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Le immagini al servizio di Cosimo I: la Pisa del Duca. Scoperte e documenti relativi alla bottega di Niccolò Tribolo. Conferenza del “Progetto Municipalia” organizzata dalla Scuola Normale Superiore di Pisa. 26 settembre 2008.

Le immagini al servizio di Cosimo I: la Pisa del duca Sara Taglialagamba Cosimo I (12 Giugno 1519 – 21 Aprile 1574), figlio di Giovanni delle Bande Nere e di Maria Salviati, fu eletto duca di Firenze nel 1537: ambizioso e amante dell’arte, inesorabile contro i nemici, ma anche saggio e liberale, diplomatico e accorto nelle relazioni con gli altri stati, sembra rispondere alla perfezione l’immagine del Principe Novo del Machiavelli «fare ogni cosa in quello stato di nuovo, come è nelle città fare nuovi governi con nuovi nomi, con nuove autorità, fare i ricchi poveri, i poveri ricchi (…) edificare oltra di questo nuove città, disfare delle edificate, cambiare gli abitatori da un luogo ad un altro; insomma non lasciare cosa niuna intatta in quella provincia, e che non vi sia, né grado, né ordine, né stato, né ricchezza che chi la tiene non la riconosca da te - ed ancora seppe mostrarsi - amatore di virtù e onorare gli eccellenti in una arte»1. L’autocelebrazione del principe ben si riflette nell’immagine del Cosimo come Orfeo del Bronzino, eroe erculeo patrono delle arti e della musica, sotto la cui armonia riviveva una nuova e fertile età dell’oro [FIG.1]. Fig. 1 Fig. 2 Con Cosimo I si intensifica l’uso delle immagini come strumento di espressione del nuovo volto del potere della Firenze medicea, dissimulandolo nell’elegante esercizio della ‘sprezzatura’. Attraverso il ricorso alla ‘ut rethorica pictura’ si recuperava la tecnica del persuadere, definita da Aristotele rampolla della politica, declinandola in un programma visivo che avrebbe celebrato lo stato di libertà di quello che in realtà era un regime assolutistico. *Intervento presentato in occasione della Giornata di Studio Memoria e decoro. Pisa tra XV e XVII secolo, Progetto Municipalia, Scuola Normale Superiore, Pisa 26 Settembre 2008. 1 Niccolò Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di T. Livio, Firenze 1522-32, Tomo I, Capitolo XVI, p.124. Pisa è chiamata ad assolvere un ruolo centrale all’interno dell’ambiziosa politica di Cosimo I: grazie alla sua posizione strategica, la città doveva diventare la nuova frontiera occidentale dello stato mediceo verso il mare, perno dell’attività commerciale e importante punto di partenza per la politica marittima. In seguito alla seconda presa della città nel 1509 si registra una situazione di estrema difficoltà2. La città è fiaccata dalla guerra contro Firenze e molti fattori avevano determinato lo svuotamento demografico: l’insalubrità del territorio, la continua minaccia delle alluvioni, l’incombere delle ondate di peste, l’estensione sempre maggiore delle paludi e, non ultimo, l’ampia migrazione delle famiglie nobili e medio ricche verso il contado, progressivamente private di quegli introiti e di quel prestigio che derivavano direttamente dalle cariche amministrative ricoperte. Soltanto con l’avvio di una politica sistematica da parte di Cosimo I si registra un’effettiva ripresa economica, una crescita demografica ed un miglioramento delle condizioni sanitarie. In seguito alla presa della città del 1406 la politica di Cosimo I intende impostare il controllo fiorentino a partire da una tacita manovra sui preesistenti strumenti di governo, a capo dei quali era posto un rappresentante ufficiale delegato direttamente da Firenze con funzioni amministrative e giurisdizionali. Dopo il 1506 le decisioni politiche venivano prese a Firenze dal Granduca e dai suoi collaboratori: a partire dal 1532, sotto il duca Alessandro e poi definitivamente con Cosimo I, vi fu l’istituzione degli Otto Riformatori sopra le cose di Pisa e, a partire dal 1556, segno della crescente importanza della città nei programmi medicei, vi fu la traslazione