AIDAinformazioni
RIVISTA SEMESTRALE DI SCIENZE DELL’INFORMAZIONE
NUMERO 3-4
ANNO 41
LUGLIO-DICEMBRE 2023
editore
cacucci
bari
AIDAinformazioni
Rivista semestrale di Scienze dell’Informazione
Fondata nel 1983 da Paolo Bisogno
Proprietario della rivista:
Università della Calabria
Direttore Scientifico:
Roberto Guarasci, Università della Calabria
Direttore Responsabile:
Fabrizia Flavia Sernia
Comitato scientifico:
Anna Rovella, Università della Calabria;
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Giovanni Adamo, Consiglio Nazionale delle Ricerche †;
Claudio Gnoli, Università degli Studi di Pavia;
Ferruccio Diozzi, Centro Italiano Ricerche Aerospaziali;
Gino Roncaglia, Università della Tuscia;
Laurence Favier, Université Charles-de-Gaulle Lille 3;
Madjid Ihadjadene, Université Vincennes-Saint-Dénis Paris 8;
Maria Mirabelli, Università della Calabria;
Agustín Vivas Moreno, Universidad de Extremadura;
Douglas Tudhope, University of South Wales;
Christian Galinski, International Information Centre for Terminology;
Béatrice Daille, Université de Nantes;
Alexander Murzaku, College of Saint Elizabeth, USA;
Federico Valacchi, Università di Macerata.
Comitato di redazione:
Antonietta Folino, Università della Calabria;
Erika Pasceri, Università della Calabria;
Maria Taverniti, Consiglio Nazionale delle Ricerche;
Maria Teresa Chiaravalloti, Consiglio Nazionale delle Ricerche;
Assunta Caruso, Università della Calabria;
Claudia Lanza, Università della Calabria.
Segreteria di Redazione:
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Telefono 080/5214220
AIDAinformazioni
Rivista semestrale di Scienze dell’Informazione
«AIDAinformazioni» è una rivista scientifica che pubblica articoli inerenti le Scienze dell’Informazione, la Documentazione, la Gestione Documentale e l’Organizzazione della Conoscenza. È stata fondata nel 1983 quale rivista ufficiale dell’Associazione Italiana di Documentazione Avanzata e nel febbraio 2014 è stata acquisita dal Laboratorio di Documentazione
dell’Università della Calabria. La rivista si propone di promuovere studi interdisciplinari oltre
che la cooperazione e il dialogo tra profili professionali aventi competenze diverse, ma interdipendenti. I contributi possono riguardare topics quali Documentazione, Scienze dell’informazione e della comunicazione, Scienze del testo e del documento, Organizzazione e Gestione
della conoscenza, Terminologia, Statistica testuale e Linguistica computazionale e possono
illustrare studi sperimentali in domini specialistici, casi di studio, aspetti e risultati metodologici conseguiti in attività di ricerca applicata, presentazioni dello stato dell’arte, ecc.
«AIDAinformazioni» è riconosciuta dall’ANVUR come rivista di Classe A per l’Area 11 – Settore 11/A4 e censita per le Aree 10 – Scienze dell’antichità, filologico–letterarie e storico–artistiche; 11 – Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; 12 – Scienze giuridiche;
14 – Scienze politiche e sociali, così come dall’ARES (Agence d’évaluation de la recherche
et de l’enseignement supérieur) che la annovera tra le riviste scientifiche dell’ambito delle
Scienze dell’Informazione e della Comunicazione. La rivista è, inoltre, indicizzata in: ACNP
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dal comitato scientifico sono inviati in forma anonima a due referee, selezionati sulla base
della loro comprovata esperienza nei topics specifici del contributo in valutazione.
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Anno 41
N. 3-4 – luglio-dicembre 2023
editore
cacucci
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Sommario
Contributi
Alessandro Alfier, Per una rigenerazione teorica dell’archivistica in
Italia, a partire dal concetto di documento
Camille Arsel, Marc Tanti, Étude des informations relayées par les
médias de presse et sociaux concernant les agents biologiques et chimiques militarisables, dans le conflit russo-ukrainien
Mario Ciampi, Erika Pasceri, Grazia Serratore, Lo standard FHIR
e il Fascicolo Sanitario 2.0. Sviluppo di una Implementation Guide per
il Taccuino personale dell’assistito
Eleonora De Longis, Il Corpus Inscriptionum Latinarum dall’analogico al digitale
Isabella Florio, Giorgia Migliorelli, Sara Santorsa, Per una Carta dei servizi nel contesto bibliotecario italiano: il caso del CNR
Eleonora Luzi, La digitalizzazione come strumento per acquisire informazioni: l’UPP e la certificazione di processo
Francesca Parisi, Dall’esperienza alla memoria. La formazione e la
conservazione del carteggio dell’Arma dei Carabinieri riferito al primo
conflitto mondiale
9
27
45
59
75
95
119
Anna Rovella, Assunta Caruso, Martin Critelli, Francesca M.C.
Messiniti, Knowledge extraction, research projects and archives management
145
Marcin Trzmielewski, Les activités informationnelles des professionnels de santé : état de l’art dans une perspective interdisciplinaire et
internationale
157
Note e rubriche
Claudio Grimaldi, Le evoluzioni delle applicazioni di IA nel campo
linguistico: quale futuro per il lavoro terminologico?
