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Diritto Commerciale Concordato preventivo
n Concordato preventivo
Tribunale Milano, 3 novembre 2016 – Pres. e Rel.
Paluchowski – Axitea S.p.a. (avv.ti Agostinelli, Fulco,
Sgrò, Mengoni)
Procedure concorsuali – Concordato preventivo –
Leveraged buy-out – Apertura – Ammissione
Non osta all’apertura del concordato preventivo l’attuazione di un’operazione di leveraged buy-out in tempi
precedenti il deposito del ricorso, anche se sia all’origine
della crisi.
Procedure concorsuali – Concordato preventivo –
Precedente ricorso ‘‘con riserva’’ – Nuovo ricorso
‘‘con riserva’’
Non osta all’apertura del concordato preventivo la revoca dell’ammissione ad un precedente procedimento
per concordato preventivo iniziato con ricorso ai sensi
dell’art. 161, 6º comma. L. fall. nel biennio antecedente
il deposito di un nuovo ricorso ai sensi dell’art. 161, 6º
comma. L. fall.
Procedure concorsuali – Concordato preventivo –
Determinazione ricavato della liquidazione – Rispetto ordine prelazioni – Operatività temporale
Ai fini della determinazione del ‘‘ricavato della liquidazione’’ alla luce del ‘‘valore di mercato’’ dei beni e
diritti, la regola generale dell’art. 160, 2º comma del
rispetto dell’ordine delle prelazioni, che è indefettibile
nel concordato liquidatorio, deve essere intesa nel concordato in continuità come operativamente limitata nel
tempo, alla data della presentazione della domanda di
concordato e nella ‘‘dimensione applicativa’’ al patrimonio della concordataria esistente a quella data.
Omissis. – Prima di descrivere l’operazione di composizione della crisi che la società offre ai suoi creditori, per la
seconda volta nel giro di un anno circa, si impone la ricostruzione delle radici della crisi attraverso la quale è comprensibile anche la storia della società e si esprime un giudizio che questo collegio condivide sulla operazione cardine da cui l’indebitamento è nato, che spiega, anche la fiducia che lo stesso Tribunale, implicitamente ha dimostrato alla società. Il debito più rilevante insoddisfatto è conseguenza delle operazioni che avevano determinato la nascita della stessa Axitea come è oggi e dell’assunzione di un
debito verso il sistema creditizio assai ingente derivante da
un finanziamento in pool a seguito di una operazione di
Leveraged Buy-Out [LBO] o più precisamente di una operazione di Reverse Merger Leveraged Buy-Out, nella quale
la società target della quale viene acquisito il controllo,
incorpora mediante fusione inversa la propria controllante,
che normalmente è una società di nuova costituzione
(new.co). La fusione della target e della new.co – dando
luogo alla ‘‘confusione’’ dei patrimoni – ha l’effetto di porre
l’indebitamento contratto dalla new.co per acquisire la partecipazione nella target, in capo a quest’ultima, il cui patrimonio costituisce garanzia del debito e ne assicura il
rimborso attraverso l’aspettativa di futuri cash flow generati dalla gestione operativa. Questa operazione, che con1384
sente all’investitore di acquisire ‘‘a leva’’ il controllo di una
società operativa generatrice di cassa, sfruttando il patrimonio e/o la liquidità generata dalla target ha trovato riconoscimento nell’ordinamento giuridico con l’introduzione
dell’art. 2501-bis del Codice Civile, che detta una disciplina
ad hoc per le fusioni a seguito di acquisizione con indebitamento, caratterizzate dalla presenza di una società che ha
contratto debiti per acquisire il controllo di un’altra società,
il cui patrimonio, per effetto della fusione, viene a costituire
garanzia generica e/o fonte di rimborso di detti debiti.
Considerato che il business della vigilanza è un settore
labour intensive, caratterizzato, cioè, dalla prevalenza della
manodopera rispetto agli investimenti in strutture tecnicoproduttive, come emerge esaminando la composizione dell’attivo patrimoniale della Società, è evidente che, la norma,
nel prevedere che il patrimonio originario della target costituisca oggetto di garanzia – effetto questo che discenderebbe comunque dalla fusione – ha inteso porre come
condizione di applicabilità della particolare disciplina, tra
le altre, la condizione che il patrimonio originario della
new.co non possa da solo fornire una sufficiente garanzia
patrimoniale per il rimborso del debito contratto per l’acquisizione.
Nella operazione di Leveraged Buy-Out considerata, non
era il patrimonio della target a costituire oggetto di garanzia, bensı̀ i cash flow attesi, vale a dire la ragionevole aspettativa che la target generasse, nell’esercizio dell’attività
d’impresa, consistenti flussi di cassa idonei ad assicurare
il pagamento delle passività, sia contratte per l’operazione
di acquisizione, sia preesistenti, proprie della target. Poiché
siffatte operazioni sono spesso connotate da un elemento di
potenziale pericolosità, in quanto possono condurre alla
acquisizione di una società in assenza di risorse proprie,
gravando di debiti la società target, sulla base di un intento
meramente speculativo, il legislatore ha previsto una serie
di presidi, sia nell’interesse dei creditori della target, che
dell’interesse dei soci di minoranza di quest’ultima e di
quello pubblico ad un ordinato svolgimento delle relazioni
commerciali, prevedendo un contenuto qualificato del progetto di fusione, che deve indicare le risorse finanziarie
previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione, la relazione della società di
revisione incaricata della revisione contabile obbligatoria
della società obiettivo o della società acquirente, che deve
procedere alla revisione dei dati contabili posti a base di tali
valutazioni finanziarie, la previsione di un piano economico
– finanziario, con indicazione delle modalità e dei tempi di
rimborso integrale del debito legato al finanziamento dell’acquisizione, la relazione degli esperti che attesti la ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione. Tali presidi hanno la funzione di porre in capo agli
amministratori una precisa responsabilità in caso di default
della società target a seguito dell’eccessivo indebitamento,
qualora l’operazione di acquisizione, in una prospettiva ex
ante, cioè nella prospettiva degli amministratori che in quel
determinato momento hanno valutato la sussistenza delle
condizioni per dare seguito alla operazione di acquisizione
mediante indebitamento, dovesse mettere in luce la irragionevolezza delle assunzioni poste a base del piano economico finanziario elaborato per verificare la capacità di rimborso del debito, mediante i cash flow generati dalla società
operativa, ovvero perché l’operazione risultava imprudente
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Concordato preventivo Diritto Commerciale
e in tutti questi casi, sarà possibile riconoscere in capo agli
amministratori che hanno dato seguito all’operazione profili di responsabilità. (Omissis)
La società ricorrente ha basato la propria proposta di
concordato su un piano in continuità cosı̀ riassumibile: a)
Prosecuzione dell’attività tramite acquisizione di nuovi
clienti, spostando il target di acquisizione a clienti più grandi e strutturati, che consentano contratti con durata e redditività maggiore, i cui corrispettivi siano più facilmente
esigibili, perché non completamente micronizzati e perché
le controparti sono più facilmente solvibili ed affidabili; b)
Passaggio dell’attività sempre più verso la sorveglianza telematica tramite apparecchiature e ciò al fine di ridurre i
costi di personale rendere i margini migliori; c) Riorganizzazione competitiva del lavoro, Ristrutturazione del debito,
riduzione dei costi ecc.; d) Rifinanziamento della società
tramite nuova finanza resa da società partecipata dal medesimo Fondo socio unico, denominata Gamma, per euro
15.362.717 sotto forma di linea di credito infruttifera liberamente utilizzabile; e) Finanziamento tramite i flussi della
produzione che continua; f) Rinuncia del socio unico al
rimborso dei finanziamenti per euro 13.808.025; g) Conversione in equity dei crediti delle società riconducibili al
fondo socio unico, per l’IVA 2013 e parte del 2014, inoltre
per 758.075 per il pagamento di fornitori strategici nella
precedente procedura, per 2.575.357 per management fees
e per 4,999.000 euro di Iva 2015, società che ovviamente
non votano in ossequio al 177 l.f. novellato. h) Il piano si
articola in 5 anni sino al 2021.
Tale piano supporta la seguente proposta ai creditori che
non contiene una suddivisione in classi del chirografo: a)
Pagamento integrale delle spese prededucibili del precedente concordato, e di quello attuale, e dei relativi crediti
pari rispettivamente ad euro 590.834, + 1.654.200; b) Pagamento integrale dei soli privilegiati bancari assistiti dal
privilegio speciale di cui all’art. 46 TUB, nei limiti del
valore dei beni che sono ricompresi in quel privilegio pari
a euro 291.000; c) Pagamento integrale di dipendenti per i
crediti di cui al 2751 bis n. 1 (ivi compreso l’Erario per
ritenute, INPS, INAIL, Enasarco) pari ad euro 8472.512 +
1034431 + 12735,130 = 22.242.073 + 465.916 + 3907.287
= 26.615.276. d) Pagamento integrale dell’IVA per il periodo di imposta 2016 ed integrale per il capitale, interessi e
sanzioni al 10 % del 2014 (il 2015 è stato oggetto di pagamento da parte di un terzo facente parte del gruppo che
verrà tacitato non in denaro ma con mezzi di partecipazione al capitale della risanata società) pari ad euro
12.672.555; e)Pagamento della percentuale del 12,65% in
favore dei chirografari (tra essi inseriti anche i privilegiati
declassati in virtù della quasi impossidenza attuale della
società, sul punto si veda la motivazione più oltre) ammontanti a euro 115.044.112, di cui viene pagato nell’arco temporale del piano euro 14.553.080,16, si è già detto che gli
altri chirografari infragruppo sono pagati con titoli partecipativi (ciò appare di evidente convenienza posto che una
parte rilevantissima sarebbe privilegiata).
