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COPIA ELETTRONICA IN FORMATO PDF RISERVATA AD USO CONCORSUALE E/O PERSONALE DELL’AUTORE NEI TESTI CONFORME AL DEPOSITO LEGALE DELL’ORIGINALE CARTACEO 1 CURA AQUARUM ADDUZIONE E DISTRIBUZIONE DELL’ACQUA NELL’ANTICHITà ATTI DELLA XLVIII SETTImANA DI STUDI AQUILEIESI Aquileia, Sala del Consiglio Comunale (10-12 maggio 2017) a cura di GIUSEPPE CUSCITO Iniziativa realizzata in collaborazione con Università degli stUdi di trieste dipartimento di stUdi Umanistici patrocinata da sostenuta da Ministero per i beni e le attività culturali Direzione Generale Musei Polo museale del Friuli Venezia Giulia Ministero per i beni e le attività culturali Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia 2 CENTRO DI ANTICHITà ALTOADRIATICHE CASA BERTOLI - AQVILEIA A NTICHITà LTOADRIATICHE Rivista fondata da mario mirabella Roberti e diretta da Giuseppe Cuscito volume LXXXVIII EDITREG TRIESTE 2018 3 «Antichità Altoadriatiche» © Centro di Antichità Altoadriatiche Via Patriarca Poppone 6 - 33053 Aquileia (UD) http://editreg.wixsite.com/centroaaad https://www.facebook.com/www.aaad.org/ ISSN 1972-9758 Autorizzazione del Tribunale di Udine n. 318 del 27 ottobre 1973 © Editreg di Fabio Prenc Sede operativa: via G. matteotti 8 - 34138 Trieste cell. ++39 328 3238443; e-mail: editreg@libero.it www.editreg.it https://www.facebook.com/Editreg-di-Fabio-Prenc-1203374169720939/?ref=settings ISBN 978-88-3349-005-2 Direttore responsabile: Giuseppe Cuscito Comitato scientifico: Fabrizio Bisconti, Jacopo Bonetto, Rajko Bratož, Giovannella Cresci Marrone, Heimo Dolenz, Sauro Gelichi, Francesca Ghedini, Giovanni Gorini, Arnaldo Marcone, Robert Matijašić, Emanuela montagnari Kokelj, Gemma Sena Chiesa I testi sono stati sottoposti per l’approvazione all’esame del Comitato di redazione e a peer-review di due referenti esterni, nella forma del doppio anonimato. La proprietà letteraria è riservata agli autori dei singoli scritti. La rivista non assume responsabilità di alcun tipo circa le affermazioni e i giudizi espressi dagli autori. Le immagini di proprietà dello Stato italiano provenienti dal territorio regionale sono state pubblicate su concessione del miBAC Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici - Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Friuli Venezia Giulia - Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia e del miBAC - Polo museale del Friuli Venezia Giulia. L’autorizzazione alla pubblicazione delle altre immagini è stata concessa dagli aventi diritto. È vietata ogni l’ulteriore riproduzione e duplicazione con ogni mezzo senza l’autorizzazione degli aventi diritto. 4 EDITORIALE Finalmente il numero 87° della nostra rivista, con gli Atti della XLVIII Settimana di Studi Aquileiesi dedicata a “Cura aquarum. Adduzione e distribuzione dell’acqua nell’Antichità”, vede la luce ed esce con lieve ritardo sui tempi abituali: da una Settimana di Studi Aquileiesi a quella dell’anno successivo. Anche questa fatica non avrebbe visto la luce senza la collaborazione della Fondazione Aquileia e il sostegno della Provinvia di Udine, partner convinti che l’attività svolta dalla nostra associazione relativamente alla promozione della conoscenza di Aquileia (sia nell’ambito della comunità scientifica nazionale e internazionale sia nell’ambito degli appassionati e dei semplici cultori del mondo antico) trovi adeguato riscontro nella pubblicazione scientifica degli Atti degli incontri. Ad esse esprimo il mio ringraziamento. Il prossimo anno, nel 2019 le Settimane toccheranno l’ambito traguardo del 50° anniversario dalla prima edizione e il nostro impegno è confortato dalla costante presenza ai lavori da parte di studiosi di antichistica, che convergono ad Aquileia dall’Italia e dalle nazioni contermini, facendo sempre più di questa nostra rivista, le “Antichità Altoadriatiche”, uno strumento difficilmente sostituibile per quanti si occupano della storia antica dell’Italia nordorientale e dell’Adriatico. prof. Giuseppe Cuscito Direttore della rivista “Antichità Altoadriatiche” 5 6 PREMESSA Questo volume delle “Antichità Altoadriatiche” raccoglie gli interventi presentati alla quarantasettesima “Settimana di Studi Aquileiesi” (Aquileia, 10-12 maggio 2017) dedicata al tema “Cura aquarum. Adduzione e distribuzione dell’acqua nell’Antichità”, e viene pubblicato ad un anno dal convegno, garantendo la tempestiva diffusione dei dati scientifici presentati in quella sede. Anche quest’anno la Fondazione Aquileia ha deciso di sostenere il Centro nell’uscita del volume: le “Settimane” rappresentano, infatti, un momento importante di studio e di confronto tra gli specialisti sui temi antichistici più diversi e consentono un aggiornamento continuo del quadro delle conoscenze su Aquileia e sulle regioni padane e altoadriatiche. La rivista “Antichità Altoadriatiche” accoglie, di sovente, tra i propri numeri anche gli Atti di convegni organizzati da altre associazioni ed enti scientifici e di ricerca attivi nell’ambito dei territori che nel corso del tempo hanno avuto in Aquileia il punto di riferimento, politico, religioso e culturale. Tra questi ricordiamo il volume 87 delle “Antichità Altoadriatiche”, sostenuto sempre dalla nostra Fondazione e dedicato al tema de “I sistemi di smaltimento delle acque nel mondo antico”, che raccoglie gli Atti del convegno “gemello” tenutosi sempre ad Aquileia nei giorni 6-8 aprile 2017 ed organizzato dalla Società Friulana di Archeologia e dall’Università di Udine. I due volumi, dedicati l’uno alle “acuqe nere” l’altro alle “acque bianche”, rappresentano un corposo punto di riferimento per quanti in futuro affronteranno il tema dell’adduzione e dello smaltimento delle acque. Con questo numero si toccano le ottantotto uscite della serie che, entro la fine del 2018, saranno novanta: indubbio indice di vitalità di questa testata scientifica, che ha saputo mantenere e anzi accrescere nel tempo, il proprio valore di strumento di analisi e di ricerca per quanti vogliano affrontare lo studio della storia, della religiosità, dell’architettura, dell’archeologia, della cultura di questo estremo lembo settentrionale dell’Adriatico. Amb. Antonio Zanardi Landi Presidente della Fondazione Aquileia Cristiano Tiussi Direttore della Fondazione Aquileia 7 INDICE Introduzione ai lavori .................................................................................... p. Diario ............................................................................................................. » Elenco degli iscritti ........................................................................................ » 10 13 15 Studi Mario Fiorentini, La gestione degli acquedotti nel mondo romano fra attività amministrative e prassi private ................................................ » 19 Claudio ZaCCaria, L’adduzione dell’acqua in età romana tra cura pubblica ed evergetismo privato. L’evidenza delle testimonianze epigrafiche .................................................................................................... » 41 alFredo Buonopane, Aqua vetustate et incuria delapsa: il degrado degli impianti idrici e gli interventi di restauro nella documentazione epigrafica ......................................................................................... » 53 FranCeSCa Ghedini, Matteo MarCato, CeCilia Zanetti, Aquae salutiferae nell’Occidente romano ..................................................................... » 63 Caterina previato, Sistemi di approvvigionamento idrico ad Aquileia in età romana ............................................................................................. » 107 Gaetano Benčić, Paola MaGGi, Corinne rousse, La cisterna della villa di Santa Marina presso il complesso produttivo di Loron (TorreAbrega, Croazia) .............................................................................. » 131 daniela CottiCa, MarCo MarCheSini, Silvia Marvelli, Novità archeologiche sull’uso dell’acqua ad Aquileia (e nel mondo romano): le vasche per la macerazione della canapa sulla sponda orientale del Natiso cum Turro ................................................................................................. » 153 Fulvia MainardiS, Il corredo epigrafico delle fontane di Aquileia: tra manifestazione di evergetismo e indicazione di occupational identity .... » 167 CriStiano tiuSSi, L’acquedotto romano di Aquileia ..................................... » 183 Katja Marasović, jure MarGeta, L’approvvigionamento dell’acqua del palazzo di Diocleziano ..................................................................... » 215 alka StaraC, Le fontane di Pola .................................................................. » 233 andrej GaSpari, Milan lovenjak, roland SChwaB, The development of the water supply system in the roman Emona: state of research and results of the initial isotope analysis of the lead conduit ................ » 249 8 davide GanGale riSoleo, L’acquedotto romano di S. Maria in Stelle: una concessione privata per la captazione delle acque? ....................... p. 265 Serena Solano, L’acquedotto romano della Valtrompia (BS): recupero e valorizzazione di un nuovo tratto ...................................................... » 285 paolo Bonini, Servizio, ornamento, identità. Il valore dell’acqua nella cultura abitativa di Brescia romana ..................................................... » 297 anna Maria Fedeli, ilaria Frontori, La gestione delle acque di superficie a Milano in età antica ...................................................................... » 313 MarCo podini, anna loSi, Giovanna CiCala, Gli “acquedotti” di Reggio Emilia ............................................................................................... » 333 alBerto viGoni, Archeologia dei pozzi ad elementi cilindrici fittili nei territori della Cisalpina .......................................................................... » 349 annaliSa Giovannini, “In contrada Beligna... acqua sulfurea”. La presenza ad Aquileia di acque termali tra antico e moderno ......................... » 363 Serena vitri, luCiana MandruZZato, Flaviana oriolo, Infrastrutture idrauliche a Iulium Carnicum .................................................................. » 393 GiuSeppe CuSCito, Vive renatus aqua (IC II, p. 135, n. 6): l’acqua battesimale tra risonanze patristiche e sistemi idraulici ................................ » 405 patriZio penSaBene, Fulvio Coletti, Acqua per gli uomini, acqua per gli dei. Gli approvvigionamenti idirici e i sistemi sanitarisul Palatino a Roma: cisterne, canalizzazioni, vasche rituali ............................... » 417 M. piera CaGGia, L’acqua dell’Apostolo Filippo a Hierapolis di Frigia .... » 439 Guido roSada, Forma e immagine dell’acqua. Su kemeri e Roma havuzu a Tyana (Cappadocia, Turchia) .............................................................. » 457 Yuri a. Marano, Acquedotti e gestione delle risorse idriche nell’Italia ostrogota ........................................................................................... » 479 Norme redazionali ......................................................................................... 