181
Roberto Guarasci, La valutazione delle fonti documentali. Note in
margine al testo di Stefano Moscadelli Dal ricordo al racconto
185
Contributi
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ISSN 1121–0095
ISBN 979-12-5965-329-1
DOI 10.57574/596532914
pag. 59-74 (luglio-dicembre 2023)
Il Corpus Inscriptionum Latinarum
dall’analogico al digitale
Eleonora De Longis*
Abstract: The essay summarizes the history of the Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL)
from the first moments under the coordination of Theodor Mommsen until today. It focuses
in particular on the digitization of volumes published up to 1940 and not covered by copyright, which can be consulted freely in the database of the Deutsches Archäologisches Institut
(“Arachne”, n.d.) The transition of CIL into the digital environment is focused in the context
of current policies and methodologies developed in the field of digital humanities which have
generated the most recent and important databases relating to archaeological and epigraphic
sources. In particular, EAGLE (Europeana Network of Ancient Greek and Latin Epigraphy),
a free access portal to ancient epigraphy, is mentioned. It is a best-practice network co-funded
by the European Commission, under its Information and Communication Technologies Policy Support Programme.
Keywords: Corpus Inscriptionum Latinarum, Theodor Mommsen, Digital Humanities, EAGLE, Europeana.
1. Il Corpus Inscriptionum Latinarum da Mommsen alla Germania
riunificata
«Questo appunto è il bello ne’ nostri studi epigrafici ed archeologici, che il
mutuo ajuto si richiede assai più che in tutte le altre regioni dell’uman sapere
e che facilmente dalla collaborazione si viene all’amicizia» (Mommsen 2017,
387).1
Così scriveva Theodor Mommsen in una lettera datata 11 giugno 1852 all’epigrafista Celestino Cavedoni, lo stesso erudito che anni addietro, nel 1848,
aveva accennato sul bollettino dell’Instituto di Corrispondenza ArcheologiIstituto Italiano di Studi Germanici. delongis@studigermanici.it.
Il primo paragrafo del presente contributo rielabora, in parte, punti differenti di due capitoli
della mia tesi di dottorato inedita, Cedit antiqua feritas communi humanitati. Le istituzioni
culturali italiane prima e dopo l’Unità: esperienze e testimonianze di Theodor Mommsen, discussa
in data 27 febbraio 2018 per il Dottorato di ricerca in Scienze documentarie, linguistiche e
letterarie - XXX ciclo.
*
60
Eleonora De Longis
ca alla «grand’opera che ora si appresta del Corpus Inscriptionum Latinarum»
(Cavedoni 1848). Come collaboratore abituale del periodico Cavedoni era a
conoscenza del fatto che pochi anni prima l’Akademie der Wissenschaften di
Berlino aveva affidato a T. Mommsen il grande progetto di raccolta e pubblicazione delle epigrafi latine.
Subito dopo aver conseguito il dottorato in studi giuridici presso l’università di Kiel, il giovane Mommsen aveva intrapreso il suo viaggio di studio in
Italia: di nazionalità danese, in quanto nato a Garding, una cittadina dello
Schleswig-Holstein allora appartenente alla Danimarca, Mommsen era titolare di un Reisestipendium biennale assegnatogli dal governo su raccomandazione della stessa università per completare la sua raccolta di fonti giuridiche
romane.
Il mio scopo ufficiale è la nuova edizione dei monumenta legalia di Haubold
con testo riveduto e ampio commento; lei vede che i confini del mio piano
sono abbastanza ristretti e quindi praticabili e che mi rimane tempo a sufficienza... Genova, Firenze, Roma e Napoli sono i punti in cui senz’altro mi
condurrà il mio piano di viaggio; oltre al mio preciso scopo, penso di fare qualche interessante bottino epigrafico. In questo, conto particolarmente sul suo
amichevole aiuto; lei non pianterà in asso il suo allievo nell’epigrafia. La mia
intenzione è di rivolgermi anzitutto all’Accademia di Berlino, che certamente
appoggerà il mio progetto, se lei lo raccomanda (Verrecchia, 1980, XIV-XV).
Così Mommsen si confidava col suo maestro e mentore Otto Jahn appena
ricevuta la notizia che la sua domanda di sovvenzione per il soggiorno in Italia
era stata accolta: parole che esprimono senza ombra di dubbio le intenzioni e
i progetti – sia immediati sia a più lungo raggio – del giovane giurista, niente
affatto desideroso di dedicarsi alle professioni legali, bensì propenso a intraprendere la ricerca storica ed epigrafica e la carriera universitaria. Tuttavia,
benché al momento di iniziare quello che sarà il primo di una lunga serie di
viaggi nella penisola Mommsen nutrisse già verso l’Italia e l’antichità romana
interessi molto forti, questi ancora non si erano precisamente delineati.
Mommsen arriva in Italia alla fine del novembre 1844: dopo una breve
permanenza in Liguria e Toscana, giunge negli ultimi giorni dell’anno a Roma,
dove, ospite dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica, farà base per tutto
il periodo di studio che si concluderà alla fine del maggio 1847, con frequenti
e lunghi trasferimenti in altre regioni, prevalentemente a Napoli e nell’area
meridionale. Fino ad allora gli interessi di Mommsen si erano orientati per lo
più allo studio delle istituzioni romane e avevano portato alla pubblicazione di
due opere, De collegiis et sodaliciis Romanorum (1843) e Die römischen Tribus
in administrativer Beziehung (1844), che lo avevano fatto conoscere presso gli
specialisti italiani – soprattutto la prima, scritta in latino, la lingua della «repubblica delle lettere» (Bots e Waquet 2005; Waquet 2004). Si è visto quali
fossero i reali obiettivi del neodottore giurista: tuttavia, benché la raccolta di
Il Corpus Inscriptionum Latinarum dall’analogico al digitale
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iscrizioni latine rientrasse nelle sue prospettive di studio, nel maggio del 1845,
mentre era in Italia, gli giunse inaspettata da Otto Jahn la proposta di divenire
coordinatore di un corpus epigrafico inizialmente promosso dal filologo danese Olaus Christian Kellermann. Il progetto languiva dopo la morte di Kellermann, avvenuta a Roma agli inizi di settembre del 1837 per colera, ed era
fallito anche l’analogo e pressoché contemporaneo progetto francese (Projets et
rapports 1844). Allo stesso tempo viene prospettato a Mommsen di assumere
la cattedra di materie giuridiche a Lipsia. Entrambe le proposte – alle quali
non poteva che rispondere positivamente – lo colgono di sorpresa e imprimono alla sua vita un indirizzo diverso dal previsto. Secondo la testimonianza
del suo allievo Christian Schüler, Mommsen nel giorno del suo sessantesimo
compleanno avrebbe detto a proposito di quel suo viaggio: «Der Jurist ging
nach Italien – der Historiker kam zurück» (Wickert 1964, 198).
