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Preparare gli insegnanti per l’inclusione

2013

L’educazione inclusiva, pur concentrandosi inizialmente sugli studenti con disabilita, comprende ora una definizione molto piu ampia, che si riferisce a tutti i bambini che potrebbero essere stati storicamente emarginati dalla scuola in varie e significative forme. Come possono gli insegnanti essere meglio preparati a lavorare in scuole e classi integrate, caratterizzate da una popolazione scolastica sempre piu diversificata, raggiungere i bisogni e le esigenze sempre piu individualizzate di bambini e giovani? Lo studio indaga i processi attraverso i quali la formazione pre-service e in-service degliinsegnanti puo mirare piu efficacemente al raggiungimento di tali obiettivi.

Preparare gli insegnanti per l’inclusione Preparing teachers for inclusion Rita Minello Università Ca’ Foscari, Venezia minello@unive.it ABSTRACT Although it formerly focused mainly on students with disabilities, inclusive education currently possesses a broader definition, which refers to all those children that may have been emarginated by school in many different ways. How could teachers be prepared to work in integrated schools and classes—which are characterized by an increasingly differentiated student population—in order to satisfy the increasingly personalized needs of children and young people? This study investigates which projects aimed at training pre-service and in-service teachers may efficaciously achieve the aforementioned goals. Introduzione L’educazione inclusiva è sempre più concepita come strategia prioritaria per raggiungere l’educazione per tutti (Education For All: EFA)1, tanto nei paesi ricchi quanto in quelli poveri. L’EFA non va confusa con l’accesso universale all’istruzione primaria, uno dei sei obiettivi di sviluppo del Millennio stabiliti in sede ONU, 1 Il movimento Education for All (EFA), nato per iniziativa ONU e UNESCO per ottenere entro il 2015 l’istruzione di base per tutti i bambini del pianeta, è associato ad agenzie delle Nazioni Unite e organizzazioni non governative internazionali (ONG). Si rapporta al Capability Approach, anche se a volte in chiave critica (Cfr. Minello, 2012). © Pensa MultiMedia KEYWORDS Inclusive education, Education for all, Teacher training, Integrated TIE program, Professional Learning Program. Educazione inclusiva, Education For All, Formazione degli insegnanti, Programma integrato TIE, Programma Professional Learning. Formazione & Insegnamento Supplemento XI – 1 – 2013 ISSN 1973-4778 print – 2279-7505 on line L’educazione inclusiva, pur concentrandosi inizialmente sugli studenti con disabilità, comprende ora una definizione molto più ampia, che si riferisce a tutti i bambini che potrebbero essere stati storicamente emarginati dalla scuola in varie e significative forme. Come possono gli insegnanti essere meglio preparati a lavorare in scuole e classi integrate, caratterizzate da una popolazione scolastica sempre più diversificata, raggiungere i bisogni e le esigenze sempre più individualizzate di bambini e giovani? Lo studio indaga i processi attraverso i quali la formazione pre-service e in-service degli insegnanti può mirare più efficacemente al raggiungimento di tali obiettivi. 25 volti a sradicare la povertà: l’istruzione primaria può essere una buona base dell’Educazione per Tutti, che tuttavia va anche aldilà, richiedendo, per esempio, in un’ottica di formazione inclusiva universale2 degli adulti, l’accesso a uno standard minimo di alfabetizzazione per tutti coloro che non hanno avuto la possibilità di frequentare una scuola di base. L’equità della scolarizzazione per tutti i bambini che non vanno a scuola è altrettanto importante, nella convinzione che i sistemi di istruzione equi migliorino la coesione sociale e creino società inclusive. Una buona istruzione di base resta la politica internazionale fondamentale in base alla quale si ritiene che la disparità tra capacitazioni e funzionamenti3, in particolare tra ciò che le persone hanno e ciò sono in grado di fare, possa essere ridotta, al servizio del miglioramento della coesione sociale e della parità di opportunità. L’educazione inclusiva, pur concentrandosi inizialmente sugli studenti con disabilità, comprende ora una definizione molto più ampia, che si riferisce a tutti i bambini che potrebbero essere stati storicamente emarginati dalla scuola in varie e significative forme: perché provengono da background multiculturali e diversificati, o sono in vari modi a rischio di non raggiungere il loro potenziale (Forlin, 2006). Rita Minello 1. Formazione degli insegnanti pre-service e in-service: cambiamento dei focus L’educazione inclusiva è concepita sia come un diritto umano che come un mezzo importante per raggiungere gli altri diritti