MANAGER E
CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO
ALLA BIENNALE DI VENEZIA
N
el 1998 il legislatore ha avviato in Biennale una fase di rinnovamento alla cui guida si sono alternati tre presidenti.
Confrontandone strategia e operato, nonché le relazioni che hanno
instaurato con l’ambiente di riferimento, si intende verificare il
grado di successo del cambiamento nonché il diverso ruolo giocato dal presidente, dalla strategia adottata, dalle pressioni politiche,
legislative e del mondo culturale. In altri termini, si vuole valutare
se il cambiamento previsto dal legislatore sia stato effettivamente
realizzato e in quale misura, oppure se, al contrario, si registri la
mera adesione formale ai nuovi valori aziendali.
L’analisi ha evidenziato come ciascuno dei tre presidenti abbia
adottato soluzioni di governance e a livello organizzativo molto differenti. Le differenze strutturali non sono imposte solo da pressioni istituzionali, ma anche da un diverso approccio culturale e strategico ai problemi dell’istituto, che trova nel background dei tre
soggetti parte della spiegazione.
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■ DIEGO MANTOAN
…
D. Mantoan
■ PROPOSIZIONI E ASPETTI METODOLOGICI
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Fra gli istituti culturali del nostro pese la Biennale di Venezia spicca per prestigio e
longevità, oltre a godere di grande notorietà in ambito internazionale grazie a manifestazioni come l’Esposizione d’Arte Contemporanea e il Festival del Cinema.
Nel 1998, a un secolo dalla sua fondazione, l’istituto ha vissuto una delicata fase
nella propria vita vedendosi trasformato ope legis da ente pubblico a società con personalità giuridica privata. Come già per altre istituzioni culturali italiane,1 tale cambiamento trova ragione nell’obiettivo di realizzare un modello gestionale improntato verso una crescente attenzione all’efficienza organizzativa, alla soddisfazione del
pubblico e al reperimento di risorse finanziarie esterne (Mossetto, Vecco 2001). Il
legislatore ha così avviato in Biennale una fase di rinnovamento alla cui guida si
sono alternati tre presidenti, individuati dalla legge quali principali agenti del cambiamento e scelti dal ministro competente fra amministratori esperti, anziché come
in passato dal mondo prettamente culturale. Confrontando la strategia e l’operato dei
tre presidenti, nonché le relazioni che hanno saputo instaurare con il proprio ambiente di riferimento, si intende verificare il grado di successo del cambiamento
nonché il diverso ruolo giocato dal presidente, dalla strategia adottata, dalle pressioni politiche, legislative e del mondo culturale. In altri termini, si vuole valutare se il
cambiamento previsto dal legislatore sia stato effettivamente realizzato e con quale
grado di estensione oppure, al contrario, se si registri la mera adesione formale ai
nuovi valori aziendali. Il caso in esame può così fornire alcuni elementi di valutazione circa le leve del cambiamento in un contesto caratterizzato da elevate pressioni istituzionali come l’industria culturale.
Lo studio parte dall’analisi del testo legislativo che ha riformato la Biennale e da un
breve profilo dei tre presidenti per focalizzare poi l’attenzione sulle scelte compiute
da ciascuno dei tre in merito all’assetto istituzionale (sistema degli obiettivi e struttura di governo), a quello organizzativo (schema organizzativo, distribuzione dell’autorità, meccanismi operativi, politiche del personale) e a quello delle condizioni
patrimoniali (relazioni con gli stakeholder). Per far emergere con immediatezza gli
elementi di differenziazione e di continuità fra l’operato dei presidenti, nel caso in
esame si è optato per l’utilizzo di categorie d’analisi ormai consolidate nella letteratura aziendale, quali per l’appunto quattro delle cinque macrovariabili che compongono la struttura dell’azienda (assetto istituzionale, assetto organizzativo, organismo
personale, patrimonio) (Airoldi, Brunetti, Coda 2005).
L’inquadramento teorico generale, nonché le proposizioni specifiche traggono da
saggi di matrice prevalentemente neoistituzionalista.2 Il caso è poi stato affrontato
facendo ricorso a fonti variegate come suggerito dal single-case method.3
■ LA BIENNALE DI VENEZIA E LA RIFORMA DEL 1998
La Biennale di Venezia nasce nel 1895 per la realizzazione di un’Esposizione Internazionale d’Arte Contemporanea, evento che, dato il successo della prima edizione, si è
stabilito di ripetere ogni due anni. Fino al 1930 l’organizzazione della mostra è rimasta sotto l’amministrazione del Comune di Venezia, quindi è passata sotto l’egida del
governo centrale e vi è rimasta fino alla riforma del 1973, che ha trasformato l’istituto
in ente autonomo parastatale. Nel corso della sua storia secolare, la Biennale ha ampliato il proprio campo d’attività fino a includere manifestazioni in tutti i settori della
creazione artistica contemporanea, mantenendo tuttavia quali eventi principali la
Biennale d’Arte e l’annuale Festival del Cinema. Per curare l’aspetto artistico delle pro-
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1. A partire dalla metà degli anni novanta il legislatore italiano ha introdotto riforme in senso manageriale prima per i musei (L. n.
142/1990 e L. n. 51/1997), poi per i
teatri lirici e le organizzazioni di
spettacolo (D.lgs. 367/1996 e D.lgs.
134/1998).
2. Si è fatto riferimento in particolare
ai seguenti contributi: per quanto
concerne la rilevanza delle pressioni
istituzionali Meyer, Rowan (1977);
Powell, DiMaggio (1983); per
quanto riguarda il ruolo degli agenti del cambiamento e della strategia
Zucker (1977); Powell (1991); Seo,
Creed (2002); per quanto concerne
le specificità del settore culturale
Scott, Meyer (1983;, Lampel, Lant,
Shamise (2000); infine due casi di
studio condotti in matrice neoistituzionalista, ossia Townley (2002);
Bagdadli, Paolino (2006).
3. Sono stati approfonditi i principali
testi normativi attinenti alla riforma delle istituzioni culturali in Italia. Si è presa visione di un’ampia
letteratura e di numerosi articoli di
giornale inerenti alla Biennale di
Venezia. Sono stati esaminati documenti interni quali bilanci d’esercizio, verbali del CdA, ordini di servizio, organigrammi, comunicati
stampa. Oltre a raccogliere interviste e dichiarazioni dei presidenti
sulla stampa, sono state svolte numerose interviste a personaggi coinvolti nella vicenda a vario livello, fra
cui i primi due presidenti e i rispettivi direttori generali, diversi ex
membri del CdA, i dirigenti organizzativi dei settori artistici, le responsabili degli affari legali, dell’amministrazione e del controllo di
gestione. Infine, ci si è avvalsi di
una personale esperienza di collaborazione che ha permesso di cogliere umore e opinioni dei dipendenti e collaboratori dal 2002 al
2007.
4. Il patrimonio della Biennale individuato dalla perizia effettuata nel
2000 è rappresentato dal marchio,
che produce entrate dirette in forma
di royalties (circa 300 000 euro
annui), e dal materiale contenuto
nell’Archivio storico di valore prettamente documentale.
5. L’accezione è stata coniata da Fiorella Minervino sul Corriere della
Sera.
6. Il consiglio direttivo dell’ente era
composto da diciannove rappresentanti partitici nominati da parlamento ed enti locali, tanto che veniva definito ironicamente “parlamentino”. Oltre al numero eccessivo
di componenti, tale assetto portava
alla lottizzazione della presidenza
e delle dirigenze.
7. All’epoca dell’ente autonomo erano
presenti 17 sigle sindacali per soli
65 dipendenti. Per di più, a capo
delle unità funzionali che componevano la struttura organizzativa
sedevano i rappresentanti dei sindacati, che interpretavano il loro
ruolo in senso antagonistico rispetto alla presidenza.
8. La certezza ed entità del contributo
statale giungevano solitamente a
manifestazioni concluse.
9. Le strutture erano risalenti al ventennio fascista e non hanno mai subito ampliamenti o manutenzioni
significative.
10. La mostra del 1993 venne definita
“una Biennale da dimenticare”
(NY Times) e “morte a Venezia”
(Washington Post), quella del
1997 “semplicemente imbarazzante, una delle peggiori mai viste”
(NY Times). Critiche gravissime
considerato che le mostre erano curate dai due maggiori critici italiani, Achille Bonito Oliva e Germano Celant.
11. Fanno parte del consiglio scientifico
il presidente e i direttori artistici.
12. Fanno parte del CdA: il presidente;
il sindaco di Venezia, il governatore della Regione Veneto, il presidente della Provincia di Venezia o
loro delegati; un delegato del ministero, qualora non vi siano consiglieri nominati da soci privati
(fino a tre).
13. I settori sono architettura, arti visive, cinema, danza, musica, teatro e l’Archivio storico. In passato
la Biennale organizzava attività
stabili solo per l’arte e il cinema. La
danza viene introdotta nel 1998,
mentre le restanti discipline avevano già visto la luce nei decenni precedenti.
14. Con il D.lgs. n. 19/98 la Biennale
di Venezia viene definita società di
cultura. Successivamente, con decreto legislativo n. 1 dell’8 gennaio
2004, la Biennale cambia denominazione diventando fondazione.
prie attività la Biennale si avvale da sempre di professionisti esterni, posti alla direzione dei diversi settori disciplinari. Il personale in servizio invece, una sessantina di
dipendenti e altrettanti collaboratori, si occupa soltanto degli aspetti di organizzazione, logistica e comunicazione degli eventi. Non possedendo un capitale di funzionamento né un patrimonio immobiliare,4 l’istituto vive grazie al contributo statale e realizza le manifestazioni in spazi concessi in uso dal Comune. La Biennale è dunque
un’azienda non profit multibusiness di piccole dimensioni operante nel settore culturale che realizza l’organizzazione stabile di eventi grazie a finanziamenti statali.
