Vladimiro Giacché (presidente del Centro Europa Ricerche)
Asi
etrie ell’U io e Ba caria Europea
I te ve to all’i o t o
L’UNIONE BANCARIA E LA RIFORMA DEL CREDITO COOPERATIVO:
impatti e prospettive per gli intermediari italiani,
15 giugno 2018, Libera Università di Bolzano
Buongiorno a tutti.
desidero innanzitutto ringraziare la Libera Università di Bolzano e in particolare
il prof. Weissensteiner per il cortese invito a partecipare a questo incontro.
Il mio intervento sarà dedicato alle asimmetrie che attualmente caratterizzano
la regolamentazione bancaria in Europa.
Queste asimmetrie emergono sia con riferimento a quanto è regolamentato nel
contesto della Unione Bancaria propriamente detta, sia con riferimento alle ulteriori
regolamentazioni cui sono sottoposti gli intermediari finanziari (a cominciare dagli
accordi di Basilea), sia con riferimento alle prassi della Vigilanza europea esercitata
dalla BCE.
Fermare la propria attenzione su questi aspetti è importante. Ritengo infatti
che ogni decisione in termini di assetto normativo e di policy che viene assunta nel
nostro Paese de a fo da si su u uad o o etto delle i pli azio i dell’attuale
quadro normativo europeo e della prassi di Vigilanza della BCE.
1. l’U io e Ba caria Europea.
1.1.
Obiettivi e struttura
Iniziamo facendo un passo indietro.
1
L’o iettivo o ui l’Unione bancaria europea è nata era quello di ridurre la
al a izzazio e fi a zia ia ell’Eu ozo a, pe epita a agio e o e u o dei
maggiori pericoli per la sussistenza stessa della moneta unica.1
Sin dal 2012 gran parte delle ricerche disponibili agli operatori sui mercati
finanziari evidenziavano infatti come quello che sino al 2008/2009 si presentava
come un sistema così interconnesso da essere inestricabile, si era andato
idiseg a do se o do li ee azio ali : il lending cross-border ell’eu ozo a e a
ollato all’i i a alla età dei valo i p e isi, ingenti capitali erano stati rimpatriati
nei paesi core, mentre il lending nei paesi cosiddetti periferici tornava ad essere
sostanzialmente domestico. Due grafici tratti da un report di Morgan Stanley del 29
agosto 2012 ci aiutano a inquadrare la situazione.
1
P. Jenkins, Banking union must halt Balkanisation, Fi a ial Ti es , 10 settembre 2012.
2
Noi oggi sappiamo che il sudden stop ai prestiti core-periferia evidenziato dai
grafici che abbiamo appena visto è stato un elemento essenziale della crisi, in piena
coerenza con quello che in letteratura è noto come ciclo di Frenkel.
No
pe ò uesto l’aspetto he oggi più i i teressa di quel ritracciamento dei
rappo ti di de ito/ edito t a sf o talie i all’i te o dell’eu ozo a, quanto il fatto
che in tal modo uno degli obiettivi chiave della moneta unica, la creazione di un
mercato finanziario integrato, veniva messo radicalmente in discussione, e per di più
la fine della moneta unica diventava anche tecnicamente possibile (appunto in
quanto le interconnessioni tra sistemi finanziari nazionali andavano diminuendo).
C’e a inoltre un altro problema, non meno grave: questa situazione rendeva
possibile un circolo vizioso potenzialmente distruttivo tra rischio di credito e rischio
sovrano.
La situazione fu affrontata appunto con la ost uzio e di u ’U io e ancaria,
che – nelle intenzioni – avrebbe dovuto concorrere al ripristino di un mercato
finanziario e bancario integrato tramite 1) una vigilanza bancaria unica (Single
Supervisory Mechanism: primo pilastro), 2) procedure di risoluzione che limitassero
il rischio di contagio in caso di crisi (Single Resolution Mechanism: secondo pilastro),
e e una garanzia (poi: assicurazione) europea sui depositi tale da spezzare il nesso
rischio Paese-rischio bancario (European Deposit Insurance Scheme: terzo pilastro).
3
1.2.
La situazione attuale: qualcosa non va
A oggi, l’u io e a a ia o sta fu zio a do nel modo sperato, come
evide zia la pe du a te volatilità dei tassi d’i te esse a a i ei dive si paesi
dell’Eu ozo a (vedi grafico)
Questa circostanza non è casuale, ma rinvia a u ’a hitettu a gravemente
carente.
La a e za più a os opi a igua da o e oto l’assenza del terzo pilastro,
ma anche la struttura dei due pilastri che sono stati messi in piedi ha effetti
fo te e te asi
et i i sui siste i a a i dei dive si paesi dell’Eu ozo a. Vediamo
perché.
1.3.
Il primo pilastro
Per quanto riguarda il primo pilastro, va innanzitutto osservato che la vigilanza
bancaria diretta da parte della BCE ha effetti di copertura molto differenti tra i vari
sistemi bancari nazionali.