Che il progetto mirasse a risultati assai ambiziosi, tali da rendere necessari il
coinvolgimento e la mobilitazione di una vasta rete di studiosi e di istituzioni,
fu evidente fin da subito e a mano a mano che vedevano la luce i primi volumi.
Il piano dell’opera fu reso pubblico da Mommsen in un contributo del 1847
edito negli atti dell’accademia berlinese, Über Plan und Ausführung eines Corpus Inscriptionum Latinarum (Mommsen 1847; Buonocore 2019), nel quale
viene sottolineata la necessità di una nuova raccolta di iscrizioni latine a causa
dell’insufficienza delle precedenti collezioni seicentesche e settecentesche, largamente lacunose nonché obsolete nelle metodologie di raccolta e di indagine.
Mommsen insiste su questo punto poiché il progetto, prima di essere fatto
proprio dall’Akademie der Wissenschaften, aveva dovuto confrontarsi con la
fiera opposizione di alcuni componenti dell’accademia stessa, in particolare
di August Boeckh, che Wickert definisce come il più potente e ostinato degli
avversari di Mommsen. Il Corpus fu infine fondato nel 1853 e Mommsen ne
restò a capo nei cinquant’anni seguenti, fino alla morte avvenuta nel 1903. Il
primo volume – Inscriptiones Latinae Antiquissimae Ad C. Caesaris Mortem –
venne pubblicato nel 1863.
Già dalla sua fondazione il CIL si è imposto come opera di reference per
eccellenza nello studio delle antiche iscrizioni latine – e più in generale del
mondo antico – essendo un repertorio organico e critico delle fonti epigrafiche
relative ai territori dell’impero romano, comprendente anche una selezione
di iscrizioni cristiane. Mommsen infatti non mirava “solo” all’obiettivo della
completezza, ma volle che la nuova collezione si distinguesse dalle precedenti
per l’approccio scientifico e si basasse sull’esame diretto della fonte originaria: «die neue Sammlung sich durch kritische Behandlung von den älteren
unterscheiden soll, alle Kritik aber ohne Zurückgehen auf die letzten Quellen Stückwerk ist» (Mommsen 1847, 8); dunque un’edizione critica basata
sull’ispezione autoptica e sulla consultazione diretta della fonte, sia essa un’iscrizione, un monumento o un documento che testimoni un testo epigrafico.
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Eleonora De Longis
Per riportare quanto esaminato venivano, e vengono usati tuttora, disegni,
stampe, fotografie e ogni altro mezzo di riproduzione come impressioni in
lattice o in carta (calchi o ectypa) utile a rappresentare il contesto archeologico
ed epigrafico nel quale è collocato.
Inoltre, ha scritto Marco Buonocore:
Quando Mommsen gettò le basi per la costruzione del CIL si rese subito conto, per conseguire un risultato che superasse l’attendibilità scientifica delle precedenti raccolte epigrafiche a stampa, che non avrebbe potuto fare a meno di
considerare anche tutta l’enorme tradizione manoscritta: ben sapeva, infatti,
che, per quelle numerose iscrizioni non più controllabili ai suoi tempi, l’unico
fons disponibile era, appunto, ciò che era stato tramandato da un codice; ma
non era sufficiente registrare la presenza del titulus in questo o in quel manoscritto: bisognava, come una vera e propria edizione filologica, considerare la
trasmissione testuale di ogni documento epigrafico, indicarne le varianti, cercare di spiegarne le cause che le avevano originate; si doveva soprattutto valutare e giudicare l’autore, se conosciuto, o l’anonimo redattore del manoscritto,
qualificandone in positivo o in negativo il modus operandi. Si trattava, insomma, di un’imprescindibile operazione scientifica mai prima di allora tentata,
che necessitava di un paziente e meticoloso scandaglio dei fondi manoscritti e
archivistici delle più importanti biblioteche europee, a cui tutti i collaboratori
dei vari volumi del CIL erano stati invitati a prestare la massima acribia (Buonocore 2017, 7).
Tra gli studiosi che collaborarono all’opera, vale la pena menzionare Eugen
Borgmann, Hermann Dessau, Wilhelm Henzen, bibliotecario dell’Instituto di
Corrispondenza Archeologica e stretto sodale di Mommsen, Otto Hirschfeld,
Emil Huebner, Christian Huelsen, Karl Zangemeister, per limitarsi solo a coloro che appaiono come autori di più di un volume. Ma non sarebbe stato
possibile, in ogni caso, realizzare il Corpus senza la cooperazione di intellettuali
ed eruditi da tutta Europa, una rete internazionale molto estesa che ha attraversato vari momenti di crisi in corrispondenza e per effetto degli eventi che
hanno segnato la Germania e l’Europa tutta.
