CENTRO UNIVERSITARIO EUROPEO
PER I BENI CULTURALI
Ravello
SCIENZE E MATERIALI DEL PATRIMONIO CULTURALE
L’ARTE DELL’INCISIONE A CAMMEO
SU CORALLO, CONCHIGLIE E PIETRE DURE
a cura di
Claude Albore Livadie
ESTRATTI
Bari 2023
Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali
Villa Rufolo - I 84010 Ravello- Tel. 0039089 858195
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Redazione: Monica Valiante
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Consulente editoriale: Giuliano Volpe
Copertina: Paolo Azzella
ISBN 979-12-5995-086-4
SOMMARIO
A. Andria
Presentazione
7
T. Mazza
Una candidatura forte per Unesco: l’incisione a cammeo
di Torre del Greco Patrimonio dell’Umanità
9
L. Zagato
La protezione/salvaguardia del traditional knowledge, alla luce della
Convenzione UNESCO del 2003 e della Convenzione di Faro
del Consiglio d’Europa
13
J.-P. Morel
Il corallo nell’antico Egitto e nel mondo greco, fenicio-punico,
romano e asiatico
37
M. Tagliente
"Coralli segreti. Immagini e miti dal mare tra Oriente e Occidente".
Una mostra dedicata ai coralli
53
M. A. Fusco
Far museo attorno all’artigianato del corallo
69
B. Piscopo e D. Piscopo
I Piscopo. Una famiglia di “corallari”
73
S. Rossi
Coralli preziosi
85
C. Albore Livadie
La raccolta “caleidoscopica” del Museo del Corallo di Ravello.
Un richiamo alle vie del corallo
105
5
La raccolta “caleidoscopica” del Museo del
Corallo di Ravello.
Un richiamo alle vie del corallo
Claude ALBORE LIVADIE
Direttrice di Ricerca Emerita CNRS, Centre Camille Jullian, Aix en Provence, Comitato Scientifico
CUEBC
1. - La sede del Museo del Corallo.
Il negozio della famiglia Filocamo a Ravello, ubicato
sotto la cattedrale, tra i tanti posti di maggior richiamo
turistico, rappresenta un fiore all’occhiello della cittadina
(Fig. 1). La bellezza dell’esposizione invita i viaggiatori
italiani e stranieri a soffermarsi davanti alle vetrinette.
Alcuni entrano per curiosare e, sedotti dalla bellezza dei
cammei e delle parure di corallo, acquistano gioielli che
indosseranno per sempre, conservando il ricordo della
vacanza in Costiera.
I più fortunati hanno potuto vedere ancora pochi anni
fa il Maestro Giorgio Filocamo intento al lavoro, seduto al
suo banchetto a sinistra dell’ingresso del negozio, sempre
disposto a dare spiegazioni, a precisare l’origine, l’epoca,
il tipo di lavorazione di qualche oggetto che gli veniva
sottoposto per un esame. Con viva commozione lo vedo
ancora impegnato a tagliare, cesellare e rifinire cammei o
oggetti preziosi di corallo. Ricordo l’impegno profuso a
105
2.
2. - Uno dei presepi di Giorgio
Filocamo.
106
costruire durante quasi due anni uno splendido presepio! (Fig. 2).
Pochi turisti, tra i più attenti, avvistando un cancello di ferro in
fondo al negozio, vi si avvicinano e – avendo saputo della presenza
di un Museo - chiedono di entrarci.
Come nella caverna di Alì Babà vi si scoprono meraviglie di un
tempo antico quando il corallo non era soltanto un elemento di collana
o di pendenti, ma aveva sia un valore ideologico – ossia era segno
di un ruolo, di uno status o di particolari privilegi – sia un valore
magico-religioso, apotropaico. Ovviamente il suo valore era anche
estetico, unito al suo carattere di preziosità dovuta alla sua rarità. Le
diverse funzioni erano spesso complessivamente comprese anche
se in alcuni periodi è possibile intuire la prevalenza di una di esse
sulle altre. Negli anni, con pazienza, il Maestro Giorgio Filocamo
ha arricchito il suo Museo con reperti da tutto il mondo e di tutti
i tempi che si sono aggiunti agli ornamenti e agli oggetti pregiati
tramandati dalla sua famiglia di corallari (Fig. 3). Giorgio Filocamo
nasce a Napoli il 3 marzo del 1945 da madre napoletana e papà di
origini siculo-calabresi. C’è forse miscela migliore per il sangue di
un corallaro? Dopo aver frequentato a Napoli l’Istituto d’Arte e i
corsi liberi dell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, Giorgio si stabilisce a Napoli
presso il laboratorio di un amico per perfezionare l’arte di incisore di cammei (conchiglie)
e coralli, seguendo la tradizione familiare. Alla fine degli anni ’70 decise di trasferirsi a
Ravello, nella Divina Costiera da sempre ammirata, e di aprire un piccolo laboratorio/
bottega sotto il Duomo della Città della musica.
