ANTIQVA
BENEVENTANA
La storia della città romana
attraverso la documentazione epigrafica
a cura di
PAOLA CARUSO
LA PROVINCIA SANNITA
EDIZIONI “LA PROVINCIA SANNITA”
Autorizzazione Tribunale di Benevento n. 105/81
Supplemento al n. 1/2013 - Anno XXXIII - Nuova serie
DIRETTORE EDITORIALE: Aniello Cimitile, Commissario straordinario della Provincia di Benevento
DIRETTORE RESPONSABILE: Antonio De Lucia
Direzione e Amministrazione: Rocca dei Rettori
Tel. 0824.21390 - 0824.774502 - e-mail: ufficiostampa@provinciabenevento.it
ISBN 978-88-907651-7-9
SOMMARIO
Presentazione (ANIELLO CIMITILE) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag.
Premessa (MARIA FELICIA CRISCI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
I
»
VII
»
5
»
13
»
35
»
53
»
79
INTRODUZIONE
Le memorie delle pietre
(PAOLA CARUSO) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
CONTESTO ARCHEOLOGICO
Tutela, ricerca e pianificazione urbana. Nuove acquisizioni e
strumenti per la conoscenza e la gestione del patrimonio archeologico beneventano
(LUIGINA TOMAY) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Ricerche archeologiche a Benevento - Arco del Sacramento:
il contesto di rinvenimento dell’epigrafe di Fullonius
(MARCELLO ROTILI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Qualche osservazione sull’urbanistica di Benevento
(MARIO PAGANO) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
STORIA DEGLI STUDI EPIGRAFICI BENEVENTANI
Las Antiquae inscriptiones quae Beneventi extant ab Ottavio
Bilocta collectae. Notas sobre la cultura en Benevento durante el siglo XVII
(JOSÉ REMESAL RODRIGUEZ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
L’epigrafia di Benevento, Garrucci ed i problemi della scienza dell’antichità nell’Ottocento
(ITALO M. IASIELLO) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 143
Theodor Mommsen e Benevento
(MARCO BUONOCORE) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 195
DAI DOCUMENTI EPIGRAFICI ALLA STORIA
Senatori beneventani da Silla alla tetrarchia
(GIUSEPPE CAMODECA) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 233
Il ceto equestre di Beneventum romana
(ANTONELLA DE CARLO) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 263
Il ceto decurionale a Benevento tra la fondazione della colonia latina e l’età augustea e giulio-claudia
(MARCELLA CHELOTTI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 317
Gli Augustales di Benevento
(GEMMA CORAZZA) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 331
Iscrizioni latine nel territorio di Pago Veiano
(NICOLA DE PALMA) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 361
Addenda et corrigenda alle iscrizioni cristiane di Benevento
(ICI VIII)
(ANTONIO ENRICO FELLE) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 387
NOVITÀ EPIGRAFICHE SANNITE
Dalla nutrice all’imperatore: nuove iscrizioni di Benevento
(HEIKKI SOLIN) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 417
Castelpoto e il suo territorio
(LAUREATO MAIO) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 451
Quando Socrate era un piccolo schiavo ed altre epigrafi in
territorio beneventano
(LAUREATO MAIO - HEIKKI SOLIN) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 471
Un arcarius della colonia beneventana
(ALESSANDRO L. MELILLI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 487
MARCO BUONOCORE
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
“Epigrammata Beneventana, quae sunt plurima et maximi momenti”: sono queste le parole che Theodor Mommsen (1817-1903)1 scrisse ad esordio del capitolo dedicato a Beneventum nelle sue Inscriptiones
Regni Neapolitani Latinae del 18522. Un incipit quanto mai intrigante,
che invitava subito il lettore a riflettere sulla preziosità e sulla complessità del ricco raccolto documentario costituito da 477 iscrizioni3, con
79 delle quali lo storico tedesco si era potuto personalmente confrontare4. Ma già su di esse nel 1847 aveva voluto dedicare un breve ma importante preliminare contributo5, ove aveva considerato anche i documenti relativi ad un praefectus vigilum nonché pontifex Albanus minor6,
al decurione M. Carfanus iscritto nella tribù Stellatina7, al distico conclusivo dell’iscrizione funeraria posta da una Statia a suo marito C. Papirius8.
–––––––
Per le informazioni biobibliografiche su Mommsen rimando essenzialmente ai due
classici contributi: WICKERT 1959-1980; REBENICH 2002. In occasione del centenario
della sua morte si sono susseguiti numerosi incontri scientifici, tra cui segnalo almeno i seguenti (particolarmente utili per i rapporti Mommsen – Italia) dove il lettore
potrà recuperare altra letteratura e discussione: Atti Lincei 2004; Atti Málaga 2005;
Atti Udine 2007; Atti Terracina 2009. Vd. anche infra alla nota 113.
2
IRNL, p. 72.
3
IRNL, 1375-1851.
4
IRNL, 1404, 1407-1408, 1415-1417, 1420, 1423, 1427, 1435, 1444, 1455, 1457,
1460-1461, 1473 [scr. 1273], 1475-1476, 1478, 1482, 1485, 1488, 1495-1496, 1500,
1504, 1512, 1515, 1517, 1522, 1525-1526, 1529, 1531-1532, 1540, 1542, 1544, 1547,
1567, 1578, 1588, 1600, 1603, 1608, 1623, 1627, 1635, 1646, 1653, 1661, 1669, 1676,
1678, 1687, 1694, 1697, 1700, 1704, 1714, 1733, 1735, 1756, 1759, 1761, 1771, 1792,
1796, 1805-1807, 1810, 1814-1815, 1826-1830.
5
MOMMSEN 1847.
6
ILRN, 1435.
7
ILRN, 1496.
8
ILRN, 1704.
1
196
MARCO BUONOCORE
Come si evince dagli apparati che Mommsen formulò quasi
trent’anni dopo nel volume IX del CIL, certe risultano le sue ispezioni nell’estate del 18459 e nel giugno del 184610. Non si avrebbero al
momento, è stato anche di recente affermato, ancoraggi sicuri per confermare la sua presenza a Benevento sul finire del 1844 come egli
stesso indica a proposito di due iscrizioni: “Beneventi sub monte
Leproso. Insertum parieti a. 1849 frustra quaesiverunt GARRVCCI et
HIRSCHFELD. Descripsi a. 1844”11; “Strada del sagramento EGO a. 1844.
Ibi frustra quaesivit HIRSCHF. Descripsi”12. Giunto, infatti, da San
Marino a Roma il 30 dicembre 1844, solo nell’agosto dell’anno successivo avrebbe proseguito il suo viaggio per Napoli. In quelle due notazioni, pertanto, si dovrebbe ravvisare un puro e semplice lapsus calami piuttosto che il riferimento ad una sua iniziale visita alla città13.
Ma in altra documentazione Mommsen continua ad indicare la sua
presenza nel Regno di Napoli in questo anno 1844: ad esempio a Ceglie
(“Ceglie in fundo Michaelis Angeli de Venere. Descripsi ego a. 1844”14)
e a Venosa (“Venusiae in hortis Ludovici Rapollae vidi a. 1844; deinde a. 1873 repperi ibidem pariete immissam”15; “Pars quae fines vv.
continet a. 1844 fuit in castello; eam a. 1873 frustra quaesivi”16). Sono
notazioni troppo puntuali per considerarle tutte errori di stampa: sarei del parere, pertanto, che Mommsen almeno sullo scorcio del 1844,
dopo aver lasciato San Marino, abbia compiuto un primo iter epigraphicum nel Meridione, riservando agli anni successivi una maggiore e piú accurata ricerca.
Per la lunga ed articolata formulazione di questo capitolo beneventano si era dovuto confrontare con tutta la complessa tradizione
precedente, manoscritta e a stampa, da Ciriaco d’Ancona fino a Raffaele
Garrucci, senza dimenticare ogni autore intermedio, come il canoni–––––––
9
ILRN, 1455 = CIL IX, 1612; ILRN, 1694 = CIL IX, 1914; ILRN, 1704 = CIL IX,
1921.
10
ILRN, 1273 = CIL IX, 1624.
11
ILRN, 1415 = CIL IX, 1562.
12
ILRN, 1805 = CIL IX, 2044.
13
Vd. quanto osservato da PASQUALINI 1986, 160 nota 73.
14
ILRN, 619 = CIL IX, 277.
15
ILRN, 747 = CIL IX, 476.
16
ILRN, 767 = CIL IX, 502.
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
197
co beneventano Giovanni De Vita o il cavaliere di Campolattaro Giosué
De Agostini (D’Agostino), di cui mise in risalto la “diligentia”17 tanto
da farlo nominare socio onorario dell’Instituto nel 1847 anche per
l’aiuto concessogli nella visione della Tavola dei Ligures Baebiani.
Tale “recensus auctorum” è senza dubbio, per metodologia e critica,
il traguardo maggiore a cui era pervenuta la dottrina mommseniana, frutto evidente, nel metodo e nella misura, del proficuo contatto
avuto con Bartolomeo Borghesi (1781-1860): per la prima volta, infatti, il lettore aveva la possibilità – ovviamente non solo per quanto
atteneva alla antiquitates Beneventanae ma a tutte quelle del Regno
delle Due Sicilie - di un sereno confronto con la tradizione passata,
per l’occasione analizzata in ogni sua piega e valutata con ampia esemplificazione nel discernere l’autorevolezza o meno delle personalità
oggetto dell’attento scrutinio (e da qui ecco nascere quella capitale
sezione dedicata alle iscrizioni falsae vel alienae): quanti progressi
erano stati conseguiti rispetto alle sillogi precedenti, ad esempio alla prima collezione generale a stampa di iscrizioni del mondo antico,
le Inscriptiones sacrosanctae vetustatis non illae quidem Romanae
sed totius fere orbis del 1534 curata da Peter Bienewitz (Apianus), il
famoso geografo, matematico, astronomo e astrologo (1495/1501-1552)18,
autore dell’Astronomicum Caesareum, e dal poeta Bartholomäeus
Pelten (Amantius), poeta e giurista (1505-1556)19, l’autore dei ben noti Flores celebriorum sententiarum Graecarum ac Latinarum del 155620;
queste Inscriptiones vennero definite da Augusto Campana, è vero,
una cloaca maxima per il disordine, gli arbitrii, l’abbondanza di falsi,
ma ritenute da lui stesso di grande importanza per la storia della tradizione antiquaria21. E se nulla scriveva ancora sui fontes della res publica, in questa praefatio Mommsen non tralasciava di soffermarsi,
pur con interrogativi non pienamente risolti, sui limiti geografici dell’antico ager Beneventanus e sulla assegnazione dei tituli antichi.