umani di sviluppo: è una grande pedana di opportunità, ampiamente accettata come idea. E, tuttavia, è stata prestata scarsa attenzione alla formazione iniziale degli insegnanti e al loro ulteriore sviluppo professionale, in relazione alle implicazioni dell’inclusività, benché proprio gli insegnanti siano gli attori principali di questo processo di riduzione delle disuguaglianze. Rimangono in gran parte inesplorati i metodi inclusivi adottati dagli insegnanti e ancor di più i metodi per la preparazione degli insegnanti a privilegiare un’educazione di tipo inclusivo. Anzi, «il problema è che i distinti programmi di formazione degli insegnanti sono stati identificati come una barriera per l’inclusione» (Forlin 2010, p. XX). Come potrebbero, gli insegnanti essere meglio preparati a lavorare in scuole e classi integrate, caratterizzate da una popolazione scolastica sempre più diversificata, raggiungere i bisogni e le esigenze sempre più individualizzate di bambini e giovani? 2 3 26 La 48° Conferenza internazionale sull’educazione, Overcoming inequality: why governance matters (UNESCO, 2008), ha invitato la comunità internazionale a «adottare un approccio scolastico nella progettazione, attuazione, monitoraggio e valutazione delle politiche educative, come un modo per accelerare ulteriormente il raggiungimento degli obiettivi EFA e per contribuire alla costruzione di una società più inclusiva» (UNESCO, 2008, p. 3). La distinzione tra capacitazioni e funzionamenti di Martha Nussbaum (neo)aristotelica, è ricalcata sulla distinzione che Aristotele proponeva tra potenza e atto, nei synola viventi: le capacitazioni sono potenze (o potenzialità) specifiche che il soggetto possiede per funzionare, e i funzionamenti sono le capacitazioni esplicitate in azioni; quando un soggetto esercita un funzionamento, ha la capacità di farlo, e sceglie di farlo (Nussbaum, 2003). La formazione pre-service e in-service di tali insegnanti non può prescindere dall’affrontare tre tipologie principali di problematiche: La sfida sociale e politica dell’integrazione scolastica per l’apprendimento professionale degli insegnanti consiste nel sviluppare programmi di formazione degli insegnanti che rispettino le differenze umane e vi rispondano in modi che includono, piuttosto che escludere, gli studenti da ciò che è normalmente disponibile in scuole tradizionali e aule: metodi e strumenti. È necessario garantire che gli insegnanti siano adeguatamente preparati per lavorare in aule dove sono presenti forme complesse di differenza, lette secondo l’accezione di différence di Derrida (1971), che si coniuga col tema della giustizia e della legge, al fine di ricomporre le attuali discrepanze tra le promesse democratiche di ospitalità assoluta e il loro assolvimento. Sarebbe opportuno un cambiamento di paradigma nel focus della formazione pre-service e in-service che tenesse in considerazione i quattro grandi contesti di inclusione dell’insegnamento: piano di studi, policy, diversità culturale e formazione. E che incoraggiasse gli insegnanti a lavorare in modo più collaborativo, poiché questa è diventata una delle caratteristiche più importanti per il XXI secolo. Un’altra forma di collaborazione consiste nel coinvolgere nel processo decisionale e nelle sfide per le conquiste formativo-culturali gli studenti disabili, con esigenze speciali, o culturalmente e linguisticamente diversificati. Benché il concetto di formazione attraverso le pratiche si sia ampiamente radicato nella teoria, sussistono ritardi generali nel fornire agli insegnanti buoni esempi di pratiche inclusive e approcci da abbracciare. La prima barriera sembra essere la convinzione che l’inclusione debba essere conosciuta dall’insegnante in formazione in un corso separato, invece di essere incorporata nel normale programma di studi. Questo continua il mito che la formazione per l’inclusione è diversa dalla formazione regolare e che può essere insegnata solo da specialisti. Si tratta di un approccio non più praticabile, quando le aule diventano sempre più eterogenee e agli insegnanti vengono richieste competenze di diversa natura per avvicinare quanti più studenti possibile all’educazione4. 