“..arrivai a Ravello con le reliquie del nonno e tutto ciò che avevo: un bagaglio
enorme di esperienza. Misi su una bottega “CAMO” e lì davo sfogo alla mia fantasia
di artigiano del corallo”.
“..mio nonno aveva un rapporto direi quasi carnale con il corallo, non solo di lavoro
e dedizione. Devo a lui il fascino irresistibile per questo prezioso dono della natura”.
Per Giorgio il corallo era materia vivente, talismano supremo contro
le avversità; non a caso sono ben note, scientificamente e storicamente, le
virtù mediche e taumaturgiche dell’oro rosso.
Infatti, dai tempi più remoti le popolazioni mediterranee hanno fatto
relativamente poco uso del corallo in quanto ornamento, riservandolo ad
impieghi di tipo terapeutico (polvere mischiata ad altri ingredienti), anche
se il suo uso in Italia è però testimoniato fin dal Neolitico antico. Il suo
impiego si diffonde soprattutto nell’ambito delle culture dell’età del Ferro
e, a partire dal VII sec. a.C., in una vasta area fino all’Europa centrale e
danubiana, fino alla Francia meridionale, forse per iniziativa dei Greci.
Alcune regioni italiane hanno avuto un particolare interesse per la
valenza magica e/o simbolica del corallo. Lì si rinviene spesso associato o
forse in sostituzione delle conchiglie presenti nelle più antiche sepolture.
Come le cipree dalla valenza magico-apotropaica a protezione delle donne
e dei bambini, come lo saranno nel periodo orientalizzante gli scarabei
di pasta blu e l’ambra, il corallo rosso è presente in ambiente funerario e in altri contesti
sia del mondo subalpino padano sia del meridione d’Italia fino alla Sicilia. È presente in
Campania ad Alife, Teano, Capua, Cuma, Stabia, Pompei (Fig. 4), Pontecagnano, Velia,
ecc.. Lo ritroviamo anche in numerose tombe ad inumazione della Basilicata sia come
semplici rametti levigati, talvolta forati o lasciati allo stato grezzo, sia applicati su oggetti
in materiali pregiati. Vale la pena ricordare le varie fibule con arco configurato a forma di
delfino di Herakleia o di Taranto della fine del IV sec. a. C., ma anche la collana di corallo
ed ambra di Ruvo. Bottino di guerra o scambio tra élites, alcuni reperti, come l’elmo di tipo
celtico di Canosa con frammenti di corallo incastonati o i foderi delle spade del periodo
La Tène, riflettono l’interesse per la preziosità di questo bene esotico e raro, considerato
una delle principali “pietre” preziose della gioielleria celtica. In questi ambienti lontani
dal mare mediterraneo i popoli riservavano il corallo a contesti eccezionali. Cito, ma è
nota ai più, la kliné in bronzo del tumulo funerario del principe celtico di EberdingenHochdorf, nel circondario di Ludwigsburg (Germania), datata intorno alla metà del VI sec.
a. C., i cui piedi, in forma di figura umana maschile, sono decorati di coralli incastonati,
3.
4.
3. - Giorgio Filocamo
4. - Due rametti di corallo
(Corallium rubrum) allo stato
grezzo (Inv. 18449). Pompei, loc.
sconosciuta (dal catalogo del Museo
di Boscoreale).
107
giunti lì forse assieme al cratere magno-greco in bronzo. Presente anche se in quantità
modesta nei santuari (da Gravisca all’Heraion della foce del Sele a Paestum, a Teano-fondo
Ruozzo, ecc.), il corallo è stato spesso collegato ad Afrodite, a Hera ed al mondo infero
della Gorgona.
5.
