata»); Libro secondo, sezione quinta, § 633, p.
731 («ragion eterna tutta spiegata»); Libro quarto, sezione terza, § 924, p. 862 («ragion umana tutta spiegata»);
Libro quarto, sezione decima, § 972, p. 888 («il diritto naturale della ragion umana spiegata di Grozio, di Seldeno,
di Pufendorfio»).
104
L’equità naturale si distingue dall’equità civile perché, a differenza di quest’ultima, che – scrive Vico citando
Ulpiano – non è naturalmente conosciuta da tutti gli uomini, è conoscibile da tutti. L’equità civile riguarda ciò
che è necessario alla conservazione della società umana (ivi, Libro primo, sezione seconda, CX, § 320, p. 538).
105
Illustrando questo concetto, Andrea Battistini scrive: «sapienza non solo astratta e contemplativa, ma concreta, utile per la vita, operativa come nel suo significato biblico» (G. Vico, Opere, cit., p. 1543, n. 1 di p. 540).
106
Cfr. ad esempio G. Vico, Scienza nuova (1744), cit., Libro secondo, sezione prima, § 394, p. 581: «[i] quali [Grozio, Selden, Pufendorf] in ciò tutti e tre errarono di concerto: incominciandola [la dottrina del diritto] dalla metà
in giù, cioè dagli ultimi tempi delle nazioni ingentilite (e quindi degli uomini illuminati dalla ragion naturale
tutta spiegata), dalle quali son usciti i filosofi, che s’alzarono a meditare una perfetta idea di giustizia».
107
È quanto ha sottolineato Pierre Girard nel libro Giambattista Vico. Rationalité et politique. Une lecture de la
Scienza nuova, Paris, Presses de l’Université Paris-Sorbonne, 2008, in part. p. 65. Cfr. inoltre Id., Las condiciones
y los límites de la racionalidad en la Scienza nuova, in «Cuadernos sobre Vico», n° 13-14, 2001-2002, pp. 127-138,
p. 134: «Así pues, decir que la razón está “tutta spiegata” significa dos cosas: por una parte, que la razón no se
confunde con el resultado del proceso de desarrollo sino que constituye el proceso mismo. La razón no puede pues
evitarse su propia génesis. Vico se opone así a la concepción cartesiana que no ve en el “desarrollo” de la razón
más que la ocasión de caer en el error y en los “prejuicios”. Para Vico, el segundo elemento distintivo se refiere
al sustrato colectivo de la razón. La razón no está nunca “tutta spiegata” en la soledad del ego, sino en el seno de
una comunidad nacional determinada. El último elemento que distingue a la razón viquiana de las concepciones
clásicas hace referencia a nuestro entender al riesgo que esta razón afronta cuando está en el punto álgido de su
desarrollo».
217
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
invece, in posizione chiastica rispetto al punto di vista del verum et factum
convertuntur, possiamo conoscere in maniera solida e non puramente congetturale ciò che non facciamo, le verità di ordine matematico e i principi basilari
della morale inscritti nello spazio della ragione universale. In secondo luogo,
se la «ragion tutta spiegata» di Vico si riferisce a un orizzonte collettivo e deve
tenersi ancorata al senso comune, in Malebranche la ragione creata deve piuttosto protendersi all’ascolto della ragione increata nella solitudine della meditazione108. Non sorprende, pertanto, il fatto che nel Vico della piena maturità
si assista in qualche modo ad un’eclisse della ragione universale.
Dal punto di vista epistemologico, si consideri questo passo della Recherche de la vérité: «Néanmoins il n’est
pas impossible, qu’un homme seul puisse découvrir un très grand nombre de vérités cachées aux siècles passés:
supposé que cette personne ne manque pas d’esprit, et qu’étant dans la solitude, éloigné autant qu’il se peut de tout
ce qui pourrait le distraire, il s’applique sérieusement à la recherche de la vérité» (N. Malebranche, De la recherche
de la vérité, cit., livre III, Ière partie I, chap. IV, § 5, p. 411). Dal punto di vista teologico-morale, si consideri invece
l’intero percorso delle Méditations chrétiennes et métaphysiques.
108
218
Indice dei nomi
Quando un nome ricorre in due o più pagine con
numerazione progressiva, viene eliminata l’indicazione di citazione in nota.
Anassagora: 511
Anassimandro: 511
Anderson, Matthew S.: 430n
Angelini, Elisa: 108n
Angelo Silesio (Johann Scheffler): 154, 156
Anquetil, Mathilde: 101n
Anstey, Peter R.: 203n
Antiseri, Dario: 424 e n
Antognazza, Maria Rosa: 145n
Antoine-Mahut, Delphine: 99-100, 101n, 108109, 111n, 200n
Apel, Karl-Otto: 410n, 521n, 527-528
Apeldoorn, Laurens van: 181n
Arbib, Dan: 79n
Arendt, Hannah: 485 e n
Areopagita, Dyonisus: 81n, 89n
Argaud, Élodie: 108n
Aristotele: 8, 13, 15n, 17-18, 22, 53, 56 e n, 58-59,
61-64, 71, 78, 86-88, 94, 98, 136n, 254, 300n,
413, 447-449, 454, 500, 502-503, 510, 513,
528n, 533
Armogathe, Jean-Robert: 69n, 79n, 107n, 110n, 195n
Arnauld, Antoine: 72-74, 77, 79, 159n, 163n, 294
Asad, Talal: 396n
Anscombe, Gertrude Elizabeth Margaret: 481-482
Attanasio, Alessandra: 238n, 246n