498 » 9 18 Bonini III Bozza 25 aprile 2018 Paolo Bonini SERVIZIO, ORNAmENTO, IDENTITà. IL VALORE DELL’ACQUA NELLA CULTURA ABITATIVA DI BRESCIA ROmANA * Se prestiamo fede a quanto scrivono in letteratura, gli antichi Romani sembrano molto più propensi a celebrare le gioie del vino piuttosto che quelle dell’acqua e tranne personaggi illustri celebrati perché particolarmente austeri, come Catone il censore che in guerra si asteneva dal vino 1, gli astemi sono in genere guardati con sospetto e persino considerati uomini mediocri, senza qualità né genio 2. Eppure era quasi un prodigio offrire ai propri convitati acqua calda e fresca a volontà. Varrone descrive con orgoglio il “bancone da bar” che nella sua villa di Cassino serve l’acqua agli ospiti 3, mentre marziale si duole di non poter soddisfare la richiesta dell’amico Ceciliano, che vorrebbe dell’acqua calda, e si giustifica lamentando di non averla in casa nemmeno fredda 4. ma certo i bisogni della vita reale sono altro rispetto ai banchetti letterari: gli antichi sono ben consapevoli che l’acqua è indispensabile alla vita 5 e quando Vitruvio ne descrive l’utilità, pensa prima di tutto alle necessità alimentari, poiché la discussione indugia sulle qualità e sul gusto delle acque potabili 6. Se l’acqua è imprescindibile per l’esistenza della città, al lato pratico è la vita quotidiana dei cittadini che va costantemente rifornita. Attraverso il caso bresciano sarà possibile discutere sia alcuni aspetti tecnici sia alcune implicazioni culturali del rifornimento idrico domestico in una città cisalpina come appunto Brixia, la cui documentazione è certo disomogenea per la natura delle indagini ma costituisce ormai un corpus adatto, per varietà e quantità, a rivelare almeno alcune linee di tendenza: alle informazioni raccolte nei sondaggi urbani si affiancano, infatti, i risultati degli scavi condotti in estensione nei chiostri del monastero e nell’ortaglia di S. Giulia 7. * La pubblicazione delle immagini è stata effettuata su concessione del ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia, che si ringrazia. È perciò vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo. 1 2 3 4 5 6 Plut. Cato ma. I, 7. Hor. Epist. I, 19, 2-3. Varro Rust. III, 5, 15-16. Perché, evidentemente, privo dell’allacciamento all’acquedotto: mart. VIII, 67. Vitr. VIII, praef., 4; Id. VIII, 3, 28; Plin. Nat. XIV, 28, 137. Vitr. VIII, 1, 2. Anche Plinio, del resto, discute a lungo la salubrità dell’acqua: Plin. Nat. XXXI, 21-23. 7 Per un inquadramento generale dei contesti residenziali noti: roSSi 2005; Morandini 2009. 297 PAOLO BONINI StrateGie di approvviGionaMento e deFluSSo idriCo Dal punto di vista giuridico oltre che archeologico 8, si è distinto un sistema “aperto”, caratterizzato da una rete pubblica d’alimentazione e smaltimento che travalica le singole proprietà immobiliari, da quello “chiuso”, in cui ogni nucleo familiare provvede da sé alle proprie esigenze. Quest’ultimo è naturalmente più antico, trattandosi di una prassi spontanea, e permane nel tempo in forma residuale. Sebbene ovviamente sconsigliata 9, la soluzione più semplice per il rifornimento consiste nell’attingere all’acqua di superficie, non diversamente da quanto era abitudine a Roma nell’epoca più remota 10; in assenza di fonti disponibili, a Brescia si ricorreva forse al torrente Garza che in antico lambiva la città. In questo modo però non si ha garanzia della qualità dell’acqua raccolta, che in ogni caso è sottoposta a bollitura prima del consumo e di solito è servita calda, come riferiscono le fonti letterarie 11 e indicano i rinvenimenti non solo pompeiani: il bollitore dal corpo biconico è infatti un pezzo indispensabile della batteria da cucina romana 12. Insolitamente poco documentato a Brescia è invece il ricorso ai pozzi, che Plinio raccomanda per ottenere l’acqua più salubre 13. L’unico esempio noto si trova nel portico del peristilio 41 nella domus C di S. Giulia (fig. Fig. 1. Brescia, Domus C di S. Giulia, il peristilio 41. In primo piano il pozzo, in secondo piano la canaletta in lastre di pietra sul perimetro dell’area scoperta (da Domus 2005, p. 43, fig. 49). 8 9 10 11 12 13 298 Saliou 1994, p. 91 e p. 103; deSSaleS 2013, p. 181. Plin. Nat. XXXI, 21, 35. Frontin. Aq. 4. Varro Ling. XXVII, 127; Plin. Nat. XXXI, 23, 40; Sen. Nat. III, 24, 2. MaliSSard 1994, p. 40; kaStenMeier 2007, p 74. Plin. Nat. XXXI, 23, 38. SERVIzIO, ORNAMENTO, IDENTITà. L’ACQUA NELLA CULTURA ABITATIVA DI BRESCIA ROMANA 1), dove è allestito in una fase posteriore all’inizio del II d.C., poiché è questa la cronologia del mosaico che lo scavo ha in parte tagliato. Il pozzo ha un profilo pressoché circolare (diametro 0,85 m) e una camicia in laterizi curvi che scende per oltre 20 m 14. Anche oggi la falda freatica è molto profonda e in corrispondenza del centro storico varia fra i 15 e i 25 m, per la particolare posizione idrogeologica dell’abitato 15. Pur senza negare l’ipotesi di una lacuna documentaria, la scarsa diffusione dei pozzi domestici potrebbe essere imputata proprio al problema di raggiungere una falda così profonda e incerta. La discreta piovosità del territorio dovette presto suggerire di sfruttare la raccolta dell’acqua piovana, secondo il sistema del compluvium-impluvium, diffuso in Italia centro meridionale e legato al modello della domus ad atrio, che le ricerche recenti attestano precocemente adottato in Cisalpina 16. Un residuo di tale sistema è l’impluvium riconosciuto nella domus delle fontane sebbene accorpato, fra tardo I a.C. e inizi I d.C., ad un cortile stretto e lungo, con portico sul lato Sud (fig. 2). La vasca misura 2,6x3 m ed è profonda 0,14 m; Fig. 2. Brescia, Domus delle fontane, il cortile 7 e, in secondo piano, la vasca 9 dell’antico impluvium (foto dell’autore). 