4 Preparare gli insegnanti per l’inclusione • Quali sono le sfide sociali e politiche – in materia di formazione degli insegnanti – che forniscono una prospettiva storica sulla formazione degli insegnanti per l’inclusione; quali le questioni culturali, il rapporto tra i finanziamenti e le pratiche educative e le misure di collaborazione necessarie per sostenere un approccio scolastico mirato all’inclusione. • Quali modelli e approcci innovativi sono necessari per la preparazione preservice degli insegnanti all’orientamento inclusivo, a un cambiamento del modo di pensare. • Come sia possibile coinvolgere in un reale sviluppo professionale gli insegnanti in-service, aiutandoli a rivedere i loro metodi, in favore di una serie di approcci innovativi, coinvolgendoli nella stesura di piani di lavoro e itinerari didattici che soddisfino le esigenze di tutti gli studenti delle loro classi. Si ricorda che uno dei temi essenziali contenuti nel “Patto Europeo per la scuola” emerso nella Strategia di Lisbona, è riassunto nella formula felice – e ormai consolidata – del Non uno di meno: quanto ai giovani, l’azione educativa deve coinvolgerne “non uno di meno”, se possibile uno o una di più. L’Italia particolarmente non è in condizione di rinunziare ad alcuna delle capacità di cui sono portatori bambini e bambi- 27 Nella meta-analisi internazionale in materia di inclusione intrapresa da Avramidis & Norwich nel 2002 si osserva che, mentre il 65 per cento dei più di 10.000 insegnanti intervistati in vari paesi del mondo hanno sostenuto il concetto di inclusione, solo circa il 30 per cento ritiene di aver ricevuto una formazione o competenze o risorse sufficienti e appropriate per consentire loro di attuarla. Secondo gli esiti della ricerca la resistenza all’inclusione è notevolmente minore quando gli insegnanti hanno ottenuto una particolare formazione. Tuttavia molti insegnanti entrano nella professione con scarsa comprensione dell’inclusione e senza aver avuto la reale opportunità di interagire con le persone con disabilità o con bisogni speciali durante la formazione iniziale degli insegnanti (Booth et al., 2003). In parte ciò si verifica perché, nonostante tutti gli sforzi, la formazione iniziale degli insegnanti avviene per lo più lontana dalle aule. A riconferma della necessità di un maggior legame incrociato tra formazione universitaria degli insegnanti e scuole stesse. Rita Minello 2. La natura della formazione degli insegnanti all’inclusività La formazione degli insegnanti all’inclusività non è una formazione “speciale” per gli insegnanti nelle scuole “normali”. Esige un pensiero critico sui principi dell’identità e della differenza, circa i concetti di privilegio e di svantaggio, di inclusione e di esclusione, che, allo stato attuale, non viene promosso né dai programmi “normali” di formazione degli insegnanti, né da quelli “speciali”. Né si promuove a sufficienza l’importanza della componente collaborativa nella lotta all’esclusione. Come formiamo, negli insegnanti, un’inclinazione al co-working, per costruire comunità? Scuole estese in collegamento di reti hanno più probabilità di affrontare positivamente tanto le molteplici esigenze complesse del bambino post-moderno, quanto le esigenze di un insegnante che ha bisogno di ripensare l’architettura del mestiere. Come incoraggiamo, già nel pre-service, gli insegnanti a formare alleanze con genitori e professionisti? Come li sensibilizziamo sull’importanza di potenziare le capacità critiche dei loro studenti in modo che essi diventino attori in grado di individuare, denunciare e abbattere gli ostacoli all’istruzione per tutti gli studenti? Come li sollecitiamo a comprendere le sfide della trasferibilità dell’apprendimento tra paesi e culture? Nussbaum (1997) ha sottolineato la responsabilità che gli insegnanti hanno nel formare i futuri cittadini in una società inevitabilmente plurale. E riconosce che tali responsabilità saranno soddisfatte solo se chi gestisce lo sviluppo professionale degli insegnanti saprà adottare approcci e programmi che incoraggino l’impegno verso i problemi che devono affrontare le persone che vivono all’interno di comunità multiculturali e comunità dove regnano varie forme di differenza. Chiede maggior accentuazione di una didattica universitaria che sfidi gli stereotipi e promuova maggior comprensione della diversità, al fine di «produrre adulti che possano funzionare come cittadini non solo all’interno di qualche regione o gruppo locale, ma anche, cosa più importante, come cittadini di un ne, ragazzi e ragazze: tutti e tutte, svantaggiati e no, nativi e no, vanno portati a sviluppare al massimo le loro potenzialità: Dove andrei se potessi andare / Chi sarei se potessi essere / Cosa direi se avessi una voce. (Samuel Beckett, L’ultimo nastro di Krapp – Krapp’s Last Tape 1958). 