Audi, Robert: 8n, 528n
Audidière, Sophie: 222n
Auletta, Gennaro: 101n
Aulotte, Robert: 33n
Averroè (Ibn Rushd): 58-59
Ax, Wilhelm: 13n
Abbagnano, Marian: 423n
Abbagnano, Nicola: 423n
Abromeit, John: 393n
Acerbi, Ariberto: 289n
Achella, Stefania: 9n, 285, 303 e n, 321n, 453n,
533
Adam, Charles: 69n, 102n, 195n, 502n
Adam, Michel: 213n
Addante, Pietro: 393n
Adorno, Gretel: 512n
Adorno, Theodor W.: 387 e n, 389n, 395n, 399402, 405n, 433-434, 443-444, 451-453, 458,
464, 507-509, 511-512, 527, 530n, 537, 539-540
Agamben, Giorgio: 451n, 537
Agazzi, Emilio: 401n, 433n, 525n
Agazzi, Elena: 525n
Agostini, Igor: 9n, 69 e n, 71 n, 76n, 77n, 79n,
92n, 533
Agostino di Ippona: 194, 208, 413
Agricola, Rudolph: 14-15, 18n, 21n, 25
Agrimi, Mario: 208n
Aichele, Alexander: 539
Akkerman, Fokke: 119n
Alberti, Antonio: 159n, 161, 163
Alfano, Giancarlo: 535
Alessandro Magno: 195
Alessiato, Elena: 368n
Allen, Amy: 512n
Allison, Henry E.: 243n
Allocca, Nunzio: 102n
Alquié, Ferdinand: 195n
Altini, Carlo: 326n
Amoroso, Leonardo: 288n
Bacin, Stefano: 238-239, 246n
Backhaus, Giorgio: 523n
Bacon, Francis: 27 e n, 101, 413, 513-514, 537
Bacon, Roger: 413, 540
541
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
Badaloni, Nicola: 211-212
Bagnoli, Carla: 239n
Baillet, Adrien: 100-101
Barbo, Paolo: 82-83
Barnes, Jonathan: 475n
Baron, Hans: 430n
Barone, Francesco: 141n
Barth, Hans: 226n
Barthes, Roland: 413, 416n
Barthez, Paul-Joseph: 291n
Bassi, Simonetta: 37-38, 40n, 42n, 47n, 49n
Battistini, Andrea: 214n, 217n, 517n
Bayer, Thora Ilin: 208n
Becker, Gary S.: 488, 495
Bedeschi, Giuseppe: 202n
Beier, Kathi: 533
Belgioioso, Giulia: 69n, 79n, 101n, 103-104, 107n,
110n
Bellan, Alessandro: 523n
Bellarmino, Roberto Francesco Romolo: 179
Bender, Andrea: 489, 495
Benhabib, Seyla: 445n
Berardini, Sergio Fabio: 336n
Berkeley, George: 199n
Bernstein, Jay M.: 445n
Bertani, Mauro: 437n
Berti, Enrico: 300n
Bertòla de’ Giorgi, Aurelio: 537
Besomi, Ottavio: 14n
Beyssade, Jean-Marie: 69n, 128n
Bianca, Domenico O.: 294n
Bianchi, Massimo Luigi: 99n, 191n
Bieling, Hans-Jürgen: 465 e n
Bigalli, Davide: 19n
Billi, Bianca: 208n
Bindseil, Heinrich E.: 27n
Biondi, Albano: 39n
Bisterfeld, Johann Heinrich: 138 e n
Bitbol-Hespériès, Annie: 102n
Bittner, Rüdiger: 395n
Blanchot, Maurice: 535
Blumenberg, Hans: 277 e n, 506
Boas, Franz: 492, 495
Bodin, Jean: 32
Boella, Laura: 271n
Boezio, Severino Anicio Manlio Torquato: 18 e
n, 133
Böhme, Gernot: 507-509
Böhme, Hartmut: 507-509
Bolzano, Bernhard: 137
Bonfantini, Massimo A.: 410n, 414n, 424n
Bonito Oliva, Rossella: 303n
Bonnet, Jacques: 439n
Bonno, Gabriel: 197n
Borchardt, Knut: 353n
Bordoli, Roberto: 100n, 106n
Bormuth, Matthias: 382-383
Bos, Erik-Jan: 99-100, 102n, 105n
Bosi, Alberto: 266-267
Bošković, Aleksandar: 9n, 487, 489, 493, 495, 533
Botero, Giovanni: 36
Boudon, Raymond: 269 e n, 274, 493-496
Bouillier, Francisque: 100n, 196n
Bourdieu, Pierre: 518n
Bouveresse, Jacques: 152, 156-158, 160-162, 166,
172
Bouwsma, William J.: 504n
Bowman, Brady: 295n
Branham, Robert Bracht: 475-476
Bréhier, Émile: 193n
Breidbach, Olaf: 301n
Bretschneider, Karl G.: 27n
Brounower, Sylvester: 197
Brown, John: 286 e n
Brown, Wendy: 396 e n
Bruno, Giordano: 9n, 37-49, 179n, 534-535
Bube, Ursula: 348n
Buck-Morss, Susan: 512n
Burckhardt, Jacob: 369
Buckel, Sonja: 465n
Buning, Robin: 101n
Burnet, Gilbert: 159n
Burnett, Thomas: 169n, 363n
Butler, Judith: 396 e n
Cabanis, Pierre Jean Georges: 100n
Cacciatore, Giuseppe: 9n, 214n, 216n, 307, 313n,
317n, 319-320, 534, 537
Cajetano, Tommaso de Vio detto: 9n, 60n, 69,
86-88, 91
Calogero Giannetto, Enrico Renato Antonio: 277n
Caloprese, Gregorio: 537
Calvino, Giovanni: 180
Cambi, Maurizio: 9-10, 37, 534
Campanella, Tommaso: 9n, 51-61, 63-65, 534, 540
Campo, Mariano: 287n
Camporeale, Salvatore I.: 13n
Canone, Eugenio: 49n
Cantelli, Gianfranco: 110n
Cantillo, Clementina: 9n, 315, 321n, 534
542
Indice dei nomi
Cantillo, Giuseppe: 249n, 303n, 336n, 430n
Canziani, Guido: 109-110, 208n
Cappiello, Chiara: 9-10, 175, 325, 534
Carbone, Raffaele: 8-10, 128, 191, 208n, 213n,
215n, 217n, 291n, 453n, 487n, 499, 535
Carducci, Giosuè: 349
Carlini, Armando: 238n
Carnevale, Antonio: 524n
Carrano, Antonio: 9-10, 269, 278n, 284n, 535
Carraud, Vincent: 74-75, 132 e n
Cartesio, Renato: vedi Descartes, René
Casaglia, Maria: 41n
Casini, Paolo: 287n
Cassan, Élodie: 195n
Cassirer, Ernst: 336n, 412-413, 431, 439, 536
Castaldo, Paolo: 9-10, 13, 453n, 535
Castoriadis, Cornelius: 9n, 443-452
Catena, Maria Teresa: 249n
Caterus, Johannes (Johan Kater o de Kater): 71
e n, 75, 89
Cathala, Maria Raymundo: 85n
Cavalli, Alessandro: 352n
Cavazzini, Andrea: 290n
Cavour, Camillo Benso, conte di: 369
Ceppa, Leonardo: 530n
Cerchiai, Geri: 208n
Cerezo Galán, Pedro: 316n
Cesa, Claudio: 289n
Chang, Jung: 364-365
Charles, Sébastien: 108n
Charuty, Giordana: 335n