La medesima società ha prodotto tutta la documentazione prevista dall’art. 161 L. fall.
Ai sensi della legge 132 del 2015 la proposta deve indicare l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a
ciascun creditore. Nel caso specifico essa è indicata in modo chiarissimo ed esplicito. Trattandosi di un concordato
in continuità il Collegio, reputa che tale utilità debba essere
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considerata vincolante, per consentire al professionista designato ex art. 67 l.f. in modo chiaro ed attendibile un reale
giudizio di strumentalità della prosecuzione dell’attività di
impresa rispetto al miglior soddisfacimento dei creditori
(giudizio che si ritiene possa essere formulato tramite la
comparizione dei flussi assicurati nel periodo dalla prosecuzione di attività e del piano industriale esposto a quelli
generati dalla liquidazione dei beni che non vengono ceduti
nella prospettazione del piano nell’ambito della procedura
concorsuale). Sul punto il giudizio è facilitato molto nel
caso che qui interessa, dalla considerazione che allo stato
la società, secondo i risultati della relazione 160 secondo
comma ha in tutto un patrimonio liquidabile pari ad euro
1.868.000 circa, il che rende evidente che quasi qualsiasi
soluzione è maggiormente conveniente della soluzione liquidatoria fallimentare, concordataria o esecutiva che sia. Il
Collegio si è anche interrogato sulla falcidiabilità dei creditori privilegiati anteriori all’IVA, proposta dalla Alfa visto
che la nuova finanza viene conferita dal socio per consentire la continuazione dell’attività tipica della concordataria
ed in prospettiva essa si incorporerà nel patrimonio sociale
attraverso i flussi che si determineranno e saranno frutto di
essa. In proposito ha raggiunto il convincimento che la
regola generale del 160 comma 2 del rispetto dell’ordine
delle prelazioni, che è indefettibile nel concordato liquidatorio, salvo l’apporto di nuova finanza che può essere utilizzata anche in apparente violazione di tale ordine, proprio
perché non promana dal patrimonio del debitore e non è
vincolata a garantirne le obbligazioni, debba essere intesa
nel concordato in continuità come operativamente limitata,
nel tempo, alla data della presentazione della domanda di
concordato e nella ‘‘dimensione applicativa’’ al patrimonio
della concordataria esistente a quella data. Il parametro che
costituisce il limite di riferibilità per appurare se vi sia
violazione o meno dell’ordine della prelazione o se la stessa
sia degradata e, quindi venuta meno e incorporata nei chirografi, è il momento della presentazione della domanda
perché ciò che è valutabile ai fini della capienza in sede di
redazione del piano è solo il patrimonio attuale della società e solo esso sarebbe passibile di azioni esecutive o di
collocazione sul mercato al cui risultato si dovrebbe comparare l’offerta formulata dalla società per appurare se essa
lede il privilegio o meno. È evidente che tale comparazione
non può essere condotta con il patrimonio che residuerà al
termine di 5 anni di piano caratterizzato da reinvestimenti,
eseguiti con finanza esterna, sia perché esso è indeterminato per definizione, sia, soprattutto, perché esso, senza la
nuova finanza che nel caso in esame è di oltre
15.000.000, non potrebbe certo avere quelle dimensioni
che presumibilmente avrà, e probabilmente non sussisterebbe per nulla, visto che in assenza di concordato non vi è
alcuna alternativa al fallimento. Tale convincimento è sostenuto sotto il profilo letterale anche dalla formulazione
del punto c dell’art. 186 bis, là ove afferma che il piano può
prevedere, fermo restando quanto disposto dall’art. 160
comma 2, cioè la falcidiabilità del credito privilegiato previo deposito di apposita relazione di valutazione della capienza del patrimonio e della sua destinazione a garanzia
dei crediti privilegiati, che attesti che il piano ne prevede la
soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile
in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in
caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato
attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di
prelazione, una moratoria sino ad un anno dalla omologa
1385
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Diritto Commerciale Concordato preventivo
per il pagamento. Se infatti il pagamento deve avvenire al
più entro un anno, è evidente che il momento di riferimento delle valutazioni non può che essere quello della presentazione della domanda di concordato e non ciò che avverrà
al termine del piano 5 anni più tardi.
Ciò chiarito, poiché i privilegi non troverebbero nessuna
capienza autonoma, posto che il patrimonio da solo è inferiore alle prededuzioni delle due procedure sommate, che
superano i 2,2 milioni a fronte di un patrimonio di milioni
1,8, non par dubbio che il pagamento loro offerto appare
corretto ed anche conveniente. La relazione del professionista idoneo ad essere nominato curatore ai sensi dell’art.
28 della legge 2006 n. 5 attesta la veridicità dei dati posti a
base della proposta, avendo eseguito controlli che sembrano avere rivestito lo standard richiesto dalle best practices.
La relazione è risultata redatta in modo apparentemente
corretto. Soprattutto per quanto riguarda il controllo di
veridicità della contabilità e dei dati posti a base della situazione che non ha presentato irregolarità tali da inficiare
l’attendibilità del piano proposto. La relazione appare allo
stato sufficientemente analitica, esaustiva e coerente alla
luce dell’iter logico-argomentativo posto alla base dell’attestazione di fattibilità del piano e della metodologia seguita
nei controlli effettuati ai fini dell’attestazione di veridicità
dei dati contabili esposti dalla società. In particolare, trattandosi di concordato in continuità gli argomenti svolti a
sostegno della funzionalità della prosecuzione dell’attività
posta alla base del piano rispetto al miglior interesse dei
creditori sono, come si è detto convincenti visto che l’alternativa liquidatoria e fallimentare consentirebbe al più di
coprire in parte solo le due prededuzioni ed in relazione ai
creditori successivi ai lavoratori che vengono integralmente
pagati (non lo sarebbero affatto nell’ipotesi fallimentare,)
non vi sarebbe la benché minima speranza di incasso. Di
contro in questa prospettazione l’apporto finanziario rilevante di Beta è certo quindi ci sono fondate prospettive di
un miglioramento delle chances di incasso che passano da 0
al 12,65% per tutti i chirografari con un beneficio economico monetario dalla continuità che l’attestatore quantifica
in 54.000.000 di euro prudenzialmente (cfr. pag. 81 della
relazione). In proposito il business plan e il piano di approvvigionamento dei flussi prodotto con l’ultima produzione dalla società (docc. 32 – 33) risultano in ipotesi convincenti e sembra ragionevolmente sostenibile che il trend
dell’attività economica possa potenzialmente essere, alla
luce degli appalti aggiudicati, delle molteplici gare alle quali
la società sta partecipando, dei risparmi posti in essere e
realizzandi, della riorganizzazione produttiva in corso,
quello descritto. In ordine alla analisi di sensitività del piano ed alla previsione di scenari diversi ed alternativi connessi al possibile variare di alcuni parametri (come il fatturato, i tempi di realizzo degli incassi, l’acquisizione di minori appalti rispetto ai previsti e la loro influenza sulla
fattibilità del piano (stress test) si osserva che l’attestatore
da pag. 115 ha evidenziato le criticità presentate dalla proposta chiarendo che il momento di maggiore stress sarà il
dicembre 2020 quando verrà toccato il minimo di disponibilità finanziarie, sono state evidenziate dall’attestatore le
circostanze di maggiore prudenza che hanno dettato la
impostazione del presente business plan rispetto al precedente concordato, e la possibilità di porre in essere correttivi validi se i risultati dovessero presentare degli scostamenti. Nel complesso ha espresso un giudizio di coerenza
logica e coerenza complessiva dell’elaborato business plan,
1386
sul quale ha chiarito che non può essere tecnicamente
espresso un giudizio di positivo verificarsi di tutte le singole
ipotesi previste, perché non attendibile come giudizio tecnico complessivo su nessun piano. Lo svilupparsi dell’attività nei prossimi mesi sarà in grado di dare elementi indiziari sulla attendibilità e fondatezza delle previsioni di continuità effettuate ed è dallo sviluppo ottenuto sino ad ora
che lo stesso attestatore ha indotto la ragionevolezza delle
ipotesi prospettate.