28 mondo dagli incastri complessi» (Nussbaum, 1997, p. 6). E Sen, a sua volta, scrive: «la presenza di divisioni culturali solleva molti problemi interessanti. La possibilità di comunicazione è solo uno di loro. Vi è la questione più fondamentale dell’individualità di ogni cultura, e domande su se e come questa individualità possa essere rispettata e valorizzata, anche se il mondo diventa sempre più piccolo e più uniforme» (Sen, 2006, p. 122). Entrambi questi autori riconoscono la necessità di riformare le istituzioni, a partire dall’educazione, al fine di costruire una società che è sia equa e giusta. Si potrebbe sostenere che ci sono due grandi assi del dibattito sulla formazione degli insegnanti per l’inclusione. Da un lato, vi sono coloro che suggeriscono che nella maggior parte dei programmi c’è insufficiente conoscenza dei contenuti relativi ai diversi tipi di difficoltà. Si sostiene che l’integrazione è difficile da realizzare perché i nuovi insegnanti non conoscono abbastanza problematiche come dislessia, autismo, AD/HD o non padroneggiano a sufficienza strategie di insegnamento pensate per questi tipi di difficoltà: tali approcci pedagogici speciali possono essere gestiti da insegnanti appositamente formati (Kauffman et al., 2005). Di conseguenza, molti insegnanti tradizionali si convincono di non avere le competenze per fare questo lavoro, perché ci sono altri cosiddetti “esperti” formati per far fronte agli studenti speciali. Quando il supporto dell’insegnante di sostegno è concettualizzato in questo modo, si tratta di un ostacolo allo sviluppo dell’inclusione, perché assolve il resto del sistema d’istruzione dall’assumersi la responsabilità dell’apprendimento di tutti i bambini. Dall’altro lato, ci sono quelli che sostengono che l’inclusione non può essere concepita a partire dall’estensione dell’educazione speciale, vedono anzi questa posizione come parte del problema. Essi richiedono un approccio radicale per l’insegnamento e l’apprendimento che non dipenda dall’identificazione di particolari forme di disabilità o difficoltà (Allan, 2006). Questo approccio richiede un nuovo pensiero sulla formazione all’inclusione degli insegnanti (Florian, Rouse, 2009): lo sviluppo di pratiche inclusive efficaci non si limita solo a estendere le competenze e le conoscenze degli insegnanti, ma riconsidera le ipotesi, gli atteggiamenti e le credenze sulle differenze umane, propone iniziative di ricerca-azione o pratiche riflessive costruite intorno a progetti d’aula inclusivi, in modo da: • • • • • Trasformare la conoscenza in azione. Andare oltre la pratica riflessiva. Utilizzare elementi per migliorare la pratica. Imparare a lavorare con i colleghi, così come con i bambini. Diventare un professionista attivo. Preparare gli insegnanti per l’inclusione 3. I tre tirocini Shulman (2004), parlando della formazione pre-service, fa riferimento a “tre tirocini”. Il primo riguarda l’apprendistato della testa, col quale intende l’attivazione della conoscenza meta-cognitiva e delle basi teoriche della professione; il secondo concerne l’apprendistato della mano, che include le competenze tecniche e pratiche necessarie per svolgere i compiti essenziali del ruolo; e, infine, l’apprendistato del cuore, riguardante il tirocinio alle dimensioni etiche e morali, gli atteggiamenti e le credenze più cruciali per la particolare professione dell’insegnante, e i metodi di lavoro. Il programma integrato Triad of Inclusive Expe- 29 riences (TIE), coglie proprio questo spirito triadico, che trasferisce nel percorso esperienziale. Rita Minello 4. Sostenere gli insegnanti in formazione pre-service: il programma integrato TIE: Triad of Inclusive Experiences Chambers, Forlin (2010) descrivono la sperimentazione di una teoria attitudinale sulla formazione inclusiva svolta per più di otto anni con gli insegnanti australiani pre-service e culminata nella delineazione di pratiche che possono essere disseminate per esaminare le credenze e gli atteggiamenti verso l’educazione inclusiva e realizzare una serie di esperienze concrete. Durante tutto il programma TIE le persone con disabilità sono coinvolte insieme agli insegnanti in formazione pre-service in una serie di attività reciprocamente vantaggiose. Il programma integrato ha avuto un impatto estremamente positivo e sta raggiungendo risultati importanti a beneficio delle comunità. Il valore del programma TIE non consiste tanto nella novità delle esperienze, che già sono note e applicate in varie circostanze, quanto (a) nell’applicazione triadica congiunta e progressiva; (b) nell’applicazione a un normale programma di formazione pre-service di insegnanti e non a gruppi da sensibilizzare a vario titolo, o alla formazione di insegnanti specializzati nel sostegno. La teoria triadica è schematizzata dagli sperimentatori come segue (Fig. 1): Fig. 1 – La natura interattiva della Triade dell’Esperienza Inclusiva (Chambers, Forlin, 2010, p. 76) Il primo aspetto della triade coinvolge gli insegnanti pre-service in un tirocinio-volontariato di circa 12 ore in comunità, dove possono interagire e lavorare con persone con disabilità. I tirocini possono prendere forme diverse: ricreative, social, etc. Non necessariamente i tirocinanti assumono il ruolo di badante o insegnante, ma piuttosto il ruolo di compagno in un rapporto, più paritario (Richards, Clough, 2004). L’attenzione sociale permette agli insegnanti di visualizzare le persone con