Durante gli anni novanta la Biennale versava in una crisi profonda stigmatizzata
dalla stampa in maniera implacabile con l’accezione di “vecchia signora malconcia
e acciaccata dal volto incartapecorito”5 tanto che l’unica soluzione prospettata era la
chiusura temporanea seguita da una profonda riflessione sugli obiettivi dell’istituto
e sulla sua forma organizzativa. Lo stato d’emergenza va ricondotto in prevalenza a
una grave tensione sulle risorse: si riscontrava un’eccessiva rigidità organizzativa dovuta a una gestione di tipo burocratico, caratterizzata dalla quotidiana contrattazione all’interno dell’organo di governo6 sugli obiettivi e fra il presidente e le rappresentanze sindacali7 sulle prestazioni del personale; incideva negativamente anche la
scarsità di risorse causata dalla contribuzione statale insufficiente e aleatoria,8 nonché da spazi ormai inadeguati.9 Jean Clair, il primo straniero alla guida della Biennale d’Arte chiamato nel 1995 per la mostra del centenario, dichiarò ai giornali senza
indugi che nessun museo, gallerista o collezionista presterebbe mai le sue opere alla
Biennale, se ne conoscesse le strutture e l’organizzazione (De Martino 2003; Roddolo 2003). L’ente viveva inoltre pressione a livello strategico, poiché le manifestazioni attiravano poco pubblico e molte critiche: dal 1985 le mostre non hanno superato i 150 000 visitatori, la metà rispetto ai tempi d’oro, e la critica internazionale si
scagliava in maniera crescente contro ogni edizione.10
Nel corso degli anni novanta si è più volte pensato di riformare la Biennale e con il
decreto legislativo n. 19 del 23 gennaio 1998 a opera del ministro per i Beni e le Attività Culturali Walter Veltroni viene compiuto il passaggio dell’ente da pubblico a
privato, prospettando dunque quale soluzione la via dell’aziendalizzazione come due
anni prima per i teatri lirici. Il decreto di riforma ha determinato in larga parte il
nuovo assetto istituzionale, perché si configura come legge statutaria che identifica
i componenti del soggetto d’istituto, determina i fini istituzionali e configura la struttura di governo. L’articolazione della governance presenta un consiglio di amministrazione quale organo di governo, un collegio sindacale quale organo di controllo e
un consiglio scientifico con funzione consultiva quale organo di indirizzo artisticoculturale.11 Il CdA è composto da cinque a sette membri12 anziché da diciannove
come in passato, fra cui non figurano più i prestatori di lavoro, ma possono partecipare soci terzi che diano garanzia di un conferimento di capitale e un finanziamento ordinario annuo. La missione dell’istituto è individuata nel compito di operare stabilmente nel campo delle principali discipline dell’arte contemporanea attraverso
manifestazioni e attività di ricerca. Il consiglio di amministrazione è chiamato a individuare dei direttori artistici da porre in capo ai diversi settori disciplinari.13
Altri effetti di rilievo prodotti dalla riforma riguardano il cambio di denominazione
dell’ente, prima società di cultura (1998) e poi fondazione (2004),14 e la connessa acquisizione della personalità giuridica di diritto privato, ivi incluse la negoziazione e
la stabilizzazione della contribuzione statale. Si noti che la Biennale è una cosiddetta
fondazione di partecipazione ma, contrariamente alle fondazioni regolamentate dal
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Manager e cambiamento organizzativo alla Biennale di Venezia
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codice civile, non possiede un patrimonio fruttifero da impegnare nelle attività dell’ente. L’autentica particolarità del nuovo assetto istituzionale è rappresentata tuttavia
dalla figura del presidente, poiché la legge gli attribuisce una duplice funzione, di governo e di gestione: presiede il CdA e, nel contempo, può assumere decisioni direttive e operative al pari di un amministratore delegato. Considerando inoltre che la nomina del presidente spetta al ministro per i Beni e le Attività culturali il suo ruolo acquista un’autorità tutt’altro che formale, dato che lo Stato costituisce il maggior conferente assoluto di capitale e detiene di fatto i diritti di proprietà.15
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■ I TRE PRESIDENTI
La riforma della Biennale ha fatto della designazione del presidente il momento cruciale nella vita dell’istituto. Dotato di autorità formale e capace di esercitare potere,
egli è infatti deputato a essere il principale agente del cambiamento e per questo motivo sarebbe auspicabile presentasse le caratteristiche necessarie al rinnovamento,
ossia conoscenze manageriali, esperienza gestionale e capacità strategica nella conduzione aziendale. I ministri che si sono finora succeduti al dicastero della cultura
hanno tutti riconosciuto la necessità di porre in capo all’istituto manager professionisti. Dal 1998 si sono perciò avvicendati Paolo Baratta (1998-2001), Franco Bernabè
(2002-2003), Davide Croff (2004-2007) e nuovamente Paolo Baratta (dal 2008),
noti per aver ricoperto rilevanti incarichi d’amministrazione ma pressoché sconosciuti all’establishment culturale prima della nomina alla Biennale. Così come ogni
soggetto agisce rispetto al sistema di credenze con cui interpreta le proprie percezioni (Zucker 1977), parimenti i manager cercano soluzioni a situazioni contingenti attingendo dalla propria esperienza e da modelli di risposta consolidati (Seo, Creed
2002). Prima di proseguire l’analisi è perciò indispensabile conoscere il profilo professionale dei tre presidenti.
Laureato in ingegneria ed economia, Paolo Baratta vanta nel suo passato numerosi
e prestigiosi incarichi nel mondo bancario, politico e culturale. Dal 1980 al 1992 è
stato presidente dell’Istituto per il Credito alle Imprese di Pubblica Utilità (ICIPU),
del Consorzio di credito per le opere pubbliche (Crediop), nonché vicepresidente del
Banco Ambrosiano Veneto e dell’ABI. Nel 1993 è ministro per le Privatizzazioni (governo Amato), nel 1993-94 per il Commercio Estero e l’Industria (governo Ciampi),
nel 1995-96 ai Lavori Pubblici e all’Ambiente (governo Dini). Attualmente ricopre la
presidenza della Fondazione Lorenzo Valla e dell’Accademica filarmonica romana.
Laureato in economia, Franco Bernabè è fra i manager italiani più noti, specialmente
per la ristrutturazione e privatizzazione dell’ENI operata in qualità di amministratore delegato fra il 1992 e il 1998. In precedenza è stato senior economist al Dipartimento di Economia e Statistica dell’OCSE, chief economist al dipartimento di pianificazione della FIAT, assistente al presidente dell’ENI. Fra 1998 e 1999 è amministratore delegato di Telecom Italia, mentre nel 2000 fonda FB Group attiva nei settori dell’ICT e delle energie rinnovabili. Dal 2004 siede alla presidenza del Mart,
Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Attualmente ricopre
la vicepresidenza di Rothschild Europe, società di advisory finanziario, ed è consigliere d’amministrazione di PetroChina. A fine 2007 è tornato a ricoprire il ruolo di
amministratore delegato presso Telecom Italia.
Laureato in economia e commercio, Davide Croff ha lavorato in Banca d’Italia dal
1974 al 1979 come funzionario presso il Servizio studi mercato monetario, per poi
entrare in FIAT dove ha svolto diversi incarichi dal 1979 al 1989: responsabile degli
4
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15. Il finanziamento statale, tramite
contributo governativo e stanziamento FUS (Fondo Unico dello
Spettacolo) raggiunge in media il
67% delle entrate e rappresenta
addirittura il 98% dell’intera contribuzione pubblica.
Manager e cambiamento organizzativo alla Biennale di Venezia
affari finanziari, della tesoreria, direttore finanziario di FIAT Auto, direttore affari finanziari del Gruppo FIAT. Dal 1990 al 2003 è stato amministratore delegato di BNL.
Nel 2003 ha assunto la presidenza della Fondazione musicale Levi.
■ L’ASSETTO ISTITUZIONALE:
RISPOSTE AL FABBISOGNO STRATEGICO
voche per tutti i settori disciplinari in
funzione delle rispettive peculiarità.
Tabella 1 Governance
a confronto
PAOLO BARATTA
(1998-2001)
FRANCO BERNABÈ
(2002-2003)
DAVIDE CROFF
(2004-2007)
Ruolo del
presidente
PRESIDENTE PLENIPOTENZIARIO
completo accentramento dei poteri
e amministrazione diretta.
DECISORE STRATEGICO
decentramento dei poteri delle leve
decisionali.
POSIZIONE INTERMEDIA
attribuzione diffusa di responsabilità
e stretto controllo accentrato.
Visione
personale
ACCENTUATA MULTIDISCIPLINARITÀ
E STABILITÀ D’AZIONE
operare da subito e con continuità
in tutti i settori disciplinari.
FOCALIZZAZIONE
SULLE ATTIVITÀ CORE
aspirare alla supremazia soltanto
nelle manifestazioni più importanti.
RADICAMENTO TERRITORIALE
E PRIVATIZZAZIONE
rinsaldare il rapporto con gli enti locali
e cercare soci fondatori privati.
Obiettivi
culturali
RIAFFERMAZIONE QUALITATIVA
artisti e operatori di provenienza
anche internazionale; forte presenza
di nuove produzioni; separazione
delle responsabilità gestionali
da quelle artistiche; completa autonomia
ai direttori; incarichi plu-riennali.
INNOVATIVITÀ
artisti e operatori di provenienza anche
internazionale; prevalente realtà espositiva;
completa autonomia ai direttori;
incarichi annuali.
AUTONOMIA ED
INTERNAZIONALIZZAZIONE
rafforzamento dell’unitarietà d’immagine
della Biennale; limitata autonomia progettuale
dei direttori e prevalente realtà di committenza;
ripristino degli incarichi pluriennali;
esportazione delle manifestazioni.
Obiettivi
aziendali
AZIENDALIZZAZIONE
mediante processo
di turn-around and ecovery a livello
organizzativo e relazionale.
RIDIMENSIONAMENTO
mediante settorializzazione
dell’organizzazione ed esternalizzazione
delle attività non-core.
RISTRUTTURAZIONE INTERNA
E RILOCALIZZAZIONE
riorganizzazione interna;
ricerca di una sede istituzionale.
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16. Possono presentarsi scelte non uni-
Nonostante la riforma incida notevolmente sulla governance, il presidente ha facoltà
di definire i rapporti che intercorrono tra gli organi di governo e di declinare la missione aziendale in obiettivi e opzioni strategiche coerenti. Per studiare l’assetto istituzionale disegnato dai presidenti si approfondiscono quattro aspetti.
1. Ruolo del presidente. Poiché il presidente è libero di stabilire l’estensione dei
propri compiti, bisogna identificare la posizione concretamente assunta da Baratta, Bernabè e Croff. Si intendono verificare i meccanismi di governo (relazioni con gli organi di governo) e il grado di decentramento del potere.
2. Visione personale. La missione aziendale non è che la formulazione generica
degli obiettivi istituzionali, utile per delimitare il campo delle attività d’istituto.
Spetta in questo caso al presidente tradurre la missione ex lege in un percorso di
opzioni coerente con la propria visione della Biennale di Venezia.