4
Questo perché il floor di 30 miliardi di euro di attivi, conditio sine qua non per essere
direttamente vigilati dalla Bce, ha fatto sì che i sistemi nazionali meno concentrati
risultino meno coperti dalla Vigilanza europea.
Come si ricorderà, per ottenere questa soglia minima così elevata il ministro dele
finanze tedesco Wolfgang Schäuble mi a iò di ette e il veto all’U io e a a ia.
E in effetti, come si vede da questo grafico, il sistema bancario più
sottorappresentato è proprio quello tedesco.
No
u
iste o he l’o iettivo principale della ferma posizione tenuta riguardo
alle soglie da Schäuble fosse quello di tenere fuori le Sparkassen dalla Vigilanza
diretta europea:2 in effetti, delle oltre 400 Sparkassen soltanto una è oggi vigilata
dalla Vigilanza BCE; stiamo parlando di banche cui è riconducibile il 22,3% degli
impieghi di quel paese, per un totale di oltre 1.000 miliardi di euro.
Sul numero complessivo e sull’i po ta za relativa delle banche tedesche tenute
fuori dalla Vigilanza BCE, che non sono soltanto le Sparkassen, da qualche tempo
abbiamo dati più precisi grazie a una indagine condotta ell’agosto 2017 dalla
Bundesbank e dalla Bafin (la Consob tedesca) precisamente sulle banche al di sotto
della soglia fissata per la Vigilanza BCE: esse sono risultate essere 1555, l’ % delle
banche tedesche, per un valore di bilancio di 3.000 miliardi di euro, pari al 41%
Cfr. ad es. A. Ballaman, Un’unione bancaria su misura della Germania, “Voxeurop”, 14 dicembre 2012:
http://www.voxeurop.eu/it/content/press-review/3164391-un-unione-bancaria-su-misura-la-germania .
2
5
dell’i te o valo e di ila io delle a he tedes he.3 La Vigilanza diretta europea è
quindi esercitata su banche che assommano appena al 59% delle attività
complessive del sistema bancario tedesco. Ma il perimetro delle banche vigilate è
destinato a restringersi ulteriormente: infatti all’E ofi del
aggio 2018 Berlino è
ius ita a otte e e l’ese zio e dalle o e UE pe i e uisiti di apitale pe
La desfö de s a ke più u ’ulte io e a a di sviluppo azio ale, oltre al KfW che
ne è esentato da sempre.4 Secondo stime ragionevoli si scenderebbe così a una
copertura del 50% circa.
Qual è per contro il grado di copertura del sistema italiano da parte della Vigilanza
diretta della BCE? A questo riguardo fa fede la Relazio e a uale della Ba a d’Italia
di uest’a o: il % del totale delle attività degli i te edia i italia i .5
Ma questa è la fotografia ad oggi. Non appena diventerà operativo il previsto
accorpamento in gruppi delle BCC, la percentuale di copertura italiana salirà ancora,
e il grafico precedente dovrà essere sostituito da quello che segue.
Ein Zinsschock würde 68 Banken bedrohen, Frankfurter Allgemeine )eitu g , 31 agosto 2017.
Per la conferenza stampa congiunta di Bundesbank e Bafin circa il risultato dell’i dagi e cfr.
Results of the 2017 low-interest-rate survey, Deutsche Bundesbank – Bafin, press conference on 30
august 2017
(https://www.bundesbank.de%2FRedaktion%2FEN%2FDownloads%2FTopics%2F2017_08_30_pre
ss_conference_praesentation.pdf%3F__blob%3DpublicationFile&usg=AOvVaw2GSfQ63QRFFZ2AA
n3Wvi6p ).
4
G. Faggionato, Unione bancaria, la Germania ottiene l’esenzione per 14 istituti, Lette a , 25
maggio 2018.
5
Relazione annuale, Banca d’Italia, 29 maggio 2018, p. 169.
3
6
1.4.
Il secondo pilastro
Veniamo al secondo pilastro, le procedure di salvataggio o risoluzione delle banche
in crisi, caratterizzate, a partire dal 1° gennaio 2016, dal sostanziale divieto di bailout
pubblico.
Anche queste norme hanno avuto effetti pesantemente asimmetrici, che hanno
danneggiato pesantemente in particolare il sistema bancario italiano.
Qui l’asi
et ia o siste el p evede e pa ità di condizioni (divieto di bailout) per
sistemi che avevano avuto una storia recente molto diversa tra loro.
Infatti le nuove regole venivano stabilite a valle di aiuti pubblici senza precedenti
concessi alle banche di molti paesi europei. Questi aiuti avevano sostanzialmente
disattivato la normativa europea sugli aiuti di “tato sull’o da dell’e e ge za,
alterando in misura sostanziale il panorama concorrenziale del sistema bancario in
Europa.