disabilità come persone con i propri interessi e obiettivi. Inoltre promuove la comprensione delle difficoltà incontrate e dei mezzi di cui dispongono su base giornaliera per superarle. Questo potrà essere tradotto in potenziale pratica di classe. I contatti con le organizzazioni indipendenti sono gestiti dal centro di formazione degli insegnanti attraverso partnership e possono includere: equitazione per disabili; attività ricreative come gioco del bowling, vi- 30 site ai negozi, e andare al cinema; sostegno per le persone con disabilità che desiderano diventare volontari nella comunità e KidsCamps per bambini con disabilità. Le attività di tirocinio si concludono con feedback riflessivi e relazioni scritte, secondo i processi seguenti (Fig. 2): Il secondo aspetto della triade – definito “programma di incursione” – prevede che alcuni studenti disabili più anziani (di età compresa tra 15 a 18 anni) provenienti da Centri di Formazione locali di sostegno o direttamente dalle scuole superiori, vengano a vivere una giornata nella vita universitaria di uno studente pre-service. Ogni incursione di solito interessa 16-25 studenti di un centro e un gruppo proporzionalmente maggiore di tirocinanti. Gli studenti visitano il campus universitario e trascorrono una giornata insieme. Per la maggior parte di questi giovani adulti con disabilità si tratta della prima visita a un campus universitario e si apre un nuovo mondo. Possono migliorare le abilità sociali e ricevono un riconoscimento formale per la loro partecipazione al programma. Anche per i tirocinanti è un’ottima possibilità di far cadere barriere emotive potenziali. Il processo di un programma di incursione è stato codificato come da schema seguente (Tab. 1). Fase 1 Avvicinarsi ai gruppi di sostegno, con l’invito a partecipare al Programma di Incursione. Fase 2 Organizzare le tempistiche affinché un gruppo di sostegno visiti il campus. Possibilità di spendere alcune ore o una giornata intera in loco. Fase 3 Chiedere ai futuri insegnanti di preparare attività appropriate di carattere sociale e ricreativo – ad esempio: cucina, artigianato, giochi da tavolo, sport... Fase 4 Gli studenti visitano il campus e interagiscono con i futuri insegnanti. Questa attività include un pasto comune e la visita guidata del campus. Anche gli insegnanti della scuola si rivolgono ai futuri docenti e danno suggerimenti su come gestire gli studenti. Fase 5 Discussione facilitata con i futuri insegnanti. Temi affrontati: cosa pensano dell’inclusione e cosa hanno appreso durante l’esperienza. Tab. 1 – Il processo del Programma di Incursione (Chambers, Forlin, 2010, p. 78) Il terzo aspetto della triade riguarda un’attività di ricerca autentica, allo scopo di generare un approccio più empatico ed inclusivo verso le persone con disabilità. Tirocinanti in gruppi di 5-6 indagano su un problema della comunità locale, identificandosi con le persone con disabilità (es. accesso ai trasporti pubblici, biblioteche, piscine, centri commerciali), supportati da associazioni del territorio (associazione dislessia, non udenti, menomazioni della vista, etc.) I tirocinanti scelgono la loro disabilità: un giorno su una sedia a rotelle, o ciechi o sordi, e come tali accedono alle strutture della comunità. L’approccio camera-nascosta permette loro di riflettere in modo approfondito sulle risposte della comunità alle persone con disabilità e di rivedere i propri valori, convinzioni e atteggiamenti. Si conclude con una presentazione al gruppo e condivisione (Fig. 3). Preparare gli insegnanti per l’inclusione Fig. 2 – Il programma che prevede un processo di Coinvolgimento della Comunità (Chambers, Forlin, 2010, p. 77) 31 Fig. 3 – Processo: la Ricerca Autentica (Chambers, Forlin, 2010, p. 79) Il programma TIE è sostenuto dalla convinzione che la formazione gioca un ruolo fondamentale nel cambiare positivamente gli atteggiamenti sociali, e che gli insegnanti sono in prima linea in questo processo. Rita Minello 5. Sostenere gli insegnanti in-service: il programma Professional Learning (PL) per supportare insegnanti nell’aiutare studenti con comportamenti difficili 32 Adoperarsi per l’inclusione significa anche capire come sostenere gli insegnanti nell’aiutare gli studenti con comportamenti difficili nelle aule scolastiche e nelle altre situazioni, abituarli alle varie possibilità di gestione dell’aula o del laboratorio, orientarli a utilizzare un modello di consulenza che preveda la presenza negli istituti di insegnanti specializzati nel counseling formativo. Gli studenti i cui comportamenti infastidiscono o disturbano l’apprendimento in classe e l’insegnamento sono una delle maggiori preoccupazioni sia degli insegnanti all’inizio della loro carriera, sia di quelli con esperienza. I tirocinanti pre-service esprimono spesso la preoccupazione