Già nel 1870, all’epoca della guerra franco-prussiana, lo stesso Mommsen,
che non si era astenuto dal prendere apertamente posizione a favore della Prussia, aveva notato con rammarico come il conflitto avesse guastato i rapporti
tra studiosi di differenti nazionalità: «Ex amicis hostes facti sunt, ex hostibus
inimici» (CIL 1873, VI). Allo scoppio della prima guerra mondiale, la maggior
parte delle iscrizioni latine conosciute all’epoca era stata edita, ma successivamente – inter arma et post cladem – la pubblicazione dell’opera aveva subito
una battuta d’arresto. Negli anni Venti Hermann Dessau, allievo di Mommsen e curatore di molti volumi del CIL, si adoperò con grande impegno
per ripristinare i contatti con i suoi colleghi francesi, in particolare con René
Cagnat, Stéphane Gsell, Louis Poinssot e con tutti coloro che erano stati coin-
Il Corpus Inscriptionum Latinarum dall’analogico al digitale
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volti nella raccolta delle iscrizioni africane. Nel corso della guerra Dessau aveva
fatto uscire un fascicolo del volume relativo all’Africa nonostante non avesse
potuto consultare i colleghi francesi (CIL 2016); una decisione che venne particolarmente apprezzata da Cagnat: «Je ne puis qu’approuver votre initiative:
vous avez trouvez une solution heureuse, conforme à la fois aux intérêts de la
science, à la courtoisie et à l’équité»1. Fu ancora Dessau, con l’aiuto di Otto
Hirschfeld, Eugen Bormann, Ernst Lommatzsch e Lothar Wickert, nei primi
decenni del XX secolo, a lavorare su volumi di supplemento, aggiunte e indici.
Negli anni Trenta il clima politico della Germania nazista ostacolò notevolmente il lavoro sul Corpus, anche se Johannes Stroux, presidente dell’Akademie der Wissenschaften e rettore della Humboldt-Universität, era personalmente interessato a promuovere l’impresa.
All’indomani della guerra, nella Germania divisa, coesistevano diversi progetti di ricerca epigrafica: tuttavia, grazie al prestigio di cui godeva il CIL presso
la comunità scientifica internazionale, molte illustri personalità e istituzioni,
tra cui Walter De Gruyter, contribuirono al finanziamento del repertorio. Anche Konrad Schubring e, successivamente, Hans Krummrey si adoperarono
per la prosecuzione e la continuità del lavoro editoriale anche nei momenti di
maggiore difficoltà. Il CIL fu dapprima un progetto indipendente all’interno
dell’Akademie der Wissenschaften der Deutschen Demokratischen Republik
(DDR) e poi, tra il 1955 e il 1991, venne incorporato in altri programmi
accademici. Nella Germania riunificata, dopo una prima fase transitoria di
riorganizzazione, all’inizio del 1994 il CIL è stato posto alle dipendenze della
Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften (BBAW), succeduta
alla precedente accademia, e da allora è stato finanziato dalla Bund-Länder-Kommission für Bildungsplanung und Forschungsförderung, mentre la
direzione scientifica del progetto è stata, dal 1992 al 2007, nelle mani di Géza
Alföldy. Il CIL rinnovato ha portato alla nascita di una nuova fitta rete di collaborazione internazionale che ha coinvolto studiosi di numerosi paesi (Italia,
Spagna, Portogallo, Finlandia, Austria, Croazia, Francia, Ungheria, Romania,
Serbia, Slovenia, Svezia, Svizzera, Stati Uniti). Dopo la ristrutturazione del
CIL, sono stati editi, a partire dal 1995, nuovi fascicoli e circa 5000 nuove
iscrizioni oltre che aggiornamenti delle precedenti, in una sezione Addenda et
corrigenda, che dà conto dei più recenti risultati della ricerca, raggiungendo in
tal modo, dopo molti anni, i livelli di produttività dell’epoca di Mommsen.
La raccolta ha proceduto sulla base dei principi dettati dai fondatori. Nel
caso in cui i testi epigrafici sono stati tràditi soltanto attraverso testimonianze
secondarie – edite o inedite – vengono applicati gli stessi criteri delle edizioni
critiche di testi ‘letterari’ e si prendono in esame commenti e osservazioni
dei primi studiosi relativamente al contesto di ritrovamento, alla storia della
Brief an H. Dessau vom 27.1.1920 (Archiv der BBAW, Akten der Preuß. Akad. d. Wiss.,
CIL, Akz. II-VIII, 119 n. 79). cit. in (Schmidt 2007, 14).
1
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Eleonora De Longis
trasmissione, agli aspetti paleografici, alle caratteristiche strutturali, architettoniche, figurative e decorative; nel caso di frammenti di testo – che è la forma
più comune nella quale le iscrizioni si sono tramandate – attraverso questa
metodologia viene ricostruito integralmente il testo. In ogni caso l’obiettivo
è quello di trascrivere le epigrafi attraverso lo standard stabilito nel congresso
tenutosi a Leida nel 1931 (Dohnicht 2000): le lacune del testo vengono integrate, gli errori emendati e le abbreviazioni – frequenti e spesso differenti da
regione a regione – sciolte. Allo stesso tempo viene preso in considerazione il
più generale contesto paleografico ed epigrafico ivi compresi il tipo di scrittura, le legature, i segni di interpunzione, gli apici e i caratteri speciali e, inoltre,
cancellazioni, riscritture, correzioni, addizioni, omissioni, errori. La redazione
berlinese coordina i gruppi di ricerca internazionali e allestisce la pubblicazione dei progetti che da essi provengono. Nuovi reperimenti, rielaborazioni
e correzioni relativi alle iscrizioni pubblicate in precedenza costituiscono altrettante integrazioni che confluiscono in ulteriori edizioni e supplementi del
Corpus (Schmidt 2007).
