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Aspetti fitosanitari della corilicoltura nel Viterbese

Aspetti fitosanitari della corilicoltura nel Viterbese Phytosanitary aspects of hazelnut cultivation in the province of Viterbo LEONARDO VARVARO, ALFREDO FABI, PAOLO MAGRO E BRUNO PAPARATTI Dipartimento di Protezione delle Piante, Università degli Studi della Tuscia, Viterbo e Centro Studi e Ricerche sul Nocciolo e sul Castagno, Viterbo Parole chiave: Nocciolo, malattie fungine, malattie batteriche, fitofagi Keywords: Hazelnut, fungal diseases, bacterial diseases, pests. Abstract Il lavoro presenta un quadro completo sulle principali malattie e fitofagi infeudati su nocciolo nel comprensorio corilicolo del Viterbese (Alto Lazio). Nel lavoro vengono illustrati i meccanismi patogenetici, la sintomatologia e l’epidemiologia per virus, batteri e funghi fitopatogeni, nonché le caratteristiche ed i cicli biologici dei fitofagi, allo scopo di fornire agli operatori del settore validi strumenti per la gestione corretta dei noccioleti. Su alcune patologie e fitofagi sono presentate metodiche di lotta guidata e di difesa integrata. This paper presents a complete synthesis of the major hazelnut diseases and pests in the main Corylus cultivated area of Viterbo (northern Latium). The pathogenesis, symptomatology and epidemiology for viruses, bacteria and phytopathogenic fungi, as well as the characteristics and life cycles of pests are discussed. The aim of this work was to provide valuable tools to the farmers and technicians involved in the sector for an adequate management of hazelnut orchards. Pest management and integrated pest management are recommended for some diseases and pests. 1. INTRODUZIONE La corilicoltura nel Viterbese è concentrata quasi completamente sui Colli Cimini, dove ha avuto un notevole sviluppo, sia in termini di superficie coltivata, arrivando quasi a coprire 19.000 ha con una resa totale di oltre 50.000 tonnellate nel 2007 (fonte: Istat). Tutto ciò è avvenuto in un periodo relativamente breve, a partire dalla fine degli anni 60 fino a oggi, quando i noccioleti sono andati a sostituire rapidamente coltivazioni che erano state tradizionalmente presenti come la vite, l’olivo e i pascoli. In svariate circostanze la coltivazione del nocciolo si è stabilita in zone non particolarmente vocate anche perché, considerata erroneamente una pianta rustica, si ritenne fosse indenne da particolari problematiche fitosanitarie. Del resto il tipo di coltivazione, in molti casi particolarmente intensiva, ha favorito la comparsa e la rapida diffusione di malattie fungine e batteriche nonché di parassiti animali, soprattutto insetti, che hanno spesso causato danni economici molto ingenti. Non ultimo, si sono veri1.2011 21 Fig. 1 Sintomi di moria: avvizzimento di branche, piante morte, imbrunimento sottocorticale, particolare di rametto con foglie secche. ficati negli ultimi anni delle situazioni climatiche avverse che insieme ad errate pratiche agronomico-colturali attuate dagli agricoltori, soprattutto per via di scelte economico-gestionali talvolta obbligate dal complicato mercato internazionale, hanno favorito la comparsa di alterazioni parassitarie capaci di comprometterne seriamente la produttività. In questa trattazione viene passata in rassegna la situazione fitosanitaria della corilicoltura nel Viterbese anche alla luce delle conoscenze acquisite negli ultimi anni da ricerche effettuate dagli autori. 2. MALATTIE BATTERICHE 2.1 Moria del nocciolo Negli anni 80 è stata riscontrata nel Lazio (Aloj et al., 1987) una sindrome, nota come moria, il cui quadro sintomatologico era analogo a quello del “cancro batterico” del nocciolo in precedenza descritto in Grecia (Psallidas e Panagopoulos, 1979). In primavera, le piante infette presentano le foglie di colore verde pallido che, in estate, imbruniscono e seccano nel giro di una o due settimane. Branche e rami infetti vanno rapidamente incontro a morte e le foglie rimangono attaccate, anche dopo la caduta delle foglie sane. Il tessuto sottocorticale dei rami infetti appare fortemente imbrunito (Fig. 1). 22 1.2011 Il patogeno responsabile della malattia è di natura batterica e differenti studi hanno associato la patologia a due distinti batteri fitopatogeni: Erwinia gruppo amylovora (Varvaro et al., 1990) e Pseudomonas avellanae (Scortichini, 1992). C’è da segnalare, comunque, che dalle prove di patogenicità è risultato che i batteri artificialmente inoculati sono in grado di determinare la comparsa di sintomi di moria quasi esclusivamente in situazioni di stress (idrico, termico, ecc.), facendo ipotizzare che si possa trattare di una malattia a eziologia complessa (Fabi e Varvaro, 2006). Attualmente, presso l’Università degli Studi della Tuscia sono in corso ricerche per verificare tale ipotesi. La moria è una malattia particolarmente distruttiva e, a oggi, non si conoscono interventi chimici curativi. Pertanto, il controllo della diffusione di questa malattia è principalmente basato sull’utilizzo di agrofarmaci preventivi e sulla attuazione di molteplici pratiche agronomico-colturali (concimazioni equilibrate, asportazione di parti infette, distruzione dei focolai d’infezione, controllo del materiale di propagazione). Anche l’apporto di sostanza organica al terreno, oltre