di non saper far fronte al comportamento provocatorio di alcuni studenti, fattore che vivono come un insuccesso (Cfr. Darling-Hammond, Bransford, 2007). I dati indicano che una delle ragioni principali che spingono gli insegnanti principianti ad abbandonare è il comportamento degli studenti (Cfr. l’indagine più estesa sull’argomento a livello mondiale, svolta dall’Australian Education Union, 2008). Questo rapporto ha mostrato che la gestione del comportamento degli studenti in classe era la maggiore preoccupazione per i nuovi insegnanti secondari e la seconda, nell’ordine, per gli insegnanti elementari. Per far fronte a queste preoccupazioni, i sistemi di istruzione hanno cercato di aiutare gli insegnanti di classe attraverso la proposta di una serie di strategie, documenti e modelli di gestione dell’aula. Negli Stati Uniti è nato un movimento per un approccio coerente alla gestione del comportamento degli studenti attraverso modelli positivi (PBI), finanziato a livello nazionale (Cfr. <www.pbis.org>, sito web nazionale del progetto). Altri approcci nazionali privilegiano una combinazione di risorse multimediali, consigli, e materiali didattici. Un esempio è l’approccio behavior4learning nel Regno Unito (vedi <www.behavoiur4learning.ac.uk> e anche la dimensione video attraverso YouTube, utilizzata per fornire risorse aggiuntive). Si tratta di progetti mirati, molto più specifici del sito italiano dedicato alle buone pratiche (Gold). Crone et al. (2007) hanno attuato un importante progetto di formazione all’uso della valutazione del comportamento funzionale (FBA) in dieci scuole, ma hanno trovato resistenze proprio nelle scuole caratterizzate da un processo difficile. Conway (2009), studia con particolare attenzione l’ecologia della situazione comportamentale in classi australiane dai contesti tradizionali di apprendimento e l’insegnamento. La classe è concepita come la costante interazione di quattro fattori chiave: studenti, insegnante, risorse curricolari e di insegnamento, e set- Il programma Professional Learning (PL), sperimentato da Conway nel 20082010 (2010, pp. 172-179) in tutti i distretti scolastici australiani, si avvale di un modello a due focus: a) offrire agli insegnanti risorse per una comune comprensione degli studenti con problemi di comportamento in ambiente tradizionale, usufruendo dei normali canali formativi di un sistema educativo; b) offrire un sostegno comportamentale proattivo che punti a diminuire e circoscrivere gli abbandoni. Al programma di formazione hanno avuto accesso insegnanti e dirigenti esperti, equilibrati, capaci di trasferire ricadute positive ai colleghi e di operare negli istituti in qualità di specialisti. In particolare, il corso di formazione si è avvalso di studio di caso di problemi comportamentali specifici, rispetto ai quali i partecipanti sono stati invitati a considerate tutti e quattro i fattori chiave del comportamento problematico sopra indicati. Le analisi effettuate dopo tre anni di sperimentazione a tutti i livelli scolastici indicano che, mentre gli insegnanti e i presidi delle scuole elementari hanno partecipato con entusiasmo a tutto il percorso, nessun preside della secondaria ha frequentato i corsi. Si riscontra inoltre molta di più di resistenza al programma tra gli insegnanti di scuola secondaria. Ciò rappresenta una sfida importante per elaborare un approccio sistemico (Tab. 2) mirato a sostenere il comportamento positivo degli studenti adolescenti e a coinvolgere gli insegnanti che operano in riferimento alla fascia adolescenziale, senza dubbio messi a dura prova dalla gestione d’aula, ma non sempre pronti a riconoscerlo. Sessione Giornata 1 Conclusione giornata 1 Giornata 2 Conclusione giornata 2 Focus • Introduzione: quando il comportamento diventa un problema comportamentale • Fattori che, nella classe, alimentano e perpetuano il problema comportamentale dello studente (studente, insegnante, curriculum e risorse, configurazione ambientale) • Problemi comportamentali presenti in tutta la scuola e modello di sostegno positivo del comportamento (PBIS) • Collegare cattiva salute mentale e problemi comportamentali nella scuola • Legge sugli standard di disabilità per la scuola (Disability Standards for Education Act, Parliament of Australia, 2005) e i suoi effetti su studenti con bisogni speciali, inclusi coloro che soffrono di disordini emozionali • Valutazione dei problemi di comportamento e processo di Valutazione del Comportamento Funzionale (FBA) • La comunità scolastica e la gestione dei bisogni comportamentali degli studenti • Valutazione e gestione del rischio; politiche e procedure legali • Sviluppare piani individuali di comportamento positivo per gli studenti, inclusivi delle norme in atto • Sostenere il comportamento degli studenti nella classe – case studies