Qua to all’e tità di questo sostegno, un articolo pubblicato da Markus Frühauf sulla
F a kfu te Allge ei e )eitu g del 16 agosto 2013 (alla vigilia della definizione
dell’Unione bancaria) offre dati a dir poco impressionanti.6 Li vedete ell’i fog afi a
6
M. Frühauf, Milliardengrab Bankenrettung, „Frankfurter Allgemeine Zeitung“, 16.8.2013:
7
qui sotto, che è semplicemente la traduzione di quella contenuta nell’a ti olo di
Frühauf.
Un solo esempio tra i molti possibili: le garanzie prestate dallo Stato tedesco alla
sola Hypo-RE furono pari a 145 miliardi di euro, il costo stimato nel 2015 per il
contribuente tedesco del solo salvataggio di questa società finanziaria ammontava a
20 miliardi di euro.7
E’ evide te he i pedi e, a valle di questo gigantesco processo di sostegno pubblico
alle banche da parte di molti “tati dell’U io e Eu opea e i pa ti ola e
dell’Eu ozo a , ogni bailout pubblico (o comunque subordinarlo a criteri
estremamente stringenti e posporlo alla partecipazione di azionisti, obbligazionisti e
correntisti al risanamento aziendale, non escludendo affatto la strada della
risoluzione/chiusura della banca interessata) risultava fortemente penalizzante per
gli Stati che non avevano proceduto a sostenere in modo massiccio il sistema
bancario nazionale nella fase precedente.
http://www.faz.net/aktuell/wirtschaft/wirtschaftspolitik/teuer-fuer-den-steuerzahler-milliardengrabbankenrettung-12535343.html . Altre fonti riportano cifre in parte diverse sul complesso degli aiuti
ricevuti dalle banche europee. Quello che emerge incontrovertibilmente da ogni resoconto su aiuti e
garanzie concessi è la particolarità della situazione italiana, caratterizzata da aiuti di Stato alle
banche decisamente esigui se raffrontati agli altri Paesi dell’Unione Europea.
7
Vedi H. Peitsmeier, Das Letzte von der Resterampe, “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, 4.8.2015).
8
I olt e pe l’Italia tale i t oduzio e avve iva sull’o da della più g ave isi i te po
di pa e dall’U ità, e ui di dopo la formazione, pe u siste a i ui l’attività delle
banche è ancora prevalentemente incentrata sul credito come il nostro, di uno stock
di NPLs molto significativo. Ossia di difficoltà che, a differenza della crisi che aveva
sconvolto il panorama bancario europeo dal 2007/2008 in poi, non avevano la loro
origine nell’utilizzo spinto di prodotti finanziari a forte leva, ma erano il portato
dell’o da lu ga di u a isi he aveva idotto del % la apa ità p oduttiva del
nostro Paese, fatto crollare gli investimenti (crollo il cui valore cumulato ha superato
il 20% in media dopo il 2007, ma che per il settore delle costruzioni ha superato il
37%) e p odotto u e ezio ale au e to dei falli e ti d’i p esa.
Non era difficile prevedere che introdurre in questo contesto mutamenti radicali
della normativa bancaria, a cominciare dal coinvolgimento diretto di azionisti,
obbligazionisti e in parte correntisti in caso di crisi (cosiddetto bail-in), avrebbe
comportato un terremoto.
Anche perché il Fondo unico di risoluzione era destinato, anche in prospettiva, ad
avere una dotazione decisamente insufficiente di risorse, e, soprattutto, mancava
del tutto il terzo pilastro, la garanzia (poi assicurazione) unica dei depositi.
Quanto al Fondo unico di risoluzione la situazione è raffigurata nella scheda e nel
grafico seguenti.
9
Pe alt o, l’uso stesso ipotizzato pe il Fo do di isoluzio e p ese ta aspetti assai
dubbi: basti pensare al fatto che per le piccole banche è prevista soltanto la
liquidazione e non la risoluzione con il contributo del Fondo.8
1.5.
Il terzo pilastro
Ma l’aspetto più g ave
l’assenza del terzo pilastro, l’assi u azio e u i a dei
depositi (European deposit insurance scheme, EDIS).
Va sottolineato che questo pilastro è (sarebbe stato) assolutamente essenziale per
conseguire il fi e di hia ato dell’U io e a a ia, ossia uello di i ve ti e uel
processo di balcanizzazione finanziaria lungo linee corrispondenti ai confini nazionali
che era una delle conseguenze più evidenti della crisi.
I fatti l’asse za di u a ga a zia eu opea mantiene l’o e e della protezione dei
risparmiatori in capo al sistema Paese interessato.
8
Questo aspetto è stato correttamente rilevato da F. Panetta, il quale solleva al riguardo il problema
dell’incoerenza di una normativa che prevede che da un lato anche le banche piccole debbano
contribuire al Fondo Unico di Risoluzione Europeo, senza però evidentemente poterne usufruire in
caso di necessità: cfr. F. Panetta, Il sistema bancario italiano nel quadro dell’Unione bancaria
europea, Camera dei Deputati – Seminario di aggiornamento professionale, Roma, 10 maggio 2018,
p. 10.