a migliorare lo stato di salute delle piante, le rende meno recettive all’attacco dei patogeni (Balestra et al., 2004), diminuendo nel tempo l’inoculo potenziale. Si spera che in un immediato futuro possa essere possibile impiegare mezzi di controllo biologico; sono tuttora in corso studi sull’efficacia di due ceppi batterici di Pseudomonas fluorescens e Bacillus megaterium, che sono risulta- Fig. 2 Numero di piante totali estirpate a causa della moria nel periodo 1998-2004. ti capaci di inibire in vitro la crescita di P. avellanae (Gentili et al., 2008). Per quanto riguarda gli aspetti epidemiologici, è stato effettuato uno studio nel viterbese (Fabi et al., 2005) con l’impiego di tecniche geografiche informatizzate (GIS, GPS) che ha permesso: a) di creare un database relativo alla diffusione della moria nel territorio dei Colli Cimini dal 1998 al 2004; b) di poter constatare che tale malattia è particolarmente grave in due zone ben distinte (Fig. 2); c) di correlare la presenza della malattia con alcuni fattori pedoclimatici, in particolare, con le gelate tardive (Fabi e Varvaro, 2009a). Tutti questi aspetti sono stati oggetto di una specifica trattazione (Fabi e Varvaro, 2010). Inoltre, alcuni studi svolti con l’impiego di un sistema avanzato di spettrometria aerea (A.Sp.I.S.) sembrano far ritenere promettente l’impiego di questa tecnica per effettuare una diagnosi precoce della moria (Fabi e Varvaro, 2009b). È auspicabile un ampliamento degli studi per aggiornare il suddetto database e per mettere a punto la sensibilità dell’applicazione A.Sp.I.S. Quest’ultima potrebbe essere potenzialmente utile anche nello studio di altre malattie del nocciolo. Attualmente la malattia pare in fase di regressione rispetto a 10-15 anni fa. Ciò è probabilmente conseguenza sia dell’applicazione adeguata di strategie di controllo integrate da parte degli operatori del settore, che hanno permesso di ridurre i rischi di disseminazione del batterio all’interno e tra gli impianti, sia delle condizioni climatiche che hanno caratterizzato questi ultimi anni. Tuttavia, in alcune aree, anche molto ristrette (in particolare nei Comuni di Capranica, Sutri, Vetralla, Caprarola e Ronciglione) i sintomi della malattia sono ancora evidenti e, inoltre, la cultivar più diffusa nel Viterbese, la Tonda Gentile Romana, è notoriamente molto suscettibile alla malattia. 2.2 Avvizzimento del nocciolo Xanthomonas arboricola pv. corylina, agente dell’avvizzimento del nocciolo, è un patogeno da quarante- na, iscritto nella lista A2 dell’EPPO. È stato isolato per la prima volta in Oregon (Usa) su Corylus maxima; in quella circostanza fu coniato il termine anglosassone “hazelnut blight” per descrivere i sintomi di avvizzimento che presentavano le piante. In Australia tale malattia, ancorché sottostimata, è considerata la più grave malattia del nocciolo. Essa provoca l’avvizzimento specialmente dei germogli dell’anno e, in tal modo, può compromettere la vitalità di giovani piante (fino a 4 anni di età) o danneggiare piante adulte con decrementi della produzione di nocciole. In Italia, nel Viterbese, danni consistenti vengono lamentati dai vivaisti, in quanto le piantine possono morire o diventare incommerciabili. Nei noccioleti si assiste spesso a sintomi caratteristici a carico del frutto, in particolare del suo involucro, le cui brattee presentano tacche grossolanamente circolari, all’inizio idropiche, di pochi millimetri di diametro che tendono a divenire grigiastre con margine rossiccio a maturità (Fig. 3). Fig. 3 Sintomi causati da Xanthomonas arboricola pv. corylina su foglie e brattee. Alcuni autori (Fabi e Varvaro, 2006) hanno riscontrato una certa interazione tra batteri appartenenti a diversi generi, tra i quali X. a. pv. corylina, Erwinia spp., Pectobacterium spp. e Pseudomonas spp.) e fattori climatici (maggiore piovosità, basse temperature invernali, gelate primaverili, ecc.). Questi ultimi diventano essi stessi fattori patogenetici. Attualmente, la diagnosi è basata su metodi tradizionali che di fatto necessitano di tempi lunghi per la risposta e non sono sensibili al punto da consentire l’accertamento dello stato sanitario del materiale di propagazione asintomatico, come riportato sul protocollo di riferimento dell’EPPO (2004) 1.2011 23 Naturalmente in questo contesto, l’accertamento dello stato sanitario del materiale di propagazione e la certificazione dello stesso deve prevedere l’assenza anche di questo patogeno al fine di garantirne la qualità. 3. MALATTIE FUNGINE Le malattie fungine costituiscono importanti fattori di limitazione della produzione corilicola, sia dal punto di vista qualitativo sia quantitativo, oltre a causare alterazioni a carico delle strutture legnose compromettendo la sopravvivenza della pianta in toto. Nella coorte dei parassiti fungini alcuni sono temibili e noti da diversi anni, anche se la loro incidenza è variabile in funzione del decorso stagionale e delle aree di coltivazione. Nell’ultimo decennio la coltura del nocciolo nel viterbese e stata interessata dalla comparsa di malattie poco od affatto ignote, alcune con natura eziologia incerta e quindi meritevoli di approfondimento, anche per gli aspetti epidemiologici. Le principali malattie presenti nell’area di coltivazione dei Monti Cimini sono: • “mal dello stacco”, causato da Cytospora corylicola; • “cancro rameale” da Biscogniauxia mediterranea e Phomopsis sp.; • “Slow decline”, causato da Fomitiporia mediterranea; • “moniliosi dei frutti”, causati da Monilinia spp.; • “necrosi grigia” dei frutti e seccume dei rametti da Fusarium lateritium. Fig. 4 Manifestazioni di Mal dello stacco. A sinistra, branca spezzata in seguito all’infezione. A destra, fusto di nocciolo colpito da Cytospora corylicola, che presenta abbondanti cirri di evasione del patogeno. 