Cherkaoui, Mohamed: 519n
Chiodi, Pietro: 240n, 242n, 251-252, 254n, 260n,
274n, 276n
Christodoulou, Kyriaki: 33n
Cicero, Vincenzo: 200n
Cicerone, Marco Tullio: 13n, 16 e n, 21n, 25n, 27
e n, 169n, 194, 254
Ciliberto, Michele: 37n, 39-41, 43n, 207n
Cimino, Guido: 101n
Ciriello, Giovanni: 309n
Cixi (imperatrice cinese): 364-365
Cizos-Duplessis, François: 220n
Clarke, Desmond: 105-106, 108n
Clarke, Samuel: 145 e n, 158n, 166n
Clauberg, Johannes: 77 e n
Clerselier, Claude: 100, 102n, 106n
Codignola, Ernesto: 302n
Colangelo, Carmelo: 9n, 429, 439n, 442n, 535
Colli, Giorgio: 86n
Colliot-Thélène, Catherine: 518-519
Colorni, Renata: 333n
Comte, Auguste: 446
Comte, Michaël: 439n
Conche, Marcel: 33n
Condorcet, Marie-Jean-Antoine Caritat marchese di: 446, 495-496, 504
Conforti, Maria: 325n
Coniglione, Francesco: 412n
Constant de Rebecque, Benjamin Henri: 431
Conte, Domenico: 9n, 333n, 335-336, 339n, 342n,
367, 536
Copenhaver, Brian P.: 13n
Correia, Fabrice: 137-138
Cortella, Lucio: 517n, 530n
Corti, Luca: 291n
Cosi, Giovanni: 395n
Costa, Filippo: 279n
Costa, Gustavo: 99n, 207-208
Costabel, Pierre: 69n, 101n, 193n
Cotroneo, Girolamo: 326n
Couturat, Louis: 160n
Craig, William Lane: 134n
Crescenzi, Luca: 333n
Crippa, Romeo: 191n
Cristiani, Marta: 202n
Cristofolini, Paolo: 120n
Croce, Benedetto: 9n, 322n, 325-343, 380, 534-536
Cudré-Mauroux, Stéphanie: 439n
Cuvier, Georges: 288n, 302n
Cuvillier, Armand: 193n
d’Abano, Pietro: 540
D’Agostini, Franca: 412n
D’Agostino, Nemi: 40n
D’Alfonso, Matteo V.: 289n
D’Amico, Maria Grazia: 200n
D’Anna, Giuseppe: 533
D’Annunzio, Gabriele: 343
Dallmayr, Fred: 7 e n, 527
Damasio, Antonio: 238n
Dante Alighieri: 350n, 463n
Dascal, Marcelo: 140n, 539
Daston, Lorraine: 494-496
Dauzat, Pierre-Emmanuel: 436n
de Amorim e Silva Neto, Sertório: 99n
De Angelis, Enrico: 124n
de Beer, Esmond Samuel: 198n
De Biase, Riccardo: 9n, 257n, 409, 536
de Boer, Karin: 295n
543
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
de Cournand, Antoine: 219n
De Franco, Luigi: 52n
de Godoy, Petrus: 91-92
De Groot, Jan Jacob Maria: 364n
De Haro Honrubia, Alejandro: 323n
De Maria, Amalia: 191n
De Maria, Luciano: 329n
De Martino, Ernesto: 335-341, 535
De Mauro, Tullio: 415n
De Negri, Enrico: 293n, 516n
De Pascale, Carla: 280n, 289n
de Rijk, Lambertus M.: 8n, 22n
De Ruggiero, Guido: 343 e n
de Vrijer, Marinus J. A.: 100n, 108n
de Waard, Cornelis: 104n
Dei, Fabio: 336n
Del Carmen Paredes Martín, María: 317n
Del Nero, Valerio: 14-15, 19n, 24n
Della Rocca, Michael: 113 e n, 129n, 146n
Deleuze, Gilles: 114
Demeulenaere, Pierre: 493-494, 496, 522n
Demirović, Alex: 512n
Derrida, Jacques: 451n
Descartes, René: 9n, 69-83, 85, 87, 89, 92-95, 97110, 112-114, 130n, 134, 172, 192, 195 e n, 198n,
208n, 210, 243, 417n, 421-422, 501-502, 505 e n,
509n, 512, 514, 520, 523n, 533, 536, 540
Deschamps, Léger‐Marie, dom: 540
Descola, Philippe: 489, 491, 496
Descombes, Vincent: 157n, 161-162, 492, 496
Desjardins, Lucie: 222n
Desmaizeaux, Pierre: 198n
Di Bella, Stefano: 108n, 130n, 140n
Di Domenico, Nicola: 367n
Di Donato, Riccardo: 336-337, 340n
Di Maria, Giorgio: 21n
Diana, Rosario: 97n
Dibon, Paul: 100-101, 110n, 112n
Diderot, Denis: 220n, 231n, 440-441
Dilthey, Wilhelm: 9n, 307-309, 311-314, 320-321,
352n, 430, 534
Dini, Alessandro: 116n
Diogene Laerzio: 475-476
Domínguez, Atilano: 317n
Doni, Martino: 277n
Donise, Anna: 9n, 237, 239, 249 e n, 296n, 336n, 536
Donzelli, Maria: 301-302
Dosse, François: 450n
Douglass, Robin: 181n
Droetto, Antonio: 121n
Dryzek, John S.: 524n
Ducheyne, Steffen: 389n
Dumont, Louis: 492, 496
Dumouchel, Daniel: 222n
Duns Scoto, Giovanni: 134, 142n, 514
Durando di San Porciano, Guglielmo: 133-136, 143
Durkheim, David Émile: 181 e n, 339n, 496
Dutt, Carsten: 378n
El Yadari, Nawalle: 108n
Eckhart, Johannes: 501
Eckholt, Margit: 192n
Eco, Umberto: 409-410, 412-413, 417-423, 427n
Edling, Christofer: 496
Einstein, Albert: 316
Eitler, Pascal: 392n
Emanuele, Pietro: 200n
Empedocle: 41
Engelhardt, Wolf von: 290n
Engels, Friedrich: 226n, 276n
Eraclito: 156, 511
Eriksen, Thomas Hylland: 487-489, 495-496
Ernst, Germana: 51n, 53n
Eschbach, Achim: 419n
Evans-Pritchard, Edward Evan: 488, 491-492, 496
Eve, Emmanuel Chukuwudi:514n
Fabiani, Paolo: 208n
Fabre, Daniel: 335n
Fantazzi, Charles: 15n
Farina, Paolo: 101-102, 107n
Fattori, Marta: 27n, 99n, 191n
Faulkner, William: 471
Favaretti Camposampiero, Matteo: 131n
Feenberg, Andrew: 523n
Feingold, Mordechai: 24n
Ferrini, Cinzia: 298n, 300n
Ferrone, Vincenzo: 436n
Feyerabend, Paul Karl: 425n, 492, 496
Fichte, Johann Gottlieb: 9n, 237n, 272-273, 276284, 289 e n
Fimiani, Mariapaola: 436n
Fine, Kit: 138n
Firpo, Luigi: 39n, 51n
Firth, Raymond: 493, 495-496
Fischer-Lescano, Andreas: 465n
Fleischacker, Sam: 389n
Fleury, Jean-Matthias: 152n
Florence, Maurice: 436n
Fonnesu, Luca: 237n, 241n, 246n, 253n, 278n
544
Indice dei nomi