5. - Anfora greca-italica dai fondali
della penisola sorrentina-amalfitana
(IV-III sec. a. C. circa).
Introduction. Le corail, un
kaléidoscope pour l’étude de
la Méditerranée dans le temps
long, in Autour du corail rouge
de
Méditerranée.
Hommes,
savoirs et pratiques de la fin du
Moyen Âge à nos jours, in Rives
méditerranéennes,
57,
2018,
http://journals.openedition.org/
rives/5566;
DOI:
https://doi.
org/10.4000/rives.5518.
1
108
Il Museo del Corallo nasce nel 1986 a Ravello per custodire il prezioso bagaglio di
oggetti antichi e di pregio tramandato a Giorgio Filocamo dalla sua famiglia che è stata la
radice della sua vocazione di corallaro.
Con le centinaia di reperti esposti il Museo è un “caleidoscopio” per lo studio delle rotte
del corallo nei secoli. Riprendo questo termine appropriato dal titolo di un bel articolo di
Luca Lo Basso e Olivier Raveux1 . La collezione vanta capolavori dall’epoca ellenistica
al secolo scorso, preziosi cammei del XVII secolo, importanti testimonianze pittoriche del
Seicento e reliquiari in corallo del XVIII secolo.
Alcuni reperti esposti, come l’anfora greco-italica (Fig. 5), la testa femminile – una
volta in qualche fossa votiva – (Fig. 6) o i lacrimatoi fittili e di pasta vitrea – da qualche
corredo funerario campano (Fig. 7) –, permettono di ripercorrere vari periodi del mondo
antico. Altri oggetti sono certamente da attribuire a provenienze più lontane ed a periodi più
tardi, come il pendaglio, verosimilmente di ceramica, di epoca romana (Fig. 8) o l’anfora
vinaria gallica del III sec. dopo C. ricoperta da una formazione di corallo (Fig. 9). Anche la
presenza di un “paternostro” amalfitano di olivelle di corallo rosso (X-XI sec.) ci riporta alla
comunità ebraica insediata ad Amalfi e a Maiori, una comunità molto attiva che veicolava
già l’esportazione del corallo verso la Siria ed altri porti del Mediterraneo (Fig. 10). È
pure particolarmente importante la ricca collezione di antichi cammei del XVII secolo. Tra
questi spicca quello raffigurante la “Madonna della Seggiola”. È mirabile il contrasto tra
i due strati della conchiglia e la maestria dell’incisore nel rendere i dettagli, i panneggi e
l’espressività dei volti. La manifattura è napoletana e risale al XIX secolo (Fig. 11). Che
l’utilizzo del corallo fosse riservato ad ambiti religiosi, ad oggetti preziosi e tecnicamente
complessi da realizzare, è evidenziato anche dai reliquiari del XVIII secolo. Il pezzo più
rappresentativo del Museo è il Cristo in corallo, rame dorato, cristallo di rocca e argento
realizzato da maestranze trapanesi nella seconda metà del XVII secolo (Fig. 12). La croce,
6. - Testa femminile fittile (IV sec.
a. C.).
7. - Lacrimatoio fusiforme di terracotta
(II sec. a. C.) e alabastron di pasta
vitrea (VI sec. a. C.) tra manufatti di
epoche diverse.
8. - A destra: antica maschera (II
a.C. - I sec. d. C).
9. - Anfora vinaria gallica (III sec.
d. C.).
6.
8.
7.
9.
109
10.
10. - “Papernostro“ di fabbrica
ebrea-amalfitana (X-XI sec.).
110
su cui è posta la figura del Cristo
in corallo trapanese, è realizzata
con lastre di cristallo di manifattura
veneziana. All’intersezione
dei
due bracci della croce si trova una
preziosa reliquia con sigillo vaticano,
si tratta di una scheggia lignea della
Vera Croce.
Il Museo è anche arricchito da
importanti testimonianze pittoriche
che illustrano l’uso delle donne
meridionali di ornarsi con collane di
corallo di provenienza assai varia:
una volta marsigliese, campana,
siciliana, sarda, magrebina (Fig. 13).