24 1.2011 3.1 Mal dello stacco Tale malattia risulta piuttosto grave e diffusa e si manifesta come rottura delle grosse branche nel punto di maggiore alterazione strutturale del legno ad opera del patogeno (Fig. 4 A). È causata da Cytospora corilicola ed è presente endemicamente in tutta l’area di coltivazione del nocciolo della provincia di Viterbo. La sintomatologia classica ascrivibile a C. corylicola si osserva subito dopo la ripresa vegetativa; sui tessuti corticali dei rami e dei polloni si manifesta sotto forma di macchie necrotiche depresse, di forma irregolare, di colore bruno-rossastro, che si spingono in profondità interessando anche i tessuti legnosi. L’infezione può interessare una parte del ramo e nei casi più gravi si può estendere a tutta la circonferenza, causando il completo disseccamento della parte sovrastante. I rami fortemente colpiti sono caratterizzati dall’essere schiacciati e da una forte compromissione della resistenza meccanica; di conseguenza eventi meteorici come il vento forte, possono causarne la rottura. Sulle branche colpite dal patogeno, con l’arrivo della primavera e il verificarsi di giornate umide sono visibili ammassi conidici, che si presentano come un insieme di gocce mucillaginose rosso aranciate, comunemente chiamate cirri (Fig. 4 B). In corrispondenza di tali ammassi l’epidermide è inscurita e tessuti sottostanti imbruniti. Il decorso della malattia è di tipo cronico; di solito non si arriva alla rottura del ramo prima di tre o quattro anni dal momento dell’infezione. Viene diffuso soprattutto dalla pioggia dilavante e penetra preferibilmente attraverso ferite che possono essere causate nel periodo primaverile-estivo. La lotta si attua in maniera preventiva raccogliendo e distruggendo i rami colpiti. Si consiglia, inoltre, di eliminare le branche ormai in stato avanzato di degenerazione e, in corrispondenza dei tagli effettuati, di disinfettare le ferite con prodotti a base di rame. Questo tipo di intervento sembra avere un discreto effetto contenitivo nei confronti dei funghi patogeni rilevati, anche se allo stesso tempo non porta a un completo risanamento. In effetti, il taglio delle branche e la loro rimozione dai noccioleti diventa una pratica ripetitiva di contenimento che porta a un abbattimento dell’inoculo, senza però conseguire la risoluzione de- finitiva del problema. È opportuno, inoltre, razionalizzare le cure colturali, allo scopo di rinvigorire la pianta, evitando però eccessive concimazioni azotate e trattando in inverno con poltiglia bordolese all’1%, senza dimenticare di disinfettare i grossi tagli di potatura, quando presenti. In conclusione, nonostante nel passato si riteneva che questa malattia si manifestasse soprattutto in noccioleti debilitati (Noviello, 1968; Varvaro, 1993), in questi ultimi anni si è riscontrata sempre più spesso in impianti relativamente giovani che precedentemente non presentavano sintomi da stress per altre cause. Inoltre. recenti indicazioni evidenziano che tale problema non è ristretto all’area Cimino-Sabatina; anche in Piemonte C. corylicola desta preoccupazione e l’infezione del patogeno appare in espansione anche nei noccioleti mantenuti in buone condizioni colturali (Tavella e Gianetti, 2005). Fig. 5 Cancri rameali da Biscogniauxia mediterranea (a sinistra) e Sphaeropsis malorum (a destra) su rami di nocciolo. 3.2 Cancro rameale In questi ultimi anni è stata rilevata la presenza nei cancri osservati su piante di nocciolo di altre due specie fungine: Biscogniauxia mediterranea e Phomopsis sp. (Fig. 5). Queste specie erano particolarmente presenti in noccioleti con alta incidenza di Mal dello stacco. Altre specie contaminanti in ordine di frequenza di isolamento, e che sono anche state trovate su gemme, fiori femminili e frutti, sia sintomatici che asintomatici, sono Alternaria sp., Epicoccum spp., Phomopsis sp., Penicillium spp. e Aspergillus spp. (Magro et al., 2008a). Questi ultimi due generi sono notoriamente capaci di produrre micotossine ma in questo stesso studio gli autori hanno dimostrato che essi erano in grado di pro- Fig. 6 Slow decline di un nocciolo destinato a morire entro 1 anno. Sulla branca morta è visibile il corpo fruttifero di Fomitiporia mediterranea (A). Tipico corpo fruttifero di Fomitiporia mediterranea (B). A B durle solo nello 0,5% dei casi riscontrati. In ogni caso, si evince una presenza costante di tali patogeni sui vari organi. 