dei poteri al supremo consiglio della Pratica Segreta3. In particolare Pisa poteva contare su alcune magistrature e uffici speciali. Il primo, il Consolato del Mare, venne istituto nel 1426 come braccio esecutivo della magistratura omonima fiorentina e fu poi ripristinato da Cosimo nel 1551; il secondo, l’Ufficio dei Fiumi e Fossi, venne istituito da Lorenzo de Medici nel 1475 come Opera della Riparazione del contado e della città di Pisa e acquisì la sua operatività grazie a due deliberazioni di Cosimo I nel 1547 e nel 15514. L’uomo di fiducia attraverso cui Cosimo I seppe imporre il proprio disegno politico su Pisa fu il fiorentino Luca Martini [FIG. 2]. Personalità di spicco dell’Accademia Fiorentina, poeta, umanista, letterato, patrono di artisti, coinvolto nella prima stesura del programma iconografico di Villa di Castello per il Tribolo, intercessore per il ritorno del Varchi a Firenze dall’esilio in cui era confinato, Provveditore del Mercato Novo a Firenze e dal 1547 Provveditore di Pisa, il Martini fu figura centrale e vero coordinatore dei programmi medicei. Il Martini si adoperò per ricreare a Pisa una corte granducale e per edificare e riqualificare la città periferica secondo le richieste del centro. A partire dal 1547 ospitò nel suo palazzo Pierino da Vinci e alla morte di questi nel 1557 Stoldo Lorenzi. 2 Per qualsiasi informazione rimando alle notizie storiche presenti in Mario Mirri, La città e il contado di Pisa nello Stato dei Medici, Pisa 2000 e al catalogo Livorno e Pisa: due città e un territorio nella politica dei Medici, Pisa 1980. 3 Per seguire le Deliberazioni e le esenzioni a favore di Pisa e del suo contado nell’Archivio di Stato di Firenze nell’Auditore delle Riformagioni è presente un codice detto “La Pisanella” nella quale sono registrate tutte le deliberazioni su Pisa tra il 1542 e il 1606. 4 Quella del 29 aprile 1547 con la Provisione facta sopra la Reparatione de Fossi de la città di Pisa et Contado, a cui seguì quello del 1° maggio 1551 la Deliberazione fatta per lo illustrissimo et eccellentissimo duca di Firenze sopra le cose di Pisa. Oltre ad assicurare la massima efficacia ed operatività dell’Ufficio, l’arrivo del Martini a Pisa coincideva di fatto con l’effettivo inizio dei programmi di Cosimo, muovendosi in continuità con la linea politica delineata già nel Quattrocento. Fuori dalla città, una delle più importanti iniziative di Cosimo fu la regolamentazione delle acque e del territorio attraverso l’Ufficio dei Fiumi e Fossi. Baccio Baldini, proto medico del duca e autore della sua biografia, ricorda tra i meriti di Cosimo i suoi interventi di sistemazione del territorio: «Cominciò a drizzare il corso del fiume d’Arno, il quale correva con grandissimi avvolgimenti e rendeva il cammino da Firenze per Pisa per acqua lungo e noioso, e teneva anche occupata grandissima quantità di terra, ed oltre acciò fece acconciare le strade per le quali si va per terra dall’una di queste città all’altra, conciosia cosa che fossero in molti luoghi rotte e guaste, in guisa che in poco tempo gli rendè l’aere di Pisa buono et sano ed il cammino da Firenze a Pisa così per terra come per acqua più breve assai, più agevole e sicura»5. La regolamentazione del sistema idrografico di Pisa e del suo contado, già a partire dal Quattrocento, era stata oggetto di attenzioni delle magistrature come dimostrano le carte e gli appunti paesaggistici di Leonardo da Vinci [FIG. 3]. Fig. 3 La presenza di zone stagnanti e paludose era motivo di preoccupazione per la salubrità dell’area e induceva ad elaborare progetti di bonifica e di miglioramento della regolamentazione delle acque. Allo stesso tempo si puntava a migliorare le vie di comunicazione per la facilitazione delle attività commerciali e si mirava ad incrementare la produzione agricola mettendo a coltura ampi appezzamenti di terra. A questo si aggiunga il progetto di un acquedotto in grado di rifornire la città di Pisa della salutare acqua