–––––––
ILRN, 1379.
Su cui vd. HOFFMAN 1992.
19
Vd., con bibliografia, FERRARY 1996, 108.
20
Flores celebriorum sententiarum graecarum ac latinarum, definitionum, item virtutum et vitiorum, omnium exemplorum, proverbiorum, apophtegmatum, apologorum,
Dilingae, ex officina typografica Sebaldi Mayer, 1556.
21
CAMPANA 2005, 15.
17
18
198
MARCO BUONOCORE
È chiaro, pertanto, che il modus operandi di Mommsen dovette provocare un forte impatto sul mondo culturale dell’Italia
Meridionale, specie su quello napoletano, come già aveva avuto
modo di metterlo in guardia Johann Heinrich Wilhelm Henzen
(1816-1887)22 nella lettera, credo a tutti nota, del 3 agosto 1845,
edita da Lothar Wickert nel secondo volume della sua monumentale monografia su Theodor Mommsen23. Henzen, infatti, come anche di recente ha sottolineato Claudio Ferone, lo raccomandava di
muoversi con estrema cautela, poiché la sua iniziativa scientifica
poteva urtare, anche involontariamente, la suscettibilità di alcuni studiosi locali24.
Inoltre, da una lettera del 18 luglio 1852 conservata alla
Biblioteca Vaticana25 indirizzata a Giulio Minervini (1819-1891)26,
il rappresentante maggiore della nuova fase dell’archeologia napoletana della metà dell’Ottocento, appare evidente in Mommsen
il suo riserbo verso un tipo di studi troppo antiquario e circoscritto entro àmbiti scientifici angusti qual era quello napoletano, che
nel momento della pubblicazione delle IRNL non mancò infatti di
esternare la propria diffidenza e gelosia: “Capisco bene, che una
tale pubblicazione non può non recare rammarico agli eruditi
Napoletani, essendoché essi con ogni ragione sentono essere questo il loro dovere ed onore di presentare i tesori delle loro province al mondo erudito, e rimanere sempre mai il lavoro del forestiere, comunque accurato, assai inferiore a quello che essi avrebbero potuto fornire. Se per queste ragioni io non mi aspettava mol–––––––
Vd. BLANCK 2003; ID. 2009, 7-11.
WICKERT 1959-1980, II, 135-136.
24
FERONE 2001, 45.
25
Roma – Biblioteca Apostolica Vaticana, Autografi Ferrajoli - Raccolta Minervini
ff. 3029r-3032v [ed. BUONOCORE 2003, 52-57 n. 6; vd. anche RUSSI 2004, 115-118].
26
Sulla vita e le opere di Giulio Minervini - nipote da parte di madre di Francesco
Maria Avellino (1788-1850), epigrafista, numismatico, filologo e giurista, tra l’altro, Segretario dell’Accademia Pontaniana nel 1815, Segretario Perpetuo della Reale Accademia
Ercolanese nel 1832, Membro dell’Accademia della Crusca nel 1818 (subentrando ad
Ennio Quirino Visconti), Membro della Reale Accademia delle Scienze di Monaco [per
cui vd. TREVES 1962; SCATOZZA HÖRICHT 1987a] - rimando, oltre all’ormai classico MIOLA
1893, a SCATOZZA HÖRICHT 1987b, da integrare con VIAN 1993, VII-XIV.
22
23
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
199
ta congratulazione da quelle parti cui tocca il mio lavoro, mi lusingai però che i migliori ed i piú imparziali dotti costì sentirebbero la forza delle circostanze, a cui dobbiamo sottometterci entrambi, e sono lieto, che non mi sono ingannato”.
Altre volte nei suoi scritti lo studioso tedesco condannerà questa triste realtà certamente dannosa al progresso della scienza comune, enunciando del vulgare genus descriptorum i limiti della
competenza epigrafica rispetto ai parametri scientifici di tale scienza27; si veda, ad esempio, quanto scrive in occasione della pubblicazione dell’Editto Venafrano28: “I ciarlatani della scienza e quei
che, diffidandosi a ragione della fama poco cortese, desiderano appiccare a qualche bella scoperta la loro immortalità, o piuttosto
l’immortalità de’ proprj errori, quando ad essi capita qualche monumento singolare, si sforzano di far in questa congiuntura sfogo
immenso d’erudizione, e vorrebbero (se mai si possa) esaurire ogni
conseguenza della nuova scoperta in prò loro. Il che facilmente potrebbe tollerarsi, perché, comunque fastidiosi i fogli d’inviluppo, accoppiati a qualche nuovo monumento, poco danno recano alla scienza; ma troppo spesso cotal egoismo letterario ha cagionato ritardo
incredibile di scoperte appartenenti non allo scopritore particolarmente, ma a tutto il mondo letterario. È questa la ragione, per cui
pubblicai subito la parte piú importante del nuovo testo senza parola veruna di spiegazione, e per cui ora lo produco intero con quelle osservazioni che trovo d’aver fatte, molto desiderando che altri
vi aggiunga le sue e corregga le mie”29.
Ma non vorrei troppo dilungarmi sulla realtà culturale del
Regno di Napoli di metà Ottocento, anche perché ognuno di noi
potrà aggiornarsi in modo esaustivo confrontandosi con i tre volumi La cultura classica a Napoli nell’Ottocento pubblicati dal
Dipartimento di Filologia Classica dell’Università degli Studi di
Napoli “Federico II” (Napoli 1987-1991) o con la recente monografia di Italo Iasiello Il collezionismo di antichità nella Napoli
dei Viceré (Napoli 2003).
–––––––
Cosí FERONE 2001, 54.
CIL X, 4842 = ILS, 5743 = FIRA2, I, 67.
29
“Bullettino dell’Instituto”, 1850, 46.
27
28
200
MARCO BUONOCORE
Ciò nonostante egli tentò sempre di superare questa barriera proponendo - a Minervini prima e poi a Giuseppe Fiorelli (1823-1896)30
- interessanti forme di collaborazione con la scuola tedesca, cercando, anche, di recuperare i legami di vicendevole rispetto, spesse volte recisi, con personalità della cultura partenopea, ai fini del progresso
scientifico della res epigraphica: “Ora che sussiste la mia raccolta delle iscrizioni del Regno [cosí scriveva a Minervini il 18 luglio 1852], la
quale probabilmente per parecchi anni non sarà rimpiazzata da altra piú compita silloge, sarebbe possibile di eseguire quel progetto almeno per le iscrizioni Napoletane. La mia idea sarebbe di dividere il
nuovo Bullettino in due parti da vendersi o insieme o separatamente; di riserbare per la parte principale i lavori sull’antichità figurata,
sulle medaglie ec. siccome pure le spiegazioni delle iscrizioni, e di pubblicare nell’altra le iscrizioni di nuova scoperta e di lezione migliorata, e spogliando per questo giornale tutte le nuove pubblicazioni del
Regno e di fuori, siccome pure le antiche sfuggite alle mie ricerche.
La spiegazione delle lapide, almeno questa che non può farsi con due
parole o con semplice citazione, onninamente deve rimanerne esclusa, affinché il giornale non magnitudine laboret sua31 e affinché la
parte mutabile ed incerta de’ nostri studj venga separata dalla parte certa e fissata, e pure le contese dalla parte materiale dal lavoro.
Se io fossi l’editore di un tal giornale, esso non conterrebbe se non i
semplici testi colle ubicazione e le autorità, ognuno col numero suo
per facilitarne la citazione. L’opportunità di un tal lavoro si vede a
colpo d’occhio; potrebbe aumentare pure lo smercio del Bullettino,
perché con qualche premura potremmo far sí che tutti i compratori
della mia raccolta s’acconciassero al Bullettino. Se mai Ella entrasse
nella mia idea, le offro la mia cooperazione; cioè baderei a ciò che si
pubblica all’estero sulle iscrizioni Napolitane e che si riporta de’ dotti viaggiatori. Se è meno importante questa sezione per gli affari este–––––––
Giuseppe Fiorelli fu Direttore e Soprintendente degli scavi di Pompei nel 1863
(negli anni 1868-1878 uscí la nuova serie della rivista “Giornale degli scavi di Pompei”,
l’organo ufficiale della Scuola Archeologica da lui fondata nel 1866), Senatore del
Nuovo Regno nel 1865 e Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti nel 1875, fondatore delle “Notizie degli scavi di antichità” (1876); vd. SCATOZZA HÖRICHT 1987c, ed
ora anche DE ANGELIS 1993; KANNES 1997; BARBANERA 1998; Giuseppe Fiorelli 1999.
31
LIV., praef. 4. Cf. SEN., vita, 7, 13, 5.
30
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
201
ri, però il mio libro mostra che buoni materiali pure si trovano ne’ nostri libri e nelle nostre biblioteche”32.
Di questa iniziativa l’anno successivo farà partecipe anche
Giovanni Battista de Rossi (1822-1894)33, definito da Mommsen34
“Italiae lumen mihique iam per annos fere triginta laborum socius et
tam ineuntis aetatis quam maturae fidus amicus”: “M’adoprai col
Minervini che lui ci desse regolarmente, forse annualmente la raccolta delle scoperte epigrafiche recenti; ma questi Signori, anche gli
ottimi, credono di abbassarsi troppo camminando sulla traccia d’un
forestiere e continua sempre quel sistema di pubblicazione disordinata e poco sistematica che ha tanto rovinato i nostri studj. La mia
idea è di badar quanto posso farlo qui alle nuove scoperte in Napoli
e quando saranno passati parecchi anni ed io avrò avuto occasione di
tornarvi un altra volta, di pubblicar un’appendice. Perciò vorrei che
i miei amici facessero tesoro di tutto quel che vi entrerebbe; con cui
non dico che nel frattempo rimanga inedito quel che merita esser pubblicato a parte, ché a me è indifferente se l’appendice contiene cose
edite o inedite, ma che non si lascino scappar da mano l’occasione di
raccogliere notizie per se non importanti, ma da aggiungnere però ai
tesori”35.