3.3 Slow decline (Lento deperimento) Recentemente, un altro fungo è risultato associato a noccioli affetti da vistosi fenomeni di deperimento lento (slow decline) che portavano a morte le branche principali e, nel tempo, l’intera pianta (Fig. 6). Si tratta di Fomitiporia mediterranea, un basidiomicete agente di carie bianca, considerato come uno degli agenti del mal dell’esca della vite. Questo patogeno è inoltre risultato coinvolto nel deperimento del legno del kiwi e in gravi fenomeni di carie su agrumi, olivo e diverse specie di piante ornamentali (Pilotti et al., 2005). È stata evidenziata una stretta associazione di tale fungo a estesi fenomeni di carie bianca nella parte basale e nelle branche di piante affette dal sopra citato deperimento (Fig. 7). In noccioleti ben curati, la tempestiva asportazione delle branche morte da parte dell’agricoltore, e la incapacità del fungo a produrre carpofori su branche ancora vive benché deperienti, potrebbe far sottostimare la presenza di F. mediterranea, se non addi- Fig. 7 Gravi fenomeni di carie su organi legnosi di nocciolo, associati a Fomitiporia mediterranea. 1.2011 25 Fig. 8 Attacchi di Moniliosi su frutti. rittura farla ritenere assente. Tuttavia processi di carie bianca potrebbero essere attivi e gravi all’interno, pur se invisibili cioè non apprezzabili visivamente. La presenza di F. mediterranea su nocciolo non è sorprendente poiché numerosi sono i tagli che le piante subiscono ogni anno per l’asportazione dei polloni basali ed è ben noto che tutti i basidiomiceti si avvantaggiano grandemente di ferite per infettare con successo le piante. 3.4 Marciume bruno dei frutti o moniliosi La moniliosi del nocciolo è prevalentemente causata da Monilina fructigena. I funghi di questo genere colpiscono un gran numero di ospiti, specialmente le drupacee, e il nocciolo viene attaccato solo in particolari condizioni edafico-ambientali, con clima caldo-umido (Lovisolo, 1955). I frutti, infettati molto prematuramente tendono a imbrunire e successivamente raggrinziscono (Fig. 8); questo perchè la moniliosi tende a interessare soprattutto organi non ancora lignificati del pericarpo. Al contrario di quanto accade nei paesi continentali, dove la moniliosi ha spesso causato gravi fenomeni di cascola, nel Viterbese questa malattia, che si riscontra solo nei mesi estivi, presenta un’incidenza abbastanza bassa. 3.5 Necrosi grigia della nocciola La necrosi grigia della nocciola, associata a Fusarium lateritium, è stata segnalata per la prima volta nel 2000 (Belisario et al., 2003) a seguito del manifestarsi di intensi fenomeni di cascola dei frutti che in alcuni casi ha interessato più del 40% dei frutti presenti. La malattia sembra colpire i fiori, i frutti ma anche i rametti del nocciolo (Fig. 9). Le indagini svolte sul fiore hanno evidenziato un periodo di latenza di F. lateritium sul26 1.2011 le gemme fiorali in grado di determinare precocemente sintomi di necrosi sui primordi dei frutti. Infatti, la finestra di suscettibilità del nocciolo nei confronti della malattia, a partire dalla fase fenologica di allegagione fino alla invaiatura, è determinata dall’ampio intervallo di temperature utili per la crescita di F. lateritium, comprese tra 5-25°C. A partire da 3°C la germinabilità dei conidi consente a questa specie fungina di esplicare le proprie potenzialità patogenetiche dalle prime fasi del risveglio vegetativo del nocciolo (in pieno inverno) fino alla maturazione del frutto (in piena estate). Non sono ancora note con certezza taluni aspetti epidemiologici del fungo, le cause che predispongono la malattia, la suscettibilità dell’ospite, nonché i precisi fattori ambientali e agronomici che la influenzano. Restano ancora da chiarire i ruoli di altri agenti fungini costantemente associati a questa malattia per arrivare ad una completa definizione del quadro eziologico ed epidemiologico. Riguardo il controllo di F. lateritium, esistono un paio di potenziali principi attivi che potrebbero essere efficaci, come tiofanate-metile e tebuconazolo ma non sono ancora del tutto chiare le più efficaci modalità di applicazione (Magro et al., 2008b). A tutto ciò si aggiunge l’ampio spettro termico di F. lateritium, oltre alla generalizzata suscettibilità al patogeno di quasi tutte le cultivar diffuse in Italia, che obbligano questa malattia a essere sotto stretta sorveglianza. Fig. 9 Avvizzimento della parte apicale di un rametto di nocciolo a causa di un attacco di Fusarium lateritium. Fig. 10 Sintomi da ApMV (Apple mosaic virus) su foglie di nocciolo. no a scapito della nocciola ormai in via di maturazione: in questo modo possono risultare compromesse sia la quantità che la qualità del prodotto. 4. MALATTIE VIRALI Per quanto riguarda i virus, sono stati riscontrati su nocciolo solamente ApMV (Apple mosaic virus), PNRSV (Prunus necrotic ring spot virus) e TAMV (Tulare apple mosaic virus). È da segnalare solo la presenza sporadica di ApMV sul territorio regionale (Fig. 10). 