Fonseca, Pedro da: 142-143
Force, Pierre: 227n
Fossati, Lorenzo: 533
Foucault, Michel: 405n, 429-430, 435-439, 442,
444-445, 451n, 459, 517-518, 520n, 524, 526527, 536, 538
Fournel, Jean-Louis: 30n, 35n
Fournier, Marcel: 518n
Fowler, Colin F.: 108n
Fracastoro, Girolamo: 540
Fraenkel, Carlos: 148n
Franco, Vittoria: 271n
Frankel, Lois: 132 e n
Frankfurt, Harry Gordon: 485 e n
Frede, Michael: 499n
Freedman, Joseph S.: 24n
Freud, Sigmund: 316, 357 e n, 382 e n, 451
Freundlieb, Dieter: 503n, 507-510
Frezza, Giulia: 290n
Friedman, Michael: 412n
Fromm, Erich: 453
Frommer, Sabine: 354n
Fuchs, Erich: 289n
Fumagalli Beonio Brocchieri, Mariateresa: 134n
Gerbier, Laurent: 35-36
Gerdil, Giacinto Sigismondo: 204 e n
Geretto, Mattia: 131n
Gerhardt, Carl Immanuel: 129n, 158n
Gerratana, Valentino: 465n
Geuss, Raymond: 392n, 395n
Giacché, Vladimiro: 302n
Giancotti, Emilia: 113n
Giannetto, Giuseppe: 108n, 277n
Giarrizzo, Giuseppe: 98n, 336n
Gibellini, Rosino: 393n
Gielen, Pascal: 452n
Gilbert, William: 26-27, 46n
Gilson, Étienne: 69 e n, 74, 82
Ginzburg, Carlo: 184-185, 188
Giocanti, Sylvia: 29 e n, 31
Giovanni Filopono, detto il Grammatico: 15
Girard, Pierre: 216-217
Giugliano, Antonello: 10
Giustiniano, Flavio Pietro Sabbazio (imperatore
d’Oriente): 350n
Glauser, Richard: 199n
Goethe, Johann Wolfgang von: 156, 289-290,
297n, 318n, 322n, 326
Gómez López, Susana: 41n
Gonnelli, Filippo: 273n, 504n
Goorle, David van: 109
Gorgia: 513
Gouhier, Henri: 211n
Goulding, Robert: 22-23
Goya y Lucientes, Francisco José: 343
Goyard-Fabre, Simone: 202n
Graciannette, Bernard: 181n
Gramsci, Antonio: 336n, 452n, 465 e n, 483
Granada, Miguel Ángel: 52n
Grassi, Ernesto: 216n
Gravina, Gianvincenzo: 537
Grazia, Roberto: 424n
Gregory, Tullio: 105n
Grist, Matthew: 295n
Gronda, Roberto: 336n, 421n
Grozio, Ugo: 217n, 537, 539
Grua, Gaston: 129n, 135n, 142n, 174n
Grubb, Wilfrid Barbrooke: 336-338
Guarducci, Mariola: 379n
Gueroult, Martial: 113 e n, 192 e n, 195n
Guerra, Augusto: 243n
Guerrier, Olivier: 9n, 29, 35n, 536
Guidelli, Chiara: 41n
Guido, Humberto: 99n
Gadamer, Hans-Georg: 216 e n, 368
Gaeta, Muzio: 211n
Gagliasso, Elena: 290n
Gagnebin, Bernard: 224n
Gaita, Raimond: 471, 473-474, 484 e n
Galasso, Giuseppe: 336n, 342-343
Galilei, Galileo: 228, 285
Galimberti, Umberto: 382n, 500n
Gallini, Clara: 335-336
Galzigna, Mario: 518n
Gandini, Mario: 337n, 340n
Garavini, Fausta: 424n
Gardner, Sebastian: 295n
Garelli, Gianluca: 437n
Gargiulo, Alfredo: 243n, 287n
Garin, Eugenio: 102n, 112n, 191n, 207n, 224n, 282n
Garroni, Emilio: 414n, 448n
Gassendi, Pierre: 105 e n, 108 e n, 198n
Gatti, Hilary: 44n
Gaukroger, Stephen: 105n, 108n
Gebhardt, Carl: 129n, 233n
Geertz, Clifford: 491-492, 496
Genel, Katia: 511n
Gentile, Giovanni: 295n, 326n, 336n, 512n
Gentillet, Innocent: 29
545
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
Guizot, François Pierre Guillaume: 431
Gurisatti, Giovanni: 132n, 151n
Guyau, Jean-Marie: 227n
Guzzo, Augusto: 239n
Guzzoni, Ute: 506-507
Hubert, Henri-Pierre-Eugène: 339n
Hudson, Wayne: 503n, 507-510
Huisman, Denis: 436n
Hume, David: 238-239, 242n, 246 e n, 395 e n, 522
Husserl, Edmund: 249n, 255n, 316, 379, 413
Hutcheson, Francis: 239n
Haack, Susan: 420n
Habermas, Jürgen: 7 e n, 324, 387n, 394n, 397,
401 e n, 403-405, 413n, 429 e n, 433-435, 439,
445 e n, 447n, 451-454, 457-458, 462, 465468, 522-527, 538
Haidt, Jonathan: 238n
Hamlin, Cynthia Lins: 496
Hamou, Philippe: 198n
Hanke, Edith: 353n
Harari, Orna: 86n
Härpfer, Claudius: 352n
Hartsoeker, Nicolas: 148n
Harvey, William: 103
Havas, Randall: 479n
Heerebord, Adrian: 138
Hegel, Georg Wilhelm Friedrich: 8-9, 235, 285,
287-303, 320-322, 340-341, 352, 378n, 401,
433, 445-446, 516-517, 525, 533-534
Heidegger, Martin: 132 e n, 137, 151-167, 169-175,
318, 411-412, 447n, 451n, 462, 501, 526-527,
535-536
Heller, Ágnes: 271-272, 275, 279, 445n
Helvétius, Claude-Adrien Schweitzer, detto: 9n,
177, 219-233, 540
Hernández Sánchez, Domingo: 321n
Hidalgo-Serna, Emilio: 19n, 24-25
Higgins-Biddle, John C.: 207n
Hindrichs, Gunnar: 511n
Hinske, Norbert: 246n
Hjelmslev, Louis: 416n
Hobbes, Thomas: 9n, 132-133, 139-140, 177, 179189, 401, 413, 500 e n, 514, 537, 540
Höffe, Otfried: 246n, 251n
Holbach, Paul-Henri Thiry, barone d’: 219-221,
232-233
Hölderlin, Johann Christian Friedrich: 288n
Holý, Ladislav: 490, 492-493, 496
Honneth, Axel: 405-406, 445n, 523-524
Horkheimer, Max: 7 e n, 9, 387-399, 401, 434 e
n, 443-444, 451-453, 508, 510-512, 523n, 527,
537, 540
Horowitz, Irving L.: 233n
Horstmann, Rolf-Peter: 300n
Hoxha, Bujar: 414n
Ibbotson, Paul: 489, 496
Imbruglia, Girolamo: 326n, 336n
Ingegno, Alfonso: 191n, 207n
Ingenmey, Marlis: 330n, 377n
Ion, Cristina: 30n
Iribarren, Isabel: 135n
Israel, Jonathan Irvine: 220n
Ivaldo, Marco: 237n, 240n, 289n
Jakobson, Roman: 413, 416n
Jaquet, Chantal: 9n, 113, 129n, 509n, 536
Jarvie, Ian: 489, 496