14 15 16 Bonini 2005, p. 264. Informazioni A2A, 3 ottobre 2017, che ringrazio per la cortesia. Bonini 2012, p. 45-52; Ghedini, novello, Salvadori 2015, pp. 230-231. 299 PAOLO BONINI Fig. 3. Brescia, Domus sotto il CAB, il vano parzialmente scavato (da Stella 1986, c. 782, fig. 2). si ipotizza che in origine scaricasse in una cisterna sottostante, che però non è stata scavata, tramite i due fori ancora visibili nell’angolo Sud-Ovest 17. molto più ambiguo è il cosiddetto impluvio parzialmente scoperto in piazza Duomo (fig. 3). Una vasca con chiusino in marmo di Luni, ampia solo 1 mq, è al centro di un pavimento musivo, d’età adrianea, ornato da cornici geometriche e da un suggestivo fregio con pesci e animali marini 18. Se questo però fosse davvero un atrio con impluvio, costituirebbe un caso cronologicamente molto avanzato per la tipologia, pressoché privo di confronti in Cisalpina e per di più provvisto di una superficie di raccolta ridottissima. Pur con qualche cautela, dovuta alla parzialità dell’indagine, è possibile si tratti in realtà di un vano di soggiorno, al cui centro è inserita una vasca decorativa 19. Fra tarda età repubblicana e prima età imperiale sono, comunque, documentati anche bacini diversi dall’impluvio ma con funzione analoga. L’area scoperta della casa scavata in via Cattaneo 20 presenta, nella fase di I a.C., due vasche ampie ma poco profonde, rivestite in malta e collegate a una cisterna seminterrata, di cui resta una fossa di spoliazione circolare (diametro 4 m). È poco credibile che un sistema di tale ampiezza conservasse una riserva ad uso potabile: gli antichi apprezzano la purezza e la leggerezza dell’acqua piovana 21, ma sanno bene quanto rapidamente essa perda la sua salubrità se conservata a 17 18 19 20 21 300 Bonini 2003b, pp. 80-82. Stella 1986; CAL 1996, p. 124, n. 189. Come se ne vedono anche a Pompei: anderSSon 1990, pp. 228-230. MalaSpina 2008-2009, p. 62. Vitr. VIII, 2, 1; Plin. Nat. XXXI, 21, 31-32. SERVIzIO, ORNAMENTO, IDENTITà. L’ACQUA NELLA CULTURA ABITATIVA DI BRESCIA ROMANA lungo in bacini che la rendono stagnante 22. Nel I d.C. la domus B di S. Giulia mostra una vasca rettangolare che occupa poco meno di metà della corte: non ha alcun sistema d’alimentazione, ma è provvista di un foro per governare la fuoriuscita del troppo pieno e di un’apertura rettangolare, in origine chiusa da uno sportellino metallico, che permetteva lo scarico completo. Non è affatto escluso che la vasca rivestisse anche un valore ornamentale, date le dimensioni e la posizione che la rendevano un punto focale dell’ambiente. In questo stesso peristilio, inoltre, particolari accorgimenti assicuravano lo scolo dalle falde dei portici: la pioggia era dapprima raccolta in una canaletta perimetrale, costruita con lastre di calcare, e poi convogliata in un pozzetto di decantazione, forse collegato a una cisterna interrata. In una fase successiva, però, il sistema fu molto rimaneggiato, poiché proprio nel pozzetto fu inserita una fistula in piombo per l’adduzione idrica, facendo invece scaricare l’acqua piovana direttamente nella fogna che corre sotto il cortile 23. Sistemi di deflusso sono apparsi, del resto, in quasi tutte le case romane indagate in città e costituiscono un’accortezza necessaria, dato il clima. Sul perimetro dei peristili sono approntate canalette in corrispondenza delle falde dei tetti (fig. 1): in genere si impiegano gli stessi materiali usati per rivestire le aree scoperte, disponendo le lastre di piatto per formare il fondo e di taglio per le spallette; più elaborato, e perciò più raro, è il caso in cui si accostino blocchi rettangolari appositamente incavati in superficie, così da contenere il flusso idrico. Scarichi dai piani superiori 24 ricorrevano certo più spesso di quanto oggi non sia possibile rilevare, come suggerisce il condotto inserito nel muro del portico Sud del peristilio 56 nella domus C di S. Giulia 25. All’interno le canalette corrono sotto ai pavimenti e sono formate da materiale meno pregiato come ciottoli, elementi lapidei e soprattutto laterizi. I condotti hanno profilo rettangolare: il fondo è spesso formato da mattoni sesquipedali, mentre le spallette reggono per lo più una copertura in tegole, anche frammentate, ma non mancano lastre di pietra, talora rimovibili e forate al centro così da facilitare la presa e consentire l’ispezione (fig. 4). Leggere pendenze garantiscono il deflusso verso i collettori fognari pubblici, sotto gli assi stradali. È in parte sorprendente che la normativa sulla posizione delle canalette 26 venga spesso disattesa, poiché esse corrono anche rasente ai muri in comune fra le case e attraversano proprietà diverse, dunque istituiscono servitù anche complesse e sono potenzialmente causa di lite. Con la concessione del titolo di Colonia Civica Augusta, poco dopo il 27 a.C. o intorno al 16 a.C. 27, si avviano imponenti lavori finalizzati a trasformare in senso più strettamente romano il volto della città; rientra nel programma anche la costruzione dell’acquedotto, promossa da Augusto e compiuta da Tiberio 28. Con un percorso di oltre 20 km, dalla Val 22 Plin. Nat. XXXI, 21, 34. BiShop et alii 2005a, pp. 85-87. 