In questo primo censimento delle iscrizioni beneventane collaborarono (escludendo l’episodica autoscopia effettuata da Heinric Schulz
sull’Arco di Benevento36 o quanto Mommsen poté ricavare dalle schede
- da lui ispezionate grazie alla mediazione di Otto Jahn - dello sfortunato Olaus Kellermann [1805-1837], che l’improvvisa morte per colera
–––––––
Roma – Biblioteca Apostolica Vaticana, Autografi Ferrajoli - Raccolta Minervini
ff. 3029r-3032v (18 luglio 1852) [ed. BUONOCORE 2003, 52-57 n. 6].
33
Sulla vita e le opere di de Rossi rimanderei essenzialmente ai seguenti recenti
contributi in cui confrontarsi con ulteriori discussioni ed ampie rassegne bibliografiche: PARISE 1991; BARUFFA 1994; SAINT-ROCH 1995; FRASCATI 1997, 17-41. In particolare sui rapporti Mommsen – de Rossi vd. REBENICH 1995; BUONOCORE 2003, 3-10, 65270 (per le 138 lettere di Mommsen inviate a de Rossi dal 1847 al 1893 conservate
nella Biblioteca Apostolica Vaticana), ID. 2001c; HEID 2012.
34
Apud CIL III, p. VI.
35
Roma – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 14239 ff. 79r-80v n. 46 (3 aprile 1853) [ed. BUONOCORE 2003, 94-98 n. 19].
36
IRNL, 1408 = CIL IX, 1558.
32
202
MARCO BUONOCORE
non gli aveva consentito di ultimare le ricerche finalizzate alla compilazione di una raccolta tanto auspicata di iscrizioni latine del mondo romano37) due suoi colleghi, anticipatori di quella robusta tedesca cohors
amicorum che tanto lo sosterrà negli anni successivi e sui avremo modo di tornare: Heinrich von Brunn ed Eduard Julius Theodor Friedländer.
Heinrich von Brunn (1822-1894)38 dal 1843 era diventato aiuto
scientifico presso l’Instituto Archeologico Germanico di Roma (dove
rimase fino al 1853, per passare a Bonn - ottenuta la libera docenza
– nel 1854 e rientrarvi in qualità di secondo segretario dal 1857 al
1865). A Roma, com’è noto, gettò le basi della sua vasta conoscenza
dell’arte e soprattutto della plastica. Le sue opere fondamentali rimangono ancora oggi i due volumi della Geschichte der griechischen
Kunstler, Stuttgart 1853-1859. A Benevento trascrisse l’iscrizione
dell’Augustale C. Sulpicius Lucifer39, di cui diede notizia nel 1844 al
già ricordato Henzen, il quale, una volta divenuto nel 1856 Primo
Segretario dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica di Roma subentrando ad Emil Braun, carica che ricoprì per ben trentuno anni,
costituirà il punto di riferimento universalmente riconosciuto dei rapporti culturali italo-germanici40. Non dimentichiamo che von Brunn
alcuni anni prima aveva avuto un violento scontro con Raffaele
Garrucci riguardo alla pubblicazione della già evocata Tavola dei
Ligures Baebiani41.
Eduard Julius Theodor Friedländer (1813-1884)42, ben noto anche
negli ambienti culturali napoletani per la monografia Die oskischen
Münzen, pubblicata a Leipzig nel 1850, gli trasmise due testi: una semplice iscrizione sepolcrale43 e l’interessante rilievo gladiatorio44, di età
imperiale (I/II sec. d.C.), con didascalia allusiva alle grida del pubbli–––––––
CIL IX-X, p. XLVII; vd. anche CIL IX, p. 348. Cf. anche HIRMSCHER 1964.
Ora BLANCK 2003, 13-15.
39
IRNL, 1512 = CIL IX, 1699.
40
Vd. BLANCK 2003, passim.
41
CIL IX, 1455 = ILS, 6509 = FIRA_, III, 117. Al riguardo vd. DE AGOSTINI 1985.
Sull’eccezionale reperto da ultimi vd. CAPOGROSSI COLOGNESI 2002, 137-151 e passim;
TORELLI 2002, 307-460; R. CALANDRO, in Terme di Diocleziano 2013, 452-455 n. VII. 13.
42
Vd. WEIL, 1904; SUHLE 1956.
43
IRNL, 1793 = CIL IX, 2030.
44
IRNL, 1844 = CIL IX, 1671.
37
38
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
203
co, visto anche da Raffaele Garrucci45 a Benevento “in viridario marchionis Pedicinis”; in quest’ultimo documento doveva essere rappresentato un gladiatore, identificato come Samnis o murmillo, ma la presenza dell’ocrea nella gamba sinistra ci rimanda anche al provocator,
sebbene i provocatores non costituissero una vera e propria armatura
ma una semplice tattica di combattimento (nell’incertezza, penserei ad
un semplice gladiatore “armato alla leggera”); la didascalia, costituita
dal sintagma in coppia missus / missus; / iugula / iugula (il contesto è
osceno e derisorio), sembra essere pertinente al pubblico che si dispone
in due posizioni contrapposte: da una parte è richiesta la concessione
della grazia al vinto (missio) e dall’altra l’uccisione (iugulatio)46.
Ma già tra le righe sia della prefazione sia degli apparati di ogni
iscrizione viene evidenziata da Mommsen la situazione in cui versavano le antichità beneventane, frutto della locale singularis incuria o
turpis socordia, tanto piú grave e criticabile perché, tra le città dell’Italia
meridionale che egli fino a quel momento aveva potuto visitare,
Benevento (fatta eccezione per la sola Capua) possedeva un patrimonio del passato d’immenso valore (“maximi momenti”, appunto). E di
questa esecrabile situazione fece partecipe lo stesso Henzen proprio ad
esordio del suo articolo dell’anno 1847 appena richiamato, di cui trascrivo alcuni passaggi ormai entrati nella letteratura di riferimento:
“Mi domandate se io abbia riportato qualche cosa pel nostro Bullettino
della gita che feci ultimamente a Benevento. Ed avete ragione di aspettarvi novità epigrafiche da una città, con cui nel numero delle lapide
pervenute a noi in tutta l’Italia meridionale forse la sola Capua potrà
gareggiare; ma disgraziatamente tanta è la noncuranza che i
Beneventani mostrano per gli avanzi delle loro antichità che ben scarso è il numero delle lapidi ancora visibile: e tale numero viene scemato ogni giorno adoperandosene continuamente per la costruzione delle
fabbriche nuove. Un altro male è che le lapide sfuggite alla distruzione per essere situate nelle facciate delle case vengono coperte dalla calce in modo, che la loro lettura si rende assai malagevole e spesso impossibile affatto. Benevento potrebbe andare superbo, se ci fosse quel
–––––––
GARRUCCI, 1864-1865, 186; ID., 1875, 87-88.
Su questo documento vd., con bibliografia aggiornata, BUONOCORE 1992, 104105 n. 72.
45
46
204
MARCO BUONOCORE
genio per le antichità che l’amor patrio stesso richiede e che si incontra fin nei piú piccoli paesi dell’Italia. In generale debbo dire, che non
ho veduto in città alcuna trascurataggine e vandalismo somigliante a
47
quello de’ Beneventani” . In questo modo ben si capiscono quelle sue
frequenti precisazioni sulle modalità di conservazione di determinate
iscrizioni: “Descripsi ut potui inscriptionem admodum evanidam”48;
“Descripsi frustulum quo continentur extrema verba”49; “Contuli; est
nunc male habita admodum”50; “Descripsi frustum”51; “Descripsi quod
superest”52; “Descripsi, sed est male scripta et male habita”53; “Descripsi.
4 sub calce latet et incertus est”54; “Descripsi. Admodum detrita”55.
L’exemplum delle Inscriptiones Regni Neapolitani Latinae venne
portato dal trentaseienne Theodor Mommsen all’attenzione del mondo scientifico nel 1852, quantunque già l’anno prima (esattamente il
2 aprile 1851) esse erano state finite di stampare a Lipsia per i tipi
di Breitkopf ed Härtel (voglio ricordare che nel 1847 ne aveva delineato contorni e finalità con lo Über Plan und Ausführung eines Corpus
Inscriptionum Latinarum); quest’opera gettava le basi al progetto “europeo” del futuro CIL, su cui aleggiava incontrastata la possente personalità del suo patronus, magister ed amicus56 Bartolomeo Borghesi57,
un’opera (la cui prefazione, intesa come lettera dedicatoria indirizzata allo stesso Borghesi, venne redatta a Lipsia il 1 marzo 1852 ed
integralmente riproposta trent’anni dopo nell’edizione congiunta dei
volumi IX e X del CIL), che Borghesi salutava con vivo plauso: “Con
molta ragione si ha dunque da salutare coi piú sinceri applausi l’edi–––––––
Vd. anche PASQUALINI 1986, 161.
IRNL, 1417.
49
IRNL, 1455.
50
IRNL, 1457.
51
IRNL, 1460.
52
IRNL, 1515.
53
IRNL, 1653.
54
IRNL, 1714.
55
IRNL, 1810.
56
Si veda sempre il volume miscellaneo Bartolomeo Borghesi 1982, con il fondamentale contributo di Augusto Campana ripreso da CAMPANA 1970. In particolare sui
rapporti Borghesi – Mommsen si dovranno consultare anche FRASCHETTI 1977 ed ora
MAZZA 2009, passim.
57
IRNL, 1810.