Jaspers, Karl: 9n, 323 e n, 367-386, 536, 538
Jauss, Hans R.: 439n
Jay, Martin: 499 e n, 501n-506, 521n, 524n
Jiménez, José: 317n
Johnston, Charlotte: 198n
Jolley, Nicholas: 198n, 203n
Jünger, Ernst: 342, 367 e n, 536
Jung, Carl Gustav: 316
Kaden, Tom: 352n
Kambouchner, Denis: 109n
Kant, Immanuel: 9n, 69n, 130n, 146, 172-173, 219,
235, 237-255, 257-258, 260-262, 264-268, 272276, 283, 287-291, 294-296, 301 e n, 321n, 330,
352, 387-389, 394, 401, 409-410, 414, 420n,
423n, 429n, 436-437, 443n, 445-447, 463, 474,
477, 504 e n, 507 e n, 511-514, 533, 535-536
Kantorowicz, Ernst Hartwig: 184, 188 e n
Kapferer, Bruce: 491, 496
Keplero, Johannes: 46n
Kettner, Matthias: 528n
Kierkegaard, Søren Aabye: 368-369, 382n
Kippenberg, Hans G.: 360n
Kitcher, Philip: 421n
Klopp, Onno: 159n
Knies, Karl Gustav Adolph: 352n, 361n
Kohlenbach, Margarete: 392n, 395n
Kolesnik-Antoine, Delphine: vedi Antoine-Mahut,
Delphine
Korsgaard, Christine M.: 237n
Koyré, Alexandre: 46n
546
Indice dei nomi
Kroner, Richard: 321 e n
Kuehn, Manfred: 239n
Kuhn, Dorothea: 290n
Kymlicka, Will: 493
Macchioro, Vittorio: 337n, 340n
Machiavelli, Niccolò: 9n, 29-30, 35-36, 454, 537
MacIntyre, Alasdair Chalmers: 474-475, 482-483
Mack, Peter: 16n, 24n
Macor, Laura Anna: 281n
Maddalena, Giovanni: 410n, 420n
Magherini, Simone: 98n
Magnano San Lio, Giancarlo: 313n
Magrì, Elisa: 291n
Mahmood, Saba: 396n
Maier, Anneliese: 133n
Makovský, Jan: 165n
Malebranche, Nicolas: 9n, 113, 134, 159n, 191205, 207-208, 210-211, 213, 215-219, 509n,
535
Mamone Capria, Marco: 46n
Mandonnet, Pierre R.: 81n
Manent, Pierre: 29 e n
Mann, Golo: 378n
Mann, Thomas: 330 e n, 333 e n, 377-378, 380, 536
Mantegna, Andrea: 327-328
Marchetto, Michele: 27n, 514n
Marcucci, Silvestro: 261n, 262n, 265n
Marcuse, Herbert: 7n, 398n, 453, 523n
Marett, Robert Ranulph: 363n
Marianelli, Marianello: 330n, 377n
Marinetti, Filippo Tommaso: 329 e n
Marion, Jean-Luc: 69n, 74 e n, 80n, 501n
Marlowe, Christopher: 40 e n
Marquard, Odo: 273n
Marquer, Éric: 9n, 179, 537, 539
Martini, Enrico: 282n
Marx, Karl: 226n, 276 e n, 357 e n, 433, 446-447,
449, 465, 480, 483, 485, 523-524, 539
Mascolo, Armando: 319n
Masi, Felice: 259n
Mason, John Warren Teets: 333n, 334n
Massenzio, Marcello: 335n, 336n, 341n
Massimilla, Edoardo: 9n, 326n, 347, 352n, 356n,
519n
Masullo, Aldo: 37n
Matheron, Alexandre: 113 e n
Mathieu, Vittorio: 295n
Matteoli, Marco: 39n, 41n, 43n, 44n
Mauss, Marcel: 339n
Mayans y Siscár, Gregorio: 14n
Mazzarella, Eugenio: 303n, 411n
Mazzarino, Santo: 375 e n
McKirahan, Richard D.: 86n
Meattini, Valerio: 326n
La Harpe, Jean-François: 232n
La Mettrie, Julien Jean Offray de: 100n
La Rocca, Claudio: 252n
Lafaia Machado Abranches, Alexandra Maria: 410n
Lagrée, Jacqueline: 119n
Lalanne, Arnaud: 158n, 159n
Lasaga Medina, José: 318n
Lask, Emil: 259
Lavaert, Sonja: 9n, 389n, 443 e n, 452- 453, 537, 540
Lavatori, Luca: 463n
Le Masson des Granges, Daniel: 220 e n, 222, 232
Lecaldano, Eugenio: 238n
Leddy, Neven: 227n
Lee, Sukjae: 130n
Leibniz, Gottfried Wilhelm von: 9n, 67, 75 e n,
104n, 113, 129-149, 151-153, 156-174, 197n,
287n, 293-295, 301 e n, 504, 511-512, 539
Lennon, Thomas M.: 198n, 203n
Leonelli, Rudy M.: 436n
Leoni, Federico: 382n
Lévêque, Jean-Claude: 320n
Lévi-Strauss, Claude: 506 e n
Lévy-Bruhl, Lucien: 339, 488, 496, 506n
Leyden, Wolfgang Marius von: 202n
Libera, Alain de: 59n
Liefschitz, Avis: 227n
Lin, Martin: 129n
Linguiti, Alessandro: 41n
Lloyd, Henry Martyn: 220n, 222n, 226n, 389n
Locke, John: 9n, 191, 193, 197-208, 413, 423 e n,
509n
Löwenthal, Leo: 400 e n
Löwith, Karl: 368n
Lombardo Radice, Giuseppe: 295n, 512n
Lomonaco, Fabrizio: 9n, 97 e n, 213n, 537
Lomonaco, Francesco: 537
Long, Philip: 197n
Longué, Jean-Louis: 224n, 228n, 229n, 232n
Look, Brandon Ch.: 148n
Lough, John: 197n
Lucrezio Caro, Tito: 97, 99, 102, 105n
Luhmann, Niklas: 457 e n, 466, 468
Lukács, György: 368 e n, 399, 452n, 522-524
Lutero, Martin: 180, 349, 514, 534, 536
Lyotard, Jean-François: 507n
547
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
Meerhoff, Kees: 24n
Meinecke, Friedrich: 325, 536
Melamed, Yitzhak Y.: 129n
Melantone, Filippo: 26-27, 180
Mele, Alfred R.: 8n, 528-529
Melloni, Alberto: 273n
Mendieta, Eduardo: 393n, 395n, 396n
Menzer, Paul: 243n
Mercer, Christia: 129n, 138n
Merker, Nicolao: 279n
Meroi, Fabrizio: 38n, 44n
Mersenne, Marin: 71, 79 e n, 92-93, 95
Micraelius, Johann: 138n
Mignini, Filippo: 115n
Mignucci, Mario: 86n
Milanesi, Pier Giuseppe: 297n
Mirri, Edoardo: 302n
Mistretta, Enrico: 238n
Molina, Luis de: 136, 142-143, 539
Molyneux, William: 198 e n
Momdjian, Khachik N.: 230n, 231n
Mommsen, Theodor: 329
Mommsen, Wolfgang. J.: 355n
Moni, Arturo: 289n
Montaigne, Michel Eyquem de: 9n, 29-33, 35-36,
424 e n, 534-536
Montesquieu, Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di: 440-441, 454
Moreau, Pierre-François: 119n, 222n, 389n, 537