Oggi, a circa due secoli di distanza, il Corpus Inscriptionum Latinarum consta di 17 volumi in 76 tomi (alcuni suddivisi in più fascicoli) che contengono
in tutto oltre 200.000 iscrizioni, ai quali si aggiungono un Auctarium di alcuni
volumi di tavole e indici e un Auctarium Series Nova di volumi dedicati a studi
critici; i volumi di più recente pubblicazione sono i supplementi al nono volume - Inscriptiones Calabriae, Apuliae, Samnii, Sabinorum, Piceni Latinae (CIL
2018-2022), in quattro fascicoli, curati da Marco Buonocore2.
L’archivio del CIL presso la Brandeburgische Akademie conserva una collezione di circa 20.000 calchi, la maggior parte dei quali risale all’epoca di
Mommsen, una raccolta fotografica composta da circa 10.000 immagini delle
iscrizioni e le schede delle iscrizioni stesse. La ricerca su tali materiali è possibile attraverso il database Archivum Corporis Electronicum (Corpus Inscriptionum
Latinarum, n.d.) allestito nel 2007 e continuamente aggiornato.
2.
Dall’indicizzazione alla digitalizzazione
Il caso del Corpus Inscriptionum Latinarum, monumento e documento per
eccellenza delle fonti epigrafiche, induce a riflettere sulle trasformazioni che
hanno investito la ricerca archeologica in particolare per quanto riguarda i
metodi di pubblicazione e comunicazione dei risultati scaturiti dall’area delle Digital Humanities. Da questo punto di vista il CIL rappresenta non solo
I quattro fascicoli si riferiscono a 1: Samnites et Frentani (2018), 2: Marrucini, Paeligni,
Vestini. (2019), 3: Marsi, Aequi (2020), 4: Sabini (2022). Marco Buonocore è venuto a mancare nel 2022, poco dopo la pubblicazione dell’ultimo fascicolo. Colgo questa occasione per
rivolgergli il mio ricordo e la mia gratitudine: aver avuto, nel corso dei miei studi, la sua guida
e la sua amicizia è stato un grande privilegio.
2
Il Corpus Inscriptionum Latinarum dall’analogico al digitale
65
l’impresa collettiva che ho sommariamente descritto sopra, ma, nella sua lunga
vita, un paradigma di tali percorsi. L’epigrafia si trova all’intersezione di diverse discipline: la filologia e la linguistica, che hanno per oggetto lo studio del
testo, l’archeologia e la storia dell’arte relativamente allo studio del contesto
e del supporto materiale (Rossi 2020; Berti 2023). È stata per questo motivo terreno fertile per i molti tentativi sperimentali di applicazione dell’informatica alle scienze umane proprio a causa della natura stessa delle iscrizioni,
documenti storici complessi nei quali si combina l’esigenza di rappresentare
tanto le caratteristiche testuali (scrittura, lingua, contenuto, ecc.) quanto i dati
contestuali (materiale di supporto, provenienza).
Le grandi raccolte documentarie quali il Corpus Inscriptionum Latinarum,
il Corpus Inscriptionum Greacarum, il Corpus Inscriptionum Semiticarum e altri
analoghi repertori sono stati al centro di pionieristiche sperimentazioni fin
dalla metà del Novecento, con l’obiettivo primario di sistematizzare e classificare l’enorme quantità di dati disponibili così da facilitarne la consultazione.
In questa fase aurorale singole parti e volumi del CIL sono stati oggetto di
operazioni di indicizzazione condotta con mezzi informatici prevalentemente
a fini linguistici.
Their usefulness was philological and linguistic, for the possibility of listing
and comparing occurrences, restoring lacunary textual passages and compiling
lexicographic lists, but it was also historical, as the indexation of lexical and
onomastic items, as well as of other information that we now call textual metadata, could ease demographical and sociological studies of the ancient world,
through statistical analyses (Rossi 2020, 147).
In un secondo tempo si è manifestata l’esigenza di registrare le informazioni
contestuali della fonte epigrafica, prendendo ispirazione dall’archeologia computazionale. Da quel momento gli obiettivi documentari sono stati privilegiati
rispetto all’indicizzazione e all’analisi statistica; ciononostante non è stata abbandonata l’attenzione verso gli aspetti testuali che ha stimolato la diffusione
dei corpora epigrafici digitali, concepiti come pubblicazioni a carattere filologico su supporto elettronico, arricchite da indici per la ricerca nei contenuti.
La rappresentazione del testo è stata affidata, dalla metà degli anni Novanta,
alla Text Encoding Initiative (TEI). Lo schema TEI è stato però giudicato inadeguato alla descrizione dei dati materiali e del contesto dell’iscrizione e dunque alla restituzione della complessità delle informazioni storiche sulla fonte
epigrafica. In risposta è stato elaborato un sottoinsieme della TEI adattato alle
caratteristiche delle epigrafi denominato EpiDoc (Epigraphic Documents) al
quale hanno aderito soprattutto le comunità scientifiche che lavorano sull’epigrafia greco-romana. EpiDoc, sviluppato da Tom Elliott a partire dal 1999
(Elliott et al. 2006-2022), consente, tramite l’uso dell’XML, di codificare una
serie di informazioni relative a un testo non solo con la semplice trasposizione
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Eleonora De Longis
in XML dei segni di trascrizione basati sulla convenzione di Leida, ma anche
di aggiungere altre informazioni compatibili (Felle 2012).