47
48
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
205
zione di quest’opera elaboratissima, che se fra le passate collezioni
cede soltanto alla gruteriana e alla muratoriana nel numero dei monumenti, le vince però tutte di gran lunga in critica e diligenza. Certo
che niuno di qui innanzi potrà piú tener discorso di un’iscrizione di
quel paese senza prima consultarla, per cui diviene un ornamento indispensabile di ogni biblioteca erudita. Che se gl’illustri compilatori
del Bullettino archeologico napoletano seguiteranno a render conto
delle successive scoperte, e meglio se loro piacesse di consecrare appositamente a questa appendice uno dei loro numeri di spaccio anche separato: l’epigrafia del regno sarebbe la sola, che si manterrebbe continuamente a livello delle cognizioni del giorno”58.
La rielaborazione di tutta l’imponente raccolta delle iscrizioni latine dell’Italia meridionale, la “torre di Babele”, la “galera” o la “prigione epigrafica”, il “penitenziario non infruttuoso” come egli stesso
in piú occasioni pubbliche e private volle definirla (insieme alla redazione di altri volumi della medesima collana), portarono alla stesura dei volumi IX e X del CIL, i quali chiudono meravigliosamente
questo lungo e fortunato iter scientifico: “Gubernaculum quod per triginta annos tenui usus tempestatibus bonis malisque aequo animo
in utraque fortuna navigator antequam depono et exactum cum vita
opus iis qui post me venient trado aestimandum sive in bonam sive
in malam partem, sed ante omnia emendandum et continuandum”59.
Anche la ricchissima documentazione epigrafica di Benevento,
pertanto, fu oggetto di un ulteriore scandaglio e da cui l’auctoritas ecdotica di Mommsen ormai consolidatasi trasse incontestabile beneficio. Egli riuscì a controllare personalmente 133 iscrizioni60. Volle an–––––––
“Bullettino dell’Instituto”, 1852, 122.
CIL IX-X, p. XVIII.
60
CIL IX, 1539, 1543, 1549, 1556-1557, 1559, 1562-1563, 1572-1573, 1576, 1578,
1580, 1582-1583, 1586-1587, 1595, 1602-1604, 1608, 1612-1613, 1624, 1627, 1632, 16351638, 1641-1642, 1645-1646, 1648, 1655, 1659-1660, 1670, 1672, 1675, 1678, 16821685, 1687, 1704-1706, 1709-1710, 1716, 1718, 1730, 1734-1735, 1737, 1739, 17461748, 1755, 1768, 1778, 1781, 1787, 1796, 1798, 1801, 1810, 1816, 1819, 1821, 1834,
1837-1838, 1842, 1847, 1851-1852, 1854, 1864, 1866-1867, 1875, 1885, 1887, 18951896, 1907, 1914, 1917-1918, 1921, 1932, 1938, 1942, 1944-1945, 1947, 1953, 1955,
1959, 1962-1963, 1975-1976, 1984, 1988, 1991-1993, 1996, 1999, 2003, 2015, 2017,
2024, 2027, 2029-2030, 2040, 2044-2046, 2048, 2056, 2066, 2071, 2077, 2082b, 2082d.
58
59
206
MARCO BUONOCORE
che inserire un documento greco strettamente connesso con la facies
culturale latina, in sèguito recuperato da Georg Kaibel (1849-1901)61
nel volume XIV delle Inscriptiones Graecae del 1890 dedicate all’Italia:
“Ut appareat, quantopere Beneventi etiam Graeci ludi floruerint, adieci extra ordinem fragmentum litteris elegantis, quod repertum prope Beneventum in pago S. Nazari Dresselius descripsit ibidem apud
Vincentium Soricelli”62.
Sappiamo con certezza che egli si fermò a Benevento due giorni,
il 6 ed il 21 giugno del 1873, com’è confermato da altrettante note di
cronaca apparse nella Gazzetta di Benevento63: aveva stabilito Napoli
come città di soggiorno da dove potersi spostare con tempi ragionevolmente limitati in luoghi da essa non distanti. Infatti il 16 giugno 1873
inviava la seguente lettera da Napoli al suo de Rossi: “Mio caro amico, Oggi arrivato a Napoli trovo la vostra lettera cosí triste, e comunque debbo partire domani, voglio dirvi, come sento con voi e con tutta
la vostra famiglia il vostro cordoglio64. Lo conosco pur troppo, e lo so,
che tali piaghe non guariscono mai65. Sono cosí poche settimane, che
viddi quella casa lieta e piena! Salutate il fratello. Quest’è anche parte della sventura, che nessuno degli amici osa {- - -} parlarvi di consolazione; ma vi stringo le mani, e vi dico, che ho sofferto come voi. Addio.
Vi scriverò da Berlino sopra i comuni interessi; ora non posso. Vostro
Mommsen. Napoli. 16 Giugno 1873”66. Ma come egli stesso precisa in
apparato a due iscrizioni già nel 1845 personalmente controllate67 sembrerebbe potersi accertare un’ulteriore visita nella città nel 1874:
“Beneventi, largo dell’Annunziata vidi a. 1845, deinde a. 1874 in lyceo”68, “In moenibus oppidi vidi ego a. 1845, in lyceo a. 1874”69. Si è ri–––––––
Vd. BAADER 1977.
Ad CIL IX, 1663 = IG, XIV, 691.
63
Vd. anche ZAZO 1983.
64
Si tratta della dolorosa perdita dei nipoti Camillo e Felice, due degli undici figli
di suo fratello Michele Stefano, deceduti per difterite.
65
Mommsen il 12 aprile 1869 aveva perso il figlio Kurt non ancora di sette anni,
nato il 19 luglio 1862.
66
Roma – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 14252 f. 274rv n. 208 [ed.
BUONOCORE 2003, 134-135 n. 43].
67
ILRN, 1694 = CIL IX, 1914; ILRN, 1704 = CIL IX, 1921.
68
CIL IX, 1914.
69
CIL IX, 1921.
61
62
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
207
tenuto che questa indicazione del 1874 potesse far riferimento ad un
ulteriore viaggio di Mommsen effettuato in quell’anno, ma di cui al
momento non si hanno ancoraggi documentari, oppure che in quella
data si dovesse ravvisare un errore per 187370. Sappiamo con certezza, ad esempio, che Mommsen effettuava questi viaggi di controllo
per la nuova edizione del Corpus preferibilmente nel periodo estivo e
che il 23 luglio 1874 era certamente a Berlino, come risulta da un’altra lettera trasmessa sempre al suo de Rossi: “Carissimo amico, Eccovi
servito71. Mi spiace, che questo mio servizio è tanto leggiero o piuttosto nullo; ma è un bel birbo chi da piú che non ha, dice il nostro proverbio. Mi scrisse già l’Henzen, che l’exilium Centumcellense fa bene
alla moglie, e che tornate con migliore speranza che non aveste lasciando Roma. Di cuore ve ne felicito. Penso spesso a voi, come sapete, né soltanto mi rammento lo studio, ma pure il salone. Scrivo in
fretta alla Biblioteca; e vi preme aver la risposta quanto primo. Dunque
addio. Tutto vostro. Mommsen. Berlino. 23 di Luglio 1874”72. Il lemma di queste due iscrizioni non deve dipendere, a mio avviso, da quel
“vidi” precedente, ma da un sotteso “exstat”73, forse sulla base di una
comunicazione trasmessagli da qualche collaboratore se non proprio
da quel Francesco Corazzini (1831-1907), che due anni dopo avrebbe
pubblicato (Annali del Museo d’Antichità e della Biblioteca
Beneventana, Benevento 1876) tutte le iscrizioni conservate nel portico del locale liceo “Giannone”74.
Le iscrizioni furono nuovamente assegnate alla città antica ed al
suo territorio di competenza amministrativa: ed il lungo paragrafo
introduttivo, questa volta arricchito dall’analisi di tutti i fontes letterari sapientemente esplorati, è di per sé una sintesi di storia minore, che mai prima di allora era stata pensata né tanto meno ela–––––––
PASQUALINI 1986, 170 nota 127.
Nel quarto foglio della lettera sono le trascrizioni di tituli desunti dal codex
Filonardianus ora alla la Staatsbibliohtek-Preu_ischer Kulturbesitz (Berol. A. 61. p
[vd. CIL IX-X, pp. XXXIV-XXXV)]: CIL XI, 1523; CIL XI, 3518; BUONOCORE 2007d, 3334.
72
Roma – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 10520 f. 23v [ed. BUONOCORE
2003, 137 n. 48].
73
Vd. anche FERONE – IASIELLO 2008, 116.
74
Su cui vd. FERONE – IASIELLO 2008, passim.
70
71
208
MARCO BUONOCORE
borata: è la storia della città, non quella scritta - e solo per determinati tempora - dagli autori antichi, ma quella trasmessa dalla pietra,
dal bronzo, dall’argilla, in cui anche una semplice iunctura apparentemente insignificante rivestiva importanza non comune; ecco che,
dalla sola lettura di questa prefazione e dei dettati epigrafici,
Benevento romana acquista una sua ben precisa identità, con le sue
tensioni sociali, amministrative, politiche, svelandoci nuovi percorsi
scientifici su cui la dottrina mai si era avventurata a riservare un cosí dettagliato intervento. Il corpus venne fatto precedere da un complesso ed articolato capitolo introduttivo, che recupera, secondo criteri quasi sempre omogenei, tutti i fontes letterari attinenti, debitamente commentati; riassume lo status della res publica come solo le
iscrizioni erano in grado di offrire; fissa i limiti delle estensioni in àmbito territoriale su criteri sia geomorfologici sia sulla base delle antiche divisioni diocesane; analizza, secondo un registro cronologico, l’incidenza dei vari auctores che dall’Umanesimo all’Ottocento avevano
trasmesso il materiale epigrafico qualificandone il loro operato; precisa, infine, le modalità dei suoi itinera difficillima et fructuosissima75
concedendo ampia vetrina a quei nominativi che gli furono di valida
assistenza nella ricerca. Credo che tutti rimaniamo ancora oggi impressionati di come egli padroneggiasse e raccordasse - frutto indubbiamente di memoria non comune - le occorrenze letterarie ed antiquarie.
Numerose, pertanto, furono le correzioni e gli aggiornamenti al
suo precedente scrutinio, che portò Mommsen a registrare, secondo
la collaudata metodologia autoscopica (“descripsi et recognovi diligentissime”76; “contuli diligenter”77; ma anche: “descripsi sed festinans”78; “descripsi festinans”79), un totale di 561 documenti80, con un
incremento di circa cento unità, a cui vanno aggiunte le iscrizioni presenti nei capitoli destinati alle falsae vel alienae, all’instrumentum
–––––––
75
76
77
78
79
80
CIL
CIL
CIL
CIL
CIL
CIL
IX-X, p. XVIII.