10
Un veloce riepilogo della situazione a questo proposito.
La situazio e dell’U io e a a ia stata raffigurata così.
Ma sarebbe più appropriato parlare di un tavolino a due zampe, con le prevedibili
conseguenze in fatto di stabilità.
11
1.6.
Effetti dell’i troduzio e delle or e dell’UB ell’ordi a e to italia o
L’effetto di questo insieme di norme (i pilastri che ci sono e quello che non c’ ) è
stato devastante in particolare per il sistema bancario italiano, per il quale le nuove
regole hanno mutato in misura sostanziale – e per di più senza alcuna fase
transitoria – il panorama normativo in vigore da decenni, sollevando oltretutto per
più di un verso seri dubbi di costituzionalità.9
In effetti, a dispetto delle intenzioni, il nuovo contesto normativo ha penalizzato
pesantemente i risparmiatori, in particolare i detentori di obbligazioni subordinate
acquistate in vigenza del vecchio ordinamento. In un documento congiunto del 30
maggio scorso, EBA ed ESMA hanno finalmente ammesso he l’appli azio e del ailin agli obbligazionisti retail può essere destabilizzante, e conseguentemente
suggerito di esentarne in futuro questa categoria di investitori.10 Ma pe l’Italia il
danno è stato già fatto.
Infatti, come era facilmente prevedibile, in assenza sia di un backstop pubblico per
le situazioni di crisi che di un sistema di garanzia europeo, le nuove regole hanno
innescato un vero e proprio bank run in relazione agli istituti percepiti come più
deboli, o che erano alle prese con crisi aziendali che nel contesto normativo
precedente sarebbero state più facilmente gestibili.
In tal modo, secondo il meccanismo ben noto delle previsioni che si autoavverano
(self-fulfilling prophecies), i problemi di liquidità di alcuni istituti hanno innescato
una fuga dei depositi che ne ha posto a rischio la solvibilità. Questo è, in parte non
piccola, il nocciolo della questione nei casi del MPS, delle banche venete andate in
crisi e liquidate lo scorso anno, e di altre banche che hanno conosciuto seri problemi
dopo l’i t oduzio e del ail-in il 1° gennaio 2016.
Queste isi si so o ipe osse pesa te e te sulle valutazio i di o sa dell’i te o
settore bancario italiano, in un processo in cui i trigger del crollo dei prezzi non
erano rappresentati principalmente da notizie negative, bensì da eventi che
riguardavano la regulation del settore a livello europeo, o interventi del regolatore
europeo stesso su questa o quella situazione, su questa o quella banca.
È stato lo stesso presidente dell’ABI, Patuelli, a eccepire sulla costituzionalità delle nuove norme,
con riferimento all’art. 47. Non appare fuori di luogo aggiungere l’art. 43.
10
A. Baglioni, L’Europa ci ripensa sul bail-in? Approfittiamone, “lavoce.info”, 8 giugno 2018.
9
12
In effetti, tra fine dice
e
e l’ fe aio
, ossia dallo stop all’i te ve to
del fondo interbancario di tutela dei depositi per salvare 4 banche locali su cui si è
poi dovuto intervenire diversamente (con minore tutela degli obbligazionisti e
stabilendo un benchmark irragionevole in termini di prezzo di alienazione degli NPLs
– il 17% - che avrebbe avuto pesanti conseguenze per il settore nel suo insieme) alle
p i e setti a e dopo l’entrata in vigore del bail-in, sono stati bruciati 46 miliardi di
capitalizzazione di borsa dei titoli bancari su un totale di 134,6: un crollo del 35%.
2. La Vigilanza BCE
2.1.
Rischio di credito vs rischio di mercato
È importante sottolineare che quanto sopra non è stato soltanto il frutto degli
effetti oggettivamente asimmetrici delle nuove norme, ma anche delle modalità –
a h’esse asi
et i he – della loro applicazione.
Un cenno specifico merita in questo contesto il rischio di mercato.
Il peso di questo rischio (legato all’attività fi a zia ia, i luse le t a sazio i i
derivati) risultava assolutamente sottodimensionato rispetto alla sua portata reale
già negli Stress Test e ell’AQR effettuati nel 2014: in tal modo veniva enfatizzato il
rischio di credito, e conseguentemente penalizzati i sistemi bancari (quale quello
italia o i ui uest’ulti o aveva u peso p opo zio al e te aggio e. (vedi i
grafici qui sotto).11
11
I testi citati nel secondo grafico sono : Barucci E., Baviera R., Milani C., 2016, Is the
comprehensive assessment really comprehensive?, in “The SSM at 1”, edito da J. Ulbrich, CC.
Hedrich e M. Balling, SUERF Conference Proceedings 2016/3, Larcier.