Morell, André: 174n
Moretto, Giovanni: 281n
Morgenbrod, Birgit: 355n
Moriani, Fausto: 41n
Morin, Edgar: 515-518
Moroncini, Ambra: 463n
Morris, Charles: 413, 418 e n
Morrone, Giovanni: 9n, 257 e n, 296n, 538
Mouy, Paul: 104n
Müller, Kai: 352n
Müller, Karl O.: 21n
Mugnai, Massimo: 144n, 163n, 170n
Mundt, Lothar: 15n
Muñoz, Jacobo: 317n
Murphy, James J.: 21n
Mustè, Marcello: 336n
Neumann, Franz: 454
Neumann, Michael: 333n
Newlands, Carole: 21n
Newton, Isaac: 148, 285-288, 295
Nicone (patriarca di Mosca): 365n
Niebuhr, Barthold Georg: 369
Niehues-Proebsting, Heinrich: 475n
Nietzsche, Friedrich: 8, 147, 169n, 357 e n, 368369, 382n, 433, 474-483, 520n, 524, 538
Nitsch, Carlo: 326n
Nizolio, Mario: 14n, 27 e n
Noreña, Carlos G.: 20n
Normore, Calvin G.: 142n
Norris, John: 197-198
Nozick, Robert: 270-271
Nunziante, Antonio M.: 301n
Nuzzo, Angelica: 296n
Nuzzo, Enrico: 208n, 326n
O’Neal, John C.: 221n
O’Neill, Onora: 237 e n
Obeyesekere, Gananath: 491, 493, 496
Oldenburg, Henry: 121-122, 124
Oldrini, Guido: 27n
Olivo, Gilles: 108n, 110n
Omodeo, Pietro Daniel: 52n
Ong, Walter J.: 21n, 23n, 24n, 25n, 27n
Opp, Karl-Dieter: 494, 496
Opratko, Benjamin: 465 e n
Ortega y Gasset, José: 9n, 315-324, 534
Ott, Michael R.: 393n, 396n
Otto, Rudolf: 184-185
Otto, Stephan: 214n
Owen, David: 9n, 471, 520n, 521n, 538
Paganini, Gianni: 108n
Pala, Alberto: 285n, 286n, 287n
Palma, Massimo: 353n, 360n
Panaitescu, Emilio A.: 430n
Papuli, Giovanni: 101n
Pareto, Vilfredo: 522
Parmentier, Richard J.: 417n
Pascal, Blaise: 192 e n
Pasqua, Hervé: 192n
Pasqualin, Chiara: 368n
Pasquinelli, Carla: 336n
Passerin d’Entrèves, Maurizio: 445n
Paton, Herbert James: 240-241
Pavlovits, Tamás: 509n
Pécharman, Martine: 198n
Nachtomy, Ohad: 71n
Nadler, Steven M.: 99n, 109n, 194n, 199n
Napoleone I Bonaparte: 284
Nauta, Lodi: 13n, 16n
548
Indice dei nomi
Peirce, Charles Sanders: 410-411, 413, 417, 419426, 536
Pellisson-Fontanier, Paul: 159n
Peluso, Rosalia: 326n
Pera, Ceslai: 81n
Pereira Filho, Augusto J.: 99n
Perinetti, Dario: 148n
Perissinotto, Luigi: 131n
Petrilli, Susan: 412n
Petrucciani, Stefano: 7n, 9n, 397, 399n, 402n,
511n, 512n, 522n, 523n, 538
Pettazzoni, Raffaele: 337n
Pico della Mirandola, Giovanni: 39 e n
Pietro Ispano (Pedro Julião): 8 e n, 22-23
Pinchard, Bruno: 214n
Piovani, Pietro: 317n, 319 e n
Piper, Klaus: 323n
Pippin, Robert B.: 291n, 295n
Pirillo, Nestore: 43n
Piro, Francesco: 9n, 129 e n, 131n, 132n, 135n,
140n, 294n, 539
Pizzorno, Alessandro: 496
Platone: 15, 26n, 59n, 98 e n, 316n, 318n, 445, 501
e n, 504, 510, 513
Plotino: 41 e n
Pocar, Ervino: 383n
Poirier, Nicolas: 449n
Ponzio, Augusto: 8n, 412n
Posner, Roland: 416n, 418n
Pozzoni, Ivan: 336n
Principe, Quirino: 367n
Principe, Salvatore: 97n
Priori, Romolo: 382n
Prodi, Enrico: 419n
Prodi, Giorgio: 419n, 420n, 422-423
Proni, Giampaolo: 424n
Protagora: 513
Pruss, Alexander: 146n
Pufendorf, Samuel von: 217n
Rauschning, Hermann: 387, 390-392, 394-396
Rawling, Piers: 8n, 528-529
Raymond, Marcel M.: 224n
Reale, Giovanni: 503n
Reath, Andrews: 288n
Rebejkow, Jean-Christophe: 232n
Regius, Henricus: 9n, 97-112
Regoliosi, Mariangela: 14n
Reiter, Josef: 196 e n
Rescher, Nicholas: 131n
Ricci, Saverio: 46n
Riccio, Franco: 405n
Rickert, Heinrich: 316, 352n
Ricœur, Paul: 357 e n
Ricuperati, Giuseppe: 430n
Rigobello, Armando: 367n
Riley, Patrick: 194n
Rimbaud, Arthur: 339 e n
Risse, Wilhelm: 21n, 24n
Robinet, André: 158n, 166n, 191 e n, 193n, 211n
Rockmore, Tom: 412n
Rodis-Lewis, Geneviève: 101n, 109n, 110n, 112n,
194n, 195n
Rodriguez-Pereyra, Gonzalo: 145n
Röttger-Rössler, Birgitt: 489, 495
Rohde, Erwin: 363n
Roscher, Wilhelm G. F.: 352n, 361n
Rossi, Paolo: 41 e n, 43n, 44n, 45n, 46n
Rossi, Pietro: 309n, 348n, 352n, 353n, 355n, 519n,
521n
Rother, Wolfgang: 24n
Rothschuh, Karl: 103n
Rousseau, Jean-Jacques: 219-220, 224 e n, 275,
401, 540
Roux, Sophie: 200n, 203n
Ruler, Johannes A. van: 109n
Runciman, Walter G.: 492, 497
Rusconi, Gian Enrico: 404n, 525n
Russell, Bertrand: 165
Russo, Tommaso: 211n
Quintiliano, Marco Fabio: 13 e n
Sade, Donatien Alphonse François marquis de:
389 e n, 394
Sahlins, Marshall: 491, 493, 497
Salas, Jaime de: 317n
Salza, Luca: 40n
Sánchez Sorondo, Marcelo: 300n
Sandkaulen, Birgit: 511n
Sanna, Giovanni: 302n
Sanna, Manuela: 208n, 211n, 517n
Rabinow, Paul: 438n
Raciti, Giuseppe: 335n
Raedler, Sebastian: 242n
Rametta, Gaetano: 282n
Ramo, Pietro: 9n, 13-15, 20-27
Rapport, Nigel: 492, 496
Rateau, Paul: 9n, 151, 165n, 171n, 539
Rathenau, Walther: 369
549
Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
Santaella Braga, Lucia: 409n
Santucci, Antonio: 198n, 430n
Sartre, Jean-Paul: 506n
Sasso, Gennaro: 325n, 336n, 339n, 343n
Satta, Gino: 336n, 337n
Saussure, Ferdinand de: 413, 415-417, 422
Scapparone, Elisabetta: 37n, 38n, 40n, 41n, 42n
Scaravelli, Luigi: 262n
Schecter, Darrow: 9n, 453, 463n, 523-524, 539
Scheffczyk, Adelhard: 416n