Il debitore non ha provveduto a dividere i creditori in
classi. Preso atto che si è indagato e posto in luce che le
uniche ‘‘garanzie collaterali’’ per i creditori privilegiati, declassati a chirografari sono i pegni sui titoli di proprietà del
socio, che non facendo parte del patrimonio della società
avranno una sorte loro propria, si reputa opportuno che di
essi siano resi edotti gli altri creditori ai fini delle loro
valutazioni, benché sia evidente, per la totale incapienza
del patrimonio sociale che la soluzione concordataria è
comunque in ipotesi quella più conveniente. Ritenuto che
nell’ambito degli accertamenti demandati ai commissari, al
fine della formazione consapevole ed informata del consenso del ceto creditorio, dovrà essere meglio valutata comparativamente anche la convenienza della opzione proposta
rispetto alle alternative percorribili, in particolare a quella
fallimentare con le sue potenzialità, ivi comprese le possibili
azioni instaurabili, benché tale aspetto sembri essere già
stato positivamente affrontato nell’ambito della 172 della
passata procedura di cui si è dato conto in apertura di
questo decreto, in tema di ragioni per cui alla società è
stata concessa tanta fiducia e tempo. Il commissario giudiziale ha espresso su richiesta del g.d. parere positivo, seppure con alcune perplessità, poi chiarite di fronte all’istruttore dalla società;
Alla luce delle considerazioni che precedono la debitrice
può essere ammessa alla procedura di concordato e la sua
evidente complessità induce a nominare una terna di commissari invece di un commissario unico, ciò nel duplice
intento di migliorare l’efficienza dell’organo, in una procedura caratterizzata tendenzialmente da tempi molto contenuti e di migliorare la perequazione degli incarichi. Tale
orientamento non è infatti escluso dalla legge e si ispira per
analogia ad altre ipotesi e procedure ove il giudice si può
avvalere di organi tecnici di gestione o liquidazione collegiali (dopo la entrata in vigore del decreto correttivo 169
del 2007 si possono ad esempio nominare più liquidatori
per l’esecuzione della liquidazione nel concordato preventivo, mentre da anni ciò è possibile nelle amministrazioni
straordinarie e nelle liquidazioni coatte amministrative). Il
collegio di commissari delibera a maggioranza, in caso di
disaccordo; esercita i poteri di rappresentanza tramite almeno due commissari congiuntamente; il suo compenso è
pari al compenso di un organo monocratico, giacché i compiti vengono svolti secondo il principio della migliore e più
celere organizzazione del lavoro e non triplicando pedissequamente le stesse attività; ad ogni commissario spetta un
terzo del compenso globale liquidato dal tribunale. Nel
caso specifico il tribunale ritiene per economia di giudizi
e migliore cura della procedura, al fine di non disperdere il
patrimonio di conoscenza maturato dai tre precedenti commissari che avevano già redatto la relazione 172 l.f. ed
affrontato la votazione, di rinominare gli stessi, che perciò
dovranno ‘‘saltare’’ il prossimo turno di assegnazione visto
che, secondo il criterio automatico generale sono nominati
in anticipo sul loro momento. La circostanza che abbiano
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Concordato preventivo Diritto Commerciale
poi già avuto un compenso liquidato, anche se non ancora
corrisposto, per il primo incarico ed abbiano già redatto la
172 l.f., è elemento che verrà tenuto presente all’atto della
liquidazione del loro compenso finale, a fini di equità. –
Omissis.
Nova pecunia non olet? Della nuova finanza a ‘‘tacitazione’’ degli errori passati nel concordato ‘‘in continuità’’
Luca Boggio*
Il decreto milanese è un esempio lampante della complessità delle situazioni di crisi aziendale e delle difficoltà per uscirne. La
pronuncia affronta una serie di temi e giunge all’apertura della procedura di concordato preventivo di una società oggetto di un
Leveraged Buy-Out e poi di due domande di (pre)concordato preventivo. I giudici ammettono la debitrice al concordato, senza
prendere una chiara posizione sull’operazione di Leveraged Buy-Out e sull’incidenza di quello nell’avveramento della crisi,
rimettendo sostanzialmente ogni valutazione ad un momento successivo e, con ciò, favorendo un approccio orientato all’interesse economico dei creditori. Il commento si sofferma criticamente sulle implicazioni della soluzione accolta per la protezione
concreta dei creditori e sui margini di discrezionalità concessi al debitore nella programmazione dell’uscita dalla situazione di
crisi attraverso la continuazione dell’attività, riflettendo anche sull’abuso di preconcordato e sugli elementi di valutazione del
possibile ricavo della futura liquidazione dei beni e dei diritti sui quali insistano privilegi destinati alla falcidia nell’ambito di un
concordato ‘‘in continuità’’ ai sensi dell’art. 186 bis L. Fall.
La vicenda in cui si inserisce il provvedimento in
commento non è certo comune, ma consente di svolgere qualche considerazione applicabile al di là degli
stretti confini che la connotano.
Il Tribunale di Milano apre una procedura di concordato, dichiarando ammissibile una proposta concordataria che prevede l’apporto di nuova finanza e la
continuità aziendale in capo allo stesso soggetto giuridico che accede al concordato. Dunque, ammette la
società richiedente al concordato con continuità cd.
diretta 1, che, all’esito della votazione favorevole dei
creditori, sarà poi anche omologato 2. Il caso presenta
varie particolarità; le due più significative in relazione
alla condotta del debitore, oggetto – per ora – di
limitata valutazione da parte dei giudici, sono senza
dubbio costituite dal fatto che, da un lato, in tempi
antecedenti ma non lontani dalla data di deposito
della domanda di accesso alla procedura concordataria la richiedente aveva portato a compimento una
serie di operazioni societarie volte a realizzare un leveraged buy-out ossia il passaggio del proprio controllo per mezzo di una fusione con indebitamento nel
quadro della previsione di cui all’art. 2501 bis c.c.;
dall’altro, dalla circostanza che la proposta di concordato dichiarata ammissibile è stata depositata nell’ambito di una nuova procedura concordataria, iniziata
dopo la rinuncia ad una precedente domanda, in conseguenza della quale una prima proposta di concordato era già stata dichiarata ammissibile, senza tuttavia trovare sufficiente gradimento da parte dei creditori, i quali in maggioranza avevano sostanzialmente
subordinato il loro consenso ad una modifica non più
praticabile nell’ambito di quel primo procedimento,
stante il divieto di cui all’art. 175, 2º comma, L. fall. 3.
A queste due particolarità se ne aggiunge una terza
che concerne la decisione del Tribunale di operare la
valutazione in ordine alla capienza dei cespiti a garanzia dei crediti privilegiati, prendendo a riferimento –
nel caso di concordato in continuità – la data del
deposito del ricorso concordatario.
Altre ancora sono, poi, le questioni in ordine alle
quali il Tribunale di Milano ha dovuto prendere più o
meno esplicitamente posizione ai fini dell’apertura
della (nuova) procedura concordataria, ma, posto
che si tratta di temi in relazione ai quali vi sono precedenti editi (anche in questa Rivista), agli stessi ed ai
relativi commenti più semplicemente si rinvia 4.
* Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, alla valutazione di un referee.
1
V., sul concetto di continuità ‘‘diretta’’ o ‘‘soggettiva’’, Stanghellini, Il concordato in continuità, in Fallimento, 2013, 1225;
Ambrosini, Il concordato preventivo, in Tratt. Dir. Fallimento,
diretto da Vassalli-Luiso-Gabrielli, IV, Torino, 2014, 114 e segg.;
Macagno, Il concordato con continuità aziendale: il confine ultimo
di un istituto sotto accusa, in Fallimento, 2016, 88 e segg.; in
giurisprudenza, recentemente, Trib. Alessandria, 22 marzo
2016, in IlCaso.it, I, 15792; Trib. Pordenone, 4 agosto 2015,
ibidem, I, 14121; Trib. Roma, 24 marzo 2015, ibidem, I, 12336;
Trib. Bolzano, 10 marzo 2015, ibidem, I, 12446.
2
Infatti, con sentenza in data 26 aprile 2017 depositata in data
15 maggio 2017, il Tribunale di Milano, con il medesimo presidente-relatore, ha omologato il concordato proposto, tenuto del
parere positivo dei commissari, del voto favorevole della maggioranza dei creditori (divisi per classi) e dell’assenza di opposizioni.
La sentenza di omologazione è reperibile all’indirizzo https://bebeez.it/files/2017/06/15-05-2017-AXITEA_Decreto-di-omologa.pdf.
3
In ordine all’applicazione del divieto di modificare la proposta, una volta iniziate le operazioni di voto, v. Cass., 28 aprile
2015, n. 8575, in Fallimento, 2016, 32 con nota di Vacchiano,
Modifica e rinuncia della proposta di concordato. Formalmente il
Tribunale aveva, dunque, disposto la revoca dell’ammissione,
adottando un provvedimento ai sensi dell’art. 179 L. fall.
4
Si vedano, ad esempio, relativamente alla nomina di una pluralità di commissari Trib. Milano, 28 ottobre 2011, in Fallimento,
2012, 92 con nota di Nardecchia, Cessione dei beni e liquidazione:
la ricerca di un difficile equilibrio tra autonomia privata e controllo
Sintesi del caso e delle questioni discusse
Giurisprudenza Italiana - Giugno 2017
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Diritto Commerciale Concordato preventivo
La fusione con indebitamento, consenso informato e
frode ai creditori
La decisione dedica ampio spazio alla genesi della
crisi, che viene individuata nel compimento di un
leveraged buy-out in tempi non troppo lontani dall’accesso ad una prima procedura di concordato. L’art.
2501 bis c.c. impone all’organo amministrativo delle
società di cui si sia programmata la fusione, quando
una di queste abbia acquisito la maggioranza del capitale – o, comunque, il controllo – dell’altra (la cd.
target) con una provvista ottenuta a seguito di indebitamento, l’indicazione nel progetto di fusione delle
‘‘risorse finanziarie previste per il soddisfacimento
delle obbligazioni della società risultante dalla fusione’’ (art. 2501 bis, 2º comma) e, soprattutto, di predisporre una relazione che ‘‘deve indicare le ragioni che
giustificano l’operazione e contenere un piano economico e finanziario con indicazione della fonte delle
risorse finanziarie e la descrizione degli obiettivi che
si intendono raggiungere’’ (art. 2501 bis, 3º comma) 5.