sul comportamento distruttivo degli studenti • Aiutare gli studenti con comportamenti dovuti a sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) • Aiutare gli studenti con comportamenti introversi, disturbi ossessivo-compulsivi (OCD) e depressione • Comportamenti violenti, esplosivi e aggressivi nelle scuole • Aiutare gli studenti con comportamenti violenti, distrubi ossessivo-compulsivi [case studies] • Atteggiamenti di prevaricazione (bullismo) nelle scuole [case studies] • Gestione degli studenti con bisogni speciali non derivanti dal comportamento • Bisogno di sostegno comportamentale da parte di studenti con disturbi dello spettro autistico (ASD) e sindrome di Asperger (AS) [case studies] • Benessere degli studenti – rischi e strategie • Strategie per il benessere complessivo della scuola • Benessere del personale (staff) – alimentare il benessere dell’insegnante Preparare gli insegnanti per l’inclusione ting fisico. La ricerca conclude che la causa dei disturbi del comportamento risiede nelle influenze di tutti e quattro i fattori e non semplicemente nello studente. L’identificazione di un problema di comportamento scorretto in aula richiede pertanto attenzione a tutti e quattro i fattori e non solo al comportamento disciplinare dell’allievo problematico. Tab. 2 – Approcci di classe e scolastici a sostegno del cambiamento comportamentale 33 Il modello a doppio focus è una strategia proattiva che consente al personale di dotarsi di un programma PL sostenuto e progettato per supportare le attività nelle scuole, basato su competenze integrate e mirato a sostenere il cambiamento del comportamento degli studenti in classe e a scuola a diversi livelli del sistema. Avere un impegno per un corso di formazione che dura una serie di anni, permette anche alle scuole di rimanere in contatto con le pratiche e le idee formative più attuali. Garantisce inoltre che le politiche e le pratiche vengano rinforzate attraverso specifiche attività. Rita Minello 6. Ridefinire i principali elementi di insegnamento culturalmente sensibile per insegnanti pre-service e in-service Una terza prospettiva di approccio alle tematiche dell’inclusione riguarda la necessità di ridefinire, a tutti i livelli della formazione degli insegnanti, i principali elementi di insegnamento culturalmente sensibile, sostenerli con pratiche già consolidate come particolarmente efficaci per lavorare con studenti di lingue e culture diverse, magari con sfondi individuali di disabilità. I cambiamenti nel mondo causati dalla globalizzazione e dall’immigrazione hanno contribuito, insieme ad altri fattori, a produrre classi di studenti dalle conoscenze e competenze di base assai diversificate, in particolare sul piano culturale e linguistico. Molto più diversificato e strategicamente importante si rivela anche il rapporto insegnante-famiglia, per operare in un rapporto di fiducia reciproco. Considerato che la sola presenza fisica non porta automaticamente alla partecipazione efficace e non migliora il rendimento, aprire le porte della classe non basta per preparare gli insegnanti a soddisfare le esigenze di una popolazione eterogenea. La qualità dell’istruzione dipende dalla competenza degli insegnanti, ma anche dai loro atteggiamenti e credenze, i quali devono essere esaminati per facilitare l’accettazione e la crescita: La cultura della comprensione è importante per rimuovere le barriere non intenzionali del successo di uno studente. Il lavoro di Elizabeth A. West (2010) si concentra sulla formazione in-service per facilitare gli insegnanti che lavorano con studenti di origine straniera che sono stati identificati come aventi qualche forma di disabilità. Più che in tutti gli altri casi, gli insegnanti di studenti stranieri con disabilità dovrebbero concentrarsi sulla comprensione del significato della diversità culturale e linguistica; dell’approccio diversificato al concetto di disabilità rispetto alle culture e alle pratiche incentrate sulle famiglie. A volte si troveranno di fronte a comprensione di pratiche diverse, ma culturalmente competenti, altre volte dovranno essere disposti a confrontarsi con vecchie pratiche, modellate su culture ancestrali e/o pregiudiziali. Il potere del capitale culturale effettivamente posseduto dalle famiglie e la discrepanza tra questo e l’effettiva percezione delle scuole di tale capitale impedisce agli insegnanti di esercitare modi e programmi culturalmente inclusivi. La preparazione del personale scolastico dovrebbe concentrarsi sul processo, sul principio dell’essere in ricerca, piuttosto che sui contenuti culturali. Conoscere le caratteristiche dei discenti e il contesto è il primo processo per lo sviluppo di programmi culturalmente sensibili, per uscire da pratiche generiche decontestualizzate, e lavoro in relazione ai contesti socio-culturali in cui sono implementate. 