Questa nota è un’occasione per sottolineare la situazione odierna del corallo nel Mar
Mediterraneo. Per quanto concerne l’attuale disponibilità di corallo, il Maestro Giorgio
spiegava che in Costiera Amalfitana, precisamente a Conca dei Marini, ci sono dei piccoli
banchi corallini in riproduzione. Ricordiamo che, già nel Medioevo, Amalfi possedeva
un ruolo preponderante nella manifattura e nella vendita del corallo nel Mediterraneo,
favorendo il commercio con la Siria e altri porti attivi del bacino.
La maggior parte della materia prima, utilizzata nella realizzazione di preziosi gioielli,
dal colore rosso intenso, proviene ancora dal Mare nostrum. Il corallo di colore bianco/
rosato proviene invece dal Giappone.
L’ “Oro rosso” continua ad alimentare un commercio importante e un artigianato di
lusso. Solo per ricordare alcuni dei gioielli del Maestro, vorrei citare lo spillo realizzato
e offerto in dono all’ex first lady Hillary Clinton nel 1994, il prezioso rosario in corallo
per Papa Giovanni Paolo II (Fig. 14). Numerosi sono gli uomini politici e le attrici, da
Susan Sarandon a Kate Hudson, che hanno visitato il Museo. Tutti rapiti dalla bellezza
e dalle virtù misteriose e benefiche del corallo che il Maestro Giorgio ricordava così:
“il rametto di corallo per funzionare deve avere le tre R, rotto, rosso e regalato!
Buona fortuna”.
Tuttavia le misure adottate per preservarne la pesca rimangono assai insufficienti.
Va ricordato che la conferenza tenutasi a Doha dalla Cites (Convention on
International Trade in Endangered Species)2 nel marzo 2020 ha negato la propria
protezione a questo prodotto, ignorando il doppio pericolo che incombe su di esso:
l’innalzamento delle temperature e l’acidificazione delle acque del mare che stanno
portando alla mortalità dei banchi coralliferi. Anche se la pesca del corallo è ormai
controllata e sottoposta a regolamenti stretti (in particolare la pesca subacquea
con bombola di ossigeno), gli atti illeciti sono ricorrenti, principalmente nei mari
del Maghreb, dove spesso viene ancora usata la cosiddetta Croce di Sant’Andrea,
strumento a strascico inventato intorno al ix-x secolo, verosimilmente dagli Arabi,
fondamentale distruttore per i banchi coralliferi3.
Proprio in Tunisia dov’era intensamente praticata la pesca del corallo è nato un
duraturo rapporto con l’altra sponda del Mediterraneo, cioè tra Tabarka, “Mecca” tunisina
del corallo, e il sobborgo genovese di Pegli. Pochi sanno che il gruppo relativamente esiguo
di pescatori partiti da Pegli per pescare il corallo nelle acque tunisine ha vissuto dal 1544
al 1741 nell’isola di Tabarka – da cui i “Tabarchini” traggono la loro origine – per poi,
due secoli e varie peripezie dopo, fondare Carloforte e Calasetta, nel Sud-Ovest della
Sardegna, e Nueva Tabarca, nell’isola vicino ad Alicante (Fig. 15). Jean-Paul Morel, a suo
tempo, mi aveva segnalato l’impegno di una collega belgo-tunisina, Monique Longerstay,
per fare iscrivere nel Patrimonio culturale immateriale dell’umanità “L’héritage culturel
immatériel de l’aventure historique des ‘Tabarchini’”. Grande conoscitrice dei legami
commerciali con Pegli, che, sin dal Cinquecento, fu con la famiglia dei Lomellini la testa
di una rotta del corallo verso Tabarka, Monique Longerstay ha organizzato nel luglio 2019,
con l’appoggio delle autorità tunisine e italiane (anche a livello ministeriale), una grande
regata Pegli-Tabarka e ritorno per ricordare questa “rotta del corallo” e farla iscrivere nella
lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Il dossier di candidatura è stato
presentato all’UNESCO dalla Tunisia con l’appoggio dell’Italia e della Spagna. Sono
cinque le comunità territoriali coinvolte (Genova Pegli, Tabarka, Carloforte, Calasetta e
11.
11. - Cameo inciso su sardonica
che riprende il celebre dipinto di
Raffaello Sanzio “Madonna della
Seggiola”
2
https://cites.org/sites/default/files/
eng/disc/CITES-Convention-EN.pdf.
3
Plinio fa espresso riferimento alla
denominazione tecnica dell’attrezzo
utilizzato: una sorta di tosatrice, che
si dichiara espressamente essere un
attrezzo di ferro, cfr. PLINIO, Nat.