Il tutto deve, poi, essere integrato con la relazione
degli esperti di cui all’art. 2501 sexies nell’ambito della
quale si ‘‘attesta la ragionevolezza delle indicazioni
contenute nel progetto di fusione’’ (art. 2501 bis, 4º
comma), nonché con ‘‘relazione del soggetto incaricato della revisione legale dei conti della società obiettivo o della società acquirente’’ (art. 2501 bis, 5º comgiurisdizionale; sul fatto che la valutazione in ordine al miglior
soddisfacimento dei creditori vada operata mediante la comparazione di flussi Trib. Firenze, 2 novembre 2016, in Quotidiano
giuridico, 16 dicembre 2016, con nota di Nocera, Concordato
con continuità: come intendere la migliore soddisfazione dei creditori?; nel senso che l’apporto del terzo si sottrae al divieto di
alterazione della graduazione dei crediti privilegiati Cass., 8 giugno 2012, n. 9373, in Fallimento, 2012, 931 con nota di Fabiani, I
limiti di ammissibilità della destinazione dell’apporto del terzo alla
soddisfazione dei crediti residui; riguardo alla necessità che – ai fini
dell’espressione di un voto consapevole – i creditori siano resi
edotti dei fatti suscettibili di determinare in un senso o nell’altro
quella loro manifestazione di voto Cass., 16 settembre 2011, n.
18987, in Foro It., 2012, I, 135 nota di Fabiani, I disorientamenti
nella nomofilachia a proposito della fattibilità del concordato preventivo e della cessione dei beni ed in Giur. It., 2012, 82 con nota
di Tedoldi, Il sindacato giudiziale sulla fattibilità del piano e l’art.
173 L. fall. nel concordato preventivo: la Cassazione e il ‘‘cigno
nero’’. Peraltro, si segnala l’applicazione fatta in concreto, con la
pronuncia del decreto in commento, del principio della necessaria
consapevolezza in capo al creditore votante, avendo il Tribunale
ritenuto che l’informativa debba estendersi anche alle garanzie
rilasciate dai soci a favore di taluni creditori concordatari.
5
È stato osservato che ‘‘nel progetto di fusione è richiesta solo
l’indicazione generica, di tipo qualitativo, delle fonti a cui attingere le disponibilità necessarie per il rimborso dei debiti’’, mentre
‘‘indicazioni più analitiche e anche di tipo quantitativo invece
dovranno essere contenute nel piano economico-finanziario’’ (v.
Caratozzolo, I bilanci straordinari, Milano, 2009, 630).
6
Cosı̀, testualmente, dalla massima n. 118 del Consiglio Notarile di Milano.
7
Quelle attività di estrinsecazione delle valutazioni compiute
dagli organi sociali non escludono, però, la persistente sottrazione
delle scelte di gestione al sindacato giurisdizionale secondo il criterio proprio della Business Judgment Rule. Anche se, a tale proposito, va qui ricordato che le decisioni amministrative possono
1388
ma), al quale è rimesso il compito di compiere una
‘‘verifica dei dati contabili posti alla base dell’operazione e, in particolare, del piano economico finanziario contenuto nella relazione degli amministratori’’ in
funzione di ‘‘offrire ai soci di minoranza della società
target e ai terzi (in particolare ai creditori di quest’ultima) un’informazione più ampia e accurata dei dati
previsionali dell’operazione’’ 6. Ciò che qui interessa –
e, quindi, l’aspetto al quale si vuole dedicare precipua
attenzione nel contesto del presente commento – è
che la disciplina codicistica subordina la legittimità
delle operazioni di fusione con indebitamento ad
una serie di presidi volti, sostanzialmente, a formalizzare le assunzioni economico-finanziarie poste a fondamento della razionalità e della sopportabilità dell’operazione programmata in funzione di consentire una
valutazione ex post delle medesime nella prospettiva
della responsabilità degli organi sociali 7. Insomma, il
progetto costituisce un’indicazione previsionale di sintesi della provenienza dei flussi finanziari successivi
alla fusione tra le società interessate, mentre la relazione degli amministratori, che contiene il piano, è un
documento esplicativo e contenente un vero e proprio
piano finanziario più articolato e dettagliato 8. Le relazioni degli esperti e del revisore assolvono senza
dubbio la funzione di offrire ulteriori elementi conoscitivi, ma, soprattutto, contribuiscono alla condivisioqualificarsi come lecito esercizio della discrezionalità propria di
chi gestisce l’impresa soltanto nella misura in cui chi assicura la
gestione abbia effettivamente preso in considerazione tutti gli
elementi che, in situazioni del tipo considerato, sia ragionevole
valutare nell’ambito dei processi decisionali. Nel caso di specie,
ciò significa che gli organi societari devono avere tenuto in adeguato conto i possibili sviluppi economici delle attività sociali post
fusione, alla luce della mutata struttura finanziaria delle società
interessate ed, in particolare, del ben più gravoso carico di debito
finanziario suscettibile di incidere sulla disponibilità dei flussi di
cassa in entrata per la copertura delle uscite. Infatti, sebbene la
disposizione imponga una speciale procedimentalizzazione dell’adozione delle deliberazioni necessarie al compimento dell’operazione, l’assolvimento degli oneri procedimentali non è di per sé
sufficiente ad assicurare la liceità dell’operazione medesima (Montalenti, Il leveraged buy-out nel nuovo diritto penale commerciale e
nella riforma del diritto societario, in Giur. Comm., 2004, I, 817;
Galletti, Leveraged buy out ed interessi tutelati: appunti per la
ricognizione della fattispecie, ivi, 2008, I, 446). Si segnala, riguardo
alle possibilità di sindacato in ordine al contenuto delle relazioni
redatte nell’ambito di un’operazione di fusione di società di cui
almeno una acquisita mediante indebitamento, la massima L.B.6
pubblicata dal Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle
Tre Venezie, secondo la quale ‘‘il controllo del notaio sulla rituale
adozione delle delibere di fusione con indebitamento è limitato
alla verifica della sussistenza degli elementi formali richiesti dalla
normativa, non essendo possibile per lo stesso entrare nel merito
delle valutazioni effettuate dagli amministratori e dagli esperti ai
sensi dei commi secondo, terzo, quarto e quinto del detto art.
2501 bis c.c.’’.
8
Analogamente v. Montalenti, Art. 2501-bis, in Il nuovo diritto
societario, diretto da Cottino, Bonfante, Cagnasso e Montalenti,
II, Bologna, 2004, 2321; Tamburini, Art. 2501-bis, in Il nuovo
diritto delle società, diretto da Maffei Alberti, IV, Padova, 2005,
2530.
Giurisprudenza Italiana - Giugno 2017
n
Concordato preventivo Diritto Commerciale
ne della responsabilità delle decisioni assunte e da
assumersi nella prospettiva di realizzare un’operazione straordinaria che, per le sue caratteristiche strutturali, si presenta come particolarmente rischiosa per i
creditori sociali.
Orbene, il Tribunale, relativamente alla predetta
operazione, osserva che si tratterebbe di ‘‘aspetto
(...) già (...) positivamente affrontato nell’ambito della
172 della passata procedura’’ 9, sul quale, tuttavia, non
esclude l’opportunità di ritornare con l’ausilio della
nuova relazione commissariale in sede di formazione
del consenso consapevole ed informato da parte dei
creditori, allorché ‘‘dovrà essere meglio valutata comparativamente anche la convenienza dell’opzione proposta rispetto alle alternative percorribili, in particolare a quella fallimentare con le sue potenzialità, ivi
comprese le possibili azioni instaurabili’’, anche tenuto conto delle ‘‘ragioni per cui alla società è stata
concessa tanta fiducia e tempo’’. In altre parole, i
giudici milanesi, ponendosi – correttamente – in una
prospettiva di valutazione con ottica ex ante dell’operazione 10, ritengono che il momento dell’apertura della procedura di concordato non sia specificamente
deputato a valutazioni in ordine alla legittimità delle
condotte passate del debitore, anche se eventualmente
suscettibili – al di là del piano della responsabilità – di
ostare alla prosecuzione della procedura stessa. In
concreto, il Tribunale rimette ad un momento successivo – ed, è evidente, al contributo d’indagine atteso
dai commissari – la verifica dell’incidenza degli illeciti
eventualmente commessi in precedenza dagli organi
sociali sulla legittima praticabilità del concordato preventivo; quindi rimette ai creditori in sede di votazione il giudizio sulla condotta ante concordato, salvo
che tale condotta – ma questo resta quantomeno implicito – non assurga ad una gravità tale da configurare uno degli atti in frode rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 173 L. fall. 11.
Nel caso di specie, poi, il piano concordatario non
includeva introiti da azioni risarcitorie da esercitarsi
nei confronti degli organi sociali. Il soddisfacimento
dei creditori dovrebbe essere eminentemente garantito dai guadagni derivanti dalla continuazione dell’attività aziendale in conseguenza dell’esecuzione del
piano di continuità e dal decisivo apporto di nuova
finanza attraverso rinunce a crediti e nuove linee di
credito operative. Secondo l’impostazione data al piano concordatario, sposata dal professionista attestato-
re e confermata dal Tribunale in sede di apertura della
procedura, la prosecuzione dell’attività sarebbe possibile solo con l’apporto della nuova finanza e soltanto
per effetto della continuazione della medesima sarebbe possibile assicurare il pagamento (parziale) dei creditori nella misura indicata nella proposta. In considerazione di questi elementi l’attuazione del piano di
continuità aziendale è giudicato idoneo a costituire la
modalità atta al ‘‘miglior soddisfacimento dei creditori’’ sociali; dinanzi all’alternativa di una procedura
liquidatoria fallimentare destinata a condurre ad un
soddisfacimento – neppure integrale – dei soli crediti
prededucibili, una proposta concordataria potenzialmente idonea a pagare invece integralmente quei crediti, nonché almeno in parte – ma in proporzione
sicuramente superiore alla liquidazione fallimentare
– quelli privilegiati e chirografari consente di esprimere un ‘‘giudizio (...) facilitato molto’’, apparendo ‘‘evidente che quasi qualsiasi soluzione è maggiormente
conveniente della soluzione liquidatoria fallimentare’’.
Alla luce di quanto esposto, qual è il quadro?