3. Obiettivi culturali. Poiché nelle aziende non profit i fini istituzionali non economici prevalgono su quelli di tipo economico, è indispensabile identificare nel
nostro caso gli obiettivi culturali dato che incidono in maniera decisiva su tipologia e qualità delle produzioni proposte, oltre a caratterizzare l’immagine dell’istituto. Non possedendo risorse artistiche proprie, la Biennale si affida all’esterno,
nello specifico ai direttori artistici posti in capo ai settori disciplinari ai quali spettano le decisioni in merito ai contenuti dei progetti culturali. Gli organi di governo possono incidere sulla qualità delle manifestazioni nella misura in cui sono
capaci di scegliere direttori validi e di indirizzarne poi l’operato. Bisogna allora focalizzare l’attenzione su due aspetti:16
Ω criteri di selezione dei direttori: provenienza (nazionale o internazionale) e
professione (artista vs. operatore culturale);
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Ω rapporto tra organi di governo e direzione artistica: natura dell’intervento richiesto (nuova produzione o attività espositiva), grado di responsabilità attribuito ai direttori (mera direzione artistica o responsabilità economico-gestionale), grado di autonomia dei direttori (committenza o autonomia progettuale), durata dell’incarico (annuale o pluriennale).
4. Obiettivi aziendali. Ciascun presidente ha individuato alcuni obiettivi organizzativi strumentali per la realizzazione di una struttura adeguata al perseguimento della propria visione e delle finalità culturali.
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La governance di Paolo Baratta
“Al mio arrivo trovai sulla scrivania la lettera di sfratto degli uffici dallo storico palazzo della Biennale dietro San Marco: dell’istituto rimaneva solo il nome.”17 Giunto a Venezia Baratta si è dovuto confrontare subito con le drammatiche condizioni
dell’ente: risorse finanziarie scarse e strutture inadeguate, progressiva caduta d’immagine, rigidità organizzativa e burocratizzazione. Interpretando alla lettera la missione aziendale stabilita dalla legge, Baratta ha voluto che l’istituto operasse da subito stabilmente in tutti i settori artistici riaffermando la propria reputazione grazie
a direttori artistici di prestigio internazionale. “Avevo bisogno dei migliori curatori
del mondo, contattai i maggiori critici e mi feci indicare i migliori, poi li andai a trovare di persona per portarli a Venezia.”
Tuttavia, al fine di sostenere la realizzazione di eventi in ben sei diverse discipline, dovevano essere risolti i problemi strutturali. Le circostanze imponevano un processo di
turnaround rapido e senza eccessive resistenze interne, motivo che spinse Baratta ad
accentrare ogni prerogativa di governo e gestione interpretando il ruolo di presidente
plenipotenziario. “La situazione andava controllata giorno per giorno” perciò Baratta,
negli anni del suo mandato, si è dedicato principalmente a questo incarico coniugando l’ampiezza della sua autorità alla presenza quotidiana. Infine ha depotenziato il comitato scientifico privandolo di qualsiasi possibilità d’incidere sulla governance.
Il progetto di rilancio culturale dell’istituto poggiava interamente sui direttori artistici,
sulla loro fama internazionale, sulla loro capacità di attirare attenzione all’estero e di soddisfare la critica. Con Baratta arrivano effettivamente alcune delle personalità più note
a livello internazionale, quali Harald Szeemann18 e Carolyn Carlson.19 Per assicurare ai
direttori libertà creativa ha garantito loro piena autonomia progettuale e incarichi quadriennali, la durata massima prevista per statuto. Per mantenere il controllo sul loro
operato, invece, ha scelto di togliere loro la responsabilità economico-gestionale dei propri settori, affiancandoli a un dirigente organizzativo che risponde unicamente al presidente. I criteri di scelta dei direttori indicano come Baratta abbia preferito dei curatori per le discipline tradizionali (arte e cinema), mentre quelle più recenti (architettura,
danza, musica e teatro) sono state affidate ad artisti. Questa circostanza ha permesso ai
settori dello spettacolo dal vivo di non limitarsi alla programmazione di eventi esterni,
bensì di produrre in proprio nuove opere vendute poi in Italia e all’estero garantendo
un buon ritorno per il sostentamento del settore artistico.
La governance di Franco Bernabè
“Non mi sarei aspettato una situazione così buona, servivano alcune decise manovre
organizzative, ma nessuna presenza quotidiana”.20 Al suo arrivo Franco Bernabè ha
preso le redini di un istituto notevolmente risanato e, “abituatosi nella grande impresa a operare come stratega”,21 ha assunto il ruolo di decisore strategico. Sulle scel-
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17. Fra virgolette sono riportati stralci
dell’intervista a Paolo Baratta.
18. Harald Szeemann, fondatore e per
lunghissimi anni curatore della
Documenta di Kassel (Germania), la più importante esposizione di arte contemporanea del
mondo.
19. Carolyn Carlson, considerata negli
anni novanta la più importante
ballerina e coreografa di danza
contemporanea.
20. Fra virgolette sono riportati stralci
dell’intervista a Franco Bernabè.
21. Dall’intervista con Antonio Paruzzolo, amministratore delegato di
Thetis SpA.
Manager e cambiamento organizzativo alla Biennale di Venezia
gono definiti i requisiti d’accesso
per i nuovi soci fondatori. A un’attenta analisi le norme sembrano
ostacolare piuttosto che favorire le
nuove partecipazioni e risultano
più restrittive delle disposizioni
precedenti. Eventuali soci privati
sono ora obbligati a un conferimento permanente pari al 20% del
patrimonio dell’istituto e a uno
stanziamento annuo pari almeno
al 7% dei sussidi statali. Inoltre, gli
eventuali soggetti terzi non possono svolgere attività di lucro nei settori in cui opera la Biennale.
24. Il Comune di Venezia conferisce
alla Biennale gli spazi e le strutture necessarie al proprio funzionamento in comodato d’uso. La Regione Veneto, invece, trasferisce 150
000 euro annui, pari allo 0,75%
dei contributi statali. La Provincia
di Venezia, infine, finanzia la
Biennale con 15 000 euro all’anno.
25. Tratto da un intervento di Davide
Croff a un ciclo di lezioni sulla
Biennale di Venezia (2005).
La governance di Davide Croff
Davide Croff viene nominato presidente a poche settimane dal decreto legislativo
che modifica la denominazione dell’ente da società di cultura a fondazione e inoltre
regolamenta la partecipazione di soci terzi.23 La nuova riforma dà impulso nella direzione della progressiva apertura ai privati e della responsabilizzazione degli enti
locali, che finora hanno contribuito in minima parte al finanziamento dell’istituto.24
Stimolato da questi presupposti, Croff si è proposto di trovare un socio privato e si
è impegnato per un maggiore radicamento sul territorio, in primis aprendo agli enti
locali sulle decisioni strategiche.
L’obiettivo di Croff è “una Grande Biennale, autonoma nelle scelte culturali, localizzata in una sede riconoscibile e accessibile al pubblico, unitaria a livello d’immagine,
operante durante l’intero arco dell’anno sia a Venezia sia fuori, affiancata da partner
privati e istituzionali”.25 Per mirare alla partecipazione di un privato Croff riteneva necessario separare nuovamente l’organizzazione per unità funzionali, senza però optare per il completo accentramento dei poteri. Per ricucire i rapporti con il territorio,
invece, ha pensato di cercare un edificio a Venezia quale nuova sede della Biennale,
al fine di porre sotto un unico tetto gli uffici attualmente sparsi in tre sedi differenti.
Il progetto culturale della presidenza si è basato su due punti nodali: il recupero da
parte dell’istituto di una capacità progettuale slegata dai direttori artistici e la realizzazione di un’internazionalità tesa a esportare manifestazioni. La volontà di vedere
“la Biennale quale autrice delle proprie scelte culturali” ha modificato il rapporto con
i direttori artistici: essi non sono più chiamati a realizzare un evento per conto della
Biennale, bensì devono rispondere a una precisa committenza. Questo approccio ha
permesso di sperimentare nuove soluzioni, come il ricorso al direttorio anziché a un
unico direttore per settore. Apparentemente contrario ai mutati rapporti con i diret-
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22. Dall’intervista a Franco Bernabè.
23. All’art. 9 del D.lgs n. 1/2004 ven-
te di Bernabè ha inciso la sua valutazione circa le potenzialità organizzative e l’ambiente competitivo della Biennale: a suo giudizio l’istituto possedeva insufficienti risorse per aspirare a un ruolo di rilievo in tutti i settori artistici di competenza. “La necessità di suddividere gli sforzi su molti fronti rischiava di indebolire anche le manifestazioni di consolidata reputazione ed elevato richiamo mediatico come la Mostra
del Cinema.”22 Nella visione di Bernabè l’istituto doveva perciò concentrarsi sulla realizzazione di eventi culturali lasciando cadere ogni altra attività accessoria. La Biennale era intesa quale macchina organizzativa composta da settori artistici autonomi,
dei quali i direttori artistici si potevano avvalere per realizzare le manifestazioni in
programma. Questa strategia imponeva la riorganizzazione in senso divisionale e il
decentramento dei poteri a favore dei dirigenti organizzativi dei settori artistici.
Nonostante la riorganizzazione, Bernabè riteneva che la limitatezza di risorse impedisse di operare a livelli soddisfacenti in tutti i campi d’attività. Per questo motivo ha scelto di favorire i settori tradizionali (arte e cinema), mentre le restanti discipline dovevano operare in sinergia con queste. Gli eventi di punta avrebbero dovuto contribuire alla riaffermazione complessiva della Biennale. Questo nuovo approccio giustifica il cambiamento stabilito per il settore dello spettacolo dal vivo:
dalla programmazione a cartellone, protratta sull’intero arco dell’anno, si è passati
alla forma festivaliera concentrata nei mesi centrali dell’anno e posta a ridosso delle
manifestazioni principali. Infine, Bernabè ha inteso caratterizzare la Biennale per
un elevato grado di innovatività delle proposte artistiche e a questo scopo ha optato
per il ricambio annuale dei direttori artistici.
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tori è il recupero graduale della pluriennalità dei loro incarichi, che risponde invece
a motivi di ordine organizzativo: permette di programmare le attività su un orizzonte temporale più ampio.