IX, 1563.
IX, 1617.
IX, 1801.
IX, 2071.
IX, 1538-2082 [ma 1814/15 e 2082a-d], 6281-6292, 6407.
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
209
domesticum ed ai milliaria. Rivide ogni singola scheda, indicando congetture di esegesi ed interpretazioni che soltanto la sua finezza ed il
suo virtuosismo nell’analisi potevano conseguire, senza tuttavia mai
avventurarsi in integrazioni congetturali che non avrebbero trovato
rispondenza sull’oggettiva lacuna, senza mai adattare piú di tanto il
lacunoso dettato epigrafico a quanto la conoscenza dei fontes letterari e la forza creativa avrebbero a lui consentito di fare.
Innanzitutto, lo vorrei subito evidenziare, Mommsen riconosce i
propri precedenti errori, ad esempio nell’aver considerato genuine iscrizioni ritenute nella prima edizione false: “Damnavi in ed. priore propter formulam v. 5 (scil. monimentum animo libens), quae a sepulcro
videretur aliena; sed erravi”81; “Perperam in ed. pr. hunc titulum in
dubium vocavi”82; “Titulum ego olim rettuli inter lusus saeculi XV; iam
postquam idoneum vindicem repperit, suo loco restituitur”83; “In dubitationem ego vocavi sine iusta causa”84. Analogamente tre iscrizioni
ritenute antiche furono considerate false nella nuova edizione85; per
due ne indica le motivazioni: “hunc titulum in editione priore inter genuinos reliqui, quod tum malam fidem Vitae non satis intellexeram,
nec audebam contendere eum ex schedis Viglionii citasse titulum,
quem ex solo Pratillio noto sibi falsario sumpsisset. Sed cum Vitae
fraudes hodie pateant schedasque Viglionii eum constet non novisse
nisi per Verusium, apud quem hic titulus non extat, omnino damnandus est”86; “Descripsi ego, recognoverunt Hirschfeld et Dressel, qui
recte noviciam iudicaverunt, cum elementa intus non angulum faciant,
sed quadratum”87. Grazie inoltre agli altri corpora epigrafici dell’Italia
romana che si stavano costruendo, ebbe la possibilità di riconoscere
iscrizioni, da lui considerate di Benevento, viceversa di Roma88, di
–––––––
CIL IX, 1702 [già IRNL, 276*].
CIL IX, 1724 [già IRNL, 277*].
83
CIL IX, 1973 [già IRNL, 278*].
84
CIL IX, 6281 [già IRNL, 275* = CIL IX, 226*].
85
IRNL, 1389 = CIL IX, 215*; IRNL, 1538 = CIL IX, 214*; IRNL, 1828 = CIL IX, 220*.
86
IRNL, 1389 = CIL IX, 215*.
87
IRNL, 1828 = CIL IX, 220*.
88
IRNL, 1568 = CIL IX, 227* = VI, 13851; IRNL, 1597 = CIL IX, 224*, 2 = VI,
16306; IRNL, 1705 = CIL IX, 224*, 4 = VI, 23843; IRNL, 1719 = CIL IX, 223*, 7 = VI,
24864.
81
82
210
MARCO BUONOCORE
Bologna89, di Lucca90, di Carrara91 e di Acerra92. Nel dettato di tre documenti furono isolate sei distinte iscrizioni93. Ed anche nella revisione della tradizione passata i risultati furono di non poco spessore: ricordo il fortunato recupero dell’attuale codice Hamilton 2694, latore di
una silloge epigrafica a cui è collegato il piccolo trattato De notis publica auctoritate approbatis di Andrea di Santa Croce, advocatus apostolicus, morto nel 1471; questo trattato era stato dedicato al cardinale Iacopo Ammannati Piccolomini, nella cui cerchia gravitava anche quel Timoteo Balbani, scriptor apostolicus dal 1473, prima sotto
Sisto IV poi con Innocenzo VIII, (la sua carriera di curiale sembra concludersi nel 1492), corrispondente di Angelo Poliziano nel 1489, autore della silloge epigrafica ora presso la Biblioteca Laurenziana (Fondo
Martelli 73) e recentemente oggetto di approfondito studio95. Tra i fogli di questa silloge (a cui in sèguito si è voluta attribuire la paternità
di Lorenzo Behem, ma forse sarebbe meglio parlare ancora di silloge
adespota) sono veicolati quarantanove Epigrammata quaedam inventa Beneventi in antiquis marmoribus: Mommsen ne fece il corretto censimento96 recuperandovi anche il testo sepolcrale fino ad allora sconosciuto dedicato a Dionysia da parte di Satrius Storax e Liccaeus97.
Devo riconoscere, tuttavia, nonostante l’acribia dimostrata da
Mommsen in questa nuova fatica beneventana, e tutti dobbiamo essergli eternamente grati, che in taluni casi la sua edizione non fu pienamente convincente; non voglio in questa sede attardarmi su quelle nuove letture che negli anni successivi al CIL vari studiosi sono
riusciti a presentare, riuscendo a leggere là dove la sua oculorum auc–––––––
IRNL, 1708 = CIL IX, 225*, 1 = XI, 772.
IRNL, 1434 = CIL IX, 225*, 3 = XI, 1525.
91
IRNL, 1503 = CIL IX, 225*, 2 = XI, 1346; IRNL, 1686 = CIL IX, 225*, 4 = XI,
1378 = 7002.
92
IRNL, 1799 = CIL IX, 225*, 5 [add. p. 49*] = X, 8376.
93
IRNL, 1416 = CIL IX, 1672 e 1675; IRNL, 1541 = CIL IX, 1567 e 2047; IRNL,
1598 = CIL IX, 1803 e 1805.
94
Vd. ora la descrizione, con bibliografia, di BOESE 1966, 11-13.
95
GIONTA 2005, 17-105. Ne ho discusso in BUONOCORE 2007c.
96
CIL IX, pp. 696-697. Dopo la notizia consegnata da Mommsen, vd. le ampie rassegne di Hermann DESSAU, CIL XIV, pp. 368-369 e di Giovanni Battista DE ROSSI,
ICUR, II, 1, p. 463; quindi: ZIEBARTH 1905, 215-219, 288-296; HÜLSEN 1923.
97
CIL IX, 6407.
89
90
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
211
toritas non era pervenuta, integrando in modo convincente lacune lasciate in sospeso, recuperando frammenti tra loro congruenti e tanto
altro: chi avrà la pazienza di affrontare una nuova edizione della ricchissima documentazione epigrafica di Benevento, accresciutasi dopo quel lontano 1883 ancora di tante altre testimonianze, potrà offrire alla comunità scientifica un capitolo veramente eccezionale sulla storia di una città antica (e mi chiedo: sarà possibile in tempi brevi disporre di una nuova edizione di un corpus inscriptionum
Latinarum Beneventanarum?). Un caso vorrei comunque presentare.
Mi domando perché (anche se tengo sempre in mente il noto adagio
oraziano quandoque bonus dormitat Homerus98) il Nostro non si sia
accorto dell’identità di uno stesso testo - dall’incipit (linee 1-3) e dall’explicit (linee 5-6) simmetrici nella versuum divisio, scil. genio / coloniae / Beneventanae vel Beneventan(ae)/Beneventan[ae] e sua pecunia
fecit / loco d(ato) d(ecurionum) d(ecreto) - registrato sotto CIL IX, 1418
e poi sotto CIL IX, 1544: se, infatti, in CIL IX, 1418 (iscrizione ispezionata personalmente da Mommsen ad Ariano - e per questo inserita nel capitolo di Aequum Tuticum - prima della sua distruzione avvenuta nel 1870 come riferito da Dressel: “iussu municipii fracta est
ad viam publicam sternendam”!) l’onomastica della dedicante venne
trascritta come Seppia C(ai) l(iberta) Fidelis, in CIL IX, 1544 (attribuita a Beneventum sulla base di una scheda manoscritta di Vincenzo
Franco escerpita dal suo codice già Cicogna 883, ora a Venezia presso il Museo Correr) la stessa onomastica è riportata come Cervia C(ai)
l(iberta) Fidelis. Anziché pensare a due tituli quasi gemelli, credo che
sarà da riconsiderare con maggiore attenzione la congettura di uno
spostamento di questa iscrizione da Benevento ad Ariano presentata da Giorgio Gualtieri, l’autore, per intenderci, dell’opera Siciliae
obiacentiumque insulae et Bruttiorum antiquae tabulae [Panormi,
s.n., 1620-1622 (?) e Messanae 1624 [apud Petrum Bream], ma troppo frettolosamente rifiutata da Mommsen: “quod addit GVALTERVS: ‘a
vobis’ [adloquitur decuriones Beneventanos] ‘forsitan exportatus’ aperte coniectura est”99. Ovviamente l’identità tra i due testi poteva esse–––––––
Ars 359.
Di questa identità, che a me pare certa, non si accorge, ad esempio, CAVUOTO
1969, 87; cosí anche TORELLI 2002, 113 nota 35.
98
99
212
MARCO BUONOCORE
re recuperata da Mommsen e debitamente segnalata negli additamenta laddove si sarebbero potute riscontrare identiche formule durante la stesura degli indici soprattutto quegli onomastici, indici che
dovette in gran parte rifare dopo la loro perdita conseguente all’incendio della sua “casa infelice” che aveva distrutto, la notte fra i giorni 11 e 12 luglio 1880, quasi tutta la biblioteca privata100. Ma questo
evidentemente non accadde.