La proposta è dichiarata ammissibile perché, nonostante qualche dubbio, lasciato in sospeso, in ordine
alla correttezza della condotta del debitore ed alla
mancanza di inclusione nel piano concordatario di
introiti rinvenienti da azioni di responsabilità, l’ammontare degli apporti patrimoniali (rinunce ai crediti), economici e finanziari (nuove linee di credito)
‘‘esterni’’ alla società sono giudicati sufficienti a giustificare l’apertura della procedura di concordato, valendo la pena di far acquisire alla massa diritti che,
altrimenti, le farebbero difetto. Certo, va messo in
luce, l’apertura non è una parola definitiva circa la
(ir)rilevanza di eventuali condotte illecite, ma il fatto
stesso che le medesime siano state oggetto di valutazione nell’ambito della precedente procedura e che
delle medesime sia stato tenuto conto in occasione
dell’apertura del procedimento consente di escludere
che, eccetto nel caso che dovessero emergerne di ulteriori o che dovessero risultare fattori di aggravamento delle stesse, possano realisticamente profilarsi i presupposti per la revoca dell’ammissione ai sensi dell’art. 173 cit. o del diniego di omologazione per difetto dei presupposti di ammissibilità della proposta.
Infatti, l’informativa cosı̀ resa ai creditori prima della
votazione comporta la formazione del consenso da
parte di costoro in ordine all’accettabilità di quelle
operazioni e dell’esclusione degli introiti di possibili
9
Qui, il Tribunale fa, ovviamente, riferimento alla relazione
depositata dai commissari giudiziali nella ‘‘prima’’ procedura di
concordato, che era stata aperta su istanza della società e per la
quale era poi intervenuto la revoca ai sensi dell’art. 179 L. fall.
10
Cioè: ‘‘nella prospettiva degli amministratori che in quel determinato momento hanno valutato la sussistenza delle condizioni
per dare seguito alla operazione di acquisizione mediante indebitamento’’.
11
Trib. Monza, 4 novembre 2014, in IlCaso.it, I, 11994; Trib.
Terni, 8 novembre 2013, in Fallimento, 2014, 113. Sulla disciplina
di cui all’art. 173 L. fall. v. Esposito, Art. 173, in Il concordato
preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, a cura di
Nigro-Sandulli-Santoro, Torino, 2014, 259 e segg.; Fabiani, Fallimento e concordato preventivo, II, in Comm. Scialoja-Branca-Galgano, a cura di De Nova, Bologna, 2014, 348 e seg.; Casa, Gli ‘‘atti
di frode’’ e la revoca dell’ammissione al concordato preventivo.
L’architettura dell’art. 173 l. fall. nella lettura della Corte di cassazione: fratture, ricomposizioni, rimedi, in Fallimento, 2015, 317 e
segg.; La Croce, La ‘‘confessio’’ salvifica degli atti in frode ai creditori. Un equivoco pericoloso, denso di antinomie, contrasti costituzionali e violazioni Cedu, ibidem, 304 e segg.
Giurisprudenza Italiana - Giugno 2017
1389
n
Diritto Commerciale Concordato preventivo
azioni di responsabilità dalla massa attiva della procedura concordataria 12.
La soluzione, per un verso, ragionevole non garantisce però un percorso sicuro e privo di futuri ostacoli
alla società concordataria. L’apertura della procedura
appare sostanzialmente suscettibile di essere messa in
discussione in seguito, circostanza che lascia insoddisfatti in ordine alla certezza del diritto ed all’affidamento che ciascuno dovrebbe poter legittimamente
maturare in ordine alla stabilità ed all’adeguatezza
degli impegni che assume 13. Comprensibile l’intento
di evitare un pregiudizio definitivo ai creditori con
scelte irretrattabili da parte del giudice, ma non accettabile nella prospettiva di ottenere dal debitore
‘‘utilità’’ a beneficio della massa in una fase in cui
quest’ultimo potrebbe ben astenersi dall’offrirne, conservando le proprie disponibilità per far fronte in seguito a contestazioni ed azioni promosse dai creditori,
eventualmente nel loro insieme nell’ambito della procedura.
Ciò posto, stupisce il fatto che, trascorso un lasso
temporale tutto sommato limitato dalla fusione, la
società risultante si sia presto ritrovata in default ed
abbia dovuto fare ricorso alla procedura di concordato preventivo in una situazione tanto grave da difettare attivi patrimoniali sufficienti a soddisfare in una
qualche misura – anche minima – gli stessi creditori
privilegiati, ma, al contempo, tanto ‘‘tollerata’’ dai
creditori che il Tribunale sembrerebbe escludere, in
linea di principio, l’esperibilità di azioni di responsabilità connesse con tale fusione. Se è vero che, da
piano originario, l’indebitamento avrebbe dovuto essere estinto nel tempo con i flussi di cassa dell’attività,
sostenuti dal credito, invece che per via dell’alienazione di attivi di proprietà delle società fuse 14, pare evi12
Va, a tal proposito, ricordato che v’è un dibattito acceso in
ordine all’esperibilità delle azioni di responsabilità ed alla legittimazione attiva in sede concordataria, i cui termini ben emergono
dai contributi di Fabiani, Fondamento e azione per la responsabilità degli amministratori di s.p.a. verso i creditori sociali nella crisi
dell’impresa, in Riv. Società, 2015, 272 e segg. e D’Attorre, Le
azioni di responsabilità nel concordato preventivo, ibidem, 2015,
15 e segg.
13
Anche se, in concreto, nel prosieguo del procedimento le
incertezze menzionate nel testo non hanno poi influito sull’omologazione della proposta concordataria approvata dai creditori,
dopo il parere favorevole dei commissari, come emerge dalla sentenza di omologazione citata supra alla nota 2.
14
La disciplina di legge non stabilisce espressamente le modalità di redazione del piano (Tamburini, Art. 2501-bis, cit., 2530;
Magliulo, La fusione delle società, Milano, 2009, 168), ossia il
modo in cui i contenuti del piano – e, cioè, i flussi – debbono
essere esposti. In via interpretativa, è stato tuttavia sostenuto che
l’esposizione deve essere articolata per aree di affari (cosı̀ Santagata, Le fusioni, in Tratt. Soc. per Az., diretto da Colombo e
Portale, 7**, 1, Torino, 2004, 275), in funzione di illustrare l’andamento prospettico stimato per tutto l’arco temporale necessario
all’estinzione dell’indebitamento contratto per l’acquisizione della
società target (Caratozzolo, I bilanci straordinari, cit., 631) ed, in
particolare, gli effetti di detto andamento ai fini della produzione
dei flussi e della persistenza del requisito della solvibilità (Ancora
Santagata, Le fusioni, cit., 277; cui adde, sostenendo che il piano
1390
dente che l’esecuzione del piano predisposto dagli
amministratori non era stata adeguatamente monitorata da questi né aveva condotto ad interventi dei
creditori (finanziari) tali da prevenire una crisi cosı̀
grave da estinguere anche le ragioni creditorie di creditori privilegiati 15. In altre parole, appare difficile
non ipotizzare responsabilità degli organi sociali o di
chi abbia concesso/mantenuto credito alle società risultanti dalla fusione. Le responsabilità, in altre parole, sembrano passare in secondo piano, perché, a fronte della possibilità di favorire l’afflusso nelle casse
sociali di nuovi finanziamenti e di ridurre l’ammontare complessivo del debito, il Tribunale non scende in
un’analisi dettagliata dei fatti potenzialmente generatori di quelle responsabilità, lasciando ad un momento
successivo la relativa indagine. Se da un lato, ciò appare comprensibile nell’ottica di alleviare il ‘‘danno’’
per la massa dei creditori attraverso la continuazione
di un’attività che sembrerebbe prospettarsi proficua;
dall’altro, è aperta una nuova procedura di concordato senza certezze di miglioramento della situazione
complessiva dei creditori stessi, perché la nuova finanza finirebbe per essere impiegata nella prosecuzione
dell’attività e, dunque, a copertura preferenzialmente
dei nuovi debiti. Con una sorta di valutazione implicita di costi e benefici si ritarda la verifica delle responsabilità a vantaggio del tentativo di recuperare
valore all’attivo mediante la continuità finanziata dai
soci.
La riproposizione della domanda di concordato ed i
rischi d’abuso
Il secondo aspetto di fondo, in relazione al quale è
opportuno spendere qualche considerazione, riguarda
finanziario deve illustrare ‘‘come sarà ottenuto il risanamento della
posizione debitoria individuando la fonte delle risorse finanziarie
utilizzate per far fronte ai debiti assunti dall’acquirente’’, Riva,
L’attestazione dei piani delle aziende in crisi. Principi e documenti
di riferimento a confronto. Analisi empirica, Milano, 2009, 106), il
tutto secondo il parametro della ragionevolezza (Montalenti, Art.
2501-bis, cit., 2321; Caratozzolo, I bilanci straordinari, cit., 631;
Magliulo, La fusione delle società, cit., 163 e seg. Ragionevolezza,
per la quale è richiesta l’espressa attestazione degli esperti con la
relazione di cui all’art. 2501-sexies. Riguardo alla portata applicativa del concetto di ragionevolezza v. Ardizzone, Art. 2501-bis, in
Trasformazione – Fusione – Scissione, a cura di Bianchi, in Commentario alla riforma delle società, cit., 503 e segg.).