Comunanza e continuità strategica fra le presidenze
Osservando l’assetto istituzionale, si nota come ciascuno dei tre presidenti abbia
agito secondo una personale visione e interpretando a modo proprio il ruolo del presidente. Per quanto concerne gli aspetti artistici, invece, al di là dei differenti obiettivi culturali, si riscontra comunanza nei rapporti con i direttori di settore e nei criteri di selezione. La scelta operata da Baratta di spogliare la direzione artistica della
responsabilità economico-gestionale sui settori disciplinari è stata mantenuta anche
dai successori. Riguardo ai criteri di scelta, ognuno ha mantenuto un respiro internazionale riservandosi di chiamare anche direttori stranieri. Per l’Esposizione d’Arte e la Mostra del Cinema sono stati preferiti curatori e operatori del settore, mentre
per le restanti discipline si è generalmente fatto ricorso ad artisti. Ogni presidente
ha concesso nomina pluriennale al direttore del settore cinema, una circostanza giustificata dalla necessità di mantenere stabili rapporti con l’industria cinematografica. Nella selezione dei direttori non vanno tuttavia sottovalutate le pressioni politiche subite dai presidenti: è risaputo che l’addio di Baratta e l’allontanamento di Bernabè sono stati motivati dalla loro indisponibilità ad ascoltare le indicazioni del ministro sulla nomina del direttore per il settore cinema.
Nonostante la diversità di approcci e finalità, Baratta, Bernabè e Croff hanno proceduto lungo un unico percorso strategico: inevitabilmente i tre presidenti presi in successione hanno ognuno compiuto un passo fondamentale sulla strada della destatizzazione della Biennale. Baratta ha mosso il cammino mediante l’aziendalizzazione. Per ottimizzare gli sforzi Bernabè ha sperimentato nuovi modelli organizzativi,
mentre prospettava la ricerca sistematica di sostegno privato. A Croff infine spettava il compito di concludere il processo di riforma riallacciando con il territorio e individuando un fondatore terzo. Pur nella continuità strategica, il triplice avvicendamento al vertice in soli sei anni ha prodotto notevoli effetti negativi sullo sviluppo
aziendale. Al di là del fatto che nessun presidente ha potuto espletare una strategia
di lungo periodo, il processo di riforma è proceduto a singhiozzo a causa della ripetuta interruzione di progetti avviati e di rapporti in via di consolidamento, nonché
per la distrazione di risorse ed energie nella riorganizzazione dell’istituto a ogni
nuova presidenza.
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■ GLI INTERVENTI INTERNI:
RISPOSTE AL FABBISOGNO ORGANIZZATIVO
Il caso in esame evidenzia un sistema di strategia-struttura a causalità lineare, poiché gli obiettivi strategici dichiarati vengono tradotti nella struttura ritenuta più adeguata al loro perseguimento. La progettazione organizzativa ha rappresentato un’esigenza primaria per ridurre il rischio di de-coupling (adesione formale ai nuovi valori senza recupero di efficacia) (Powell, DiMaggio 1983) ed eliminare le eventuali
resistenze al cambiamento. Nel caso specifico le potenziali fonti d’inerzia erano causate da fattori comportamentali quali: una cultura aziendale orientata all’adempimento delle mansioni anziché alla responsabilità per obiettivi, uno stile relazionale
rigidamente gerarchico e burocratico con unità organizzative impermeabili all’interazione sistemica, una conflittualità nei rapporti tra organi di governo e macro-
8
e&m 2 | 2008
Nonostante la
diversità di
approcci e finalità,
Baratta, Bernabè
e Croff hanno
proceduto lungo
un unico percorso
strategico
Manager e cambiamento organizzativo alla Biennale di Venezia
Mossetto, membro del consiglio direttivo (1992-1997) e vicepresidente (1998-2000).
27. Per fare un raffronto basti pensare
alla situazione di un teatro lirico,
dove il numero di dipendenti è maggiore e annovera anche personale
artistico (orchestrali, coristi ecc.).
Le mansioni svolte dal personale a
tempo indeterminato di una fondazione lirica sono da ritenersi più essenziali rispetto a quelli svolti dal
personale stabile della Biennale. Di
conseguenza, nel caso di resistenze
da parte dei propri dipendenti, la
Biennale è messa in difficoltà molto
minore rispetto a un teatro lirico
che potrebbe invece subire il blocco
delle manifestazioni.
Schema
organizzativo
Strumenti
di controllo
Sistemi
operativi
Gestione
delle risorse
umane
PAOLO BARATTA
(1998-2001)
FRANCO BERNABÈ
(2002-2003)
DAVIDE CROFF
(2004-2007)
STRUTTURA FUNZIONALE
CON POTERE ACCENTRATO
6 unità funzionali con responsabilità
di budget; accentramento delle leve
decisionali sul presidente; conferimento
di responsabilità limitata ai dirigenti.
STRUTTURA DIVISIONALE
CON SETTORI AUTONOMI
4 settori artistici con responsabilità
di budget; attribuzione delle leve
decisionali ai dirigenti di settore;
terziarizzazione delle attività non-core
mediante la costituzione di una
società controllata.
STRUTTURA FUNZIONALE
CON COORDINAMENTO CENTRALE
numerose unità funzionali raggruppate in 3
comparti che rispondono al presidente
o al direttore generale; gestione
della produzione per progetto mediante
l’apporto coordinato delle diverse
unità organizzativa.
contabilità analitica per commessa;
voci di spesa vincolate;
obbligo di autorizzazione delle spese;
istituzione del controllo di gestione
e di standard procedurali codificati.
autonomia dei settori nella gestione
del budget; unico vincolo
l’obbligo di pareggio; controllo
degli scostamenti a consuntivo; attribuzione
dei costi diretti e indiretti ai settori.
sistema di project management;
voci di spesa vincolate nel dettaglio;
unificazione delle funzioni amministrative
e di quelle di controllo.
passaggio dal pubblico impiego
ad un CCNL del settore privato;
programmi di formazione
e responsabilizzazione per obiettivi;
dirigenti a tempo determinato;
flessibilità organizzativa attraverso
contratti a tempo determinato.
trasferimento del personale tecnico
mediante terziarizzazione;
sistema di premi e incentivi; rimozione
dei dirigenti ex pubblici; flessibilità
organizzativa attraverso contratti
a progetto e appalti esterni.
moltiplicazione delle dirigenze per effetto
della costituzione di nuovi centri
di responsabilità; flessibilità organizzativa
attraverso contratti a progetto,
appalti esterni e leasing di personale.
Tabella 2 Assetti
organizzativi a confronto
Gli interventi organizzativi di Paolo Baratta
Analizzando gli interventi di Baratta emerge chiaramente come egli abbia cercato di
risolvere la situazione di arena politica (Rebora 1998) presente in Biennale caratterizzata da forti conflitti d’impostazione e di scopi nelle relazioni di ordine istituzionale e dalla politicizzazione dei rapporti di ordine organizzativo e gestionale (gravi
conflitti con la macrostruttura e distribuzione del potere instabile). Il suo operato
mirava dunque a un duplice scopo: innanzitutto spezzare il vecchio sistema di potere, poi impostare l’assetto organizzativo desiderato.
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26. Dall’intervista con Gianfranco
struttura. Prima della riforma “i funzionari a capo delle unità funzionali agivano a
metà fra feudatari e sindacalisti, pronti a difendere risorse e personale loro assegnati
senza vedere il nesso delle proprie attività con il complessivo andamento aziendale”.26 La ricerca ha però evidenziato resistenze organizzative sporadiche e incapaci
di inficiare seriamente la strategia dei presidenti. Questa circostanza va fatta risalire sia alle piccole dimensioni dell’istituto (nel processo di cambiamento era coinvolta
una sessantina di dipendenti con mansioni in prevalenza di segreteria)27 sia agli interventi organizzativi operati da Baratta. Per questo motivo si è scelto di non approfondire la trattazione sulle resistenze e di focalizzare invece l’analisi sulla struttura organizzativa, sulla distribuzione del potere e sugli strumenti operativi adottati dai presidenti. Si procede approfondendo due aspetti.
Ω Schema organizzativo. Si prende in considerazione solo la struttura di base senza
scendere nel dettaglio delle singole unità. Il concetto di schema si estende oltre
la struttura organizzativa comprendendo i principi di coordinamento e integrazione (Airoldi, Brunetti, Coda 2005). Si osservano quindi le scelte di distribuzione dell’autorità (in merito al decentramento e alla delega), i sistemi di coordinamento e controllo delle operazioni e le modalità di gestione della complessità.
Ω Sistemi operativi. Tra i diversi strumenti operativi se ne approfondiscono due: da
una parte i sistemi di programmazione e controllo (soprattutto gli strumenti contabili e di pianificazione), dall’altra le politiche di gestione del personale (in particolare il reclutamento, la formazione, i rapporti contrattuali).
D. Mantoan
L’approccio di Baratta assume i caratteri del commissariamento, poiché l’azienda è
ritornata alla forma semplice come accade per un’impresa in crisi.
La gerarchia è ridotta al minimo e il presidente riveste un ruolo centrale assumendo
le prerogative di vertice strategico oltre ad amministrare direttamente le attività operative. Sull’interpretazione del proprio ruolo, oltre alla situazione contingente, ha influito anche il background di Baratta che “da uomo di Stato ha interpretato alla lettera la riforma e il decreto per l’appunto indicava un presidente plenipotenziario”.28
Nonostante la logica organizzativa si orienti alla forma elementare, la struttura adottata è di tipo funzionale, perché la dimensione aziendale e la specializzazione delle
attività tipiche richiedevano comunque la creazione di numerose unità organizzative separate. I compiti sono ripartiti in tre unità di line (attività produttive, progetti
speciali, Archivio Storico per le Arti Contemporanee)29 e tre di staff (comunicazione, amministrazione, funzioni tecnico-logistiche). I dirigenti posti in capo alle singole unità non possiedono però autonomia, poiché l’accentramento è completo e
non è concessa alcuna delega. Il coordinamento delle operazioni avviene tramite
norme, procedure, regole e tramite gerarchia, strumenti adeguati al livello di complessità presente. Per la prima volta dopo cento anni vengono codificate le attività tipiche dell’istituto attraverso la definizione di standard procedurali.
Consiglio di
amministrazione
Coordinatore
generale
Segreteria generale
Unità
tecnico-logistica
Arti visive,
Architettura
Cinema
Affari legali
Unità produttiva
Unità amministrativo
gestionale
Danza, Musica,
Teatro
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Affari
amministrativi
Controllo
di gestione
Unità di
comunicazione
Unità progetti
speciali
Amministrazione
personale
A supporto della struttura organizzativa è stato introdotto un articolato sistema di
programmazione e controllo: viene predisposto un sistema di contabilità analitica
per commessa, viene istituito un ufficio preposto al controllo di gestione, i budget
assegnati alle unità organizzative vengono stabiliti top-down con la definizione degli
importi dettagliati per ciascuna voce di spesa.