5. PRINCIPALI SPECIE FITOFAGHE 3.6 Necrosi generalizzate Anche altri funghi sono stati trovati associati ai fenomeni di intensa cascola che si sono verificati in questi ultimi anni. Questi funghi, isolati spesso da stigmi, appartengono a specie di Alternaria spp., Fusarium spp. e Phomopsis sp. (Varvaro, 1993), e sono agenti generici di marciumi e necrosi a cui si aggiunge Botrytis cinerea Pers., agente del marciume grigio, che su nocciolo causa una fitopatia dei primordi dei frutti con esiti abortivi. Questo patogeno può causare dei danni in stagioni caldo-umide (in particolare con aprile caldo e piovoso) provocando il disseccamento dei frutticini e quindi una riduzione della produzione. Nel caso, invece, di attacco al peduncolo si può avere la disarticolazione dell’intera infruttescenza. L’incidenza della malattia è relativamente bassa e i danni spesso sono difficilmente distinguibili da quelli causati da altri fattori andando ad annoverarsi tra i danni occulti che riducono la produzione finale. Altre specie fungine riscontrate sui frutti sono Epicoccum spp., Penicillium spp. e Aspergillus spp. Esse possono essere presenti anche su gemme, fiori femminili e frutti, sia sintomatici che asintomatici; per contro è stato dimostrato (Magro, 2007) che le alte temperature e la bassa U.R. sono inibenti nei confronti di alcune di esse. È probabile che, al verificarsi delle suddette condizioni, alcuni di questi patogeni possono rimanere latenti all’interno dei frutti e, a partire dal mese di agosto e per tutto il mese di settembre, si sviluppi- Le principali avversità entomologiche dei corileti del viterbese sono riconducibili agli Acari Eriofidi (Phytoptus avellanae), agli Emitteri Eterotteri (cimici), ai Coleotteri Curculionidi (Curculio nucum), Scolitidi (Xyleborus dispar), Cerambicidi (Oberea linearis) e Buprestidi (Agrilus viridis) (Fiori et al., 2006; Mazzone et al., 2006; Scortichini, 2006; Siscaro et al., 2006; Tavella et al., 2006). 5.1 Balanino del nocciolo Curculio nucum L.; Coleoptera, Curculionidae L’adulto è lungo circa un centimetro ed è caratterizzato da un lungo rostro al cui apice è presente l’apparato boccale (Fig. 11). Il rostro, nelle femmine, è di norma più lungo che nel maschio. L’insetto è coperto da una pubescenza di color ruggine. Fig. 11 Maschio di balanino del nocciolo. 1.2011 27 Le femmine, dopo l’accoppiamento, scavano con il rostro una piccola cavità nella nocciola in cui depongono un singolo uovo (Fig. 12). Dopo la schiusura dell’uovo, la larva si nutre del seme (Fig. 13) ed una volta raggiunta la maturità fora la nocciola (Fig. 14) e si lascia cadere al suolo per interrarsi; qui trascorre l’in- Fig. 15 Pupa di balanino all’interno della sua celletta nel terreno. Fig. 12 Uovo di balanino. Fig. 15 Pupa di balanino all’interno della sua celletta nel terreno. Fig. 16 Ciclo biologico del balanino del nocciolo. Fig. 13 Larva di balanino in attività trofica all’interno di una nocciola. Fig. 14 Nocciola con foro di fuoriuscita della larva di balanino. 28 1.2011 verno in una celletta. In primavera le larve si impupano (Fig. 15). Dalla metà di maggio si rinvengono gli adulti sulle chiome (Fig. 16). I danni sono causati essenzialmente dall’attività di nutrizione delle larve; l’insetto risulta effettivamente dannoso solo in alcune annate (Paparatti, 1990; Pucci, 1992). Per realizzare un controllo razionale di questo insetto devono essere effettuati campionamenti sulla popolazione adulta, con periodicità settimanale. La tecnica che permette di stimare la popolazione presente nel noccioleto consiste nello scuotere le branche alle prime luci dell’alba, dopo aver steso sotto la chioma un telo bianco. Gli adulti cadono sul telo in tanatosi e possono essere facilmente raccolti e distinti per sesso. Devono essere campionate 10 piante della stessa varietà per ettaro. Le femmine catturate verranno dissezionate allo scopo di rilevare se contengono uova ovariche pron- Fig. 17 Apparato riproduttivo di una femmina di balanino: in evidenza le uova negli ovarioli. te per essere deposte (Fig. 17). La soglia di intervento è di una femmina in media con uova per pianta per settimana. Per controllare l’insetto possono essere usati i pochi insetticidi al momento registrati sul fitofago (Banca Dati SIAN) come il fungo entomopatogeno Beauveria bassiana (Paparatti et al., 2005). Qualora si preveda di intervenire chimicamente contro questo fitofago si deve valutare anche l’impatto che questi interventi possono avere sull’artropodofauna utile, che è particolarmente abbondante nell’agroecosistema corileto (Viggiani, 1994; Pantaleoni et al., 2006; Loru et al., 2008). tre i maschi sono più piccoli, misurando solo 2 mm di lunghezza (Fig. 19). Le femmine volano in primavera, quando la temperatura massima raggiunge i 20° C. Queste si portano sui rami e sulle branche dei noccioli dove scavano, nel legno, gallerie di prolificazione di aspetto caratteristico (Fig. 20). Inizialmente sono perpendicolari all’asse longitudinale del tronco, poi cambiano direzione assumendo un andamento semicircolare (Fig. 21); infine da quest’ultimo tratto vengono scavate varie ramificazioni dirette sia verso l’alto sia verso il basso. Le uova vengono deposte sulla superficie interna delle gallerie, qui si sviluppa un fungo simbionte Monilia candida Hartig, di cui si nutrono le larve. 5.2 Anisandro Xyleborus dispar (F.); Coleoptera, Scolytidae Questo insetto è un piccolo Coleottero scolitide caratterizzato da un notevole dimorfismo sessuale: le femmine infatti sono lunghe dai 3 ai 3,5 mm (Fig. 18), men- Fig. 20 Rappresentazione grafica del sistema di gallerie scavate da Xileborus dispar. Fig. 18 Xileborus dispar femmina. Queste si trasformano in pupe durante la tarda primavera ed in estate sfarfallano i nuovi adulti che rimarranno nella galleria materna sino alla primavera dell’anno successivo (Fig. 22). I danni sono causati dalle femmine che scavando le loro gallerie interrompono i vasi linfatici. Sino a pochi anni fa la metodologia di controllo dell’insetto consisteva nell’effettuare trattamenti insetticidi durante il periodo di volo delle femmine. Tale metodologia però non sortiva risultati apprezzabili in quan- Fig. 19 Xileborus dispar maschio. Fig. 21 Branca di nocciolo attaccata da Xileborus dispar, sono ben evidenti le larve biancastre dell’insetto. 