Scheler, Max: 316
Schelling, Friedrich Wilhelm Joseph: 286 e n,
288-289, 301, 303n
Schiche, Theodor: 27n
Schilm, Petra: 360n
Schlanger, Judith E.: 301n
Schluchter, Wolfgang: 348n, 353n, 355n, 360n, 519n
Schmaltz, Tad M.: 99n, 102n, 104n, 106n, 108n, 109n
Schmid Noerr, Gunzelin: 7n, 387n, 392n, 511n,
523n
Schmidt, Alfred: 7n, 392, 510n, 523n
Schmitt, Carl: 183-184, 186, 189, 391
Schnädelbach, Herbert: 7-8, 500-501, 503n, 511514, 528n
Schneewind, Jerome: 395n
Schnieder, Benjamin: 137n, 138n
Schoockius, Martinus: 99 e n
Schopenhauer, Arthur: 132
Schröder, Winfried: 9n, 387, 389n, 395n, 443n,
539
Schütz, Alfred: 419n
Schuhl, Pierre-Maxime: 33n
Schultz, Klaus: 512n
Scribano, Maria Emanuela: 69n, 75 e n, 79n, 80n,
107n, 130n, 191n, 198n
Secretan, Catherine: 99n, 100n, 101n
Sedlmayr, Hans: 379 e n
Seeck, Otto: 375 e n
Selden, John: 217n
Seller, Fabio: 9n, 51, 540
Serveto, Michele: 179
Sevilla Fernández, José Manuel: 99n, 319n, 320n
Shaftesbury, Anthony Ashley Cooper III conte
di: 239n
Siebert, Rudolf J.: 396n
Silvestri, Francesco, detto Francesco da Ferrara:
80, 84
Simmel, Georg: 316, 318, 462-464
Simonutti, Luisa: 197n
Sleigh, Robert C.: 140n
Sloterdijk, Peter: 280 e n, 507n
Smith, David W.: 231n
Smith, Justin E. H.: 148n
Snyder, David C.: 206n
Socrate: 225, 227, 486
Soderini, Giovan Battista: 35n
Sofìa del Palatinato (elettrice di Hannover): 159n
Solmi, Renato: 336n, 511n, 530n
Sombart, Werner: 316, 347-350
Spector, Céline: 219n
Spengler, Oswald: 316, 329 e n, 335 e n, 341, 367,
369, 375, 383, 385, 536
Spiazzi, Raimondo M.: 85n
Spinoza, Baruch: 9n, 100n, 113-130, 134, 139,
146n, 208n, 220n, 233n, 387, 389 e n, 394,
536-537, 539-540
Spruit, Leen: 39n
Stahl, Georg Ernst: 301 e n
Starobinski, Jean: 224n, 435, 439-442, 535
Steinberg, Alex: 148n
Stendhal (Marie-Henri Beyle): 369
Stern, Charlotta: 496
Sternhell, Zeev: 444n
Stile, Alessandro: 208n
Strauss, Leo: 179 e n, 540
Striker, Gisela: 499n
Stroebel, Emil: 16n
Stuchlik, Milan: 490, 492-493, 496
Stump, Eleonore: 15n
Sturlese, Rita: 39n, 44-45
Sturm, Jean: 26-27
Suárez, Francisco: 69-71, 74-76, 88-94, 110n, 132134, 136-137, 142
Supiot, Alain: 464n
Swindal, James: 393n, 395n
Tabacchino, Tatiana: 363n
Tacito, Publio Cornelio: 445
Tafani, Daniela: 245n
Tagliacozzo, Giorgio: 216n
Tagliaferri, Teodoro: 326n
Tagliapietra, Andrea: 430n
Talleyrand-Périgord, Charles-Maurice, principe
di: 369
Tannery, Paul: 69n, 102n, 195, 502n
Tanucci, Bernardo: 328
Tassis, Theofanis: 450n
Tatasciore, Carlo: 286n
Telesio, Bernardino: 52n
Terrel, Jean: 181n
550
Indice dei nomi
Tessitore, Fulvio: 216n, 326n, 336n, 352n
Thagard, Paul: 529 e n
Thomson, Ann: 222n
Tiedemann, Rolf: 512n
Tirinnanzi, Nicoletta: 37n-41n, 45n
Tomasello, Michael: 489, 495-497
Tomès, Arnaud: 444n, 449-450
Tommaso d’Aquino: 58, 71-72, 79-83, 85-86, 8889, 93, 110n, 133-134, 136
Toqueville, Charles-Alexis-Henri Clerel de: 369
Totaro, Pina: 233n
Toto, Francesco: 9n, 219, 540
Tournon, André: 31n, 424n
Trabant, Jürgen: 419n
Traini, Stefano: 414n
Treccani, Giovanni: 326n
Trinkaus Zagzebski, Linda: 134n
Troeltsch, Ernst: 430 e n
Troxler, Ignaz P. V. von: 303n
Tuccari, Francesco: 355n, 519n
Turnèbe, Adrien: 21n, 26-27
Twisse, William: 135 e n, 142n
Tylor, Sir Edward Burnett: 363n
Vinti, Carlo: 79n, 107n
Virno, Paolo: 448n, 537
Viti Cavaliere, Renata: 336n
Vives, Juan Luis: 9n, 13-20, 23-27
Voetius, Gisbertus (Voet, Gijsbert): 108-110
Voitle, Robert: 504n
Volpi, Franco: 132n, 151n
Voltaire, Francois-Marie Arouet detto: 504n
Wagner, David L.: 15n
Wagner, Gerhard: 352n
Warnke, Georgia: 524n
Wassenaer, Petrus: 105, 106n
Weber, Max: 9n, 345, 347-365, 377, 381, 383-384,
404, 492, 494, 496-497, 518-524, 538
Wedderkopf, Magnus von: 141n
Weiß, Johannes: 354n, 520n
Welschinger, Henri: 220n
Westman, Rolf: 27n
Westphal, Kenneth R.: 298n
Wettersten, John: 492, 497
White, Stephen K.: 524n
Whitebook, Joel: 445n
Wiggershaus, Rolf: 400n
Willke, Helmut: 457n
Wilken, Robert Louis: 484n
Williams, Bernard: 482 e n
Wilson, Catherine: 105n
Winch, Peter: 488, 497
Winegar, Reed: 71n
Winterbottom, Michael: 13n
Wittgenstein, Ludwig Josef Johann: 471-473
Wolf, William Clark: 293n, 294n, 295n, 296n
Wolfe, Charles T.: 300n, 301n
Wolff, Christian: 294-295, 511
Wolgast, Eike: 378n
Wood, Allen W.: 244n
Wood, Rega: 142n
Uexküll, Jakob Johann von: 315
Ulpiano, Domizio: 217n
Unamuno, Miguel de: 316 e n
Valdré, Elisabetta: 365n
Valente, Mario: 98n
Valla, Lorenzo: 13-14, 17 e n, 19-20, 22 e n, 24,
27, 535
VanAntwerpen, Jonathan: 396n
Vanzulli, Marco: 213n, 214n
Varrone, Marco Terenzio: 21-22
Vasoli, Cesare: 21n, 24n, 207n
Vassányi, Miklós: 206n
Vegetti, Mario: 501n
Veneroni, Stefano: 287n
Venuta, Pierluigi: 269
Verbeek, Theo: 100n, 102n, 106-109, 112n
Verene, Donald Phillip: 208n
Verra, Valerio: 287n, 295n
Vettori, Francesco: 30
Vico, Giambattista: 9n, 97-100, 105 e n, 112, 191,