A completamento del cambiamento, Baratta ha adottato attente politiche di gestione del personale volte in primo luogo a introdurre una nuova cultura organizzativa.
10 e&m 2 | 2008
glia, dirigente durante la presidenza di Baratta.
29. L’Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) raccoglie una
vasta collezione di opere, libri, filmati e registrazioni sui settori d’attività della Biennale, nonché documenti riferiti alla storia dell’ente.
Ogni presidente ha considerato l’ASAC un’unità operativa a parte,
poiché differisce notevolmente dai
compiti tipici della Biennale.
Figura 1 Organigramma
durante la presidenza Baratta
PRESIDENTE
ASAC
28. Dall’intervista con Renato Qua-
Manager e cambiamento organizzativo alla Biennale di Venezia
Il passaggio del
personale da
pubblico a privato
è stato sfruttato
per adottare un
CCNL del settore
privato
A tal fine sono stati promossi programmi di formazione, è stato incentivato il lavoro di gruppo tra unità organizzative, è stato valorizzato il potenziale organizzativo
con avanzamenti di carriera mirati. Circa i rapporti contrattuali, il passaggio del personale da pubblico a privato è stato sfruttato per adottare un CCNL del settore privato,30 il cui utilizzo ha garantito notevoli benefici: ha consentito di estendere l’impegno richiesto ai dipendenti, ha permesso di estromettere i sindacati del comparto
pubblico (passando da diciassette a tre sigle sindacali), ha dato facoltà di ricorrere a
collaborazioni esterne per mantenere un’elevata flessibilità organizzativa (in prevalenza tempi determinati). “Il passaggio al CCNL privato ha convinto i sindacalisti a
transitare verso altre amministrazioni pubbliche e ci ha permesso di ridurre drasticamente le frizioni col personale a tempo indeterminato”.31
Anche nel rapporto con i dirigenti si scorge il nuovo approccio: infatti, ai dirigenti
non sono più affidate le unità organizzative, bensì sono resi responsabili di precisi
obiettivi stabiliti dal presidente, al quale rispondono dei propri risultati. Al fine di
sottolinearne la prevalente funzione di servizio, tutte le posizioni dirigenziali sono
state tramutate in affidamenti a tempo determinato.
30. Si tratta del CCNL Terziario,
Commercio e Servizi. La riforma
imponeva il passaggio del personale a una nuova forma contrattuale, ma non imponeva l’adozione di
un CCNL del comparto pubblico.
31. Dall’intervista con Gianfranco
Mossetto.
32. La nuova società è stata denominata Tese SpA, dal 2004 invece
Biennale Servizi SpA a seguito
della rilevazione da parte della
Biennale del pacchetto azionario
in mano al socio di minoranza.
33. Si trattava della Thetis SpA, società di progettazione scientifica
con sede a Venezia, il cui amministratore delegato, Antonio Paruzzolo, ha svolto tale funzione anche
per la nuova società.
Anziché mantenere l’assetto precedente, Bernabè ha predisposto il decentramento
e ha sperimentato una nuova forma organizzativa orientata alla sua personale visione che vede la Biennale quale istituto specializzato nella realizzazione di eventi culturali. L’istituto doveva adempiere ai propri compiti mediante la focalizzazione sugli
obiettivi essenziali, il ridimensionamento aziendale e la terziarizzazione delle attività secondarie. Il nuovo assetto organizzativo si fonda sulle aree d’affari, anziché
sulle funzioni, e quindi sui diversi settori artistici che sono messi nelle condizioni
di realizzare le rispettive manifestazioni con un elevato grado di autonomia.
Lo schema organizzativo di Bernabè si sostanzia nel passaggio a una struttura di tipo
divisionale composta da quattro unità di line, ossia le combinazioni prodotto/mercato (cinema, attività espositive, spettacolo dal vivo, archivio storico), e una di staff comprendente le funzioni di base residuali, cioè quelle non attribuite ai settori artistici
(amministrazione, controllo di gestione, ufficio legale). Conseguenza necessaria del
nuovo assetto diventa la delega su obiettivi ai dirigenti posti in capo ai settori artistici. In questo modo i dirigenti hanno facoltà di governare autonomamente tutte le operazioni che concorrono a realizzare le manifestazioni, dovendo rispondere soltanto a
consuntivo del raggiungimento degli obiettivi fissati dalla governance.
Quale ultima tappa nel processo di ridimensionamento e focalizzazione è occorso
l’outsourcing mediante spin-off delle attività non-core, identificate nelle attività tecnico-logistiche (facility management e servizi informatici). L’impresa costituita ex
novo,32 affinché fosse capace di offrire servizi anche sul mercato, ha visto la partecipazione al 25% di un soggetto terzo33 attivo nel campo della progettazione scientifica che ha assunto la direzione della società. Il piano di Bernabè prevedeva che il personale della Biennale impiegato nelle attività tecnico-logistiche confluisse nella
nuova impresa, ma la terziarizzazione ha incontrato forti resistenze interne. I dipendenti non hanno infatti accettato il trasferimento alla nuova società, nonostante
venissero prospettati sicurezza del posto di lavoro, benefit economici e avanzamenti di carriera. Il motivo del rifiuto va ricercato nel prestigio che il personale associa
allo status di dipendenti Biennale, una condizione che con il trasferimento si sarebbe persa. Nonostante questa opposizione la spin-off ha garantito alla Biennale un
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Gli interventi organizzativi di Franco Bernabè
D. Mantoan
miglioramento dei servizi tecnico-logistici, lasciando però all’interno forze inutilizzate “che era necessario motivare e impegnare in nuove mansioni”.34
In funzione della forma decentrata, Bernabè ha sviluppato una sofisticata modalità
di controllo sui risultati quale fondamentale strumento di coordinamento. Ai dirigenti dei settori artistici veniva attribuito un budget del quale poter disporre liberamente, fatto salvo il rispetto di precisi obiettivi economici, qualitativi e quantitativi
fissati dal presidente e soggetti a misurazione dello scostamento a consuntivo. La necessità di un rapporto fiduciario con i responsabili delle unità ha motivato l’allontanamento degli ultimi dirigenti risalenti all’ex ente pubblico, chiudendo così definitivamente con la passata struttura di potere.
Consiglio di
amministrazione
Cinema
Arti visive,
Architettura
34. Dall’intervista con Paolo Gardini,
coordinatore generale durante la
presidenza di Bernabè.
PRESIDENTE
Segreteria
e affari generali
Coordinatore
generale
Ufficio legale
Danza, Musica,
Teatro
Segreteria
di settore
Segreteria
di settore
Segreteria
di settore
Ufficio
organizzazione
Ufficio
organizzazione e
programmazione
Ufficio
organizzazione e
programmazione
Ufficio
programmazione
Ufficio stampa
Ufficio stampa
Ufficio
comunicazione
Promozione
e pubblico
Amministrazione
e finanza
ASAC
Pubblicità
e grafica
Controllo di gestione
e int. auditing.
Ufficio
risorse umane
Notare che Arti visive/Architettura e
Danza/Muscia/Teatro dal 2003 fanno
capo al medesimo dirigente.
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Figura 2 Organigramma
Al fine di indirizzare i comportamenti del personale verso la nuova cultura aziendale è
stato introdotto un basilare sistema di premi e incentivi. Per quanto concerne la flessibilità organizzativa, Bernabè ha sfruttato i contratti a progetto e gli appalti di servizio.
Gli interventi organizzativi di Davide Croff
Anche Croff ha messo mano all’assetto organizzativo per renderlo compatibile con
i propri obiettivi: immagina una Biennale che realizza più manifestazioni rispetto
alle attuali, anche fuori Venezia, scandite lungo l’intero arco dell’anno con la collaborazione sistematica di soggetti esterni. A tal fine ha rovesciato la soluzione organizzativa di Bernabè e ha perseguito l’acquisizione di tutte le competenze necessa-
12 e&m 2 | 2008
durante la presidenza Bernabè
Nota: Arti visive/Architettura
e Danza/Muscia/Teatro dal
2003 fanno capo al medesimo
dirigente
Manager e cambiamento organizzativo alla Biennale di Venezia
Figura 3 Organigramma
durante la presidenza Croff
Fonte: elaborazione
tratta dalla relazione
sulla gestione del bilancio
d’esercizio 2006.
rie alla produzione degli eventi. Già in avvio di mandato il presidente è intervenuto
riportando la struttura organizzativa alla tipologia funzionale, arricchita tuttavia di
nuove funzioni e, perciò, di ulteriori unità organizzative. L’organigramma dell’istituto presenta una macrostruttura suddivisa in tre comparti o macroaree, che raggruppano al proprio interno un buon numero di specifiche coordinazioni parziali ripartite per natura. Le tre macroaree corrispondono alle funzioni istituzionali (comunicazione, fund raising ecc.), a quelle di servizio (amministrazione, affari legali,
servizi tecnico-logistici ecc.) e a quelle organizzative (i settori artistici). Dall’organigramma si ricava inoltre che le varie unità organizzative rispondono a un diverso referente in relazione al comparto al quale appartengono: i dirigenti delle funzioni istituzionali rendono conto al presidente, quelli delle funzioni di servizio invece al direttore generale, mentre i responsabili dei settori artistici fanno riferimento a entrambe le figure. Per effetto di questi interventi la realizzazione degli eventi dovrebbe emergere dall’apporto coordinato di ogni unità. L’analisi rivela un assetto dall’elevata complessità, per risolvere o ridurre la quale si rendono necessari strumenti
quali le relazioni laterali, la socializzazione e le attività autonome (self contained
tasks). Il coordinamento delle operazioni e la gestione della complessità restano invece formalmente centralizzate nelle mani sia del presidente sia del suo direttore generale. Per garantire un migliore controllo sulle attività dell’istituto, l’amministrazione e il controllo di gestione sono stati unificati sotto un unico dirigente.
Consiglio di
amministrazione
PRESIDENTE
Direttore generale
Funzioni
istituzionali
Settori
Cinema
Segreteria
Comunicazione
Finanza,
amministrazione e
controllo di gestione
Marketing
e sponsorship
Risorse umane, legale
e affari istituzionali
Progetti speciali
Servizi tecnici
e logistici
Arti visive,
Architettura
Danza, Musica,
Teatro
Funzioni
di servizio
ASAC
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Segreteria
Settori
e&m 2 | 2008
13
D. Mantoan
Croff ha voluto acquisire il controllo totalitario sulla spin-off per le attività tecnicologistiche rilevando il pacchetto azionario appartenente al socio minoritario. Il rapporto con la controllata è regolato da un programma di attività pianificato nei tempi,
nei costi e nei risultati a preventivo e verificato in corso d’opera così come a consuntivo. La precisa pianificazione delle attività tecnico-logistiche si ripercuote positivamente sulle attività dell’istituto poiché, per esempio, impone ai settori artistici il
rispetto di standard qualitativi e scadenze temporali.