Rispetto alle ricognizioni di trent’anni prima la situazione conservativa dei monumenti iscritti non era di molto cambiata: anzi proprio nella praefatio alla città Mommsen riportò integralmente il giudizio critico espresso nelle IRNL, echeggiato non poche volte in lapidarie precisazioni, del tipo: “Recognovi titulum hodie ita detritum,
ut plura elementa omnino evanuerint”101; “Nunc litterata facies in
muro latet”102; “Fu dall’avidità degli scarpellini logorata”103; “In eo
ponte reficiendo a. 1779 interiit”104; “Hodie cum quae inclinavi alia
perierint in fenestris, alia in fine versuum lateant ferris supra collocatis”105; “Prope portam auream scalpello corrupta, ut pro domo fabricanda deserviret”106; “Nunc inter lapides congestos ad aedificandam ecclesiam”107. Ma da quella obiurgatio, che gli aveva procurato
appunto tanto biasimo da parte dei cives Beneventani, egli volle pubblicamente affrancarsi, ritenendola ridicula, anche perché non aveva mai mancato di lodare quei qualificati amantes e studiosi delle
res patriae, che sempre con lui avevano condiviso il giudizio sullo
stato di abbandono e di degrado in cui versava quella uberrima maiorum hereditas. Tuttavia da questa situazione forse si stava lentamente venendo fuori, allorché fu ripreso il vecchio progetto dell’istituzione di un museo pubblico formulato dai Francesi quando, dopo
il loro ingresso nel 1799, Alessandro Dufresne Saint-Léon il 28 lu-
–––––––
100
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103
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105
106
107
Sulla vicenda dell’incendio vd. da ultimo DILIBERTO 2003a; ID. 2003b, 541-546.
CIL IX, 1556.
CIL IX, 1590.
CIL IX, 1591.
CIL IX, 1607.
CIL IX, 1617.
CIL IX, 1906.
CIL IX, 1971.
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
213
glio 1806 prese possesso di Benevento108. Mommsen in persona (ma
anche Garrucci non fu da meno) si fece interprete nel caldeggiare la
realizzazione del Museo (“Ego feci quod pro re potui adito saepius
oppido adiutusque opera amicorum strenua”109), a cui non mancarono la collaborazione e la disponibilità, veramente preziose, del già
evocato Francesco Corazzini, professore di lettere nel liceo di
Benevento “Giannone”, “qui edidit titulos adservatos eo tempore in
lyceo Beneventano”110, e del locale sacerdote Giuseppe Pallante (18021874), “qui diligentissime curam egit musei illius et in universum
inscriptionum patriarum”111. Quantunque sia incerto l’anno preciso
in cui il museo di Benevento venne ufficialmente istituito, è certo
che nel 1876 esso era pienamente decollato, circostanza che faceva
ben sperare per la corretta tutela dei monumenti antichi.
L’esigenza della conservazione del materiale lapideo fu, pertanto, sempre in lui presente, adoperandosi fin dove possibile, come il
caso di Benevento chiaramente palesa, a sensibilizzare le autorità locali nel recupero e nella corretta valorizzazione dei loro vestigia antiquitatum: ecco perché piú volte non volle tacere il nome di coloro
che tra la fine del Settecento e per tutto l’Ottocento si erano attivati
affinché si tutelasse il materiale lapideo, in modo da non dover essere costretto a ripetere le tristi - ed ormai divenute famose - frasi “frustra quaesivi” o “frustra indagavi”; ecco perché proprio nella praefatio congiunta dei due volumi IX e X del CIL, volle dedicare un intero
paragrafo ad una situazione italiana che, in meglio cambiata, agevolò
la sua ulteriore ricerca, rispetto a quella che sul finire della metà
dell’Ottocento aveva dovuto sconsolatamente constatare: “Status Italiae
inferioris inter priorem editionem et hanc universus mutatus et recreatus huic alteri operis mei recensioni omnifariam profuit. Iam enim
ubivis bibliothecae patefactae sunt, musea aut reformata aut condita, curatores rerum antiquarum per oppida provinciasque dispositi,
–––––––
108
Sulle vicende storiche della costituzione del museo di Benevento vd. da ultimi,
con ampia letteratura, PASQUALINI 1986, 158-160, 170-173, FERONE – IASIELLO 2008,
152-196.
109
CIL IX, p. 142.
110
CIL IX, p. 671.
111
CIL IX, p. 142.
214
MARCO BUONOCORE
nuntii rerum recens repertarum instituti. Iam in his quoque partibus ut exteri libenter admittuntur, ita suam esse suarum vetustatis
reliquiarum explorationem indigenae nusquam diffitentur. Ipsa itinera brevia facta sunt ceditque vel in remotis partibus antiqua feritas communi humanitati. His rebus quid effectum sit, praeter alia
graviora mei quoque libri testes erunt”112.
Sebbene il giovane Mommsen per le IRNL avesse effettuato i suoi
primi viaggi in Italia tra la fine del 1844 al maggio del 1847113, piú
volte vi volle e vi dovette tornare, almeno tra il 1866 ed il 1878, esplorando ed ispezionando luoghi già noti od aree su cui mai prima di allora aveva posto quella necessaria attenzione; nel 1875, quando stava concludendo i lavori di riordino per l’edizione congiunta dei volumi IX-X del CIL, cosí scriveva al suo de Rossi: “Avrete però penso ricevuto come una qualche scusa il primo stampone delle nuove napoletane, le quali camminano ancora lenti lenti, ma dall’ottobre saranno attivate. Mi fa senso questo rintracciare la via battuta trent’anni
fa, correggendo i vecchi errori forse per commetterne altrettanti. Ma
in somma vi spira in questi lavori un certo ricordo di gioventú che
114
piace a chi si fa vecchio” .
Ed è facile, inoltre, immaginare le modalità in cui avvenivano
questi censimenti, specie per determinate e difficili situazioni ambientali, riassunte genericamente nella collaudata iunctura “quatenus potui”; ci ha voluto anche trasmettere alcuni di questi appunti di
viaggio, facendoci rivivere una realtà con felici e divertenti annotazioni, tra cui vorrei almeno ricordare le due seguenti quantunque non
pertinenti alla realtà beneventana: “descripsi inter mulieres ad fontem assidue lavantes ut potui litteras continuo usu detritas et in dies
magis evanescentes”115, “descripsi ut potui pugnans cum gallinis”116.
–––––––
CIL IX-X, p. XVIII.
Per Mommsen e l’Italia punto di partenza rimangono sempre WICKERT 1970;
WALSER – WALSER 1976; vd. anche SUSINI 1977; WAGNER 1982; SCHLANGE-SCHÖNINGEN
1996; da integrare, ora, con le varie relazioni apparse in Atti Lincei 2004; Atti Málaga
2005; Atti Udine 2007; Atti Terracina 2009. Vd. anche supra alla nota 1.
114
Roma – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 14256 f. 89rv n. 371 [ed.
BUONOCORE 2003, 140-141 n. 50].
115
CIL IX, 604.
116
CIL III, 3626.
112
113
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
215
Questo modo di operare finalizzato al controllo ed alla revisione delle iscrizioni portò Mommsen a fissare una serie di espressioni formulari tuttora scrupolosamente adoperate assegnandosi a ciascuna di esse
un preciso valore ecdotico attinente sia alla vera e propria autoscopia sia
alla successiva interpretazione e tra di loro, non di rado, dipendenti.
Numerosi, dunque, furono i suoi ritorni in Italia, di cui capí appieno usi e costumi, unitamente all’amore per le sue antichità classiche, che nessun altro tedesco, all’infuori di Julius Beloch117, fu mai
in grado di padroneggiare con altrettanta sicurezza; l’Italia, appunto, la sua “seconda patria”, come confidò anche a Pasquale Villari
(1827-1917)118, nella lettera indirizzatagli il 30 gennaio 1903119 con la
quale reclinava l’invito rivoltogli a presenziare il Congresso
Internazionale Storico che si sarebbe tenuto, di lí a poco, a Roma dal
1 al 9 aprile di quell’anno120: “Ella mi onora invitandomi a partecipare al Congresso internazionale storico romano con parole troppo lusinghieri; ma insieme mi fa sentire che la mia vita è vissuta, e che
non debbo domandare altro di essa che di finirla tranquillamente e
senza / vedere scoppiare le nuvole che oscurano il cielo tanto politico
che letterario. Speriamo che l’Italia, la quale è stata per me una seconda patria, si goda un bel secolo di felicità e di progresso, e che il
congresso futuro l’inauguri degnamente. Siccome Ella ne terrà il timone, la gentilezza italiana vi presidierà ed il cambio delle opinioni
non arriverà a contese nazionali e personali”. Un’Italia ufficiale, tuttavia, clamorosamente assente al funerale di Mommsen svoltosi a
Berlino il 6 novembre 1903. Un’Italia scientifica che, pur riconoscendogli – per riprendere le parole di Giovanni Conso pronunciate
all’Accademia dei Lincei il 3 novembre 2003 all’apertura del Convegno
di Studi “Theodor Mommsen e l’Italia”121 - quella “nobiltà di pensiero
–––––––
Cosí MOMIGLIANO 1986, 36. Su Beloch da ultimi vd. BELOCH, G. 1990 e BELOCH,
K. J. 2011.
118
Su Pasquale Villari da ultima vd. VOCI 2006.
119
Roma – Biblioteca Apostolica Vaticana, Carteggi Villari 33 ff. 377r-378v [ed.
BUONOCORE 2003, 289 n. 166].
120
Vd. il discorso pronunciato da Villari all’apertura del Congresso pubblicato in
“Nuova Antologia”, XXXVIII, 1903, 3-11. Mommsen, pur assente, sarà nominato tra
i presidenti onorari del Congresso.
121
Atti Lincei 2004, 8.
117
216
MARCO BUONOCORE
e forza d’animo, valori non meno preziosi dei contributi culturali, degli studi severi, delle pubblicazioni in tanti settori”, manteneva in alcune frange, ancora dopo la sua morte, un senso di fastidio e di riluttanza nei confronti della sua persona e del suo critico atteggiamento avuto verso determinati settori della cultura italiana122. L’incisività e l’acume della critica, come ha ricordato Mario Mazza123, la
rapidità e la decisione del giudizio, di frequente e forse troppo spesso impietoso, furono infatti alla base del nomignolo di “Rasiemesser”
(“rasoio”) che gli avevano tributato gli allievi tedeschi.