Barucci E., Baviera R., Milani C., 2018, The Comprehensive Assessment: What lessons can be
learned?, European Journal of Finance, di prossima pubblicazione.
13
Ma ’ di più: il is hio di e ato al o t a io del ischio di credito) non figura
né tra le 5 priorità della Vigilanza bancaria europea esercitata dalla BCE nel 2015, nel
14
2016 e nel 2017, né tra le 4 priorità stabilite per il 2018: questo è scritto
esplicitamente nei Rapporti annuali della BCE sull’attività di vigilanza.12
In questo modo risulta insufficientemente vigilata precisamente la tipologia di
rischio alla quale è attribuito lo scoppio della crisi culminata nella Grande
Recessione.
Nella intervista a Danièle Nouy, presidente del Consiglio di Vigilanza della BCE,
contenuta nel Rapporto annuale della BCE sulle attività di Vigilanza
, il is hio
di e ato o
eppu e e zio ato. La stessa p eside te, ispo de do l’
aggio s o so a u a lette a dell’o o evole )a i i ui si fa eva p ese te la
necessità di una maggiore attenzione al riguardo a tale tipologia di rischio,
ispo deva f a l’alt o he Level and Level positions consist, to a large degree, of
hedging and client-related transactions providing financial services to the real
economy and satisfying a demand from various economic agents .13
I u e i, pe ò, i a o ta o u a ealtà u po’ dive sa. I de iva ti a te uti i
bilancio per finalità di trading dalle banche francesi e tedesche era nel 2015 pari al
% del totale dell’attivo.
12
Al riguardo si vedano il Rapporto annuale della BCE sulle attività di vigilanza 2015, marzo
2016, il Rapporto annuale della BCE sulle attività di vigilanza 2016, marzo 2017, e il Rapporto
annuale della BCE sulle attività di vigilanza 2017, marzo 2018. Nella figura 1 a p. 12 del Rapporto
pubblicato nel marzo 2017 sono riportate le 5 “priorità della vigilanza per il 2016 e il 2017”; nella
figura a a p. 12 del Rapporto pubblicato nel marzo 2018 sono riportate le 4 “priorità di vigilanza per
l’anno 2018 e oltre”. In nessuna di esse figura il rischio di mercato.
13
D. Nouy, lettera del’8 maggio 2018 in risposta a lettera dell’on. Zanni (QZ-029). Vedi anche R.
Dimito, “Nouy: ‘I titoli illiquidi nelle banche tedesche? Nessun rischio, sono meno pericolosi degli
Npl’”, “Il Messaggero”, 15 maggio 2018; nell’articolo il passo citato nel testo è così
tradotto/sintetizzato: “le esposizioni di secondo e terzo livello ‘consistono in operazioni di copertura
con la clientela, forniscono servizi finanziari all’economia reale e soddisfano la domanda di molti
soggetti economici”.
15
E in ogni caso il peso complessivo dei derivati e più in generale dei Level2 e
Level3 assets sui bilanci delle maggiori banche europee è tale da meritare una ben
diversa attenzione da parte dei supervisori europei.
16
Appaiono quindi appropriate le osservazioni del Vice Direttore Generale della Banca
d’Italia, dott. Fa io Pa etta, du a te l’audizio e alla Ca e a dei Deputati del 10
maggio 2018:
Alla fi e del
le attività e le passività di Livello e Livello dete ute dalle
maggiori banche europee ammontavano complessivamente a 6.800 miliardi di euro,
un valore circa 12 volte superiore a quello dei crediti deteriorati di tutte le banche
dell’a ea dell’eu o. Si tratta di rischi che non sarebbe lungimirante sottovalutare:
non solo per assicurare la stabilità dei singoli intermediari e del sistema nel suo
complesso, ma anche per evitare disparità di trattamento tra banche di tipo
t adizio ale e a he d’i vesti e to .14
Per contro, la Vigilanza unica della BCE sembra focalizzarsi prevalentemente sul
rischio di credito, valuta do uest’ulti o o e il p i ipale fatto e di
destabilizzazione dei mercati europei.
Alla luce di questo approccio, non desta troppo stupore che al team ispettivo della
Vigilanza BCE che un anno fa ha o dotto u ’ispezio e p esso Deutsche Bank non
F. Panetta, Il sistema bancario italiano nel quadro dell’Unione bancaria europea, cit. Si veda
anche R. Roca, F. Potente (coord.), Risks and challenges of complex financial instruments: an
analysis of SSM banks, Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), n.
417, dicembre 2017.
14
17
sia stato richiesto nemmeno di prezzare il valore dei derivati in portafoglio.15 E del
resto già in precedenza la stessa Vigilanza europea aveva alzato le mani con un
u ioso agio a e to: giudi a do io i ealisti o valuta e l’adeguatezza del pricing
dato ai derivati in portafoglio di Deutsche Bank e di altre grandi banche vista… la
discrezionalità concessa al riguardo a banche e revisori.16 Il risultato di questo
singolare approccio è ben visibile nei problemi che oggi Deutsche Bank sta
incontrando,17 e che sembra abbiano indotto la BCE a fornire a questa banca
liquidità di emergenza nelle settimane scorse.