dei Monti Pisani. Altro versante a cui si rivolse l’attenzione di Cosimo I fu la realizzazione di un’ambiziosa politica marittima. Le linee politiche timidamente già affermate durante il Quattrocento acquisiscono ben più ampio respiro sotto Cosimo I, allargandosi al controllo dell’arcipelago toscano e dell’alto Tirreno. Cosimo prende possesso inizialmente del Principato di Piombino6, che si estendeva dall’Isola d’Elba, i cui lavori di fortificazione iniziarono già nel 1548 sotto la direzione del Tribolo, all’Isola del Giglio e a Castiglion della Pescaia grazie 5 Baccio Baldini, Vita di Cosimo I Granduca di Toscana, Firenze 1578, pp.36-37. Poi riceduto a Iacopo IV Appiani per intercessione di Filippo II che mal vedeva la presenza medicea in una posizione tanto strategica. 6 all’intercessione della moglie Eleonora. A quest’ambiziosa politica per la costa doveva corrispondere una altrettanto valida politica di riorganizzazione dell’entroterra. Per questo si assiste alla creazione dell’Arsenale mediceo che inizialmente viene sviluppato sotto la direzione di David Fortini, ingegnere e genero del Tribolo, poi sotto quella del Buontalenti, che lo ultimerà soltanto nel 1588 sotto Ferdinando I. La prima galea costruita interamente a Pisa è varata già nel 1547. Ad una politica che voleva far diventare Pisa una nuova sede per la corte fiorentina ed un avamposto per il dominio sul Tirreno doveva rispondere un adeguato apparato di immagini che celebrassero il duca nelle sue nuove vesti di magnanimo signore che aveva riscattato la città, che versava in una grave depressione economica in seguito alla guerra contro i fiorentini. Era pertanto necessario donarle una nuova facies architettonica che la rendesse adeguata alla nuova funzione politica. La ricostruzione riparte dalle fortificazioni: nonostante la presenza della fortezza bastionata della Cittadella, realizzata su progetto di Giuliano da Sangallo, si costruiscono nuovi bastioni (di Stampace, del Parlascio, del Barbagianni e Porta a Lucca) realizzati dall’ingegnere militare Nanni Unghero e probabilmente da Benvenuto della Volpaia tra il 1539 e il 1544. Per i medesimi bastioni si richiese a David Fortini di far eseguire a Stoldo Lorenzi epigrafi celebrative del duca Cosimo. Altri interventi edilizi vennero realizzati attraverso il riutilizzo delle strutture medioevali che vennero trasformate in linea con il gusto fiorentino. In particolare le residenze delle famiglie nobili vennero ‘aggiornate’ al nuovo gusto: le case-torri vennero abbassate e rivestite da nuove facciate cinquecentesche. La riqualificazione urbanistica della città si concentra sui luoghi destinati ad assolvere le più importanti funzioni economiche e politico-amministrative del principato: Cosimo I impone un chiaro disegno di riprogettazione e di regolamentazione del tessuto urbano che, seppur privo di interventi fortemente invasivi, si concentra in particolare nella zona dei lungarni donando alla città quell’aspetto ordinato che Montaigne nel suo Journal de voyage en Italie decantava nel luglio 1586 «Questo fosso è molto largo, inchinato e piegato un poco, facendo una piacevole vista, […]con tre ponti che di là varcano l’Arno, pieno di vascelli e di mercanzie. L’una e l’altra proda di questo canale, edificate di belle mura […] come il canale delli Augustini in Parigi. Di poi all’una e all’altra banda, larghe strade e all’orlo delle strade un ordino di case»7. Questa vista doveva rimanere nel tempo un tratto distintivo della città se anche Leopardi in una lettera inviata il 12 novembre 1827 alla sorella Paolina diceva «Questo lung’Arno è uno spettacolo così magnifico, così gaio, così ridente, che innamora»8. Particolarmente significativa a questo proposito è la serie di interventi che Cosimo I volle far eseguire sul lungarno di Tramontana, compreso tra la Piazza del Grano e la Piazza dei Cavoli. Tale intervento comportò la regolarizzazione e il riordino della zona tramite la ridefinizione degli spazi e l’inserimento di piazze ed edifici ad impianto quadrangolare, con una serie di riadattamenti delle precedenti e irregolari strutture medievali: il palazzo della Sapienza, il quadrilatero della Piazza delle Vettovaglie e l’apertura di Piazza dei 7 M. (de) Montaigne, Journal du voyage in Italie par la Siusse et l’Allemagne en 1580 et 1581, a cura di A. D’Ancona, 1889, pp.472-77. 