Un momento di rilievo nella progettazione organizzativa compiuto da Croff è stato
l’articolato processo di studio del fabbisogno di personale che ha portato, da una
parte, all’assunzione di nuovi dirigenti, portatori di capacità e competenze utili all’attivazione delle nuove funzioni richieste, dall’altra alla revisione dei meccanismi
di reclutamento per mantenere flessibilità. Per quanto concerne il primo aspetto, si
riscontra un notevole incremento delle posizioni dirigenziali (da tre a sette) e l’assunzione a tempo indeterminato dei dirigenti per consolidare le nuove competenze.
Riguardo al secondo aspetto, Croff ha scelto di ricorrere ad appalti esterni per i servizi agli eventi (biglietterie, guardasala ecc.), mentre per soddisfare le esigenze degli
uffici si è servito di contratti a progetto e, soprattutto, del leasing di personale con
società di lavoro interinale.
L’esito della
progettazione
organizzativa
rispecchia
le intenzioni
strategiche dei
presidenti, mentre
gli interventi hanno
prodotto differenti
Aderenza alla strategia e adeguatezza alla realtà
L’esito della progettazione organizzativa rispecchia abbastanza fedelmente le intenzioni strategiche dei presidenti, mentre gli interventi hanno prodotto differenti reazioni.
L’assetto organizzativo disegnato da Baratta ha comportato due ordini di benefici: da
un lato, ha permesso di operare da subito e in maniera stabile in tutti i settori artistici di competenza, per di più con un buon successo di pubblico e di critica; dall’altro, ha fatto superare l’inerzia organizzativa mediante la trasformazione del sistema di potere e lo sviluppo delle risorse. Gli interventi cruciali per attivare questi
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DIPENDENTI
TEMPO INDETER.
DIPENDENTI
TEMPO DETERM.
DIRIGENTI
TEMPO INDETER.
DIRIGENTI
TEMPO DETERM.
reazioni
Tabella 3 Organico
dell’istituto
COLLABORATORI
SCRITTURE
TOTALE
AL 31/12
n.
al
31/12
n.
al
31/12
n.
al
31/12
n.
al
31/12
n.
al
31/12
n.
al
31/12
1998
62
60
-
-
4
3
-
2
-
-
-
-
65
1999
60
52
-
-
3
3
3
2
351
-
115
-
57
2000
65
56
253
3
3
2
3
3
345
-
149
-
64
2001
57
55
185
1
2
2
3
3
397
-
213
-
61
2002
55
54
182
17
-
-
5
3
317
-
181
-
74
2003
54
51
50
-
-
-
4
3
368
-
111
-
54
2004
51
51
n.d.
1
1
1
4
4
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
57
2005
54
54
n.d.
-
5
5
2
2
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
61
2006
51
51
n.d.
-
5
5
1
1
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
57
Si evidenziano: la flessibilità organizzativa necessaria nel corso dell’anno per la realizzazione delle manifestazioni; il decremento del personale a tempo determinato; il ricorso massiccio di Baratta ai tempi determinati; la diminuzione di dirigenti sotto Baratta e Bernabè; la moltiplicazione delle posizioni dirigenziali
con Croff e il loro passaggio a tempo indeterminato. Il personale a tempo determinato o a progetto necessario per lo svolgimento delle attività tipiche non viene
evidenziato in questa tabella, poiché solitamente i contratti sono di durata meno che annuale.
14 e&m 2 | 2008
L’univocità di
comando e la
certezza dei
rapporti gerarchici
sono
imprescindibili
per il buon
funzionamento
delle attività
dell’istituto
35. Valutazione tratta dalle interviste
con alcuni membri del CdA e alcuni dirigenti dell’azienda.
processi sono stati l’accentramento del potere sul presidente, una circostanza che ha
di fatto portato al commissariamento dell’istituto, e dal passaggio del personale a un
CCNL del settore privato, un accorgimento che ha depotenziato le rappresentanze
sindacali interne e permesso una maggiore flessibilità organizzativa. Il processo di
apprendimento, teso a mutare le conoscenze, gli stili relazionali e i valori aziendali,
non aveva invece manifestato ancora tutti gli effetti sperati, come evidenziato dallo
stesso presidente nella relazione conclusiva al suo mandato. Ciononostante, gli interventi operati durante la presidenza Baratta hanno senza dubbio agevolato il compito dei successori.
Il breve mandato di Bernabè e la sua sostituzione inaspettata non hanno permesso
al nuovo assetto di sedimentarsi nell’organizzazione. Tuttavia, la soluzione organizzativa che sperimenta è piuttosto interessante, poiché tenta di rendere ogni settore
artistico autonomo nella realizzazione delle proprie manifestazioni allo scopo di migliorarne l’efficienza e di ripararli dalle frequenti sostituzioni della direzione artistica e del vertice aziendale. A un’osservazione attenta, emerge un’elevata comunanza
d’approccio fra Bernabè e il suo predecessore, nonostante l’assetto organizzativo differente. Infatti, per contrastare l’inerzia organizzativa entrambi ricorrono alla gerarchia con univocità di comando quale strumento di gestione della complessità. Nell’assetto di Baratta è il presidente a detenere ogni prerogativa di gestione e controllo
delle attività, con Bernabè, invece, i dirigenti dei settori artistici. Gli interventi di Bernabè hanno tuttavia generato qualche malumore in azienda: il personale a tempo indeterminato dei settori artistici ha vissuto con fastidio il potenziamento dei direttori
organizzativi, poiché fino ad allora considerati dei paria; le risorse umane dedite alle
attività tecnico-logistiche, invece, hanno opposto maggiore resistenza ai provvedimenti di Bernabè, pur senza diminuirne sensibilmente l’efficacia. Gli interventi non
possono quindi essere definiti inadeguati, piuttosto forse sono stati prematuri.
L’assetto organizzativo progettato da Croff porta l’istituto a un livello di complessità
più elevato rispetto alla situazione precedente, perché incorpora nell’azienda funzioni e compiti nuovi e anche molto distanti dalle attività tipiche. Il suo schema si
dovrebbe fondare sull’azione sinergica dei numerosi centri di responsabilità, ma servirebbe un’ulteriore implementazione di strumenti utili al coordinamento quali taskforce, product manager o project manager. Dalle interviste emerge come l’operatività diretta del presidente (responsabilità sulle funzioni istituzionali) e la sovrapposizione parziale con le competenze del direttore generale (sui settori artistici)
abbia generato una situazione di confusione fra livelli gerarchici, frizione tra i dirigenti e conflitti di competenza. La scelta inconsueta di operare a metà fra il presidente e l’amministratore delegato si spiega probabilmente con gli incarichi passati
di Croff e, dunque, dalla disabitudine a operare a livello di mera governance.35
Nel caso in esame si ritiene che l’univocità di comando e la certezza dei rapporti gerarchici siano imprescindibili per il buon funzionamento delle attività dell’istituto,
specialmente, poiché permettono di gestire correttamente il rapporto fra organizzazione e direzione artistica, che rappresenta una delle maggiori criticità. Infatti, se da
una parte i curatori sono portatori delle competenze e della qualità artistica, dall’altra tendono a massimizzare gli obiettivi culturali a scapito dell’equilibrio economico-finanziario. Se il presidente non ha provveduto con adeguati interventi a gestire
in anticipo le variabili di rischio, pone l’organizzazione potenzialmente in difficoltà.
A tale proposito si possono citare due esempi di segno contrapposto: il ruolo di presidente plenipotenziario ha permesso a Baratta nel 2000 di allontanare il direttore
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Manager e cambiamento organizzativo alla Biennale di Venezia
D. Mantoan
della Mostra di Architettura reo di aver sforato il budget assegnato, mentre nel 2007
attriti speculari con il direttore dell’Esposizione d’Arte si sono conclusi con le dimissioni del dirigente organizzativo di settore il quale, non avendo altri mezzi per
limitare l’operato del direttore artistico oltre alla segnalazione ai vertici aziendali,
non intendeva assumersi la responsabilità dei risultati economici e finanziari della
manifestazione.36
36. Le vicende riportate sono tratte in
parte dalla stampa e in parte dalle
interviste effettuate.
■ I RAPPORTI CON GLI STAKEHOLDER:
RISPOSTE AL FABBISOGNO RELAZIONALE
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Nella valutazione del cambiamento organizzativo della Biennale risulta indispensabile
considerare gli interventi dei presidenti diretti allo sviluppo del patrimonio, perché la
scarsità di condizioni di produzione ha generato la spinta decisiva per il cambiamento.
Nonostante sia ora una fondazione di partecipazione, come già premesso la Biennale
non possiede un patrimonio fruttifero, bensì soltanto il proprio marchio e il contenuto
dell’archivio storico, di valore prettamente documentale e comunque inalienabile.
La Biennale deve trovare le necessarie condizioni di produzione all’esterno rivolgendosi ai diversi portatori d’interessi, alcuni dei quali già presenti nel soggetto d’istituto
(governo nazionale ed enti locali), e altri che forniscono invece un contributo in forme
differenti come sponsor e partner. Per agire sulle condizioni patrimoniali il presidente è tenuto a costruire una rete di relazioni esterne che procuri risorse finanziarie, spazi
e strutture. Lo sviluppo delle condizioni immateriali quali driver delle condizioni materiali e monetarie costituisce un dei compiti fondamentali spettanti al presidente. I risultati prodotti in questo ambito rappresentano un indicatore utile per esprimersi circa
l’adeguatezza della persona chiamata a ricoprire tale incarico.
Vanno dunque approfondite le risposte al fabbisogno relazionale fornite da Baratta,
Bernabè e Croff ponendo in evidenza due aspetti: lo stakeholder principale, qualora
i presidenti abbiano fatto particolare riferimento a una categoria di portatori d’interessi; gli obiettivi che hanno orientato l’operato dei presidenti e i risultati conseguiti.