24 Generalmente non conservati, ma senz’altro presenti: Morandini 2009, p. 171. 25 BaGGio et alii 2005, p. 233. 26 Saliou 1994, pp. 162-167. 27 GreGori 2008, p. 54. 28 Come attesta la celebre epigrafe Inscr. It. X, 5, 85: Divus Augustus, / Ti(berius) Caesar Divi / Augusti f(ilius), Divi n(epos) / Augustus / aquas in coloniam perduxerunt. Sull’acquedotto: pareCCini, Botturi 2007, oltre al contributo di Serena Solano in questo volume. 23 301 PAOLO BONINI Fig. 4. Brescia, Domus delle fontane, il vano 18. In primo piano la canaletta di scolo, sul fondo la vasca del ninfeo (foto dell’autore). Trompia l’infrastruttura giungeva in città presso la porta Nord-Est, dove è stata individuata una vasca di partizione. Ci sfuggono però i dettagli del sistema di distribuzione alle case; la norma riferita da Frontino 29, che parla di Roma, prevede che nessun privato possa allacciarsi direttamente al tronco principale dell’acquedotto, ma solo ai castella secondari da cui partivano le diramazioni. Le fonti giuridiche lasciano, però, intendere che fuori Roma erano in vigore specifiche regolamentazioni locali 30. Non è dato sapere se anche a Brescia, come a Pompei, esistessero castella secondari o torrette piezometriche; certo è che funzionavano partitori d’acqua cilindrici in bronzo che servivano utenze diversificate. Quello scoperto nel 1885 in piazzetta martiri di Belfiore 31 presenta sul perimetro fori compatibili con fistulae di vario calibro, in particolare la quinaria e la duodenaria che sono effettivamente attestate nelle domus bresciane 32. L’ultimo tratto dell’erogazione ai privati era quindi assicurato tramite tubi di piombo, materiale poco apprezzato da Vitruvio 33 ma preferito rispetto ad altri perché più resistente alla pressione dell’acqua. l’aCqua ornaMentale Contrariamente a quanto ci aspetteremmo noi moderni, l’acqua corrente non rifornisce in prima istanza i servizi: le cucine continuano a non avere impianti idraulici e dove ci sono 29 Frontin. Aq. 106. Saliou 1994, pp. 139-144; Biundo 2008, pp. 367-370. 31 pareCCini, Botturi 2007, p. 41. 32 Sulle misure dei calibri: Vitr., VIII, 6,4; Frontin. Aq. 24-34; MaliSSard 1994, p. 213-214; deSSaleS 2013, pp. 204-207. 33 Vitr. VIII, 6, 10-11. Sul problema del saturnismo: hodGe 1981; MaliSSard 1994, pp. 207-209. 30 302 SERVIzIO, ORNAMENTO, IDENTITà. L’ACQUA NELLA CULTURA ABITATIVA DI BRESCIA ROMANA piccole vasche, esse vengono riempite a mano; anche le latrine sono pulite, all’occorrenza, con semplici secchiate, sia che scarichino nelle fogne 34 sia che invece disperdano in pozzi neri 35. La priorità dell’approvvigionamento va, piuttosto, alle fontane ornamentali, che proliferano negli spazi scoperti, forse dapprima preferiti perché più facilmente vi si poteva evocare la piacevolezza della vita all’aperto, in una cornice naturale. La suggestione è senz’altro l’otium rurale degli aristocratici: conferire alla casa urbana un’aria “da villa” significa attingere a un immaginario di felicità spensierata, fatta di svago, cultura e lusso che solo lontano dai pubblici doveri della città può realizzarsi appieno 36. Nella domus di Dioniso una vasca era sul lato Nord del cortile, proprio sotto a una nicchia, dove una scena nilotica affrescata sul muro regala ancora oggi un rimando esotico e seducente a una fontana le cui pareti sono state asportate, ma hanno lasciato chiare impronte sul lastricato (fig. 5). L’acqua vi era addotta da un tubo in piombo, riempiva il bacino rettangolare maggiore (1,80x0,84 m), traboccava in quello minore laterale (0,58x0,40 m) e infine, a sfioro, scolava nel tombino antistante 37. La domus di piazza Nogara a Verona offre il confronto più prossimo per datazione e funzionamento 38, ma bacini di forma così semplice sono diffusi, non solo in Cisalpina, almeno dalla metà del I a.C. 39. Nella domus C1 di S. Giulia resta traccia di una fontana più modesta nelle dimensioni ma che forse godeva di maggiore risalto visivo, sia per la peculiarità dei giochi d’acqua Fig. 5. Brescia, Domus di Dioniso, l’impronta della vasca nel cortile 2 (foto dell’autore). 34 35 36 37 38 39 Domus C1 e Domus D di S. Giulia: BiShop et alii 2005b, p. 160; BiShop, Morandini 2005, p. 240. Come probabilmente nella domus C di S. Giulia: BaGGio et alii 2005, p. 186. Zanker 1993, pp. 210-221. Bonini 2003a, p. 51. Cavalieri ManaSSe 1985, pp. 236-238. anniBaletto 2012, p. 182; deSSaleS 2013, pp. 80-84. 303 PAOLO BONINI sia per la posizione. Proprio al centro del cortile, una lieve depressione quadrata (lato 1 m) alloggiava una vasca, alimentata da condotto plumbeo; da qui l’acqua zampillava raccogliendosi poi in una seconda depressione ovale (lunga 0,4 m) praticata nel lastricato, per confluire infine nella canaletta perimetrale di scolo dalle gronde, sul perimetro dell’area scoperta, tramite un’apposita diramazione rettilinea, sempre ricavata nello spessore del lastricato 40. Non mancano soluzioni più scenografiche, come il ninfeo che domina il peristilio 56 nella domus C di S. Giulia. Fra tardo I e inizi II d.C. il lato Nord della corte è reso monumentale da una facciata a tre nicchie, probabilmente ornate da statue o scalette in marmo 41, da cui l’acqua si gettava nell’ampia vasca sottostante (10x2,2 m) 42. I ninfei privati di Ostia, talora chiamati a confronto per questo bresciano, sono certo calzanti rispetto alla morfologia, ma si datano alla tarda antichità 43; i paralleli più pertinenti vanno piuttosto cercati a Pompei, dove appartengono all’ultima fase di vita e riflettono una moda che si diffonde fra l’età neroniana e