8 Giacomo Leopardi, Epistolario, a cura di Brioschi-Landi, Torino 1998, Lettera alla sorella Paolína a Recanati (Pisa, 12 novembre 1827). Cavoli. La Sapienza, iniziata già sotto Lorenzo de Medici nel 1472 dall’adattamento della precedente Piazza del Grano, sarà conclusa nel 1543 da Cosimo I che, nello stesso anno, darà un nuovo e decisivo impulso allo Studio Pisano. La vecchia Piazza del Grano venne a sua volta trasferita nella Piazza delle Vettovaglie completata nel 1565. Fig. 4 Fig. 5 Particolare attenzione merita la realizzazione della Piazza de’ Cavoli: «Era il duca Cosimo allora intento a beneficare ed abbellire la città di Pisa, e già di nuovo aveva fatto fare la piazza del mercato con un gran numero di botteghe attorno e nel bel mezzo mise una colonna alta dieci braccia sopra la quale per disegno di Luca Martini doveva stare la statua della Dovizia»9. In questo passo sono collegati l’intento di beneficiare la città con l’apertura di una nuova piazza del mercato, provvista di spazi per botteghe e abbellita dalla colonna della Dovizia. Erano proprio la bellezza, l’armonia e la prosperità che Cosimo voleva donare alla città di Pisa, insalubre e stremata, come mostra la statua della Dovizia di Pierino da Vinci [FIG. 4], modellata sulla statua omonima di Donatello un tempo posta al Mercato Nuovo di Firenze: ciò indica che sulle nuove edificazioni pisane agivano modelli chiaramente di matrice fiorentina. Eco femminile nella sua posa timida ma ben ponderata delle forme del Bacco michelangiolesco, la Dovizia assicurava alla città abbondanza e ricchezza grazie all’azione del duca Cosimo, legandosi come un augurio al carattere commerciale della Piazza stessa. Altrettanto interessante è lo stemma mediceo che sembra traslare in immagini le intenzioni ducali: il campo araldico dello scudo è partito in due diverse zone, a destra lo stemma mediceo, a sinistra l’arme dei Toledo [FIG. 5]. 9 Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, nelle redazioni del 1550 e 1568, a cura di Paola Barocchi, Firenze 1966, Vita di Pierino da Vinci. Le insegne di Cosimo ed Eleonora sono legate dal collare del Toson d’oro, titolo onorifico donato al duca da Carlo V nel 1546 proprio a Pisa. A coronamento, nonostante le lacune, un’aquila che con una zampa afferra saldamente lo scudo, mentre con l’altra tiene tra gli artigli un anello con diamante. Si tratta di una simbologia rara e complessa che, su testimonianza di Paolo Giovio, fu ideata nel Quattrocento per Piero de Medici e ripresa da Leone X e Clemente VII: la simbologia alludeva alla durezza contro le insidie e le ingiurie. Lo stemma dunque sanciva in maniera dissimulata ed elegantissima il programma politico di Cosimo su Pisa: alludendo al vincolo matrimoniale, l’anello sanciva l’alleanza politica con la casata dei Toledo che gli avevano assicurato gran parte dell’arcipelago toscano. La fierezza dell’aquila con la zampa saldamente ancorata sullo scudo e l’indistruttibilità del diamante dovevano spezzare ogni speranza del nemico sia esterno che interno alla città. In quanto affine allo stemma di Palazzo Torrigiani a Firenze di Antonio Lorenzi, su cui però campeggia la corona granducale ottenuta nel 1569 da papa Pio V, potrebbe essere stato realizzato dalla bottega del Tribolo, come la stessa statua della Dovizia [FIG. 6]. Il ricorso ad artisti attivi anche a Firenze è un altro segno della politica di Cosimo su Pisa. La bottega tribolesca, legata al duca e al Martini già dal suo periodo fiorentino, è già presente a Pisa dal 1544 quando Pierino da Vinci e Antonio Lorenzi eseguirono il Monumento