In verità, valutare il rischio di credito come il principale fattore di destabilizzazione
dei mercati europei è erroneo tanto in una prospettiva storica (la crisi del 2007/8 fu
occasionata dal rischio di mercato, non dal rischio di credito), quanto se ci si rivolge
all’oggi.
Lo prova una ricerca condotta dal CER nei mesi scorsi sul profilo di rischio delle
banche europee, di cui sintetizzerò le principali risultanze.18
Un indicatore molto utilizzato nella letteratura economica per stimare il grado di
rischio degli istituti di credito è il cosiddetto Z-score.19 Quest’i di e isu a ua to
una banca è distante dal default valutando quante e quali perdite di valore nelle sue
attività bancarie un istituto si può permettere prima di erodere tutto il capitale a
disposizione. Uno Z-s o e più alto
ui di u ’i di azio e di maggiore stabilità
finanziaria da parte di una banca/sistema bancario.
In base al livello medio dello Z-score assunto dai cluster il CER ha classificato le
banche tra quelle a rischio alto, medio e basso. È emerso che le banche che
appartengono al cluster a basso rischio hanno, sia nel periodo pre che post-crisi, una
maggior concentrazione delle loro attività nel tradizionale business creditizio,
mentre per converso hanno una minore incidenza delle attività finanziarie, tra cui
anche quelle specificatamente detenute per finalità di trading. Queste banche
hanno inoltre una maggiore dotazione di capitale, soprattutto se misurata come
rapporto tra capitale e totale attivo. In termini dimensionali, sono quelle più piccole
tra i tre diversi cluster considerati.
C. Gatti, Mps, Deutsche Bank e la Vigilanza BCE “flessibile” sui derivati, “Il Sole 24 Ore”, 17
marzo 2017.
16
L. Davi, BCE, 68 banche sotto ispezione. Fuori i Level 3 dalle verifiche, “Il Sole 24 Ore”, 25
gennaio 2017.
17
Vedi fra l’altro Versteckte Risiken der Deutschen Bank, “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, 8
giugno 2018, che stima in 30 miliardi di euro (leveraged exposure) l’entità del portafoglio di Level
3 assets considerabili come “Altlasten”.
18
L’identikit del rischio nelle banche europee, Rapporto CER Aggiornamenti, 27 marzo 2018.
19
Quest’indice è ottenuto come il rapporto tra la somma di Roa e Capitale/attivo e la deviazione
standard del Roa calcolata su un determinato periodo di tempo.
15
18
I defi itiva, dall’a alisi effettuata se
a e e ge e o e p o le i sulla sta ilità
finanziaria delle banche possono nascere anche, e soprattutto, dal rischio di
e ato, o h da u a assa dotazio e di apitale i pe e tuale dell’attivo, e o
prevalentemente dal rischio di credito.
“e uest’ulti o deve esse e atte ta e te o ito ato, sop attutto po e do la
giusta attenzione al problema degli NPL, vigilanza e regolatore europeo dovrebbero
prestare un focus maggiore ai rischi connessi con i mercati finanziari.
Purtroppo, questo non è scontato che questo avvenga neppure in occasione degli
stress test previsti per il 2018; al contrario, la metodologia predisposta dall’EBA
sembra riproporre di fatto u
ias sfavo evole all’attività editizia ispetto
all’ope atività i p odotti fi a zia i Level e Level .20
Co e oto, e più atte to stato l’atteggia e to della BCE e della Co
issio e
Europea nei confronti del rischio di credito. Sono stati imposti tempi molto stretti
per le cessioni di pacchetti di NPLs, sono stati addirittura fissati dei target di prezzo
di e ato a pa ti e dalla già i o data valutazio e del % i elazio e alle
banche liquidate a novembre 2015), sono infine state proposte regole molto severe
sul capitale da mettere a copertura di questi crediti (una per tutte: la richiesta di
accantonamenti in bilancio sui nuovi NPLs al 100% del valore del prestito entro 2
anni per i prestiti non assistiti da garanzia e in 7 anni per gli altri).
3. Le regole di Basilea III e la loro revisione
Ulteriori asimmetrie tra i diversi sistemi nazionali sono desumibili dal diverso grado
di ponderazione per il rischio delle attività all’i te o della o i e delle egole di
Basilea.
20
A. Resti, How demanding and consistent is the 2018 stress test design in comparison to previous
exercises?, In-Depth Analysis Requested by the ECON-Committee, European Parliament, June
2018 [draft].
19
Le differenze trovano la loro origine anche nel ben diverso grado di utilizzo di
modelli di gestione del rischio basati sul rating interno (IRB) nel calcolo delle
esposizioni creditizie tra i diversi Paesi. A questo riguardo la situazione nel 2013,
quando è partita l’U io e a a ia, e a uella raffigurata nel grafico seguente.