quella flavia 44. Con il pieno II secolo le fontane sono via via percepite come veri e propri elementi d’arredo e sempre più spesso entrano all’interno dell’abitazione, anziché essere confinate all’aperto. Sembra perciò attenuarsi il legame concettuale fra fontane e natura incontaminata, per mettere piuttosto in evidenza l’artificio, il pregio artistico e l’intrinseco valore materiale dei manufatti che fanno bella mostra di sé negli ambienti più in vista della casa. Se nella villa suburbana di via S. Rocchino quasi timidamente si introduce una vasca quadrangolare in pietra e cocciopesto (lato 1,6 m) al centro di un’enorme sala di rappresentanza 45, già nel nome convenzionale la domus delle fontane esprime invece la peculiare enfasi che l’acqua vi assume 46. Della vasca che ornava la sala più ampia (fig. 6) restano lo scasso nel pavimento e un pilastrino che reggeva un bacino minore, alimentato da un tubo alloggiato entro un’apposita scanalatura; faceva forse parte di quest’impianto anche una piccola ara rilavorata anch’essa per accogliere un tubo. La medesima tipologia è replicata in un vano più appartato (fig. 7), dove il pavimento si conserva solo in lacerti e dunque è leggibile l’impianto tecnico, di tipo coassiale: sulla stessa linea, ma in direzione opposta, corrono sia la fistula d’alimentazione, che porta acqua in pressione, sia la canaletta di scolo, che scarica verso la fogna grazie a una leggera pendenza. Il bacino inferiore è rettangolare e poco profondo, mentre la forma del pilastrino suggerisce che quello superiore fosse invece circolare; anche qui non certo per caso il mosaico pavimentale richiama esplicitamente l’acqua raffigurando una brocca. Diversa è invece una terza fontana, contraddistinta da una vasca rettangolare (3,6x1,2 m) addossata a una parete che in origine era rivestita da tessere in pasta vitrea e conchiglie, raccolte in gran numero dagli scavatori (fig. 4): l’insieme va 40 BiShop et alii 2005b, p. 144. Le fontane a scaletta sono un accessorio piuttosto ricercato e diffuso, in età imperiale, pressoché solo in Lazio e Cisalpina: GalliaZZo 1979; CiliBerto 2010; un frammento del genere è stato rinvenuto, non in situ, anche negli scavi di S. Giulia: SlavaZZi 2005, pp. 315. 42 Bonini 2005, pp. 266-268. 43 riCCiardi, Santa Maria SCrinari 1996, pp. 187-237. 44 neuerBurG 1965, p. 102; anderSSon 1990, pp. 232-236; roGerS 2013, p. 159. 45 MiraBella roBerti 1963, p. 286. 46 Bonini 2003b. 41 304 SERVIzIO, ORNAMENTO, IDENTITà. L’ACQUA NELLA CULTURA ABITATIVA DI BRESCIA ROMANA Fig. 6. Brescia, Domus delle fontane, i resti della fontana nel vano 8 (foto dell’autore). Fig. 7. Brescia, Domus delle fontane, i resti della fontana nel vano 16 (foto dell’autore). ricondotto al tipo del ninfeo a nicchia o edicola, che compare dalla tarda età repubblicana in contesti residenziali di livello molto elevato e poi, in proporzioni ridotte, riscuote ampio successo in età imperiale 47. Appartiene a una fase avanzata del II d.C. la tendenza a miniaturizzare le fontane e creare zampilli e giochi d’acqua ad effetto, inserendo piccoli bacini un po’ovunque in casa, 47 lavaGne 1990, pp. 131-134; deSSaleS 2013, p. 126. 305 PAOLO BONINI anche a costo d’affrontare lavori significativi per tagliare i piani pavimentali e posare gli impianti. Ne sono prova non solo i frammenti di bacini marmorei raccolti in fase di scavo 48, ma soprattutto le vasche ottagonali incassate nei pavimenti, che ottengono una discreta fortuna e sono perfino replicate più volte nella stessa casa, ma la cui popolarità nel medio impero non sembra valicare i limiti del territorio bresciano 49. Un primo esempio si trova nella domus C di S. Giulia, dove è inserito nel portico Sud del peristilio 56, sul lato opposto ma perfettamente in asse con la nicchia centrale del ninfeo, cui offre un immediato contrappunto visivo. La vasca ottagonale in cocciopesto ha un diametro di 0,9 m ed è profonda 0,24 m; era in origine rivestita da lastrine in marmo bianco ed alimentata da un tubo plumbeo inserito in una canaletta foderata da frammenti laterizi. Analoga soluzione ricorre in ambienti coperti, di superficie contenuta e perciò verosimilmente destinati a una funzione riservata. L’esempio più lussuoso è nella domus D di S. Giulia (fig. 8): al centro di un pregevole opus sectile è inserita la vasca (diametro 1,2 m; profondità 0,35 m), costruita in cocciopesto ma il cui fondo è coperto da un’unica lastra in marmo di Luni, appositamente tagliata in forma di ottagono; un piccolo foro al centro, in comunicazione con una canaletta in laterizio, costituiva al contempo sia il punto d’arrivo della sottile fistula da cui scaturiva lo zampillo, sia lo scolo per l’acqua in uscita, che senz’altro velava il bacino ad esaltare la brillantezza del marmo. Fig. 8. Brescia, Domus D di S. Giulia, il vano 62 con la fontana ottagonale inserita nel pavimento (da Domus 2005, p. 241, fig. 141). 48 SlavaZZi 2005, pp. 316-317. mentre diventano un accessorio tipico delle sale d’apparato tardoantiche in molte aree del mediterraneo: deSSaleS 2013, p. 91. 