Funebre di Matteo da Corte in Camposanto. La stessa impostazione della bottega del Tribolo si rintraccia in alcune opere di tema pisano commissionate da Luca Martini a Pierino da Vinci. Oltre al bellissimo Dio Fluviale [FIG. 7] e al bassorilievo della Morte del Conte Ugolino [FIG. 8], che potrebbe essere letta come simbolo della corruzione della città prima dell’avvento mediceo, è nella Pisa Restaurata [FIG. 9] che convivono pacificamente gli intenti ducali. Fig. 6 Fig. 7 Fig. 8 Il rilevo raffigura Cosimo I che, brandendo il bastone del comando, scaccia i Vizi, e aiuta Pisa a rialzarsi. Gli effetti del suo buon governo sono riaffermati dalla parata delle Virtù restaurate: la figura femminile di Minerva con lo scrigno chiuso della Sapienza, l’Arno domato in allusione alle opere di bonifica, il vecchio con il libro e l’astrolabio in allusione allo Studio rifondato e la galea sullo sfondo in allusione all’Arsenale. Cosimo è dotato dell’autorità divina che gli permette di separare, con gesto ferreo e perentorio, i buoni dai cattivi, quasi riproducendo, in chiave minore, la posizione del Cristo del Giudizio michelangiolesco nella Cappella Sistina. Fig. 9 Fig. 10 Alla morte di Pierino nel 1557, giunge a Pisa presso Luca Martini un altro giovane e promettente scultore: Stoldo Lorenzi. A pendant della Pisa Restaurata, Stoldo eseguì il rilievo dell’Omaggio delle provincie toscane a Cosimo I, ai cui piedi l’Arno e l’Arbia, docili e grati, attestano il suo dominio su Pisa e Siena, caduta nel 1555 [FIG. 10]. Oltre a queste opere, che a mio avviso non erano opere private ma pubbliche per il loro legame strettissimo con la città di Pisa, la regia di Luca Martini doveva estendersi anche alle costruzioni pisane dell’Arsenale e della Sapienza. Per l’Arsenale, posto sotto la supervisione dell’ingegnere David Fortini, si considerino gli stemmi di ascendenza tribolesca [FIG. 11], ora nei depositi di San Matteo, e il documento che commissionava a Stoldo Lorenzi il riordinamento della Chiesa annessa. Fig. 11 Fig. 12 Per la Sapienza si consideri lo stemma mediceo [FIG. 12] sul lato meridionale, attribuito al Tribolo e a Pierino da Vinci. In queste opere sono presenti motivi iconografici rari e preziosi, già visibili nei lavori fiorentini del Tribolo nella Sacrestia Nuova di San Lorenzo, nell’attigua Biblioteca Laurenziana ed anche nelle fontane di Villa di Castello [FIG. 13-15]. Fig. 13 Fig. 14a Fig. 14b Il Martini muore nel gennaio 1561. Ciò determinò l’arresto del grande progetto cosimiano: di restituire alla città l’antico splendore attraverso un calcolato programma di conservazione delle preesistenti strutture e la continuazione dei vari cantieri aperti in città. All’indomani della sua morte, infatti, Cosimo è impegnato in un intervento ben più importante sul piano politico, concentrato in un unico, anche se altamente qualificante, luogo: la riqualificazione della Piazza dei Cavalieri. Il coinvolgimento di Stoldo Lorenzi è però elemento di continuità con le precedenti attività del Martini: senza la raffinata elaborazione formale del sottile e velato programma iconografico coordinato dal Martini, sarà un linguaggio più deciso e diretto, di matrice più esplicitamente fiorentina che, per vie più scoperte e immediate, verrà a dispiegarsi nella Piazza. Il 9 gennaio 1562 vi fu l’istituzione dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano con il compito principale di combattere le scorrerie dei Turchi e di altri popoli infedeli nel Mediterraneo per garantire la sicurezza nella navigazione, ma anche con l’intento di bilanciare l’importanza strategica dello Stato dei Presidi, direttamente controllato dalla corona di Spagna. Giorgio Vasari accompagnò Cosimo I a Pisa per prendere decisioni sulla trasformazione del centro civico medioevale del Palazzo degli Anziani, divenuto sede dell’Ordine. L’idea di Cosimo era quella di abbattere le vestigia del passato e di cancellare le tracce della grandezza repubblicana di Pisa conferendo