15
Il piano deve rispondere a criteri di comprensibilità, verificabilità e comparabilità idonei a consentire anche ai terzi il suo
monitoraggio (v. Boggio, L’organizzazione ed il controllo della
gestione finanziaria nei gruppi di società (non quotate), in Organizzazione, finanziamento e crisi dell’impresa. Scritti in onore di Pietro
Abbadessa, a cura di Campobasso-Cariello-Di Cataldo-GuerreraSciarrone Alibrandi, Torino, 2014, 1528; cui adde Caratozzolo, I
bilanci straordinari, cit., 631) e, perciò, interventi nei confronti
delle società risultanti dalla fusione tesi a prevenire danni a sé
medesimi, cosı̀ come ad altri creditori, allorché il destinatario
dell’informativa si trovi, ad esempio, in una situazione giuridica
tale da poter comportare una responsabilità per abusiva concessione o abusivo mantenimento del credito.
Giurisprudenza Italiana - Giugno 2017
n
Concordato preventivo Diritto Commerciale
la (ri)proposizione della domanda di concordato. La
società, infatti, aveva esperito una prima procedura
concordataria un anno prima di quella nel cui ambito
è poi intervenuto il decreto di apertura in commento.
Sia la prima che la seconda procedura concordataria
sono state proposte, avvalendosi della riserva di cui al
6º comma dell’art. 161 L. fall. Pertanto, entrambi i
procedimenti sono iniziati come ‘‘preconcordati’’ 16.
Il penultimo comma dell’art. 161 stabilisce che ‘‘la
domanda di cui al sesto comma è inammissibile quando il debitore, nei due anni precedenti, ha presentato
altra domanda ai sensi del medesimo comma alla quale non abbia fatto seguito l’ammissione alla procedura
di concordato preventivo o l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti’’ 17. In forza di ciò, il
preconcordato infrabiennale è ammissibile, se nell’ambito del primo procedimento non solo sia stata
sciolta la riserva con il deposito del piano e della
proposta, ma se il debitore abbia anche ottenuto la
dichiarazione di ammissibilità della medesima con
conseguente apertura della procedura. Dunque, alla
luce del dettato letterale, la decisione milanese appare
del tutto conforme alle prescrizioni di legge, che sono
state ritenute sostanzialmente funzionali a prevenire e
reprimere l’abuso dello strumento concordatario 18.
In considerazione di tale finalità e della situazione
concreta profilatasi nel caso deciso dai giudici milanesi, un’osservazione s’impone per comprendere la misura in cui la loro decisione si discosti dalle posizioni
prese in altre situazioni da altre corti. Il Tribunale dà
atto nel decreto in commento che la (prima) procedura concordataria era stata chiusa con la pronuncia
del decreto di cui all’art. 179 L. fall., ossia con una
decisione con la quale si prendeva atto del mancato
raggiungimento delle maggioranze necessarie all’approvazione del concordato e, di conseguenza, si revocava l’ammissione alla procedura, provvedendo ai
sensi dell’art. 162, 2º comma, L. fall. In sostanza,
qui, il Tribunale non opera un’equiparazione tra
inammissibilità originaria (cioè derivante dalla mancanza dei presupposti per l’apertura) e inammissibilità
sopravvenuta (venir meno dei presupposti per la prosecuzione del procedimento). Cosı̀ facendo, il collegio
milanese ha scelto di non battere la strada seguita
appunto da altre corti, le quali hanno invece ritenuto
di parificare alla situazione di mancanza dei presupposti per l’ammissione quella di rinuncia alla (prima)
domanda 19, quella di proposizione di una domanda
dopo la risoluzione di un primo concordato o di un
accordo di ristrutturazione del debito 20 o, come nel
caso in discorso, di (ri)proposizione dopo revoca dell’ammissione nell’ambito di una prima procedura di
concordato 21. Tutti quei precedenti in senso opposto
sono stati fondati sulla volontà di reprimere abusi del
diritto di esperire soluzioni alternative al fallimento,
richiamando la necessità che siano rispettati i principi
costituzionali sul giusto processo 22, nonché di buona
fede 23 o quelli sanciti dal codice di rito quali la lealtà
processuale di cui all’art. 88 c.p.c. 24.
In linea di principio, la soluzione scelta dal provve-
16
Che anche il secondo procedimento sia iniziato con il deposito di un ricorso ai sensi dell’art. 161, 6º comma, emerge chiaramente dal primo capoverso della sentenza di omologazione, alla
quale s’è fatto cenno supra alla nota 2.
17
Il comma è stato aggiunto dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che
ha convertito con modificazioni il D.L. 22 giugno 2012, n. 83.
18
Cfr. Trib. Milano, 24 ottobre 2010, IlCaso.it, I, 8063; in
dottrina Arato, Il concordato preventivo con riserva, Torino,
2013, 51 (ove anche specifici cenni alla funzionalità della disposizione del predetto nono comma alla repressione degli abusi
praticabili per mezzo del deposito di domande di pre-concordato). Mentre la decisione in commento non si spende a riguardo, vi
sono provvedimenti depositati in precedenza da altri tribunali (es.
Trib. Napoli, 25 febbraio 2015, in IlCaso.it, I, 12213) che, sul
presupposto che l’ipotesi tipizzata nella disposizione del penultimo comma dell’art. 161 cit. non costituisca che un’esemplificazione di uno dei possibili casi di abuso, estendono l’applicazione
della disposizione – oltre la sua lettera – ad altre fattispecie, facendo una valutazione delle finalità perseguite dal debitore proponente (Arato, Il concordato preventivo con riserva, Torino, 2013,
52; Macrı̀, L’abuso del diritto nel concordato con riserva, in Fallimento, 2014, 13). Sull’abuso di concordato si rinvia, tra i tanti,
anche ai contributi di Bertacchini, I creditori sono gli unici ‘‘giudici’’ della fattibilità della proposta... con il limite dell’abuso dello
strumento concordatario in violazione del principio di buona fede,
in Dir. Fallimento, 2011, II, 615 e segg.; D’Attorre, L’abuso del
concordato preventivo, in Giur. Comm., 2013, II, 1059 e segg.;
Ambrosini, Il concordato preventivo, cit., 91 e segg.; F. Pasquariello, Contro il sindacato sul c.d. abuso del diritto nel concordato
preventivo, in Ilfallimentarista, 26 febbraio 2014; Fabiani, Fallimento e concordato preventivo, cit., 534 e segg.; Id., Di un’ordinata
decisione della Cassazione sui rapporti fra concordato preventivo e
procedimento per dichiarazione di fallimento con l’ambiguo adden-
do dell’abuso del diritto, in Foro It., 2015, I, 2335 e segg.; Pacchi,
L’abuso del diritto nel concordato preventivo, in Giust. Civ., 2015,
789 e segg.; Agrusti, L’abuso del concordato preventivo tra profili
sostanziali e processuali L’abuso del concordato preventivo tra profili sostanziali e processuali, in Dir. Fallimento, 2016, II, 304 e
segg.; Spiotta, Domande di concordato preventivo: ‘‘non c’è due
senza tre’’, in Giur. It., 2016, 1917 e segg.
19
Trib. Napoli, 25 febbraio 2015, cit., 12213; Trib. Roma, 17
luglio 2014, in IlCaso.it, I, 11159; Trib. Milano, 12 giugno 2014,
ivi, 10699; Trib. Milano, 24 ottobre 2012, cit., 8063 riformata da
App. Milano, 21 febbraio 2013, ivi, I, 8814.
20
Trib. Salerno, 30 settembre 2014, in IlCaso.it, I, 11755.
21
Trib. Prato, 24 aprile 2013, in Fallimento, 2013, 1002; Trib.
Forlı̀, 12 marzo 2013, ibidem, 768. Per la pronuncia d’abuso nel
caso di ripresentazione di una domanda con medesimo contenuto
Trib. Trento, 1º luglio 2014, in IlCaso.it, I, 10976; Trib. Pesaro,
29 maggio 2014, ivi, I, 11106.
22
Cass., 14 settembre 2016, n. 18089; App. Venezia, 29 maggio
2014, in IlCaso.it, I, 10751; Trib. Siena, 15 maggio 2015, ivi, I,
12926; Trib. Salerno, 30 settembre 2014, cit., 11755.
23
Cass., 14 settembre 2016, n. 18089; Cass., 31 marzo 2016, n.
6277, in Giur. It., 1917; Cass., Sez. un., 15 maggio 2015, n. 9935,
in Fallimento, 2015 900 e segg. con note di De Santis, Principio di
prevenzione ed abuso della domanda di concordato: molte conferme
e qualche novità dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e
Pagni, I rapporti tra concordato e fallimento in pendenza dell’istruttoria fallimentare dopo le Sezioni unite del maggio 2015; Cass., 23
giugno 2011, n. 13817, in Foro It., 2011, I, 2308; App. Bologna,
18 luglio 2016, in Fallimento, 2016, 1385; Trib. Siena, 15 maggio
2015, cit., 12926; Trib. Roma, 17 luglio 2014, cit., 11159.
24
Trib. Siena, 15 maggio 2015, cit., 12926; Trib. Salerno, 30
settembre 2014, cit., 11755.