34 La risposta degli insegnanti all’inclusione è spesso associata alla sollecitazione di formazione e alla richiesta di risorse per co-costruire opportunità di apprendimento culturalmente sensibili. Senza tali componenti, anche l’insegnante più impegnato può costituire un ostacolo al progresso dello studente. Solo attraverso un pensiero culturalmente sensibile gli insegnanti possono riflettere sui modi per connettersi a quella comunità culturale più ampia, necessaria per allinearsi con il contesto pluri-differenziato della classe. Gli insegnanti possono aumentare il successo scolastico e sociale di studenti provenienti da diversi gruppi se acquisiscono informazioni maggiori e sviluppano conoscenze e competenze sugli ambienti familiari e sulle comunità di apprendimento in cui i ragazzi sono immersi. La formazione pre-service e in-service di un simile insegnante lo rende un catalizzatore del cambiamento sociale, di cui influenzerà la qualità. Conclusioni L’integrazione richiede insegnanti che soddisfino le esigenze di una vasta gamma di studenti all’interno di diverse aule. Ci si aspetta che gli insegnanti siano preparati per soddisfare tutti i bambini nelle loro classi, indipendentemente dalla capacità dei discenti, dalla provenienza, dalle forme di svantaggio, dalle differenze culturali, linguistiche e sociali. Si presuppone che terranno atteggiamenti e valori inclusivi e saranno pronti ad adottare pratiche inclusive. Ma anche qualora siano realmente in possesso di quella complessità di competenze che la gestione delle varie situazioni richiede, un buon insegnamento va inevitabilmente oltre la serie di competenze e norme delineate da ricercatori e da sistemi formativi. L’approccio inclusivo richiede, in più, che una scuola tutta scelga di operare in modo proattivo per la diversità e scelga di concepire la differenza come una ricchezza. La trasposizione di un nuovo paradigma su un sistema educativo-formativo dalla lunga tradizione educativa e riluttante a cambiare la struttura di base, poco incline all’uso di pedagogie alternative, porta alla dissonanza epistemologica. Come ricorda McIntyre «il concetto di pedagogia inclusiva è dannoso per lo status quo di molte scuole e sarà senza dubbio un’idea scomoda per molti operatori della scuola» (McIntyre, 2009, p. 607). Preparare gli insegnanti per l’inclusione Invece di alienare gli studenti dalla loro casa, dalle culture e lingue della comunità, gli insegnanti dovrebbero basarsi su culture e lingue di studenti provenienti da diversi gruppi, al fine di migliorare il loro apprendimento. La diversità offre ricche opportunità per creare ambienti di apprendimento che arricchiscano il rendimento scolastico degli studenti emarginati e, contemporaneamente, migliorino l’educazione di tutti gli altri. In particolare, educare in ambienti inclusivi gli studenti con disabilità che sono anche di origine straniera richiede la collaborazione da parte dei vari soggetti interessati, approcci collaborativi, disponibilità alla formazione, preparazione a operare in contesti di consulenza, coaching, comunità di pratica, studio lezione, mentoring, supervisione riflessiva e assistenza tecnica. Attivare la formazione degli insegnanti per meglio raggiungere gli obiettivi di inclusione e di successo scolastico allargato richiede maggiori collegamenti di rete tra scuole, università e istituzioni varie, al fine di garantire che le iniziative inclusive apprese durante la formazione pre-service possano realizzarsi con successo durante l’insegnamento. 35 Senza una ricostruzione educativa radicale che riconosca l’inclusione, mentre accoglie le esigenze dei diversi studenti anche accettando e valorizzando esiti diversi rispetto alle consuete aspettative, la preparazione degli insegnanti per l’inclusione non è sufficiente. È tuttavia essenziale continuare a ribadire che la formazione degli insegnanti pre-service fornisce solo un programma di formazione di base per consentire ai nuovi insegnanti di iniziare la loro carriera: determinare quali conoscenze e competenze possono essere realisticamente attese dai nuovi insegnanti, quale ampiezza deve avere il curricolo degli studi, quali priorità, è compito difficile, che rimanda ad attente scelte di policy educativo-formativa. La sfida essenziale, per i formatori di insegnanti e per i futuri insegnanti, resta quella di apprendere e, contemporaneamente, di pensare, farsi sostenere da una ricca fonte di idee per massimizzare le opportunità di formazione inclusiva, selezionare saggiamente. Rita Minello Riferimenti 36 Allan, J. (2006). The repetition of exclusion. International Journal of Inclusive Education, 10 (2–3), 121–133. Australian Education Union (2008). New Educators Survey. Online. 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