alla piazza un aspetto nuovo e completamente diverso. Viene elaborato direttamente da Cosimo I un originale progetto di decorazione della facciata, che si traduce in un testo allegorico, letterario e celebrativo che esalta la difesa della religione cristiana per mezzo della giustizia e delle armi. I principali elementi plastici della facciata sono lo stemma granducale, modellato da Stoldo e Vasari, e le figure allegoriche ai lati, la Religione e la Giustizia [FIG. 16]. Fig. 15 Fig. 16 La centralità di Pisa nelle imprese del duca, novello Ercole alle prese con le sue fatiche, è documentata dalle dodici medaglie celebrative coniate nel 1567 da Pietro Paolo Galeotti su disegno del Vasari: le fortificazione dell’Isola d’Elba; la fondazione dell’Ordine di Santo Stefano; la bonifica e la canalizzazione dell’Arno (il toro con le corna spuntate è simbolo delle inondazioni domate); la costruzione dell’Arsenale e della flotta navale; la costruzione degli acquedotti per Pisa e Firenze sono i temi raffigurati in queste medaglie. Oltre a questi interventi, si possono ricordare anche altri provvedimenti, di natura fiscale ed edilizia, che permisero a Cosimo da un lato di estendere la capacità di rinnovamento del patrimonio edilizio e di agevolare in questo i cittadini, dall’altro di accrescere il suo favore presso la classe dirigente. Furono, infatti, approvati provvedimenti che prevedevano esenzioni fiscali per chi avesse costruito attenendosi alle disposizioni granducali; inoltre era prevista l’esenzione dal pagamento della gabella per l’impiego di materiale da costruzione. Anche a Pisa, come già a Pistoia e Pescia, veniva eliminato l’obbligo del pagamento della tassa della ‘decimazione’ per permettere ai cittadini di dedicare più fondi allo sviluppo edilizio ed erano previste esenzioni fiscali per chi costruisse secondo determinate disposizioni in linea con un gusto tipicamente fiorentino. Attraverso un calcolato programma artistico attuato a Pisa grazie a Cosimo e Luca Martini, Cosimo voleva celebrare l’affermazione del centro sulla periferia, pur mitigandolo attraverso immagini eleganti e raffinate. Diversa, infatti, l’immagine di Pisa che si dava a Firenze: il modellino in creta e stucco del Giambologna che rappresenta Firenze che soggioga Pisa, esposto nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio in occasione delle nozze tra Francesco I e Giovanna d’Austria il 21 dicembre 1565, raffigurava una Firenze bellissima e vittoriosa su Pisa, [FIG. 17] rappresentata come colosso barbuto messo in ginocchio. Sulle pareti della Sala, quasi a monito, gli affreschi vasariani non facevano che riconfermare il dominio del centro sulla periferia. Cosimo I doveva presentarsi come magnanimo pater patriae a Pisa e come trionfatore a Firenze. L’intervento cosimiano si tradusse quindi in una sorta di colonizzazione del centro sulla periferia dal punto di vista politico, istituzionale, commerciale, marittimo ed artistico pur declinato in forme di persuasiva diplomazia, almeno fino alla morte nel 1574. I successori portarono a termine i cantieri rimasti aperti ma si legarono meno alla città: Francesco I fu più interessato a Livorno per la diretta accessibilità al mare. Soltanto Ferdinando sarà decisivo nei lavori di riqualificazione di Piazza dei Cavalieri ma [FIG. 18] già con la sua statua, eseguita dal Francavilla su disegno del Giambologna, con il Medici che fa rialzare l’allegoria di Pisa raffigurata come caritas. Fig. 17 Fig. 18 Anche sul piano urbanistico, venendo progressivamente meno la presenza medicea, si cede il passo all’iniziativa privata delle grandi famiglie pisane che riprendevano sempre maggior potere in città: le nuove residenze non sono più il risultato dell’accorpamento delle case-torri medioevali, ma veri e propri palazzi che spiccavano per la loro chiara individualità sfruttando spesso superfici sempre più estese (Palazzo Lanfranchi poi Toscanelli, Palazzo dello Stellino 1596 e Palazzo Roncioni 