Giurisprudenza Italiana - Giugno 2017
1391
n
Diritto Commerciale Concordato preventivo
dimento in commento appare preferibile, anche se la
motivazione non dà conto di una specifica indagine in
ordine alle finalità perseguite dal debitore con la presentazione della seconda domanda di concordato e,
poi, con la proposta depositata allo scopo di verificarne la correttezza rispetto ai parametri poc’anzi ricordati. Manca, infatti, la specifica analisi del rapporto
tra la seconda proposta concordataria e la precedente
vicenda processuale cosı̀ come invece operato da altri
giudici, giungendo, in alcuni casi, a pronunce di inammissibilità per violazione del divieto di abuso dello
strumento concordatario 25. La soluzione in concreto
adottata appare comunque condivisibile, in quanto –
da un lato – la (ri)proposizione di un concordato in
continuità costituisce opzione per un percorso in relazione al quale il legislatore ha deciso di lasciare maggior margine di manovra al debitore 26 e – dall’altro –
perché l’ingente apporto di nuova finanza da parte del
socio di controllo nelle concrete condizioni di incapienza patrimoniale della società debitrice e le rinunce
proposte dal socio medesimo sono indizi di una volontà di intraprendere il percorso procedurale non
con lo scopo di trarre in inganno i creditori sulle
prospettive concordatarie né di trarre indebiti vantaggi in termini di posticipazione della dichiarazione di
insolvenza. Dunque, anche se la mancata inclusione
dei potenziali introiti da azioni risarcitorie da esercitarsi in sede concorsuale deporrebbe a sfavore della
prosecuzione della procedura concordataria, poiché
quest’ultima non deve diventare uno strumento per
trascurare le azioni di responsabilità, l’obbligazione di
dar corso a quegli apporti patrimoniali e finanziari è
elemento sufficiente, nella prospettiva di ricostruzione
di un quadro presuntivo in ordine alla sussistenza o
meno di un abuso dello strumento concordatario, ad
escludere il ricorrere di un complesso degli elementi
precisi e concordanti richiesti.
La cristallizzazione del valore delle garanzie alla data
della pubblicazione del ricorso
V’è, infine, l’aspetto temporale sul quale il Tribunale s’è specificamente soffermato nel provvedimento in
25
App. Bologna, 18 luglio 2016, cit., 1385.
Infatti, secondo la lettura che ne è stata data, l’art. 186 bis
consente al debitore di modificare la proposta anche in un momento successivo a quello indicato dall’art. 175, 2º comma (cioè,
quello dell’inizio delle operazioni di voto), sotto condizione che
sia presentata una nuova attestazione e che il creditori siano nuovamente chiamati a votare (Maffei Alberti, Art. 186-bis, in Comm.
breve Legge Fallimento, diretto da Maffei Alberti, Padova, 2013,
1330; Vacchiano, Modifica e rinuncia della proposta di concordato,
cit., 41).
27
Altrimenti, non potrebbe essere depositata a corredo del
piano e della proposta del debitore con il ricorso concordatario
o, al più tardi, nel termine dal tribunale al debitore ai sensi del 6º
comma dell’art. 161. Analogamente Censoni, Il concordato preventivo, in Tratt. Proc. Conc., diretto da Jorio-Sassani, IV, Milano,
2016, 151.
28
Ferro, La falcidia ai privilegiati è permessa solo a seguito del
26
1392
commento in funzione della stima del patrimonio
aziendale in caso di concordato ‘‘in continuità’’, allorché sia prospettata la falcidia di crediti privilegiati.
La disciplina del concordato preventivo prevede
che il debitore possa proporre il pagamento parziale
dei crediti privilegiati, quando risulti, in virtù di una
relazione giurata ai sensi del 2º comma dell’art. 160,
che l’idoneità di quell’offerta ad assicurare ‘‘la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile,
in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di
mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste
la causa di prelazione’’. La norma non precisa meglio
né i criteri per compiere la valutazione comparativa,
né quale momento costituisca il riferimento temporale
per compiere tale valutazione in ordine alla ‘‘non minore vantaggiosità’’ della proposta concordataria rispetto all’alternativa liquidatoria (fallimentare).
Sebbene sia evidente che la perizia debba essere
redatta in un momento anteriore a quello di deposito
del piano e della proposta 27, ma non sia specificato se
la stessa debba tenere conto dei possibili effetti della
gestione in sede fallimentare sul ‘‘valore di mercato
attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa
di prelazione’’, in linea di principio dovrebbe esprimere una stima che tenga conto di tutte le sopravvenienze: segnatamente, della quota dei costi di procedura che dovrebbero gravare su tali beni o diritti 28,
nonché di ogni altro onere ragionevolmente conseguente all’esperimento della procedura fallimentare
suscettibile di incidere negativamente su quel ‘‘ricavato’’, cosı̀ come di ogni miglioramento, addizione, ecc.
di cui beni o diritti potrebbero finir di beneficiare 29.
Infatti, la norma richiede una valutazione in concreto
della maggiore convenienza del concordato rispetto al
fallimento, tenuto conto della falcidia destinata a gravare sull’attività liquidabile oggetto di privilegio. Questo, per l’ipotesi di concordato ‘‘senza continuità’’
aziendale.
È da chiedersi se sia lo stesso nel caso di concordato
‘‘in continuità’’.
Di primo acchito, non dovrebbe esservi motivo per
dare una risposta diversa, in quanto la norma non fa
d.lgs. n. 169/2007, in Fallimento, 2010, 531; Peracin, Concordato
preventivo e cessio bonorum con classi: trattamento dei creditori
privilegiati generali e inquadramento giuridico del «vantaggio differenziale», in Dir. Fall., 2011, I, 50; Bozza, Il trattamento dei crediti
privilegiati nel concordato preventivo, in Fallimento, 2012, 377;
Benedetti, Il trattamento dei creditori con diritti di prelazione nel
nuovo concordato preventivo, in Giur. Comm., 2013, I, 1095; Fabiani, Fallimento e concordato preventivo, cit., 254; Censoni, Il
concordato preventivo, cit., 149; Verna, La relazione del professionista per il pagamento in percentuale dei crediti privilegiati ai sensi
dell’art. 160, comma 2, legge fallim., in Dir. Fall., 2014, I, 837.
29
A riguardo Fabiani, Fallimento e concordato preventivo, cit.,
254; Ranalli, La soddisfazione parziale dei creditori privilegiati nel
concordato preventivo, ivi, 2014, 1350 e segg.; Verna, La relazione
del professionista per il pagamento in percentuale dei crediti privilegiati ai sensi dell’art. 160, comma 2, legge fallim., cit., 837.
Giurisprudenza Italiana - Giugno 2017
n
Concordato preventivo Diritto Commerciale
distinzioni e, continuità o non continuità, l’aspettativa
del creditore privilegiato dovrebbe essere la medesima; cioè, quest’ultimo dovrebbe potersi attendere che
il trattamento preferenziale riservatogli nel concordato non sia deteriore rispetto a quello fallimentare,
conducendo a ripartire a suo favore un importo almeno pari al valore stimato del cespite cauzionale ridotto
di una somma equivalente alla quota di pertinenza
delle spese di massa, ma maggiorato degli introiti ragionevolmente derivanti dal bene nel periodo necessario a pervenire alla sua liquidazione 30. Tuttavia, allorché la norma fa proprio il concetto di ‘‘valore di
mercato’’ del bene o del diritto oggetto della causa di
prelazione senza alcuna indicazione in ordine al modo
per determinarlo ed al momento da prendere a riferimento nella quantificazione, lascia aperto il campo a
soluzioni valutative differenziate 31. Infatti, la determinazione del ‘‘valore di mercato’’ può essere effettuata
in forza di criteri differenti e, tra gli altri, può sensibilmente variare a seconda che la stessa sia compiuta
secondo un criterio di liquidazione piuttosto che in
applicazione di un criterio di continuità, cosı̀ come
considerando o meno i potenziali accadimenti della
procedura di concordato o di quella – alternativa –
di fallimento.
Il Tribunale, optando per una prospettiva di conservazione delle aspettative dei creditori dinanzi alla
decisione del debitore di coltivare la continuità aziendale, propende per la cristallizzazione alla data della
pubblicazione del ricorso concordatario del ‘‘valore di
mercato’’ dei beni e dei diritti su cui insiste il privilegio. L’argomento, per l’interesse sotteso, è senza dubbio efficace e semplifica l’approccio valutativo, ma – si
vedrà di seguito – offre una prospettiva solo parziale
del sistema concorsuale.
Ora, premesso che si potrebbe avere continuità anche nel fallimento con alienazione in blocco dell’azienda in funzionamento 32, il punto è stabilire se,
avvalendosi il debitore del diritto di presentare un
piano di prosecuzione dell’attività la cui ammissibilità
è condizionata alla probabilità di realizzare il migliore
interesse dei creditori, muti la posizione giuridica del
creditore privilegiato e con essa i criteri di verifica di
‘‘non maggiore svantaggiosità’’ della proposta rispetto
all’alternativa fallimentare. La risposta va ricercata nei
poteri del debitore e degli altri soggetti potenzialmente coinvolti in ordine alla continuazione dell’attività
nella prospettiva della liquidazione fallimentare.
Posto che il debitore patisce uno spossessamento
solo attenuato in pendenza di concordato senza possibilità che gli organi della procedura o altri gli impediscano di proseguire l’attività d’impresa 33, imponendogli l’immediata liquidazione, pare evidente che il
creditore si trova soggetto alle variazioni di valore di
mercato (oggettive) destinate ad avverarsi nel periodo
di durata del concordato cosı̀ come alle scelte di gestione (soggettive) programmate (ed attuate) dal debitore sia che il concordato vada a buon fine sia che
sfoci nella dichiarazione di fallimento. Questo sembra
comportare che la perizia richiesta dall’art. 160, 2º
comma, debba tenere conto sia delle determinazioni
già adottate dal debitore in ordine alla continuità
aziendale che di quelle programmate nel corso della
procedura di concordato, suscettibili di avere esecuzione prima di una possibile – perché necessariamente
‘‘alternativa’’ – dichiarazione di fallimento. Quindi, il
perito, peraltro scelto dal debitore, dovrà informarsi
presso quest’ultimo in ordine al programma di gestione aziendale e stimarne gli effetti sul bene o sul diritto
oggetto della sua perizia.