L’elaborazione di EpiDoc fu salutata come un vero punto di svolta, che ha
segnato l’emergere dell’epigrafia digitale “nativa”:
The late 1990s will be seen as a watershed moment in the transition from
print-based to born-digital epigraphic publication. At present, the majority
of new editions are still published solely in print, but by 2017 we believe this
circumstance will change drastically. It is our aim to ensure that such publication is not just driven by considerations of economy or space, but is developed
to meet the academic requirements set out above. The history of epigraphy
makes it quite clear that such transitions are natural to the discipline. […] The
majority of the projects mentioned so far take a straightforward approach to
digitizing inscriptions: the Leiden-encoded inscription is transferred directly
to digital form (with a few adjustments). A different approach, and one upon
which we will focus in this paper is the EpiDoc initiative. EpiDoc was started
in the late 1990s by Tom Elliott, then a graduate student in Ancient History at
the University of North Carolina at Chapel Hill (U.S.A.). Elliott made public
his initial work on epigraphic encoding in XML in response to the promulgation, by Prof. Silvio Panciera and colleagues, of a manifesto recommending
the establishment of an online, free and unrestricted “database...of all surviving
Greek and Latin epigraphical texts produced down to the end of Antiquity”
(Cayless et al. 2009; Terras e Crane 2010).
In realtà è proprio il 2009, l’anno in cui scrivono Cayless e gli altri, a rappresentare uno snodo anche per le sorti del CIL. In quell’anno i bibliotecari
delle sedi romane dell’American Academy, dell’École Française e del Deutsches Archäologisches Institut (DAI) hanno deciso di unire le loro forze e di
promuovere la digitalizzazione dei volumi del Corpus Inscriptionum Latinarum
non coperti dal diritto d’autore, vale a dire quelli editi fino al 1940, con l’obiettivo di creare un database ricercabile con parole chiave. Manifestavano
inoltre l’intenzione di proseguire il lavoro estendendo la digitalizzazione ai
successivi volumi a mano a mano che essi non fossero più soggetti alle restrizioni dovute al copyright. Il progetto è ora stato portato a termine: i volumi
del CIL sono ospitati nella piattaforma Arachne/iDAI.objects, un ecosistema
che consente il trattamento sia di risorse digitali derivate da documenti analogici preesistenti sia di quelle “native”, avvalendosi della codifica di testo Unicode UTF-8. La piattaforma, sviluppata nel 1995 come soluzione FileMaker,
dal 2004 è gestita da un consorzio che comprende il DAI e il CoDArchLab
dell’Università di Colonia, che dal 2001 aveva già adottato Arachne come
ambiente di prova per la programmazione. Nello stesso anno Arachne è stata
radicalmente ristrutturata dal punto di vista tecnico, semantico ed editoriale:
i dati della soluzione FileMaker sono stati esportati e si è avviata Arachne 2
Il Corpus Inscriptionum Latinarum dall’analogico al digitale
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come soluzione MAMP3. Nel 2008-2009 l’interfaccia utente di Arachne è
stata completamente riprogettata ed è stata varata Arachne 3. L’intero inventario viene visualizzato nel iDAI.bookbrowser, che supporta lo standard di
metadati METS (Metadata Encoding and Transmission Standard) attraverso le
sue interfacce OAI (Open Archives Initiative) ed è collegato in rete con portali
online esterni. Dopo l’adozione di una fase beta nel 2016, dal 2017 è attiva la
versione Arachne 4 (“Arachne”, n.d.).
Arachne, in quanto sottosistema all’interno di iDAI.world, consiste di vari
moduli interconnessi e, ove possibile, offre i suoi dati in accesso aperto. I moduli – iDAI.field, iDAI.bibliography, iDAI.Gazetteer ecc. – sono costantemente aggiornati e implementati. Un altro punto chiave è il legame con il Web
Semantico, in particolare attraverso la creazione di URI per tutti gli oggetti
digitali; determinante è anche l’integrazione tra CIDOC CRM (Conceptual
Reference Model) e OAI. Il database è basato su MariaDB, un fork gratuito di
MySQL. Viene eseguito il backup di tutte le informazioni sugli oggetti nel
database a lungo termine su un sistema di storage Tivoli multiridondante.
Nella versione precedente Arachne 3, l’interfaccia utente si basava su PHP/
JavaScript e Apache nonché su Solr per l’indicizzazione. L’attuale versione Arachne 4 ha introdotto una separazione concettuale tra il frontend, che l’utente
vede nel browser Internet, e il backend, che gestisce la connessione al database.
Offre i suoi dati in accesso aperto poiché l’interoperabilità è una cifra distintiva di Arachne in collegamento con i diversi sistemi di geoinformazione (GIS)
utilizzati negli scavi e nelle indagini con l’obiettivo di evitare al massimo la
ridondanza nella gestione dei dati (Fless et al. 2021).
Dal 2001 Arachne contiene anche archivi di negativi fotografici, come
quelli di Barbara Malter e Gisela Fittschen-Badura, due importanti esponenti
della fotografia archeologica contemporanea, e dal 2003 sono stati digitalizzati
anche i negativi del DAI di Roma relativi alle sculture antiche, consistenti in
40.000 immagini digitali di alta qualità. Tra il 2009 e il 2012 inoltre, nell’ambito del progetto Berlin Sculpture Network, è stato creato il catalogo generale delle sculture delle collezioni statali di antichità di Berlino, comprendente
cataloghi, immagini e materiali d’archivio relativi a 2.600 sculture, che sono
liberamente accessibili dal 2013. Un ulteriore passo in avanti è stato compiuto
con l’acquisizione digitale di incisioni antiche senza diritti d’autore attraverso
il progetto Reception of Antiquity in the Semantic Network, realizzato tra il 2009
e il 2013. Oltre alle prime 2.300 incisioni rese disponibili nel visualizzatore
TEI, appositamente sviluppato con ricerca full-text OCR, ulteriori collezioni
di libri digitali e di materiali d’archivio sono state aggiunte attraverso altri
progetti di minore portata.