1.2011 29 to detto periodo di volo è risultato essere molto lungo, da marzo a fine giugno (Figg. 23, 24), non era possibile quindi coprire con trattamenti insetticidi un lasso di tempo così ampio (Bucini et al., 2005; Speranza et al., 2009a). Una tecnica alternativa di controllo prevede l’utilizzo di trappole chemio-cromotropiche “Rebell rosso®” che permettono la cattura massale dello scolitide (Fig. 25). Le suddette trappole sono costituite da due su- perfici incrociate di colore rosso invischiate, sovrastanti una bottiglia perforata contenente l’attrattivo. Questo è costituito da 250 cc di alcol etilico, denaturato con toluolo all’1% e diluito con acqua in rapporto di 1:1. Gli insetti attirati dall’esca e dal colore si invischiano e muoiono sulle superfici collate (Fig. 26). Per effettuare una cattura massale e di conseguenza ridurre notevolmente il danno è necessario installare dalle sei alle otto trappole per ettaro. Questo tipo di trappola però non cattura solo anisandro, ma anche numerosi insetti utili (Pantaleoni et al., 2006). Recentemente è stata messa a punto un’altra trappola costituita da una “Mastrap® L modificata” (Speranza et al. 2009b); la ricerca ha evidenziato che le catture dei due tipi di trappola sono comparabili ed inoltre la “Mastrap® L modificata” è risultata selettiva nei confronti degli insetti non target. Fig. 22 Femmina di Xileborus dispar in una galleria. Fig. 25 Trappola chemio-cromotropica Rebell® Rosso posizionata su un nocciolo. Fig. 23 Andamento delle catture di Xileborus dispar realizzate con una trappola Rebell® Rosso. Fig. 24 Ciclo biologico semplificato di Xileborus dispar. 30 1.2011 Fig. 26 Ingenti catture di femmine di Xileborus dispar realizzate con una trappola Rebell® Rosso. 5.3 Cimici del nocciolo Hemiptera, Heteroptera Per “Cimici del nocciolo” si intende un complesso di Rincoti eterotteri quali: il Gonocero (Gonocerus acuteangulatus Goeze) (Fig. 27), la Palomena (Palomena prasina L.) (Fig. 28), la Nezara (Nezara viridula L.) (Fig. 29) il Piezodoro [Piezodorus lituratus (F.) (Fig. 30) e altri che, pungendo le nocciole, provocano l’aborto traumatico e il cimiciato (Paparatti, 2005-2006) (Tab. I, Fig. 31). Questi insetti non sono strettamente legati al nocciolo e sono molto mobili sul territorio, caratteristiche che rendono difficile prevedere e rilevare le in- festazioni nei corileti e di conseguenza impostare e applicare strategie di difesa efficaci con i fitofarmaci oggi autorizzati sulla coltura. L’aborto traumatico si produce quando vengono punte le nocciole in formazione. Gli stiletti boccali penetrano nel frutto e determinano un arresto dello sviluppo del tessuto cotiledonare, facendo abortire il seme. Se invece le punture sono fatte su semi già sviluppati si verifica il cosiddetto “cimiciato” che consiste in una alterazione più o meno estesa del gheriglio e nella necrosi dei tessuti cotiledonari, il seme assume inoltre un gusto sgradevole. Il gonocero è considerato l’insetto chiave tra le cimici in quanto, quasi ogni anno, produce i maggiori dan28 Fig. 27 Adulto di Gonocerus acuteangulatus. 29 30 Fig. 28 Adulto di Palomena prasina. Fig. 29 Adulto di Nezara viridula. Fig. 30 Adulto di Piezodorus lituratus. Tab. I Eterotteri rinvenuti su nocciolo in alcune regioni italiane. Nella tabella, con il simbolo * , sono indicate le specie segnalate nel 2005 che si aggiungono a quelle già riportate per il Lazio (Paparatti, 2005-2006). 1.2011 31 ni; l’insetto inoltre svolge tutto il suo ciclo biologico sul nocciolo (Fig. 32). In gonocero è di colore castano chiaro e di notevoli dimensioni (12-15 mm). Presenta una sola generazione l’anno. Gli adulti, in maggio, con le loro punture su nocciole in formazione, provocano l’aborto traumatico. A partire dal mese di maggio sono deposte le uova, isolate o a gruppi, sulle foglie delle piante ospiti o sulle brattee che avvolgono i frutti del nocciolo. Le neanidi sgusciano dopo circa 12 giorni e, tra giugno e luglio, gli stadi giovanili attaccano i frutti già sviluppati provocando nel seme il cosiddetto “cimiciato delle nocciole”. Al conferimento del prodotto il danno da cimiciato viene stimato per mezzo di un esame visivo. Tutte le nocciole che, aperte, presentano alterazioni di colore vengono considerate cimiciate. In questo modo, purtroppo, si sovrastima il danno dovuto alle punture in Fig. 31 Catture medie per pianta, di cimici del nocciolo, realizzate con la tecnica dello scuotimento delle branche. Fig. 32 Catture di Gonocerus acuteangulatus. 