Hist. XXXII, 22:…itaque occupari
evellique retibus aut acri ferramento
praecidi, qua de causa curalium
vocitatur interpretantur. (“…perciò
viene avvolto ed estirpato con reti
o reciso con uno strumento di ferro
tagliente; per questo motivo, secondo
la spiegazione corrente, è stato
chiamato corallo”).
111
Nueva Tabarca) ubicate in tre differenti stati (Italia,
Tunisia, Spagna). “La comunità tabarchina testimonia
del legame tra il Mediterraneo latino e il Mediterraneo
arabo – tra un mare che unisce e non divide –, ed è
un bel esempio di coesistenza positiva e fruttuosa
che ha saputo attraversare il tempo...”4. Un’ulteriore
traversata a vela è stata realizzata proprio nel mese
di luglio 2023 sul tema “L’oltremare genovese, terre
e comunità identitarie” (Fig. 16). “Organizzata dalla
Compagnia Genovese d’Oltremare, la manifestazione
ha suggellato la vicenda unica del popolo tabarchino,
come esempio di amicizia, sostenibilità e saldi
legami fra comunità mediterranee accomunate da
quasi cinque secoli di storia". Gli equipaggi, dopo
Tabarka, sono poi ripartiti alla volta di Calasetta
e Carloforte, dove la traversata si è conclusa il 12
luglio. L’organizzatore, Enrico Ottonello Lomellini
di Tabarca, ultimo discendente dell’omonima nobile
famiglia genovese che ebbe in concessione la rocca
di Tabarka intorno alla prima metà del ‘500, ha
consegnato un ulivo alle comunità tabarchine della
Rotta del Corallo, donato da Pegli come “albero della
fratellanza”, ricevendo in cambio ulteriori alberi che
verranno trapiantati a Pegli nel neonato “giardino
della fratellanza”, inaugurato ai primi di luglio con
un restyling di piazzetta Tabarca5.
12.
112
Questa ennesima iniziativa sottolinea la necessità
di sostenere con il massimo impegno l’iter di
candidatura nella lista UNESCO del Patrimonio
Culturale Immateriale, alla quale sta lavorando dal
2008 Monique Longerstay in
seno all’associazione francotunisina Le Pays Vert – La Tunisie
du N.O. Un percorso certo non
semplice, ma frutto di una grande
visione che rinforza di certo la
proposta fatta dal CUEBC ed
altri alla Commissione Unesco
del Patrimonio Mondiale per
includere “L’arte dell’incisione
a cammeo su corallo, conchiglie
e pietre dure” nella lista
del
Patrimonio
Culturale
Immateriale.
12. - Croce con Cristo e particolari
in corallo (seconda metà del XVII
secolo).
13. - “Donna con parure di corallo
Mediterraneo”, artista ignoto XIX
secolo.
14. - Rosario in corallo, opera di
Giorgio Filocamo per Papa Giovanni
Paolo II.
13.
14.
Attualmente l’attività del Museo e dell’antistante
gioielleria è guidata dalla figlia del Maestro
Giorgio, Tiffany, dottoressa in Conservazione dei
Beni Culturali. Forte del bagaglio paterno è recente
la sua pubblicazione di un testo di ricerca scientifica,
“Le vie del corallo nel Mediterraneo medioevale”,
studio che ripercorre le origini della lavorazione e
del commercio dell’oro rosso in Costiera amalfitana.
Il Museo è aperto gratuitamente dal lunedì al
venerdì, dalle 10.00 alle 12.00, esclusi i giorni festivi.
Si ringrazia vivamente Tiffany Filocamo per
le preziose informazioni che ci ha fornito e per
le fotografie dell’esposizione dei materiali del
Museo.
Dal dossier di candidatura Unesco.
4
https://www.nautica.it/giri-dibussola/la-seconda-edizionedella-rotta-del-corallo;
Simone
Repetto, “Tabarka, un’epopea tutta
mediterranea che unisce ancora
oggi, persino oggi”, in Osservatorio
mediterraneo di geopolitica e
antropologia (O.me.G.A.), luglio
2019.
5
113
15.
15. - Iscrizione commemorativa di
Genova-Pegli.
16. - Regata 2023. Arrivo a Carloforte.
114
16.