Nonostante la
diversità di
approcci e finalità,
Baratta, Bernabè
e Croff hanno
proceduto lungo
un unico percorso
strategico
PAOLO BARATTA
(1998-2001)
FRANCO BERNABÈ
(2002-2003)
DAVIDE CROFF
(2004-2007)
Stakeholder
principale
STATO
PRIVATI
ENTI LOCALI E PRIVATI
Obiettivi
e/o risultati
incremento e stabilizzazione
del finanziamento statale;
iscrizione fra i beneficiari della legge
speciale per Venezia: concessione
di 26 milioni di euro per lavori di restauro;
notevole ampliamento degli spazi
e dotazione delle strutture.
ricerca di un fondatore privato;
coinvolgimento di privati mediante l’iniziativa
“Amici della Biennale”;
potenziamento delle attività di fund raising;
prosecuzione dei lavori a valere sui fondi
della legge speciale.
ricerca di un fondatore privato;
coinvolgimento degli enti locali per la
costruzione di nuove strutture per la Mostra
del Cinema e ricerca di investitori privati;
prosecuzione dei lavori a valere sui fondi
della legge speciale.
Le relazioni esterne di Paolo Baratta
Lo stato in cui versava la Biennale all’arrivo di Baratta, caratterizzato dal finanziamento mediante contributi pubblici insufficienti e aleatori, nonché da spazi sottodimensionati e tecnologicamente inadeguati, esigeva interventi urgenti. L’unico soggetto che potesse garantire l’aumento delle entrate e l’ampliamento delle strutture
in tempi rapidi era rappresentato dallo Stato. Il buon rapporto tra il presidente e il
ministero ha mostrato presto i suoi frutti assicurando l’iscrizione della Biennale tra
i beneficiari del FUS, il Fondo Unico per lo Spettacolo, un aumento del contributo
16 e&m 2 | 2008
Tabella 4 Relazioni esterne
a confronto
Manager e cambiamento organizzativo alla Biennale di Venezia
statale pari al 33% per di più reso ordinario. L’incremento e la stabilizzazione della
contribuzione pubblica hanno permesso un’accurata programmazione delle attività.
Per quanto concerne le esigenze di spazio, Baratta ha scandagliato la città alla ricerca di strutture disponibili. La scelta finale è caduta principalmente sul recupero di
ampie porzioni dell’antico Arsenale veneziano, di proprietà del demanio. In cambio
dei lavori di restauro e adeguamento, il presidente ha ottenuto oltre 10 000 metri
quadrati in concessione d’uso nel pieno centro della città antica. Sfruttando la propria esperienza al dicastero dei Lavori Pubblici ha ottenuto l’inserimento della Biennale fra i beneficiari dei fondi della Legge speciale per la salvaguardia di Venezia che
eroga contributi per il restauro di immobili di pregio nella città antica. L’istituto ha
così potuto aprire mutui con diversi istituti di credito per una disponibilità complessiva pari a 26 milioni di euro finalizzati al recupero degli spazi di competenza,
le cui rate sono interamente rimborsate dal ministero. Nel corso di soli tre anni è
stata quintuplicata la superficie espositiva, è triplicata l’area destinata alla Mostra del
Cinema e sono state ricavate tre nuove sale di proiezione e tre teatri modernamente attrezzati. Questo imponente programma di opere edili è valso a Baratta l’appellativo sulla stampa di “assessore ai lavori pubblici”.
Le relazioni esterne di Franco Bernabè
Le relazioni esterne di Davide Croff
Con il passaggio della Biennale a fondazione lo Stato intende stimolare l’istituto
verso il coinvolgimento degli enti locali e dei privati, perché nel contempo mira a un
proprio progressivo disimpegno. Per questo motivo Croff ha sviluppato politiche nei
confronti di queste categorie di stakeholder attivandosi per la ricerca di un fondatore privato e per la realizzazione di partnership con privati, nonché rendendo le amministrazioni locali partecipi alla sensibilizzazione del territorio. Nel tentativo di ottenere la partecipazione di soci terzi, Croff ha aperto una trattativa con Poste Italiane che avrebbe dovuto consentire il conferimento del Fondaco dei Tedeschi, presti-
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Con l’arrivo di Bernabè giunge il momento di trovare nuovi referenti esterni, poiché
lo Stato dimostra chiaramente di non voler elargire più di quanto non faccia operando un taglio del 12% sui contributi, pari a 2 milioni di euro, che costringe l’istituto a chiudere l’esercizio 2002 in disavanzo. Bernabè decide di rivolgersi in maniera sistematica al settore privato seguendo tre diverse strade: la ricerca di un socio
terzo, la raccolta di contributi su base filantropica e i finanziamenti mediante sponsorship. Circa il fondatore privato, il presidente ha perseguito, tuttavia senza esito,
la fusione con una fondazione bancaria che, per effetto, devolvesse alla Biennale il
proprio patrimonio fruttifero. Parallelamente ha ideato l’iniziativa “Amici della Biennale” che, grazie alle sue conoscenze nel mondo imprenditoriale, ha raccolto l’adesione di tredici soggetti privati, i quali assicurano un finanziamento annuo superiore alla contribuzione regionale. Infine, il presidente ha rafforzato le attività di fund
raising volte alla raccolta di sponsorizzazioni e partnership conseguendo un incremento sensibile di tali voci d’entrata.
Per quanto concerne le esigenze di spazio, invece, Bernabè ha avuto soltanto il
tempo di proseguire i lavori iniziati dal suo predecessore a valere sui fondi della
Legge speciale. Nonostante abbia ravvisato la necessità di ulteriori strutture per la
Mostra del Cinema, non ha avuto modo di instaurare relazioni utili allo scopo e
prima della sua partenza è riuscito appena a istituire il concorso di progettazione.
D. Mantoan
gioso palazzo nel cuore di Venezia da destinare a sede stabile della Biennale. Il tentativo non ha avuto successo per diverse ragioni, non ultima la nuova disciplina per
l’ingresso di privati nel novero dei fondatori,37 che paradossalmente è meno flessibile rispetto a quella contenuta nella riforma precedente. La strategia nel fund raising impostata da Croff ha dato una spinta decisiva nella direzione delle partnership,
preferite alle sponsorizzazioni, perché entrano in sintonia con le finalità dell’istituto. I risultati non si sono fatti attendere, con un sensibile incremento dei ricavi propri, a fronte tuttavia di un maggior numero di eventi e attività per l’istituto. Dagli
enti locali, invece, il presidente ha preteso una maggiore partecipazione nella ricerca di referenti utili allo sviluppo della Biennale, così, per esempio, nell’individuazione di potenziali finanziatori per il nuovo Palazzo del Cinema al Lido di Venezia.
Va tuttavia segnalato il progressivo deterioramento dei rapporti con gli enti locali, i
cui echi sono sfociati innumerevoli volte sulla stampa locale e nazionale durante gli
ultimi anni della presidenza Croff, che in definitiva ha motivato il mancato rinnovo
dell’incarico. Lo scadimento dei rapporti si spiega fra l’altro con i risultati dell’istituto giudicati insoddisfacenti dalle amministrazioni territoriali, nonché da un differente atteggiamento nei confronti della neonata Festa del Cinema di Roma.38
Riguardo alle esigenze di spazi e strutture, Croff ha fatto proseguire i lavori a valere
sui fondi della Legge speciale e ha cercato fonti di finanziamento per il nuovo Palazzo del Cinema oltre alla parziale disponibilità del governo.
37. Vedi nota 27.
38. La manifestazione romana avviata nel 2006 si tiene a un solo mese
di distanza della mostra veneziana
e si pone quindi necessariamente in
competizione sui film in cartellone.
Gli attriti fra Croff e il CdA si sono
avuti perché il presidente ha fatto
parte del comitato promotore per la
Festa romana, fatto ritenuto inappropriato da parte del CdA.
■ EFFICACIA DEGLI INTERVENTI E COERENZA NEI RAPPORTI
Per valutare la qualità della rete di relazioni esterne costruita dai presidenti è necessario verificarne l’efficacia, ossia gli effetti che hanno saputo produrre sullo sviluppo delle condizioni patrimoniali dell’istituto.
Nel caso delle condizioni materiali e monetarie il metro di giudizio è rappresentato
dalla quantificazione del loro incremento. I risultati migliori sono senza dubbio
ascrivibili a Baratta, i cui interventi hanno comportato la triplicazione della contribuzione pubblica consolidata (da 5 a 16 milioni di euro annui) e un imponente ampliamento degli impianti. I provvedimenti di Baratta costituiscono le fondamenta
Figura 4 Contribuzione
25.000
pubblica (in migliaia di euro)
CONTRIBUTI
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20.000
2,06
15.000
10.000
6,45
14,89
5.000
0
4,46
2,06
15,59
5,95
16,38
14,81
14,97
14,97
1,20
5,16
5,16
’84 - ’92
1993
1999
2000
2001
2002
2003
2004
12,89
2005
9,23
11,47
2006
ANNI
Ordinario statale
Ordinario enti territoriali
Straordinari statali
Straordinari pubblici
Da notare l’ingente aumento della contribuzione statale stabile durante la presidenza Baratta, il suo progressivo decremento durante le successive presidenze e il parallelo aumento della contribuzione pubblica straordinaria.
18 e&m 2 | 2008
Manager e cambiamento organizzativo alla Biennale di Venezia
sulle quali la Biennale poggia ancora oggi. Per motivi differenti né Bernabè né Croff
hanno saputo eguagliare questi risultati, ma hanno diretto i loro sforzi al miglioramento delle entrate proprie conseguendo ottimi esiti nella raccolta di capitale privato (le sponsorizzazioni sono quasi triplicate fra il 2001 e il 2006).
Figura 5 Entrate proprie
5.000
(in migliaia di euro)
ENTRATE PROPRIE
4.000
3.000
2.000
1.000
0
’84 - ’92
1993
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
ANNI
Biglietti e abbonamenti
Sponsorizzazioni
Altri ricavi
La tendenza che
emerge va
progressivamente
dallo stato al
mercato, dal
centro al territorio
come auspicato
dal legislatore
L’effetto sulle condizioni patrimoniali immateriali si legge dagli incrementi di alcune
variabili non monetarie. Riguardo alla reputazione e all’immagine dell’istituto si può
ricorrere a dati quantitativi forniti dall’affluenza di pubblico alle manifestazioni e dalla
presenza di giornalisti. Con Baratta si registra una audience vistosamente crescente
che a partire dalle successive presidenze si stabilizza segnando soltanto lievi movimenti incrementali, mentre la presenza della stampa agli eventi è costantemente in
crescita (tabella 5). Per quanto concerne il capitale sociale, a un’analisi superficiale si
possono giudicare positivamente gli interventi che hanno permesso all’istituto di entrare in contatto con nuove categorie di stakeholder, quali partner privati e sponsor.