1630). Con una visione d’insieme possiamo affermare che Cosimo operò sempre secondo una linea conservatrice lasciando pressoché inalterata la situazione urbanistica, a Pisa come a Firenze: non si aprono nuove arterie (come era accaduto con Pedro di Toledo a Napoli oppure con Sisto V a Roma), non si ridisegna la città (o almeno solo quelle di nuove formazione come Livorno e Portoferraio), si rispettano le strutture topografiche preesistenti in pianta e in alzato, ci si limita a sovrapporre nuove facciate alle strutture precedenti secondo le norme del decoro rinascimentale. L’estrema cautela degli interventi di Cosimo I è ben rappresentata dalla Provvigione del 30 maggio 1571 a Firenze che prevede che «nessuno cittadino fiorentino ardisca di levare di nessun edifizio arme, insegna, titolo o qualsiasi voglia altra iscrizione scolpita sotto pena di 200 scudi», emanata in occasione del rimodernamento di Borgo Albizi. Sotto Cosimo, grazie alla regia di Luca Martini, si assapora per un momento quella RESTAURATIO, anzi quella MUNICIPALITA’ vagheggiata e nel momento della morte del duca non possiamo che condividere l’elogio funebre di Leonardo Salviati che il 1° aprile 1574 lo celebrava recitando «Quali re, quali Cesari, quali Augusti poterono havere di più di questi; fabbricare ponti, edificare più città, volgere e drizzare i corsi a grandissimi fiumi, istruir milizie?»10 [FIG. 19]. 10 Leonardo Salviati, Salviati, Orazione funerale del caualier Lionardo Saluiati, da lui pubblicamente recitata nell'esequie del serenissimo Cosimo Medici granduca di Toscana, Firenze 1574. Fig. 19 Fig. 20 È questa l’immagine che si voleva dare a Pisa del potere: quella di un duca giovane ed elegante, celebrato per i suoi interventi sul territorio pisano (a cui alludono le allegorie11 dell’Arno come dio fluviale domato e l’Agricoltura figura femminile con spighe di grano sul fiore, probabilmente suggerite dal Martini) attraverso un programma che, ricorrendo all’elegante sprezzatura, celebrava la rinascita di Pisa, dissimulando paradossalmente quella che invece era la celebrazione diretta del centro sulla periferia grazie al gioco di immagini, dotate di livelli di lettura diversi che si intrecciano e si sovrappongono. 11 Propongo di leggere le allegorie secondo questa lettura iconografica: il dio fluviale con il leone potrebbe rappresenta l’Arno dopo i lavori intrapresi dall’Ufficio su commissione di Cosimo I. La figura iconografica del fiume domato, perché canalizzato, è un’invenzione che si ritrova esclusivamente nelle opere scultorea realizzate a Pisa di Pierino da Vinci e Stoldo Lorenzi, sicuramente suggerita dal Martini che potrebbe averla agevolmente suggerita anche al pittore che ha eseguito il nostro dipinto, sia egli il Salviati o il Bronzino. La figura femminile nuda rappresenterebbe l’allegoria dell’Abbondanza: Cesare Ripa afferma che l’allegoria era rappresentata da una figura femminile con spighe di grano. Il fiore su cui poggia è il comune velucchio (nome scientifico Convolvus Medicae) che predilige suoli argillosi perché ricchi di elementi nutritivi. Data la corolla appena dischiusa che sorregge la figura dell’Abbondanza e le caratteristiche etimologiche del nome e il fatto che poteva agilmente trovarsi nelle zone palustri pisane vorrei leggere nel fiore e nella figura femminile un’allusione anche all’opera di bonifica e canalizzazione dell’Arno che permise di destinare ampie zone del contado prima paludose a coltura. Il dipinto quindi si risolverebbe in una celebrazione degli interventi di Cosimo sul territorio pisano. Per quando riguarda una identificazione del giovane effigiato con Cosimo ho valutato la caratterizzazione fisiognomica del volto e tenuto conto dell’età anagrafica che doveva avere attorno a questi ani: si confronti la somiglianza con gli altri ritratti del Bronzino o i busti scultorei. Per quanto riguarda l’identificazione del pittore proporrei per la linea elegante e i colori smaltati il nome del Salviati.