49 306 SERVIzIO, ORNAMENTO, IDENTITà. L’ACQUA NELLA CULTURA ABITATIVA DI BRESCIA ROMANA Fig. 9. Brescia, Domus C di S. Giulia, il vano 45 con la vasca rettangolare inserita nel pavimento (da Domus 2005, p. 188, fig. 114). Un valore più che ornamentale andrebbe, infine, riconosciuto alla presenza dell’acqua in uno spazio interpretato come possibile sacrario domestico 50, allestito rimaneggiando ciò che in precedenza era un semplice triclinio nella domus C di S. Giulia (fig. 9). Nel tardo II d.C. il mosaico pavimentale è tagliato per inserire una vasca rettangolare (1,6x1,14 m; profondità 0,5 m) con ampio bordo, interamente rivestita in marmo di Luni e arricchita da complessi giochi d’acqua. Dal fondo una piastra in bronzo spingeva l’acqua in un sottile spruzzo verticale, mentre dodici beccucci creavano una corona di zampilli che dal perimetro raggiungevano anch’essi il centro della vasca 51. Un vero trionfo di getti d’acqua impreziosiva, quindi, un ambiente lussuoso per la profusione di marmi e la copertura voltata, in cui l’assenza di luce naturale creava un’atmosfera raccolta. L’asse visivo era poi dominato da una nicchia, dove era posta la statua, forse Diana o altra divinità silvestre, cui appartiene il frammento scoperto durante gli scavi 52. aCqua, diStinZione SoCiale e roManità Sebbene la rassegna sia senz’altro parziale, data la casualità dei rinvenimenti, non può sfuggire l’insistenza con cui a Brixia i proprietari moltiplicano gli elementi d’arredo legati all’acqua, che sembra “esibita” più che “usata” e la cui presenza diviene pervasiva perfino 50 51 52 Ghedini 2005, p. 47. BaGGio et alii 2005, pp. 187-189. SlavaZZi 2005, pp. 313-315. 307 PAOLO BONINI nelle domus dell’ortaglia, che sono senza dubbio case confortevoli ma non possono competere per superficie e qualità decorativa con le vicine domus di S. Giulia e perciò vanno ricondotte a personaggi agiati, ma non di vertice assoluto nella società cittadina 53. Negli ambienti di queste dimore è proprio l’acqua a catturare l’attenzione dell’ospite, distogliendolo da spazi sostanzialmente ristretti per contribuire a creare l’impressione di un lusso forse più apparente che reale e certo non senza inconvenienti: basti pensare all’umidità che, in questi vani, specialmente d’inverno, doveva essere fastidiosa anche per il fatto che non c’erano rubinetti come quelli moderni 54 e l’acqua scorreva giorno e notte, a flusso continuo 55. È noto, del resto, che nella Roma imperiale avere l’acqua in casa era un beneficio concesso dall’imperatore soltanto 56, della cui mancanza si lamenta a più riprese anche marziale, che pure era un poeta di successo e abitava sul Quirinale, tanto vicino all’Aqua Marcia da poterla perfino sentire scorrere 57. Può darsi che a Brescia la normativa fosse meno severa, data l’abbondante disponibilità idrica e la minore pressione demografica; la richiesta andava rivolta alle autorità locali, ma certo nemmeno qui si raggiungeva una distribuzione capillare. L’allacciamento all’acquedotto restava perciò esclusivo e la sua ostentazione in casa rendeva tangibile la promozione sociale della famiglia che vi abitava, in una prospettiva ben più concreta di qualunque vagheggiamento della natura incontaminata che altrove, come a Pompei, sembra invece permanere come esigenza primaria dei committenti 58. Segno di prestigio ancora maggiore sono poi i balnea privati, poiché trasformano in privilegio un servizio che generalmente era appannaggio della sfera pubblica, se non altro per gli elevati costi di gestione: potersi lavare in casa, “senza troppa gente intorno”, è un punto d’onore che il celebre Trimalcione non manca di far notare ai suoi ospiti, con la scarsa eleganza che lo contraddistingue 59. Nel tessuto edilizio della città moderna non è facile riconoscere con certezza gli ambienti domestici a vocazione termale. Il solo ipocausto non rappresenta di per sé una prova dirimente, come nell’area delle cattedrali o in via Trieste 60, poiché tale sistema era utilizzato anche per scaldare vani di soggiorno; è piuttosto l’associazione con vasche o condotti a offrire qualche sicurezza in più. modesto nelle dimensioni, perciò senz’altro pertinente a una casa, è il vano termale di via Piamarta: rifornito d’acqua tramite una fistula plumbea, era ornato da affreschi e mosaici e, soprattutto, riscaldato con intercapedini e tegole mammate alle pareti 61. In via Tosio indagini compiute a più riprese hanno rivelato porzioni 53 Analoga dinamica si registra anche a Pompei, dove è il ceto medio in ascesa a utilizzare vasche e fontane come manifestazione del successo economico raggiunto: BorGhi 1997, p. 43. 54 Le valvole metalliche per gli allacciamenti alle case servivano infatti come elementi di blocco, scambio o doppio attacco alle tubature e permettevano di escludere dall’alimentazione specifici settori della rete, per lo più per ragioni di manutenzione: hodGe 2005, pp. 322-326. Per una rassegna tecnica: FaSSitelli, FaSSitelli 1997, pp. 71-84. 55 janSen 2000, p. 115; peleG 2000, p. 241; hodGe 2005, p. 322. 56 MaGanZani 2004, pp. 189-190; deSSaleS 2013, pp. 226-241. 57 mart. IX, 18. 58 BorGhi 1997, p. 48. 59 Petron. 73. 60 CAL 1996, pp. 122-123, nn. 175r, 179b; roSSi 2005, p. 18. 61 CAL 1996, p. 158 n. 379. 