Considerando gli interventi esterni in una dimensione prospettica, negli ultimi dieci
anni è riscontrabile un certo grado di coerenza orizzontale. Non si tratta di una precisa continuità negli atteggiamenti o negli interlocutori di riferimento, bensì di una
forma di consequenzialità nelle azioni: la tendenza che emerge va progressivamente dallo stato al mercato, dal centro al territorio come auspicato dal legislatore. Ciononostante si attendono ancora risultati significativi dal fronte del mondo imprenditoriale e degli enti locali. A Baratta spetterà dunque il compito di individuare uno
o più partner privati stabili, se non addirittura dei nuovi soci fondatori, e di ricucire
lo strappo prodotto da Croff con le amministrazioni territoriali.
Rimane infine da considerare un ultimo aspetto: alle proprie esposizioni la Biennale può vantare la presenza di numerose partecipazioni nazionali organizzate e finanziate dagli stati aderenti. I cosiddetti padiglioni nazionali rappresentano la principale peculiarità della Biennale d’Arte e, seppur di gusto tardo ottocentesco, contraddistinguono ancora oggi questa istituzione a livello mondiale. La presenza delle
delegazioni straniere e le collegate relazioni internazionali costituiscono una condizione patrimoniale distintiva dell’istituto, poiché specifiche dell’azienda, ad alto impatto sulla produzione e difficilmente imitabili. Se questa condizione venisse sfrut-
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Da notare l’ingente aumento delle sponsorizzazioni durante la presidenza Croff.
D. Mantoan
M2 SPAZI
ESPOSITIVI
N. SALE
CINEMA
M2 SPAZI
CINEMA
N. TEATRI
PROPRI
VISITATORI
MOSTRA
VISITATORI
/ GIORNO
1995
3.549
4
n.d.
-
n.d.
n.d.
51
n.d.
n.d.
1996
no attività
4
n.d.
-
no attività
-
no attività
n.d.
n.d.
1997
10.220
4
3.788
-
147.479
996
58
n.d.
2.285
1998
no attività
5
3.988
-
no attività
-
no attività
1.847
4.868
1999
17.090
6
4.681
1
196.786
1.537
59
1.928
5.466
2000
13.520
6
4.681
2
70.690
620
34
1.820
6.087
2001
18.290
6
5.218
3
243.498
1.902
63
2.010
6.511
2002
13.520
6
5.218
3
101.674
1.784
36
1.910
6.222
2003
19.840
6
5.218
3
260.103
1.844
64
2.641
6.122
2004
14.520
6
5.218
4
115.099
2.019
43
2.555
n.d.
2005
21.440
6
n.d.
4
265.009
1.791
70
2.701
n.d.
2006
n.d.
6
n.d.
4
135.367
1.934
47
2.797
n.d.
NAZIONI GIORNALISTI
IN MOSTRA
CINEMA
ACCREDITI
CINEMA
Nella valutazione dei dati relativi alle attività espositive (colonne 1, 5, 6, 7) è necessario tenere in considerazione che ogni anno si alternano la Biennale d’Arte (’95, ’97,
’99, 2001, 2003, 2005) e quella di Architettura (2000, 2002, 2004, 2006) dove la prima riscontra un miglior successo di pubblico e una maggiore partecipazione di
rappresentanze straniere, oltre a prevedere una durata d’apertura tre volte superiore (metà giugno-metà novembre contro metà settembre-metà novembre).
I dati evidenziano: il notevole incremento degli spazi e delle strutture durante la presidenza di Baratta; il generale incremento dei visitatori giornalieri (assestato sui
1.900) e degli accreditati totali al Festival del Cinema; il costante incremento dei paesi partecipanti alle mostre, nonché dei giornalisti presenti alla Mostra del Cinema.
Tabella 5 Indicatori
tata per tutti i settori artistici, potrebbe tradursi in una core competence di elevatissima utilità. L’incremento delle partecipazioni nazionali negli ultimi anni è sicuro
segno di un miglioramento della reputazione della Biennale, ma nessuno dei presidenti ha sfruttato in maniera sistematica questo canale per lo sviluppo aziendale.39
quantitativi non-monetari
di successo
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■ CONCLUSIONI
A giudicare dai risultati economici e da vari indicatori sopra esposti si può affermare
che l’operato dei tre presidenti abbia garantito un esito concreto sul cambiamento
aziendale: si rilevano in particolare l’attivazione stabile di tutti i settori artistici di
competenza, il recupero di credibilità e di prestigio a livello internazionale, l’incremento dei ricavi propri, il contenimento dei problemi di spazio. Restano tuttavia irrisolti alcuni aspetti gestionali quali il breve anticipo nell’organizzazione degli eventi40
nonché la mancanza di politiche adeguate di reclutamento e di incentivazione del personale. Quanto riscontrato si pone dunque in linea con gli assunti di dottrina, che
esaltano il ruolo del manager e la strategia adottata quali elementi che favoriscono il
concreto cambiamento organizzativo e dunque il reale recupero di efficacia aziendale ed efficienza organizzativa (Powell 1991).
Riguardo alle pressioni istituzionali, nel caso studiato esse sono da considerarsi determinanti in diversi momenti del processo di cambiamento. L’analisi vede dunque
confermato il ruolo condizionante svolto dal contesto sociale sulle dinamiche organizzative, come riconosciuto dalla teoria neoistituzionalista.
Le pressioni ambientali, in generale, e quelle legislative, nello specifico, hanno prodotto non solo la riforma della Biennale, bensì ne hanno definito addirittura i particolari dello statuto. Gli aspetti legislativi incidono tuttora in maniera negativa sull’autonomia strategica a causa della mancata patrimonializzazione e della rigida di-
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39. Ciascuno dei tre presidenti ha tentato di costituire una sorta di “condominio delle nazioni” fra i diversi
paesi che partecipano alle mostre.
40.Nonostante la nomina pluriennale
dei direttori artistici, le manifestazioni vengono realizzate con un
solo anno di anticipo e la loro organizzazione si chiude soltanto a
ridosso degli eventi comportando
talvolta l’orientamento del lavoro
per emergenze anziché per priorità
strategiche.
41. Durante la presidenza di Davide
Croff gli attriti con diversi direttori
delle attività espositive hanno
avuto eco anche sulla stampa:
Kurt Forster (Architettura 2004),
Maria De Corral e Rosa Martinez
(Arti visive 2005), David Storr
(Arti visive 2007).
La scelta di porre
dei manager al
vertice della
Biennale ha
garantito l’effettività
del cambiamento
organizzativo
sciplina prevista per la partecipazione di soggetti terzi. Sono state determinanti anche
le pressioni di tipo politico, le quali hanno rasentato la vera e propria ingerenza in diverse occasioni, oltre ad aver causato la frequente instabilità del vertice aziendale. L’unica arma di difesa è rappresentata dall’autorevolezza e dall’indipendenza del presidente e dei consiglieri d’amministrazione nei confronti delle parti politiche che li
hanno nominati. Il rapporto con il mondo culturale rimane un aspetto di criticità:
senza strumenti adeguati la Biennale rischia di subire la volontà dei propri direttori
artistici. Il ricorso alla committenza sperimentato da Croff non ha sempre limitato le
frizioni con i curatori,41 mentre ha avuto un esito migliore il ricorso a rapporti di tipo
gerarchico. Poiché l’organo deputato alla selezione dei direttori artistici non possiede necessariamente le competenze adatte, per sottrarsi il più possibile a queste pressioni potrebbe rendersi utile la costituzione di un comitato consultivo, composto da
esperti in materia, che possa ispirare gli indirizzi culturali dell’istituto.
Il caso in esame dimostra inoltre che la scelta del manager non è affatto ininfluente.
L’analisi ha evidenziato come ciascuno dei tre presidenti abbia adottato soluzioni di
governance e a livello organizzativo molto differenti. A tale proposito, si è potuto constatare che le differenze strutturali non sono imposte solo da pressioni istituzionali,
bensì anche da un diverso approccio culturale e strategico ai problemi dell’istituto,
che trova nel background dei tre soggetti parte della spiegazione. Anche la strategia
adottata da Baratta, Bernabè e Croff è saldamene legata alle loro caratteristiche personali e ha influito sul cambiamento organizzativo nella misura in cui essi sono riusciti a implementarla. Sono così nuovamente confermate le risultanze di dottrina che
mostrano come ogni soggetto agisca rispetto al sistema di credenze con cui interpreta le proprie percezioni sensoriali (Zucker 1977) e come, parimenti, gli amministratori cerchino soluzioni a situazioni contingenti attingendo da modelli di risposta
consolidati e disponibili nel più ampio contesto istituzionale (Seo, Creed 2002).
Si può quindi concludere che la scelta di porre dei manager al vertice della Biennale ha
garantito l’effettività del cambiamento organizzativo. Oltre all’evidenza raccolta, analoghi casi di studio effettuati su organizzazioni culturali (Bagdadli, Paolino 2006) confortano questa affermazione. La concreta strategia e il suo maggiore o minore successo dipendono invece in gran parte dalla persona cui viene affidato l’incarico. Il caso analizzato stigmatizza dunque l’importanza di scegliere gli amministratori non già per convenienza politica, bensì di valutarli secondo la loro esperienza, i risultati pregressi e la strategia, entro i vincoli legislativi e statutari, che propongono di implementare. Criteri ancora più importanti da seguire, dal momento che ne va di denaro pubblico e del nostro
patrimonio culturale. L’imminente ritorno di Baratta in laguna, a giudicare dalla sua precedente esperienza in Biennale, sembra poter garantire qualche sicurezza circa il futuro
dell’istituto. Tuttavia, il presidente si troverà ad affrontare ancora una volta importanti
sfide, e soprattutto sfide nuove rispetto al suo primo mandato, fra cui: il rapporto con il
territorio e con i politici locali che chiedono una Biennale attiva lungo l’intero arco dell’anno; il coinvolgimento stabile di un socio privato o alternativamente la patrimonializzazione dell’ente; il reperimento di tutti i finanziamenti per la costruzione del nuovo Palazzo del Cinema e la ricerca di una sede istituzionale; la competizione con Roma per il
Festival del Cinema, nonché per ospitare la sede della fiera cinematografica italiana; la
riaffermazione della Biennale d’Arte sul panorama delle manifestazioni d’arte contemporanea sempre più numerose a livello internazionale. Senza contare che la Biennale
rappresenta per Venezia un’occasione per tornare a essere una città contemporanea, limitando gli effetti negativi dello spopolamento e della monocultura turistica. π
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Manager e cambiamento organizzativo alla Biennale di Venezia
D. Mantoan
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