Nonostante questi suoi continui viaggi, per la realizzazione del
volume non poté fare a meno di affidarsi all’assistenza di numerosi
collaboratori. Sfogliando le pagine del capitolo beneventano, soffermando l’attenzione anche tra le pieghe degli apparati di ciascun titulus, è facile imbattersi nel nome – oltre alle personalità locali già
citate - di numero molteplici amici tedeschi che lo aiutarono in questo secondo lavoro di revisione e di recupero, che si aggiungono a quanti lo avevano già soccorso per il volume delle IRNL: giovani studiosi
di rango, molti dei quali nel prosieguo dei loro studi avrebbero occupato una posizione considerevole in altre discipline antichistiche.
Per questa seconda stagione beneventana Mommsen è quanto
mai chiaro nel proposito. Cosí scrive: “deinde cives mei BRVNNIVS, NISSENVS, Otto HIRSCHFELD, DRESSEL, qui omnes ibi cum cura scriptos lapides investigarunt, laboriosissime autem et peritissime Dresselius”124.
Di Heinrich von Brunn già abbiamo in precedenza ricordato la
trascrizione fatta del titulus dell’Augustale C. Sulpicius Lucifer125.
Mommsen lo definì “optimus amicus et olim sodalis huius operis causa” e ne lodò piú volte l’“industria” e la “doctrina”; molto lo aiutò infatti nella revisione del materiale epigrafico per l’edizione congiunta
dei volumi IX e X del CIL: “Agrum Hirpinum et Marsum et Aprutinum,
item Lucaniam Campaniamque a. 1855 peragravit titulosque
quoscumque deprehendit diligenter et perite descripsit”126; in parti–––––––
122
123
124
125
126
Vd., ad esempio, PANSA 1919.
MAZZA 2009, 11.
CIL IX, p. 142.
IRNL, 1512 = CIL IX, 1699.
CIL IX-X, p. XXXII.
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
217
colare a Benevento poté controllare, appunto in quell’anno 1855, altre 30 iscrizioni127.
Heinrich Nissen (1839-1912), di cui ancora oggi fa testo la Italische
Landeskunde, Berlin 1883-1902128, alla fine del settembre 1865 ebbe
la possibilità di confrontarsi con 11 tituli129.
Otto Hirschfeld (1843-1922)130 nel 1867131 vide 102 iscrizioni132. A
lui, inoltre, Mommsen si affidò per l’escussione di alcuni importanti
testimoni manoscritti relativi alle antichità di Benevento all’epoca
conservati nella biblioteca privata dei marchesi Pedicini: quello di
Giordano De Nicastro (1660-1713) Memorie storiche della città di
Benevento (“quam [scil. historiam] scriptam manu auctoris servabat
nuper bibliotheca marchionum Pedicini Beneventanorum ubi excussit eam diligentissime mea causa Otto Hirschfeld”133) ed i tre (A-C) di
Francesco Pacca (1692-1763) (“Collectaneorum eius extant tria exempla Beneventi omnia in bibliotheca marchionum Pedicini mea causa
inspecta ab Hirschfeldio”134).
Heinrich Heydemann (1842-1889), autore di numerose pubblicazioni apparse nella serie Hallisches Winckelmannsprogramm e, soprattutto, delle due monografie legate alle sue permanenze napoletane ed
ateniesi (Die Vasensammlungen des Museo Nazionale zu Neapel, Berlin
1872; Die antiken Marmor-Bildwerke in der sog. Stoa des Hadrian, dem
–––––––
CIL IX, 1556, 1558, 1572, 1586, 1605, 1618, 1624, 1638, 1642, 1645-1646, 1659,
1684, 1687, 1705, 1710, 1730, 1735, 1739, 1787, 1816, 1867, 1895, 1917, 1927, 1938,
1942, 2005, 2022, 2027.
128
Vd. UNTE 1999; FAZZINI 2012.
129
CIL IX, 1539, 1543, 1580, 1636, 1747, 1898, 1949, 1953, 1976, 2046, 2082d.
130
Vd. BETZ 1959.
131
Cf. CIL IX, 1602.
132
CIL IX, 221*, 1539, 1543, 1557-1559, 1563, 1572, 1576, 1580-1583, 1585-1586,
1602-1604, 1608, 1613-1614, 1617-1618, 1632-1636, 1638, 1641-1642, 1645-1646, 1649,
1655, 1659-1660, 1665, 1670, 1676, 1678, 1682-1685, 1687, 1696, 1699, 1704-1705,
1710, 1716, 1718, 1728, 1730, 1732, 1735, 1737, 1739, 1743, 1747-1748, 1768-1769,
1778, 1787, 1801-1802, 1810, 1816, 1825, 1827, 1838, 1842, 1844, 1847, 1867, 1869,
1875, 1879, 1884, 1895-1896, 1901, 1907, 1917-1918, 1921, 1927, 1929, 1938, 1942,
1944, 1948-1949, 1953, 1955, 1963, 1969, 1976, 1993, 2001, 2003, 2005, 2011, 2014,
2022, 2024, 2027, 2029-2030, 2033, 2046, 2050, 2056, 2058, 2066, 2082b, 6083. 87.
133
CIL IX, p. 140.
134
CIL IX, pp. 140-141.
127
218
MARCO BUONOCORE
Windthurm des Andronikus, dem Waerterhaeuschen auf der Akropolis
und der Ephorie in Cultusministerium zu Athen, Berlin 1874135), nel
1867 (aveva venticinque anni) effettuò un’approfondita ricognizione del
materiale epigrafico beneventano, che lo portò ad identificare 17 documenti136, alcuni dei quali del tutto inediti, i cui risultati furono pubblicati l’anno successivo nell’articolo Antichità beneventane137.
E da questa cohors amicorum, che tanto fu di aiuto a Mommsen
nella costruzione dell’ampio capitolo beneventano, non potevano mancare due insigni personalità della cultura internazionale, che a vario
modo e sempre con la massima affidabilità lo sostennero nell’esegesi
di determinati documenti: il già ricordato Giovanni Battista de Rossi
e Franz Bücheler (1837-1908)138. Del primo, alla cui eccezionale competenza per quel che atteneva alla tradizione manoscritta Mommsen
completamente si affidava, sono le correzioni relative a due iscrizioni
cristiane139 accettate da Mommsen e discusse in apparato140. Del secondo, alla cui dottrina fece spesso ricorso per interventi testuali e per generali interpretazioni su numerosi carmina epigraphica (regolarmente siglati negli apparati141), ripresi, in sèguito, da questo suo “egregius
amicus”142 con ulteriori commenti nella non ancora superata raccolta
dei Carmina Latina Epigraphica143, si confrontino i puntuali suggerimenti a tre iscrizioni144 note dalla sola tradizione manoscritta risalente a Mariangelo Accursio (1489-1546)145, “cultore indefesso di epigrafia
–––––––
Vd. MICHAELIS 1905.
CIL IX, 1578, 1641, 1709, 1716, 1747, 1755, 1852, 1854, 1947, 1970, 1991, 1996,
1999, 2035, 2040, 2077, 2082d.
137
“Bullettino dell’Instituto”, 1868, 98-104.
138
Vd. MEHRLEIN 1955.
139
CIL IX, 2077, 2082a.
140
Su questi due documenti vd. ora FELLE 1993, 40-41 n. 10 (CIL IX, 2077), 52 n.
22 (CIL IX, 2082a).
141
Ne ho fatto il censimento in BUONOCORE 2004, 76 nota 121.
142
Ad CIL IX, 6315.
143
BÜCHELER 1895-1897; da integrare con i due supplementi di LOMMATZSCH 1926
e di ENGSTRÖM 1911. È in corso di preparazione, da parte di Paolo Cugusi, un ulteriore supplemento; vd. da ultimo: CUGUSI 2007.
144
CIL IX, 1548 (= CLE, 267), 1764 (= CLE, 76) 1817 (= CLE, 1055).
145
Su cui vd. le sempre fondamentali pagine di CAMPANA 1960 [= CAMPANA 2008,
585-596].
135
136
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
219
romana” come lo definisce Augusto Campana146, e a quel Mario Verusio,
descritto da Garrucci come il “principe degli epigrafisti beneventani”147.
Ma su tutti emerge il “diligentissimus”148 Heinrich Dressel, che dal
1874 fino a tutto il 1878 almeno149, esplorò “laboriosissime et peritissime”150 nonché “industria et doctrina”151 e “summo sed fructuoso labore”152
tutte e tre le regiones Augusteae comprese dal volume IX (includendo anche la difficile ricognizione delle false vel alienae, dei numerosi miliaria
e dell’instrumentum), verificando le precedenti letture (delle cui numerose emendationes Mommsen farà enormemente tesoro) nonché i luoghi
della loro conservazione ed aggiungendo moltissimi nuovi testi (anche riportati dalla sola tradizione orale), su cui Mommsen spese parole veramente di alto encomio persino nella praefatio (“longe maximam autem
operis huius partem in se suscepit Henricus Dressel peragrato itineribus et difficillimis et fructuosissimis territorio Hirpinorum et Samnitium
et Aprutino universo, cuius opera non minus fidelis quam fortis nec minus fortis quam perita si mihi defuisset, numquam ego haec volumina
ita ut opus erat perfecissem”153). Per quanto riguarda Benevento, dove
sembra essere pervenuto la prima volta agli inizi di ottobre del 1875154,
egli ispezionò 155 testi155; il suo interessamento alle iscrizioni locali è at–––––––
CAMPANA 1960, 129 [= CAMPANA 2008, 588].
GARRUCCI 1875, 6.
148
Ad CIL IX, 1503.
149
Il riferimento a questo anno si recupera in apparato a CIL IX, 3321.
150
CIL IX, p. 142.
151
CIL IX, p. 92.
152
CIL IX, p. 389.
153
CIL IX-X, p. XVIII.
154
Vd. FERONE – IASIELLO 2008, 150.