308 SERVIzIO, ORNAMENTO, IDENTITà. L’ACQUA NELLA CULTURA ABITATIVA DI BRESCIA ROMANA di una grande dimora: il nucleo termale, riscaldato tramite ipocausto, è formato da una sala, con pavimento in marmo e affreschi alle pareti, affacciata su un corridoio alla cui estremità è ricavata una vasca (4x2 m) 62. Nella zona E di S. Giulia i vani termali non sono così ben conservati, ma spicca una struttura semicircolare interpretata come una sorta di sauna 63. Sebbene offrano un vero e proprio servizio di grande confortevolezza, le terme private sembrano però essere percepite, nella comune mentalità romana, essenzialmente come un lusso superfluo 64 e in quanto tale finiscono nel mirino dei moralizzatori come Seneca per lo sfarzo eccessivo dei materiali e lo spreco di risorse 65. ma proprio perché spesso oggetto di aspra critica, l’abbondante consumo d’acqua costituisce un elemento centrale nella vita quotidiana dei ceti privilegiati di Roma ed innesca un potente fenomeno d’emulazione che si irradia in Italia, e non solo, come adesione a uno stile di vita “alla romana”. L’acqua diviene un elemento irrinunciabile in quanto simbolo di status e manifestazione di ricchezza, perciò trova sempre posto all’interno della dimora, indipendentemente dalle soluzioni costruite in Cisalpina: da quelle più “canoniche” ad atrio e peristilio a quelle invece meno vincolate a tipologie e centrate su semplici cortili 66. Nel periodo cruciale della storia di Brixia che corrisponde al primo impero, archeologia ed epigrafia sembrano però offrire immagini discordanti. Il volto urbano della città, nei monumenti pubblici e nel tessuto edilizio privato, pare rapidamente conformarsi al modello romano, eppure le iscrizioni, commissionate dalle stesse persone che quegli spazi vivevano ogni giorno, documentano quanto a lungo persista il peso della cultura autoctona. Grande vitalità continuano ad avere le forme onomastiche celtiche, proseguono le tradizioni religiose locali e, per buona parte del I d.C., sono ancora molti, in città e nel territorio, gli individui privi di cittadinanza, pur dotati di risorse economiche significative 67. È questa ulteriore prova di come il concetto di romanità non possa direttamente legarsi all’etnia, ma consista in primo luogo nell’adozione di costumi sociali e abitudini quotidiane che proprio lo spazio della casa riflette ed al contempo promuove in un circolo virtuoso, contribuendo in misura fondamentale a costruire l’identità sociale di chi vi abita 68. Al di là degli specifici modelli tipologici, che sono per lo più categorie interpretative moderne 69, a rendere “romana” una casa romana, per parafrasare il titolo di un contributo recente di Andrew Wallace-Hadrill, è la condivisione di un lessico architettonico basato sul lusso, esibito per legittimare e rafforzare una condizione di privilegio 70. Per quanti, anche a Brescia, aspirino ad una carriera e ne abbiano i mezzi, una dimora raffinata è l’unico segno tangibile di una promozione sociale, vera o anche solo ambita. In questa prospettiva la suggestione dell’acqua svolge un ruolo essenziale, poiché è in grado d’impressionare l’ospite e plasmare un’immagine d’agiatezza e benessere, affermando al contempo la piena adesione dei proprietari alla romanità. 62 63 64 65 66 67 68 69 70 CAL 1996, p. 182 nn. 564-565. BiShop, laChin, Morandini 2005, pp. 255-257. papi 1999, p. 698. Sen. Epist. XI, 86, 7. Ghedini 2012, pp. 312-322. In particolare sui cortili: Bonini 2012, pp. 62-66. GreGori 1999, pp. 199-206; Mollo 2000, pp. 345-347. haleS 2003, pp. 13-18. Come ha mostrato con autorevolezza Pierre Gros per la “casa ad atrio”: GroS 2001, p. 29. wallaCe-hadrill 2015, pp. 184-186. 309 PAOLO BONINI BIBLIOGRAFIA anderSSon 1990 = e.B. anderSSon, Fountains and the Roman Dwelling. Casa del Torello in Pompeii, in “Jahrbuch des Deutschen Archäologischen Instituts”, 105, pp. 207-236. anniBaletto 2012 = m. anniBaletto, Infrastrutture idrauliche, in Atria 2012, pp. 159-198. Atria 2012 = Atria longa patescunt. 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Tale infrastruttura migliora in maniera significativa la qualità della vita in città, non solo perché consente la costruzione di impianti termali pubblici, ma anche perché offre un servizio significativo alle ricche dimore del ceto dirigente: fra le pareti domestiche proliferano infatti fontane e giochi d’acqua, né mancano piccoli balnea. La particolare enfasi con cui i proprietari mettono in risalto la presenza dell’acqua in casa propria induce 311 PAOLO BONINI a pensare che tale elemento rivestisse ai loro occhi un valore ben superiore a quello del semplice servizio. Attraverso l’analisi degli esempi più significativi di impianti per l’acqua scoperti nelle domus signorili, si mostrerà come a Brescia proprio l’acqua esibita nello spazio privato divenga un elemento fondamentale attraverso cui i ceti dirigenti locali aderiscono alle istanze introdotte dall’Urbe, adeguandosi allo stile di vita e ai modelli di autorappresentazione che sono tipici della romanità. Parole chiave: Brescia; età romana; domus; fontane. aBStraCt ServiCe, deCoration, identitY. the value oF water in the houSeS oF roMan BreSCia A famous Roman inscription (Inscr. It. X, 5, 85), mentioning Augustus and Tiberius, tells us that the aqueduct which supplied Brescia from the neighbouring Val Trompia was built after the city had been granted the title of Colonia Civica Augusta. The infrastructure greatly improves the urban quality of life, not only because it allows the spreading of public baths, but also because it offers an important service to the richest houses of the ruling class: fountains, jeux d’eau and little balnea spread in the domestic areas. The owners particularly emphasize the presence of water in their own homes: that suggests the idea that water was not merely a kind of facility, but had a much higher value in their eyes. The analysis of the most significant examples of water systems found in the Roman domus of Brescia, will show how the water displayed in the private space becomes here a basic feature through which the aristocrats adhere to the instances introduced by Rome and conform to the typical Roman lifestyle and self-representation. Keywords: Brescia; Roman Era; Domus; Fountains. paolo Bonini Circuito Sud 46 _ I-25016 Ghedi (BS) paolobonini@inwind.it 312