32 1.2011 Fig. 33 Risultati di una prova organolettica su un campione di 2000 nocciole. quanto molte nocciole che presentano alterazioni cromatiche non evidenziano alterazioni nel gusto (Fig. 33) (Paparatti et al., 1996; Paparatti, 20052006). La soglia di intervento prevista per effettuare il trattamento insetticida risulta essere nel Viterbese di 1,5 cimici, in media, per pianta per settimana, campionando 10 piante ad ettaro (Scortichini, 2006). Sino ad oggi sono carenti gli studi sulle relazioni fra attività trofica degli insetti, il cimiciato e le caratteristiche organolettiche delle nocciole appena raccolte e in seguito durante le fasi di lavorazione e conservazione. Dovranno essere approfondire le conoscenze relative agli effetti delle punture di nutrizione sulle caratteristiche organolettiche del frutto, sia alla raccolta sia durante la conservazione. Tali conoscenze potranno essere successivamente utilizzate anche per sviluppare un metodo di analisi diagnostica attendibile e di facile utilizzo per il rilevamento del cimiciato (MIPAAF, 2010). Nei noccioleti biologici, allo scopo di eliminare un gran numero di cimici può essere utile intercalare ai noccioli, ciliegi di varietà precoce; su queste piante, nei mesi di maggio e giugno si possono raccogliere all’alba, con la tecnica dello scuotimento delle branche, numerosissimi eterotteri che si concentrano sulla chioma per pungere le ciliegie. Le cimici raccolte su un telo posizionato sotto chioma, potranno essere facilmente raccolte ed eliminate, riducendo il danno sulle nocciole (Paparatti, 2005-2006). 5.4 Acaro eriofide galligeno delle gemme Phytoptus avellanae Nal. (Acarina, Phytoptidae) gemme infestate (Viggiani, 1984). Mazzone et al. (2006) consigliano di intervenire quando si raggiunge la soglia del 20% di gemme infestate e sono presenti germogli con 3-4 foglioline, con uno o due trattamenti a base di zolfo in primavera, durante la fase di migrazione verso le gemme in formazione (MIPAAF, 2010). Fig. 34 Gemma trasformata in falsa galla dall’acaro Phytoptus avellanae. Il Phytoptus avellanae è un piccolo acaro sub cilindrico lungo 0,20-0,25 mm. Esso è diffuso in tutta l’area di coltivazione del nocciolo con infestazioni in Italia, Spagna e Turchia. Gravi le infestazioni segnalate in Italia (Piemonte, Lazio e Campania). Infesta le gemme appena esse si formano in primavera, trasformandole lentamente in false galle (Fig. 34). Queste sono gemme ipertrofiche con tutti gli elementi morfologici trasformati in squame carnose. In autunno e inverno le gemme colpite si notano più ingrossate di quelle sane. In esse si trovano un centinaio di acari, in gran parte femmine ovideponenti. L’ovideposizione si svolge in massima parte da febbraio a marzo. Gli acari migrano nelle nuove gemme quando i germogli sono lunghi circa un centimetro e presentano 3-4 foglioline, mentre la gemma centrale è di circa 1 mm di diametro. La migrazione dura circa un mese. Le gemme infestate da questo acaro sono perdute, le piante giovani pesantemente attaccate presentano molti rami secchi e sviluppo stentato. Vi sono cultivar di nocciolo particolarmente suscettibili a questo acaro, mentre altre risultano più resistenti. Il periodo di migrazione dalle vecchie gemme trasformate in false galle alle nuove gemme in formazione, è il più adatto per il controllo di questo fitofago. Le migrazione inizia quando il nocciolo riprende l’attività vegetativa. In questa fase è possibile controllare l’acaro; la soglia di intervento è stimata intorno al 15% di 5.5 Oberea Oberea linearis L. (Coleoptera, Cerambycidae) L’adulto (Fig. 35) è un piccolo coleottero lungo 11-13 mm. Presenta il corpo nero, con zampe gialle. Le larve, xilofaghe, sono allungate, subcilindriche, apode, giallastre (Fig. 36). Questo insetto, si sviluppa prevalentemente su nocciolo, anche se può attaccare il noce, l’olmo, e altre piante. Gli adulti si rinvengono a partire da fine maggio-giugno e compiono piccole erosioni sulle nervature fogliari e si accoppiano sui rami più alti delle piante. Le femmine incidono con le mandibole la corteccia dei rametti di 3-4 mm di diametro e vi depongono le uova. La larvetta scava una galleria anulare sul rametto determinandone il disseccamento. In seguito la larva penetra nel rametto sino al midollo scavando una galleria ascendente. A fine autunno, dopo aver pra- Fig. 35 Adulto di Oberea linearis. 1.2011 33 Fig. 36 Larva di Oberea linearis (tratta dal sito: www.cerambycidae-hrbek.cz) ticato una galleria lunga 40-60 cm, la larva entra in diapausa per riprendere l’attività nella primavera successiva. La pupa si rinviene a fine aprile-maggio. L’adulto per uscire dalla galleria pratica un foro circolare (Binazzi, 1974, Viggiani 1984). Questo insetto, anche se rinvenuto abbastanza di frequente nei noccioleti del viterbese, raramente produce danni di rilievo. Se necessario, per il suo controllo, basta asportare e bruciare i rametti contenenti l’insetto, entro marzo-aprile. 5.6 Agrilo verde Agrilus viridis L. (Coleoptera, Buprestidae) L’adulto è lungo circa 10 mm (Fig. 37). La larva è di colore bianco e appiattita dorso ventralmente, è dilatata nella parte toracica, il capo è incassato nel torace ed è lunga10-11 mm. Le larve di questo insetto danneggiano il fusto, i rami e i polloni del nocciolo scavando 34 1.2011 gallerie dapprima sottoepidermiche e di dimensione ridotta, si approfondiscono poi nel legno e il lume delle gallerie aumenta gradualmente. Le piante infestate manifestano ingiallimenti e deperimenti vegetativi con disseccamento delle parti interessate dalle gallerie. Le piante giovani, se pesantemente attaccate possono anche morire. Gli attacchi più gravi interessano generalmente i soggetti indeboliti dalla siccità. Gli adulti si rinvengono dalla metà di maggio alla fine di giugno. Le femmine, dopo l’accoppiamento, depongono alcune decine di uova sulla corteccia dei rami, formando ovature di 6-7 elementi. Le larve mature si rinvengono in settembre-ottobre, trascorrono l’inverno in diapausa e si impupano in aprile-maggio (Pollini, 2002). Per contenere questo insetto è opportuno mantenere le piante in buono stato vegetativo e realizzare i nuovi impianti solo in ambienti idonei. In Piemonte (Corte et al., 2009) sono segnalati, negli ultimi anni, pesanti attacchi su nocciolo di insetti appartenenti a sette specie diverse del genere Agrilus. Gli adulti sono stati catturati da maggio all’inizio di agosto, evidenziando un lungo periodo di volo. La specie più abbondante e diffusa è stata l’Agrilus olivicolor. 