193, 207-218, 320 e n, 327 e n, 330, 336n, 517
e n, 534, 537, 539
Vienne, Jean-Michel: 202n
Vighi, Fabio: 463n
Vinci, Lionello: 434n
Yanagisako, Sylvia: 488, 494, 497
Yates, Frances Amelia: 44n
Yoshida, Kei: 491, 497
Zahn, Angelika: 352n
Zancarini, Jean-Claude: 30n
Zarka, Yves Charles: 133n, 208n
Zeder, Franz: 378n
Zubiri Apalategui, José Xavier: 316n
Zuloaga y Zabaleta, Ignacio: 322n
551
Università degli Studi di Napoli Federico II
Scuola delle Scienze Umane e Sociali
Quaderni
1. Studi e ricerche di scienze umane e sociali, a cura di Roberto Delle Donne, prefazione di Lucio
De Giovanni
2. Raffaele Carbone, Medicina e scienza dell’uomo. Paul-Joseph Barthez e la Scuola di Montpellier
3. Wilhelm Dilthey, Materiali per il secondo volume della Introduzione alle scienze dello spirito.
Scritti inediti (1880-1893), a cura di Giovanni Ciriello
4. Richard Avenarius, Osservazioni sul concetto di oggetto della psicologia, a cura di Chiara Russo Krauss
5. Agli inizi della storiografia medievistica in Italia, a cura di Roberto Delle Donne
6. Antonella Venezia, La Società Napoletana di Storia Patria e la costruzione della nazione
7. Le strane vicende di mia vita – Il carteggio di Giuseppe De Blasiis, a cura di Antonella Venezia
8. Il carteggio fra Robert Michels e i sindacalisti rivoluzionari, a cura di Giorgio Volpe
9. Erudizione e cultura storica nella Sicilia del XIX secolo. Il carteggio tra Michele Amari e Raffaele Starrabba (1866-1900), a cura di Serena Falletta
10. La Fenomenologia dello spirito di Hegel: problemi e interpretazioni, a cura di Alessandro
Arienzo, Francesco Pisano, Simone Testa
11. ASMOD 2018. Proceedings of the International Conference on Advances in Statistical Modelling of Ordinal Data, editors Francesca Di Iorio, Rosaria Simone, Stefania Capecchi
12. GRETL 2019. Proceedings of the International Conference on the Gnu Regression, Econometrics and Time-series Library, editors Francesca Di Iorio, Riccardo Lucchetti
13. Ontologia relazionale. Ricerche sulla filosofia classica tedesca, a cura di Antonio Carrano e
Marco Ivaldo
14. Essere e Tempo novanta anni dopo: attualità e inattualità dell’analitica esistenziale, a cura di
Anna Pia Ruoppo
15. Il Segretario, lo Statista. Aldo Moro dal centro-sinistra alla solidarietà nazionale, a cura di
Alessandro Sansoni, Pierluigi Totaro, Paolo Varvaro
16. Chiara Russo Krauss, Dall’empiriocriticismo al positivismo relativistico. Joseph Petzoldt tra
l’eredità di Mach e Avenarius e il confronto con la relatività einsteiniana
17. Mario Cosenza, All’ombra dei Lumi. Jacques-André Naigeon philosophe
18. Immagine e immaginazione, a cura di Leonardo V. Distaso, Anna Donise, Edoardo Massimilla
19. Le aporie dell’integrazione europea. Tra universalismo umanitario e sovranismo: idee, storia,
istituzioni, a cura di Anna Pia Ruoppo e Irene Viparelli
20. Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea, a cura di Maurizio
Cambi, Raffaele Carbone, Antonio Carrano, Edoardo Massimilla
Tutti i testi sono sottoposti a peer review secondo la modalità del doppio cieco (double blind)
Università degli Studi di Napoli Federico II
Scuola delle Scienze Umane e Sociali
“Ragione” e “razionalità” sono oggi nozioni problematiche: considerate a lungo, nella storia del pensiero occidentale, come tratti distintivi dell’uomo e della civiltà euro-americana, da un certo punto
in poi sono state messe in discussione e lacerate dalla crisi e dal
malessere di quest’ultima. Alla luce delle controversie più recenti
e delle riflessioni sul tema sviluppate nella prima metà del Novecento, questo libro si propone di riaprire la querelle sulla ratio con
l’intento di mettere in luce – attraverso una serie di “casi di studio” – la grana sottile dei molteplici significati e usi della nozione
di ragione, ma anche di interrogarsi sulle differenti “epoche” della ragione provando a ricostruirne la “storia”. I saggi contenuti in
questo volume, dunque, contestualizzano e analizzano le accezioni
e le ambiguità del termine ratio e dei suoi derivati nel quadro delle molteplici discussioni che ne hanno ritmato la storia a partire
dalla prima modernità, quando il concetto assunse nuove configurazioni rispetto agli usi attestati nel pensiero antico e medioevale,
sino al dibattito contemporaneo.
Maurizio Cambi è professore ordinario di Storia della filosofia presso il Dipartimento di Scienze Umane, Filosofiche e della Formazione dell’Università degli
Studi di Salerno.
Antonio Carrano è professore ordinario di Storia della filosofia presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Raffaele Carbone è ricercatore di Storia della filosofia presso il Dipartimento di
Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Edoardo Massimilla è professore ordinario di Storia della filosofia presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
ISBN 978-88-6887-086-7