20
È appena il caso di osservare he l’uso di odelli IRB a zi h dei odelli standard
caratterizza le banche maggiori rispetto a uelle di i o i di e sio i. L’effetto
concreto è una sottostima del rischio nel primo caso rispetto al secondo.
L’asi
et ia i uesto i veste ui di di etta e te l’aspetto di e sio ale.
Va sottolineato che i miglioramenti attesi a seguito degli accordi raggiunti nella
revisione di Basilea III – si tetizzati ell’i fog afi a segue te - sono a questo
riguardo solo parziali, oltreché molto graduali.
4. Il Consiglio Ecofin del 25 maggio 2018: tra stretta regolamentare ed esenzioni
nazionali
Le recenti decisioni del Consiglio Ecofin del 25 maggio scorso ripropongono in modo
e le ati o ua to su esso egli ulti i a i sul te e o dell’U io e Ba a ia:
da u lato, u ’ulteriore st etta sui e uisiti di apitale, dall’alt o, una raffica di
esenzioni: per 14 a he di sviluppo tedes he
La desfö de s a ke e u ’alt a
banca di sviluppo oltre a KfW che era già esente), e anche per le credit unions di
diversi paesi.
E o la pa te delle de isio i dell’E ofi
he i te essa.
21
5. Germania e Italia: due approcci opposti rispetto alle banche di minori
dimensioni e al credito cooperativo
I isultati dell’E ofi del
aggio evide zia o le a atte isti he dell’app o io
tedes o all’U io e a a ia, a atte izzato da u a p otezio e delle pe uliarità del
p op io siste a a a io, e i pa ti ola e da u a tutela olto atte ta dell’attività
creditizia svolta dalle proprie banche.
Questo approccio ha tutelato in particolare le banche di piccole e medie
dimensioni che per quanto riguarda le grandi: le prime hanno infatti beneficiato in
primo luogo di una costruzione del primo pilastro che ha fissato a 30 miliardi di
assets il livello minimo per essere vigilati dalla Bce.
Ma la soglia di 30 miliardi o l’u i o odo i ui ueste a he (molte delle
quali pubbliche o mutualistiche) sono state protette. Un altro, non meno
importante, è rappresentato dal mantenimento al di fuori della normativa europea
sui requisiti di capitale, in una sorta di limbo regolamentare, dei cosiddetti
Institutional Protection Schemes (IPS).
Gli IPS sono diffusi soprattutto in Germania (Sparkassen e Volksbanken) e
Austria (banche Raiffeisen). Si tratta di sistemi di mutua protezione e garanzia tra le
banche associate, regolati contrattualmente a livello di associazione di categoria.
“o o a o di di atu a o t attuale e o o figu a o u ’e tità legale, e i ua to
22
tali differiscono sia dai gruppi bancari, sia dai network di banche. Pertanto non sono
direttamente oggetto della disciplina europea e legata agli accordi di Basilea. Ad es.
nella Direttiva europea oggi in vigore sui requisiti di capitale (CRD IV) gli IPS non
sono neppure citati.
La cosa è stata giudicata negativamente da Thomas Stern (Austrian Financial
Ma kets Autho ities : la de isio e del legislato e eu opeo di o este de e la
regolamentazione riguardante capitale e liquidità agli IPS è rimarchevole e difficile
da api e da u pu to di vista p ude ziale .21
Il fatto di essere membri di un IPS in effetti dà alle banche associate una serie
significativa di privilegi regolamentari: lo stesso Stern, ad esempio, ha osservato che
la struttura degli IP“ t a l’alt o o e a oggetto della regolamentazione dei nuovi
requisiti di liquidità quali il Liquidity Coverage Ratio (LCR) e il Net Stable Funding
Ratio (NSFR). Si può sostenere un importante fattore di rischio sistemico è stato in
tal modo trascurato dalla normativa. Ovviamente i rappresentanti delle Sparkassen
non la pensano così.
Resta il fatto che la situazione normativa è questa, e
tra sistemi nazionali.
ea u ’ulte io e dispa ità
È appena il caso di ricordare infatti che le banche italiane in qualche modo
confrontabili con le Sparkassen e Volksbanken tedesche, le Banche di Credito
Cooperativo, rientrano invece pienamente nella normativa europea anche per
quanto riguarda i requisiti di capitale e di liquidità. Inoltre, grazie alla riforma che ne
ha imposto la trasformazione in S.p.A. o in alternativa la costituzione di Gruppi di
banche, quelle raggruppate sotto Cassa Centrale e ICCREA diventeranno significant e
saranno controllate direttamente da Bruxelles/Francoforte, con i requisiti di capitale
più stringenti.
Il direttore generale della Ba a d’Italia, “alvato e Rossi, se
ato a e a e
alla necessità di u ’ulte io e iflessio e p i a di e de e i eve si ile uesto
processo nel suo intervento al Co g esso dell’ACRI, il giug o 2018:
Th. Stern, Regulating Liquidity Risks within “Institutional Protection Schemes”, “Beijing Law Review”, 2014, 5, pp.