Si tratta di un insieme di tecnologie utili a creare un server web completo: l’acronimo sta
per Macintosh, Apache, MySQL e PHP.
3
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Eleonora De Longis
Nel maggio 2023 risultano registrati oltre 26.000 utenti e il database contiene 4.723.913 voci, di cui oltre 2,9 milioni di immagini e 600 modelli 3D,
oltre 350.000 oggetti contestualizzati, 23.226 libri per un totale di oltre 1,1
milioni di pagine.
Il modello di Arachne si fonda su due semplici presupposti di base dell’archeologia e della storia dell’arte: tutti gli oggetti del “mondo reale” devono
poter essere comparabili a un livello generale e, allo stesso tempo, fare riferimento a un contesto specifico. Gli oggetti in Arachne hanno una base di attributi comuni e non sono orientati unicamente al progetto entro il quale sono
inquadrati; le interrogazioni pertanto possono essere avviate sia su un gran
numero di oggetti aventi i medesimi attributi sia all’interno di una categoria
evidenziando solo gli oggetti che abbiano determinate caratteristiche.
3.
Una rete europea
Negli anni Novanta il confronto dell’epigrafia con gli strumenti digitali era
dunque avviato e gli epigrafisti si mostravano consapevoli delle difficoltà di
agire in un campo tanto fertile e ricco quanto complesso. Uno di loro, Ivan Di
Stefano Manzella, si interrogava sulle strade da percorrere per sfruttare a pieno
le risorse dell’ambiente digitale e ampliare l’accessibilità dei dati: tra i problemi
irrisolti segnalava che quello della connessione fra classi di dati diversi sarebbe
stato l’ambito privilegiato delle sfide future. «La storia del mondo antico è
fatta di persone, di luoghi, di tempi e di oggetti [...] taluni legati da reciproca
interdipendenza, altri ruotanti su orbite separate [...]. Stabilire la rete di queste
relazioni costituirà il terreno di indagine sul quale si confronteranno le menti
più fervide» (Rossi 2020, 154). D’altronde, le criticità delle fasi pionieristiche
dell’epigrafia digitale sono state anche di recente messe in luce:
Non tutte le applicazioni dell’informatica all’epigrafia sono state in grado di
diventare degli autentici “strumenti di lavoro”, destinati non solo a sostituire i
vecchi archivi cartacei, ma anche a facilitare il lavoro degli antichisti e a offrire
nuovi spunti di riflessione e approfondimento alla ricerca storica. Con l’inizio
del nuovo millennio, dunque, è iniziata una riflessione su questo tema, che ha
portato a rivedere le posizioni di entusiasmo indiscriminato per tutto ciò che
fosse “digitale” e a considerare più attentamente, anche nel campo dell’epigrafia, il rapporto tra la realizzazione di un progetto informatico e le reali necessità
degli utenti cui era destinato (Orlandi 2016, 5).
Tra i progetti di applicazione dell’informatica all’epigrafia, uno dei più importanti è stato l’Epigraphic Database Heidelberg (EDH), inaugurato nel 1986
e online dal 1997. L’EDH comprendente tre banche dati, la prima contenente
testi, la seconda bibliografia e la terza oltre 20.000 immagini costituisce, insieme con il Database Epigrafico Bari (EDB) e il Database Epigrafico Roma
Il Corpus Inscriptionum Latinarum dall’analogico al digitale
69
(EDR), il nucleo originario di EAGLE, l’Archivio Elettronico dell’Epigrafia
Greca e Latina. Su impulso del gruppo riunito intorno a Silvio Panciera, si
è costituita nel 2003 una federazione di banche dati epigrafiche, che aveva
iniziato a formarsi dal 1999 a seguito dell’iniziativa assunta da Panciera stesso,
nella sua qualità di presidente della “Commissione per l’Epigrafia e l’Informatica” dell’Association Internationale d’Épigraphie Grecque et Latine, nel corso
di una tavola rotonda sul tema “Epigrafia e Informatica” tenutasi a Roma.
Nell’occasione Panciera aveva lanciato una sorta di manifesto in cui veniva auspicata la creazione di un unico database online, a libero accesso, di tutti i testi
epigrafici greci e latini prodotti fino alla fine dell’antichità. Un obiettivo che,
rivelatosi impraticabile, aveva però fatto convergere gli sforzi verso la nascita
della federazione EAGLE, con sede in un primo momento presso l’Accademia
dei Lincei e poi presso l’Istituto italiano per la storia antica. Oggi la federazione riunisce, oltre alle tre banche dati citate, anche Hispania Epigraphica
ed Epigraphic Database Falsae, dedicato alla falsificazione epigrafica, ed è in
continuo incremento.
La natura complessa della testimonianza epigrafica, l’esigenza di coniugare
l’aspetto testuale e quello materiale, che avevano generato i processi già descritti sopra, sono stati anche all’origine del progetto EAGLE: questo ha realizzato
l’obiettivo di rendere accessibili liberamente e gratuitamente online, attraverso
un unico portale, testi e immagini delle iscrizioni latine e greche contenute
nei diversi archivi che si sono prefissi il compito di digitalizzare le epigrafi con
una divisione del lavoro e delle sfere di competenza. In questo modo decine
di migliaia di testi epigrafici, in molti casi accompagnati anche dalle relative
immagini, sono state messe a disposizione della comunità accademica sia attraverso i siti web delle varie banche dati sia attraverso un portale che consente le
ricerche nei campi (testo, bibliografia, luogo di rinvenimento, ecc.) che tutte
avevano in comune (Prandoni 2016).