Dunque, in caso di concordato ‘‘in continuità’’, la
regola legale richiede di operare la valutazione dei
beni e diritti su cui grava il privilegio includendo nel
computo incrementi e diminuzioni che ragionevolmente potrebbero derivare dalla gestione del debitore, legittima fino allo spossessamento fallimentare,
nonché quelli ulteriori fino all’alienazione secondo i
dettami della liquidazione concorsuale 34. In altre parole, il principio di cristallizzazione dei rapporti e delle situazioni giuridiche concorsuali non sembra comportare un consolidamento alla data di pubblicazione
della domanda di concordato, ma bensı̀ ammettere le
modificazioni connesse con l’esercizio dei poteri ancora rimessi al debitore, siano esse positive o negative
30
V. Ranalli, La soddisfazione parziale dei creditori privilegiati
nel concordato preventivo, ivi, 2014, 1355.
31
V. Censoni, Il concordato preventivo, cit., 151 e seg.
32
Nello stesso senso Ranalli, La soddisfazione parziale dei creditori privilegiati nel concordato preventivo, cit., 1352. La legge
fallimentare prevede sı̀ l’esercizio provvisorio, ma, soprattutto,
sancisce la preferibilità di una collocazione dei beni del fallito in
blocco e, ancor prima, come complesso organizzato per la produzione. L’art. 105, 1º comma, L. fall. stabilisce, infatti, che ‘‘la
liquidazione dei singoli beni ai sensi degli articoli seguenti del
presente capo è disposta quando risulta prevedibile che la vendita
dell’intero complesso aziendale, di suoi rami, di beni o rapporti
giuridici individuabili in blocco non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori’’. Peraltro, v’è stato chi ha sostenuto che,
in caso di badwill, il perito dovrebbe non tenerne conto e redigere
la stima sull’assunto che, per tale ragione, l’azienda sarebbe liquidata in stato di cessazione (Verna, La relazione del professionista
per il pagamento in percentuale dei crediti privilegiati ai sensi del-
l’art. 160, comma 2, legge fallim., cit., 838).
33
Sul punto si consenta, anche per ulteriori riferimenti, il rinvio
a Boggio, Amministrazione e controllo delle società di capitali in
concordato preventivo (dalla domanda all’omologazione), in Amministrazione e controllo delle società di captali, Torino, 2009, 875 e
seg.; riguardo alle possibili responsabilità in conseguenza del ricorso al concordato con riserva Brizzi, Doveri degli amministratori
e tutela dei creditori nel diritto societario della crisi, Torino, 2015,
428; relativamente alla portata sistematica – e, quindi, degli effetti
sui doveri degli amministratori – della previsione di pagamento
della percentuale minima del 20% ai creditori chirografari Leozappa, Sugli organi sociali nella procedura di concordato con riserva
delle società di capitali, in Riv. Dir. Comm., 2016, I, 414 e segg.
34
Ad analoga soluzione perviene, se ben si comprende, Verna,
La relazione del professionista per il pagamento in percentuale dei
crediti privilegiati ai sensi dell’art. 160, comma 2, legge fallim., cit.,
838, il quale evidenzia la necessità di tenere conto della ‘‘dinamicità dei valori da stimare’’.
Giurisprudenza Italiana - Giugno 2017
1393
n
Diritto Commerciale Amministratore di fatto e di diritto
per la massa dei creditori. Incrementi e diminuzioni
dell’avviamento, spese di conservazione dell’azienda,
proventi di gestione vanno inclusi nel ‘‘valore di mercato’’. Pertanto, la continuità aziendale non inciderà
sull’individuazione delle regole applicabili, ma di fatto
potrà finire con l’influenzare l’ammontare del soddisfacimento stimabile per l’ipotesi di liquidazione fallimentare. In questo senso la presa di posizione del
Tribunale di Milano, per quanto sostanzialmente semplificatrice ed utile a sottrarre i creditori concordatari
a successive attività anche potenzialmente pregiudizievoli per le loro posizioni giuridiche 35, non pare conforme al sistema di governance delle imprese ammesse
al concordato preventivo (‘‘con riserva’’ o meno) e,
come tale, non può essere condivisa.
n Amministratore di fatto e di diritto
Tribunale Torino, 8 luglio 2016 – Pres. Scotti – Rel.
Martinat – Fallimento Plaza Agency s.r.l. (avv. Mazzi)
– M. Devalle (avv. Di Majo) – D. Corradin (avv. Camerano) – E. Turolla e F. Mannino
Società – Società di capitali – Amministratore – Amministratore di fatto – Nozione
È amministratore di fatto di una società colui che, pur
nell’assenza di una formale investitura, compie una serie di atti capaci di confermare, per loro natura, significatività e non occasionalità, l’inserimento di costui
nella gestione dell’impresa.
Società – Società di capitali – Amministratore – Amministratore di fatto – Amministratore di diritto –
Responsabilità
La presenza dell’amministratore di fatto non esclude la
ricorrenza di un’ipotesi di responsabilità in capo all’amministratore di diritto quantomeno per non aver costui
impedito l’evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire ai sensi dell’art. 2392, 1º comma, c.c.
Omissis – 3) Quanto, quindi, alle posizioni dei singoli
convenuti, il Collegio ritiene il Mannino, nella sua qualità
di amministratore di fatto di Plaza Agency, responsabile di
tutte le operazioni contestate di cui anzi è stato il diretto
beneficiario. Al riguardo va premesso che la qualifica di
amministratore di fatto è stata indiscutibilmente confermata dalle produzioni documentali delle parti e dagli stessi
atteggiamenti processuali dei convenuti costituiti. Premesso quindi che per pacifica giurisprudenza ‘‘in materia societaria è ravvisabile la figura dell’amministratore di fatto
nella persona di cui sia stato accertato l’avvenuto inserimento nella gestione di impresa, desumibile dalle direttive
impartite e dal condizionamento delle scelte operative’’
(Cassazione civile, sez. trib., 05/02/2014, n. 2586; Cassazione civile, sez. I, 01/03/2016, n. 4045), va allora evidenziato che la qualifica di amministratore di fatto può essere
desunta dalle seguenti circostanze: 1) il Mannino è stato
l’unico beneficiario delle operazioni contestate, il che in via
presuntiva rappresenta un forte indizio del fatto che esse
35
Non è detto che la continuità sia svolta a puro rischio dei soli
creditori e che le sopravvenienze debbano essere necessariamente
passive. Neppure – d’altro canto – v’è certezza che la prosecuzione dell’attività, a prescindere dai rapporti con il debitore, non
modifichi però gli equilibri tra creditori, ponendosi un problema
di politica del diritto in ordine all’opportunità di impedire ‘‘sbi-
1394
siano state decise ed organizzate da lui, il che implica la
totale soggezione degli organi amministrativi e sociali di
Plaza Agency alle sue decisioni; 2) l’Agenzia delle Entrate
nel corso degli accertamenti da lei disposti ha potuto appurare dal Devalle che ‘‘Il sig. Mannino, con cui avevo già
rapporti di lavoro, ci ha presentato il sig. Turolla, interessato a rilevare le quote della società, che in effetti gli abbiamo ceduto in data 14/11/2008. Pertanto le operazioni
effettuate da quella data sono state deliberate e gestite dalla
nuova proprietà’’, cosa poi confermata da Mannino (..); 3)
con missiva del 29.6.10, Fineco Leasing spa dichiarava che
il referente di Plaza Agency nella trattativa relativa alla
vendita dell’immobile di Villar Perosa era stato Mannino;
4) con missiva del 6.7.2010, Chivasso Industria srl dichiarava che la trattativa relativa alla vendita dell’immobile di
Chivasso era stata condotta da Mannino e di avere ricevuto
le proposte di acquisto dell’immobile da quest’ultimo, in
qualità di amministratore di Encogest srl (..); 5) la società
Hypo Tirol Leasing Italia spa dichiarava di non aver mai
trattato direttamente con Plaza Agency, ma esclusivamente
con Mannino, quale referente per Cabor s.rl. ed Inca Re
s.r.l. Ritiene dunque il Collegio che il Mannino debba essere considerato vero deus ex machina di Plaza Agency
allorquando sono state poste in essere le operazioni contestate dal Fallimento. La sua responsabilità, pertanto, è totale rispetto a tutte le condotte contestate. Alla luce, peraltro, della riduzione della domanda svolta in comparsa conclusionale della difesa del Fallimento, il Mannino deve essere condannato al pagamento della minor somma di euro
1.500.000,00, oltre interessi di mora al saggio legale dalla
data della sentenza al saldo effettivo. Anche la responsabilità del Corradin è palese: egli, infatti, sia quando era ancora amministratore sia quando aveva cessato dal ricoprire
suddetta carica, è stato l’autore materiale dei bonifici distrattivi a favore del Mannino. Non rileva, invece, ai fini
dell’esclusione della sua responsabilità, che egli non fosse
più socio al momento degli atti contestati, che non fosse
più amministratore al momento del terzo bonifico contestato, che non abbia tratto alcun vantaggio personale dalla
vicenda o che abbia fatto ciò che gli è stato contestato a
mero titolo di cortesia verso Mannino. Come sopra detto,
infatti, in questa sede rileva solamente il danno patito da
Plaza Agency, che era soggetto giuridico formalmente dilanciamenti’’ nella massa passiva. Ma, proprio perché si pone sul
piano della politica del diritto, il tema va affrontato in un’ottica de
iure condendo e non lasciato alla pura applicazione del principio di
cristallizzazione dei rapporti alla data di accesso alla procedura
concorsuale.
Giurisprudenza Italiana - Giugno 2017