210-239, qui p. 223; http://www.scirp.org/journal/PaperDownload.aspx?paperID=50168 .
21
23
6. Conclusioni
Quanto abbiamo visto ci consente di fissare alcuni punti fermi:
1) Non è azzardato affermare che per il sistema bancario italiano la nuova
regolamentazione europea ha rappresentato, sin dalla vigilia della sua
entrata in vigore, uno dei principali fattori di instabilità, anziché – come
avrebbe dovuto essere – di stabilizzazione;
2) Il quadro normativo a livello europeo è incompleto, e, in particolare a causa
dell’asse za del te zo pilast o dell’u io e a a ia, non appare in grado di
garantire il perseguimento dell’o iettivo fo da e tale pe ui l’U io e
bancaria era nata, ossia impedire la balcanizzazione finanziaria
dell’Eu ozo a;
3) Esso è caratterizzato da distorsioni (regolamentari e nella prassi della
Vigilanza europea) che oggettivamente sfavoriscono sistemi nazionali
imperniati sul credito anziché sulla finanza, sottostimando i rischi di
uest’ulti a e i e tiva do in tal modo l’uso del apitale pe l’attività
finanziaria anziché per quella creditizia.
4) A normative che sfavoriscono per più versi le banche piccole, alcuni sistemi
nazionali ha o eagito i sula dole , ossia di fatto sott ae dole i tutto o
in parte) alla giurisdizione europea.
24
5) L’Italia ha p o eduto i se so o t a io, att ave so u a uova legislazio e
che t a l’alt o ha i posto l’a o pa e to delle Banche di Credito
Cooperativo in gruppi, 2 su 3 dei quali di dimensioni significant e quindi
soggetti alla Vigilanza diretta da parte della BCE prevista per le maggiori
banche europee.
6) Questo processo sollecita alcuni interrogativi.
Il primo è quello onestamente formulato dal Direttore Generale della Banca
d’Italia. A questo ne vanno aggiunti almeno altri due:
- Siamo sicuri che sia opportuno rendere soggetto il maggior numero di
banche a una normativa e a una Vigilanza europea che evidenziano le
carenze viste sopra, anziché segui e l’ese pio dei siste i azio ali he
hanno scientemente evitato di farlo?
- Siamo sicuri che la strada migliore pe il setto e editizio sia u ’ulte io e
ondata di consolidamento, ossia di concentrazione? Per avere questa
certezza dovremmo essere certi di diverse altre cose che è invece molto
difficile affermare con sicurezza:
o che il settore è oggi insufficientemente concentrato, sia pure a
valle di un processo che ha già ridotto le banche in Italia dalle
1.200 del 1987 alle 864 del 2000, per giungere alle 460 attuali;22
o che le banche grandi siano di per sé più efficienti delle piccole;
o he u ’ulte io e p o esso di o e t azio e o
ei situazio i di
oligopolio tali da accrescere il potere di mercato dei pochi player
rimasti in misura tale da danneggiare risparmiatori e imprese;
o he esso o favo is a u a olo izzazio e del ost o siste a
bancario da parte di grandi banche straniere (risanate pochi anni
fa con danaro pubblico) in assenza di condizioni di reciprocità;
o che uno stesso modello organizzativo si attagli alle S.p.A. e alle
banche di credito cooperativo;
o che banche piccole e grandi, cooperative e S.p.A. servano uno
stesso mercato in termini di imprese affidate;
o che, per quanto riguarda in particolare le banche di credito
cooperativo,
▪ le esigenze di mutuo soccorso e garanzia siano meglio
soddisfatte da un gruppo bancario rispetto a un IPS;
22
113 banche incluse in 60 gruppi bancari e 347 banche non appartenenti a gruppi (cui vanno
aggiunte 78 filiali di banche estere): Relazione annuale della Banca d’Italia, cit., p. 269.
25
▪ le economie di scala eventualmente necessarie siano meglio
soddisfatte da una holding rispetto a un fornitore consortile
di servizi e utilità;
▪ il mantenimento delle originarie finalità nel mutato contesto
attuale non possa essere conseguito, anziché attraverso un
mutamento della forma societaria, per mezzo di vincoli più
stringenti all’ope atività più is hiosa, iglio i egole di
governance (in particolare per quanto riguarda i conflitti di
interesse) e limiti al differenziale retributivo tra livelli apicali
e addetti.
▪ la concentrazione in gruppi non comporti una restrizione del
credito nei confronti della clientela tradizionalmente servita
dalle banche di credito cooperativo.
Neppure io, al pari del Direttore Ge e ale della Ba a d’Italia, so
pe o so he il gove o sta i
agi a do .
uale sia il
Auspico però che alla base delle decisioni che assumerà vi sia una seria
riflessione sugli aspetti appena ricordati.
26