155
CIL IX, 1539, 1543, 1549, 1554, 1556-1559, 1563, 1572-1574, 1576, 1578, 15821583, 1585-1587, 1594, 1598, 1602-1604, 1613-1614, 1617-1618, 1624, 1627, 1632, 1635,
1637-1638, 1641-1642, 1645-1646, 1655, 1659-1660, 1665, 1670, 1675, 1679, 1682-1685,
1697, 1699, 1705, 1710, 1712, 1718, 1728, 1730, 1734-1735, 1737, 1739, 1745, 1749,
1751-1752, 1759, 1766, 1772, 1777-1778, 1781, 1787-1788, 1791, 1794, 1798-1799, 1802,
1810, 1813, 1816, 1825, 1838, 1842, 1845, 1847, 1854, 1866-1867, 1871, 1877, 1875,
1879, 1884-1885, 1887, 1895-1896, 1901, 1907-1908, 1917-1918, 1921, 1929, 1931 [cf.
add. p. 671], 1932, 1939, 1942, 1945-1950, 1955, 1958, 1973, 1976, 1984-1985, 1988,
1992-1993, 1996, 1999, 2004, 2014, 2026, 2028-2030, 2033, 2046, 2048-2050, 20592060, 2062-2065, 2067-2068, 2077, 2082b, 2082d, 6282, 6284, 6288-6291.
146
147
220
MARCO BUONOCORE
testato fino all’anno 1877156. Lo stesso Dressel curò la revisione del codice “A” presso Francesco Pacca, già escusso da Hirschfeld (“Cum diversa
traderentur de indice hoc bis emendato et propterea quibusdam locis obscuro, a me rogatus Dresselius librum evolvit et diligenter indicem transcripsit”157). Dressel fu senza dubbio lo studioso di maggiore caratura epigrafica, dalle cui autoscopie Mommsen non seppe prescindere – lo chiamava il suo “idoneus vindex” - anche per correggere o migliorare alcune
sue precedenti letture (“Errores priores meae lectionis sustulit
Dresselius”158); e gli fu anche di valido aiuto nello smontare non poche lezioni trasmesse da Raffaele Garrucci159, su cui sarà sufficiente riportare,
spigolando tra gli apparati, oltre al giudizio generale sull’opera del gesuita riservata a Benevento (“Utilia fuerunt quae ipse excepit Beneventi
saepius ibi commoratus; quae ita fida repperi, ut in evanidis titulis auctor aliquoties cum nihil videre eum puderet, somniari mallet”160), almeno i seguenti: “Quod proposuit Garruccius verum non est, sed elementa
quaedam veri continet”161; “Quod ait Garruccius Correctorem Verusii adscripsisse in principio M litteram falsum est”162; “Quod conicit Garruccius
in fine vv. 1. 2 periisse PR magnis litteris scriptum, parum probabile
est”163; “Quod ait Garruccius mera somnia sunt”164; “Garrucciana interpretatio vel potius ariolatio haec est”165. Infatti piú volte Mommsen sarà
confortato, grazie all’autorevolezza delle revisioni di Dressel, nell’emendare le lectiones commenticiae del gesuita in cui riconosceva senza alcun
riguardo una temeraria hallucinatio propria di un vates o di un hariolator (anche se poi condivise con il gesuita il recupero, a proposito della
iunctura REFECT.PECTEN, dell’officium di refector pectenarius ricoperto dall’Augustale [- - -]ius Amaranthus: “est, ut recte adnotavit
Garruccius, refector pectenarius, ut refector pectinar(ius) alius invenitur
–––––––
156
157
158
159
160
161
162
163
164
165
CIL IX, 6282, 6289, 6290.
CIL IX, p. 140 nota 2.
CIL IX, 1655.
Su cui vd. al relazione di Italo Iasiello in questo volume.
CIL IX, p. 141.
CIL IX, 1568.
CIL IX, 1609.
CIL IX, 1636.
CIL IX, 1682.
CIL IX, 2082d.
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
221
in Hastensi vol. V n. 7569”166; questa brillante intuizione di Garrucci è
stata accettata di recente anche da Harald von Petrikovits167 ed è ormai
riconosciuta nel Thesaurus Linguae Latinae168): “Dresselius denique, quem
inscriptionem ad ipsum lapidem denuo exigere iusseram, rettulit utramque Garruccii lectionem commenticiam esse” (a proposito dell’iscrizione
di Iupiter tutator maris)169; “Sed haec ficticia sunt petita fere ex eiusdem
hominis titulo altero n. 1682 male mutato. Advocatus fisci summae rei
iudicio sacro promotus ut recte procedit, ita advocatus et factor fisci summarum, rationalis urbis Romae non tam sacra auctoritate officium eiusmodi adsecutus est quam temeraria editoris parum fidi hallucinatione.
Nihilominus ne quid neglegerem accepto Garruccii libro Dresselium nostrum ipsum lapidem denuo inspicere iussi et cum Garrucciano exemplo conferre. Quod cum fecisset, nuntiavit v. 7 vestigia quaedam sibi apparuisse talia fere ..., sed ea dubia omnia excepta V sub finem; reliqua
qui legeret usque ad versum paenultimum, eum aut vatem esse aut hariolatorem” (a proposito del titulus honorarius per C. Vesedius Rufinus;
Mommsen si era limitato nella scheda ad indicare “deficiunt versus circiter decem”)170.
Avevamo in precedenza sottolineato quanto l’Italia rimase nel cuore di Theodor Mommsen. Era felice, ad esempio, nel constatare allorché
qualificati giovani italiani intraprendevano lo studio della sua epigrafia (quel lavoro – scriveva il 21 gennaio 1874 a Giuseppe Pallante – “veramente sisifeo di correr dietro ad ogni sasso” 171); ad esempio cosí si rivolgeva il 12 settembre 1878 al giovane Enrico Stevenson iunior (1854172
1898) che tanto lo aiutò nelle ricerche in Sabina: “Vecchio come sono,
non avrei mai potuto rifare questo lavoro della mia gioventù senza l’ajuto degli ottimi giovani che ora entrano nel campo, e mi gode il cuore, che
fra questi posso contare anche un Italiano”173. Ma volle seguire della sua
–––––––
CIL IX, 1711.
VON PETRIKOVITS, 110.
168
TLL, X, 1, fasc. VI, Stuttgart – Leipzig 1991, col. 904.
169
CIL IX, 1549.
170
CIL IX, 1683.
171
Vd. FERONE – IASIELLO 2008, 294.
172
Vd. i vari contributi in Enrico Stevenson 1998.
173
Roma – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 14302 ff. 104r-104av n. 206-208
[597] [= ed. BUONOCORE 2003, 298-299 n. 171].
166
167
222
MARCO BUONOCORE
“seconda patria” fino agli ultimi istanti del proprio percorso terreno anche le varie fasi storico-politiche soprattutto dopo la presa di Roma (da
qui le ormai classiche parole rivolte a Quintino Sella: “Ma che cosa intendete fare a Roma? Questo ci inquieta tutti; a Roma non ci si sta senza avere dei propositi cosmopoliti”174).
E per determinare ancor meglio e con rigorosa attendibilità questa situazione, fondamento insostituibile sono le lettere inviate costantemente da Mommsen a tutti quegli italiani che gli erano stati
d’aiuto nella ricerca, nelle quali il più delle volte traspare qualche segno di gratitudine e di riconoscenza. Non dovranno essere valutate
unicamente come lettere ‘diplomatiche’, buone per conservare saldi
quei necessari rapporti di vicendevole utilità futura, ma dovranno essere considerate soprattutto come vere e proprie testimonianze di una
corretta e sincera partecipazione, ciascuna da posizionare in quel variegato mosaico culturale che Mommsen aveva pienamente capito, soprattutto quando l’ospitalità richiesta ma non dovuta si era dimostrata
di alto spessore. Testimoniano, insomma, in un momento cruciale per
la storia dell’Europa, una fervida collaborazione internazionale e sentimenti di stima e di amicizia con un consistente gruppo di studiosi175.
Ed è pertanto quanto mai emblematico, che uno degli ultimi suoi
scritti sia stato dedicato proprio a quella sua Benevento, che aveva visitato la prima volta poco piú che ventenne e dove ritornò sempre con
quella innata curiositas per la verità che rimase in lui sempre viva e
vitale. Come si sa, il 3 settembre 1903, due mesi prima della sua morte, in occasione del 43° anniversario della proclamazione del Regno
d’Italia e della conseguente estensione dello Statuto Albertino, Mommsen
non volle mancare all’appuntamento; nella pubblicazione allestita per
la ricorrenza (III Settembre. Benevento nello XLIII anniversario della
liberazione dall’oscurantismo pontificio, Benevento, Tipografia
Economica, 1903) è registrato, infatti, il suo telegramma: “Saluti da un
vecchio che ha conosciuto Benevento prima papalina e poi italiana”176.
–––––––
174
Sulle ormai classiche parole rivolte da Mommsen a Sella all’indomani della presa di Roma vd., ad esempio, BARBANERA 1998, 34-39.
175
In è corso di elaborazione da parte di chi scrive la cura della “Edizione Nazionale
delle Lettere di Theodor Mommsen agli Italiani”.
176
Recupero questa occorrenza in ZANGEMEISTER 2000, 207 n. 1502.
THEODOR MOMMSEN E BENEVENTO
223
Certamente il telegramma conferma, ancora una volta, proprio
per la natura dell’occasione, la sua ideologia liberale, storicistica e
fondamentalmente anticattolica con la conseguente insofferenza sempre dimostrata nei confronti dei pontefici (come non ricordare l’episodio descritto da Pierre de Nolhac, databile tra l’autunno del 1882
e l’inverno del 1883, da cui veniamo a sapere che Mommsen non volle distogliere lo sguardo da un manoscritto che stava ispezionando
allorché nella sala del Salone Sistino, dove stava studiando, fece improvvisamente la comparsa Leone XIII177); ed in quella Benevento da
lui visitata prima del 1860 non aveva mancato di riconoscere quanto lo Stato Pontificio (“il governo dei preti” per dirla con Massimo
D’Azeglio) era stato, tra gli altri, motivo del depauperamento delle
antichità. Di contro evidenzia il suo amore verso la nuova Italia, identificando proprio con Benevento questa nuova stagione degli studi che
sembra confermare a tutto tondo quanto cinquant’anni prima aveva
scritto a Bartolomeo Borghesi: “Ex tenebris lux facta est et desperationem successus excepit”178.
Credo che poche città gli rimasero sempre nel cuore come
Benevento.
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