I promotori di EAGLE hanno sostenuto con determinazione il principio di
non creare un ennesimo database, ma di prendere atto dell’esistenza di numerose iniziative e di consorziarle in un portale, armonizzandone i materiali e i
linguaggi attraverso vie d’accesso specificamente tarate sulla ricerca epigrafica
(Panciera e Orlandi 2017, 2). In sintesi, EAGLE fornisce un unico accesso alla
ricerca relativa alle iscrizioni del mondo antico e una raccolta online multilingue di milioni di oggetti digitalizzati provenienti da musei, biblioteche, archivi
e collezioni multimediali sparsi in 25 paesi dell’Unione Europea, oltre che nel
Mediterraneo orientale e meridionale.
Dal 2013 EAGLE – con la nuova denominazione Europeana Network of
Ancient Greek and Latin Epigraphy – è accessibile attraverso il portale Europeana, grazie a un cospicuo finanziamento della Commissione europea nell’ambito del programma di sostegno alle politiche ITC. Come tutti i progetti europei, anche EAGLE ha raccolto la sfida di avvicinare un ambito disciplinare
70
Eleonora De Longis
specialistico – le fonti epigrafiche – a un pubblico di non addetti ai lavori. In
uno spirito di condivisione, il progetto EAGLE non mira a rendere accessibili
le iscrizioni solo alla comunità degli studiosi per fini di documentazione e di
indagine scientifica, ma vuole renderne possibile la fruizione anche a un pubblico di studenti, insegnanti, turisti, cittadini curiosi e interessati. Tra i servizi
forniti da EAGLE sono comprese un’applicazione mobile di scansione delle
iscrizioni e una di story-telling rivolta a un ampio pubblico. L’attenzione si è
concentrata sulla capacità di sfruttare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie senza venir meno ai “fondamentali” della disciplina, che usa la documentazione epigrafica non come fine a sé stessa ma come fonte per la ricostruzione
del contesto storico e culturale (Orlandi 2023, 350). In sintesi, i promotori
del progetto hanno compiuto, fin dall’inizio, la scelta di far navigare EAGLE
in mare aperto, senza trascurare gli aspetti tecnici e il rigore storico-filologico, cioè i principi costitutivi della ricerca nel campo: e non solo hanno reso
esplicite le loro intenzioni e l’obiettivo di EAGLE, ma hanno concretamente
testimoniato il loro impegno a favore della comunicazione e di una sempre
maggiore diffusione della materia come strumento di crescita culturale. Non
è fuori luogo sottolineare come Silvio Panciera, scomparso nel 2016, prima
della docenza universitaria avesse ricoperto per dieci anni il ruolo di ispettore
archeologo presso la Soprintendenza alle antichità di Roma: era stato questo
un momento importante nella sua formazione, che lo aveva portato a occuparsi come “epigrafista militante” di quelle iscrizioni di Roma e del Lazio già
oggetto della sua collaborazione agli aggiornamenti del sesto volume del CIL,
Inscriptiones urbis Romae Latinae (Gregori 2016).
L’ingresso in Europeana rappresenta un passo ulteriore e decisivo verso la
conoscenza e la fruizione allargate della ricerca storico-archeologica e un capitolo di quella public history al centro di numerose iniziative di quanti hanno
a cuore una divulgazione di qualità e l’interazione della produzione scientifica
con «pubblici esterni alla comunità accademica», come recita il Manifesto della public history italiana4. In una prospettiva di ampio respiro, si può auspicare
che la scelta di EAGLE sia un contributo parziale ma significativo all’affermarsi di quel principio che Paola Castellucci ha espresso efficacemente come
«diritto alla “cittadinanza scientifica” per tutti e non solo per chi fa ricerca, o
studia, per professione […]. Il diritto a essere ritenuti cittadini a pieno titolo,
in grado di poter accedere ai risultati della ricerca più aggiornata e di qualità»
(Castellucci 2023, 216-217).
In proposito si rinvia alla documentazione presente sul sito dell’AIPH - Associazione italiana di public history (Tucci 2018).
4
Il Corpus Inscriptionum Latinarum dall’analogico al digitale
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AIDAinformazioni
Rivista semestrale di Scienze dell’Informazione
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Contributi
Alessandro Alfier, Per una rigenerazione teorica
dell’archivistica in Italia, a partire dal concetto di
documento
Camille Arsel, Marc Tanti, Étude des informations relayées par les médias de presse et sociaux concernant les agents biologiques et chimiques militarisables, dans le conflit russo-ukrainien
Mario Ciampi, Erika Pasceri, Grazia Serratore, Lo standard FHIR e il Fascicolo Sanitario 2.0
Eleonora De Longis, Il Corpus Inscriptionum
Latinarum dall’analogico al digitale
Isabella Florio, Giorgia Migliorelli, Sara
Santorsa, Per una Carta dei servizi nel contesto bibliotecario italiano: il caso del CNR
Eleonora Luzi, La digitalizzazione come strumento per acquisire informazioni: l’UPP e la certificazione di processo
Francesca Parisi, Dall’esperienza alla memoria
Anna Rovella, Assunta Caruso, Martin Critelli, Francesca M.C. Messiniti, Knowledge extraction, research projects and archives management
Marcin Trzmielewski, Les activités informationnelles des professionnels de santé : état de l’art dans
une perspective interdisciplinaire et internationale
Note e rubriche
Claudio Grimaldi, Le evoluzioni delle applicazioni di IA
nel campo linguistico: quale futuro per il lavoro terminologico?
Roberto Guarasci, La valutazione delle fonti documentali
In copertina
Disegno di Paul Otlet, Collections Mundaneum, centre d’Archives, Mons (Belgique).
ISBN 979-12-5965-329-1
ISSN 1121-0095