6. STRATEGIE DI LOTTA: GENERALITÀ Fino a neppure mezzo secolo fa i noccioleti del Viterbese, piantati spesso al posto del vigneto, non presentavano particolari problemi fitosanitari, anzi manifestavano una soddisfacente condizione di sanità e una ragguardevole longevità. La situazione sanitaria del noccioleto si è aggravata negli ultimi decenni e le piantagioni recenti soffrono di problemi di moria, cancri, disseccamenti. È noto che quando si introduce in una zona una nuova cultura, i primi impianti risultano a rischio infettivo “zero”. Essendo pressoché tutti i più gravi agenti di malattia del nocciolo dei patogeni ospitespecifici, nel territorio essi probabilmente non erano presenti o, se mai lo fossero stati, la loro presenza in zona era estremamente sporadica. Dopo diversi lustri, in condizioni di forte espansione numerica da parte dell’ospite, anche i suoi patogeni si sono sviluppati e, favoriti dal- sezione scientifica scientiphic session Fig. 37 Adulto di Agrilus viridis. la monocoltura e dalla estrema contiguità degli appezzamenti, hanno aumentato in modo esponenziale il loro potenziale d’inoculo. Inoltre, si intravedeva nel nocciolo una coltura poco bisognosa di interventi. Ma un minor carico di trattamenti fitoiatrici non deve sfociare nel trascurare anche interventi di carattere agronomico, quali le potature di risanamento, l’estirpazione delle ceppaie infette (se non fatta completamente significa mantenere attivo un focolaio d’infezione), l’adozione di un sesto d’impianto che permetta una buona aerazione della chioma, la somministrazione di concimazioni equilibrate, ecc.. Nonostante la bontà di fondo della legislazione e la buona fede dei produttori, in molti noccioleti ha contribuito a questa filosofia anche un effetto negativo dovuto alla legge 2078/92 sulla riduzione degli agrofarmaci, talvolta con un’ulteriore accentuazione degli effetti negativi derivanti del- l’applicazione della legge 2092/91 sull’agricoltura biologica. Nell’ambito di un’agricoltura sostenibile, la difesa fitosanitaria integrata deve avere come obiettivo prioritario la riduzione dell’impiego dei principi attivi, i quali devono essere scelti tra quelli che garantiscono un’efficace protezione della coltura, in funzione del minor impatto nei confronti dell’uomo e dell’ambiente. Un ricorso limitato agli agrofarmaci dovrà essere integrato dall’applicazione puntuale dei mezzi di difesa alternativi (agronomici, fisici, genetici. biologici) (Varvaro, 1993) e, quando disponibili, di modelli di previsione della malattia, privilegiando quando possibile la prevenzione. Per quanto riguarda la coltivazione del nocciolo si raccomanda di: • sostituire i vecchi impianti debilitati. Nella costituzione di nuovi impianti impiegare materiale vivaistico certificato; • individuare alla fine dell’estate le piante affette da malattie in modo da intervenire su di esse separatamente nel periodo invernale; • eliminare e distruggere le piante gravemente infette, dopo aver estirpato la pianta secca aprire una buca del diametro di circa 1 – 1,5 m; • disinfettare con calce e lasciare il terreno esposto all’azione del sole per tutta l’estate; • reimpiantare alla fine dell’inverno successivo; • asportare, durante la potatura annuale, i rami secchi con cancri (dendrochirurgia); eliminare e distruggere le parti infette; disinfettare accuratamente i tagli, le ferite di potatura con soluzioni concentrate di prodotti rameici; • in seguito a eventi traumatici (grandinate o lesioni di varia natura, come le spollonature), intervenire per disinfettare le ferite entro poche ore con prodotti rameici. Preferire, tra i prodotti rameici, gli idrossidi di rame micronizzati e le poltiglie acide, perché più efficaci ad es. nell’inibire la germinazione delle spore di C. corylicola, oppure utilizzare altri fungicidi registrati per il nocciolo o induttori di resistenza. 1.2011 35 BIBLIOGRAFIA ALOJ B., BARTOLETTI F., CAPOROSSI U., D’ERRICO F.P., DI DATO F., GRANDE C., OLMI M., PAPARATTI B., TOMBESI A. E VARVARO L., 1987. Una “moria” del nocciolo di natura ignota nel Viterbese. L’Informatore Agrario, 26, 55-57. BALESTRA G. M., G. VUONO, A. GENTILI, A. FABI E L. VARVARO, 2004. Importance of agronomical practices on dieback disease of hazelnut in central Italy. Journal of Plant Pathology, 86 (4, Special Issue), 308. BANCA DATI SIAN: MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI Unità dirigenziale COSVIR XI - Servizio fitosanitario centrale, Fitofarmaci e Sostanze Attive http://www.sian.it/fitovis/ BELISARIO A., A. CORAMUSI, A. CIVENZINI E M. MACCARONI, 2003. 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