DECLINAZIONI E DIMENSIONI ABILITANTI DELLA
TECNOLOGIA IN ARCHITETTURA: UN DIBATTITO
COMPLESSO
Filippo Angelucci1, https://orcid.org/0000-0002-2042-7808
Pietromaria Davoli2, https://orcid.org/0000-0003-1268-4713
1
Dipartimento di Architettura, Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, Italia
2
Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Ferrara, Italia
DOSSIER
filippo.angelucci@unich.it
pietromaria.davoli@unife.it
Nell’avviare una riflessione
sui ruoli abilitanti che le tecnologie possono assumere nella progettazione dell’habitat
antropizzato, è utile evidenziare una questione di ordine terminologico, riguardante i verbi avere, abitare e abilitare. Essi
condividono una stessa radice etimologica. Il verbo avere
(dal latino habere), se nell’accezione corrente rimanda all’esclusiva idea di ‘possedere’, contiene in realtà elementi comuni con il verbo essere, a cui spesso è contrapposto. In
molte lingue, avere significa anche “avere un certo modo di
essere” (Virno, 2019; Agamben, 2019) e quindi, disporre di
capacità e abitudini che pongono un soggetto in specifiche
condizioni di essente. Abitare (iterativo di habeo), contiene
la stessa radice di habitus (modo di essere), di habitudo
(modo di comportarsi), ma anche di habilis (capace di compiere determinate azioni) da cui deriva il verbo abilitare.
Nell’uso comune, i tre verbi sono utilizzati per indicare distinte attività, ma sono invece molto più profondamente legati. Essi confermano una connessione fra l’essere umano e
la sua necessità di abitare, modellando il proprio spazio vitale, assumendo determinati comportamenti, ricorrendo alle
tecniche per rimediare alle proprie carenze biologiche di
adattamento (Galimberti, 1999; Severino, 2021). È intorno al
trinomio avere, abitare e abilitare che probabilmente deve
essere individuato il nucleo centrale dell’indagine sul ruolo
abilitante della tecnologia nel prendere decisioni, generare
spazi abitabili e usare in modo ragionevole le risorse nella
progettazione dell’Architettura.
La necessità di individuare alcuni segmenti tecnologici come
“abilitanti” evidenzia una questione ancora parzialmente irrisolta. Da un lato, si sottolinea che alcuni rami dello sviluppo tecnologico assumono l’esclusiva potenzialità di abilitare nuovi processi, atteggiamenti, capacità intellettive e applicative. Nello stesso
tempo, sembra che tutto quanto abbia caratterizzato, finora, l’uso
delle tecniche e le loro dinamiche di cambiamento sia archiviabile
in un passato anacronistico e irrimediabilmente insostenibile.
Il concetto di tecnologia abilitante ha di certo contribuito ad
alimentare questo discostamento. La prima definizione elaborata nella Comunità Europea per le Key-Enabling Technologies
(KETs) si è concentrata sull’individuazione di alcuni assi tecnologici portanti corrispondenti alle principali esigenze suggerite
dai Paesi membri UE (EU-COM, 2009). Si è così delineato il
primo riconosciuto elenco di KETs: advanced materials, nanotechnology, micro/nanoelectronics, industrial biotechnology,
photonics. Definite tecnologie di rilevanza sistemica e multidisciplinare, esse erano considerate strategicamente prioritarie
per l’innovazione di processi, beni e servizi perché caratterizzate da alta intensità di conoscenza, ricerca e sviluppo, rapidi
cicli d’innovazione ed elevati costi d’investimento.
Questa definizione di KETs soffriva di un’eccessiva visione tecnocratica, per settori, prodotti e oggetti e non dava conto di tanti
altri segmenti tecnologici che furono semplicemente esclusi dal
possedere capacità abilitanti. La prima generazione di KETs risentiva anche dell’elevata variabilità dei mercati finanziari e in-
ENABLING
VARIATIONS AND
DIMENSIONS OF
TECHNOLOGY IN
ARCHITECTURE: A
COMPLEX DEBATE
from which the verb “enable” derives.
In common usage, the three verbs are
used to indicate different activities, but
they are much more deeply linked with
one another. They confirm a connection between the human being and
his need to inhabit, by modelling his
own living space, assuming certain behaviours, using techniques to remedy
his own biological deficiencies of adaptation (Galimberti, 1999; Severino,
2021). It is around the trinomial “have,
inhabit, enable” that the core of our investigation should probably be identified on the enabling role of technology
to make decisions, create living spaces,
and reasonably use resources in design
of Architecture.
Avere, Abitare, Abilitare
16
22
“Have”, “inhabit”, “enable”
It is useful to highlight a terminological question concerning the verbs
“have”, “inhabit”, and “enable” towards
a starting reflection on the enabling
roles that technologies can play in the
design of anthropised habitat. They
share the same etymological root. The
verb “have” (from Latin habere), actually contains elements in common
with the verb “be”, it is often opposed
to, even if it refers to the exclusive idea
of possessing in the current meaning. In several languages, “have” also
means that “you have a certain way
of being” (Virno, 2019; Agamben,
2019) and, therefore, you have skills
and habits that put yourself in specific
conditions of being. The verb “inhabit”
(iterative of habeo), has got the same
root as both habitus (way of being),
and habitudo (way of behaving), and
habilis (able to do certain actions),
Tecnologie abilitanti:
una definizione ancora
incompleta
Enabling technologies: as yet an incomplete definition
The need to identify some “enabling”
technological segments highlights a
ISSN online: 2239-0243 | © 2023 Firenze University Press | http://www.fupress.com/techne
DOI: 10.36253/techne-14627
still partially unsolved question. It
is underlined that some branches of
technological development have the
exclusive potentiality of enabling new
processes, attitudes, intellectual and
application capabilities. At the same
time, it seems that what has characterised the use of techniques and their
dynamics of change up to now can be
archived in an anachronistic and irreparably unsustainable past time.
The concept of enabling technology
has certainly contributed to fuelling
this gap. The first definition elaborated
in the European Community for KeyEnabling Technologies (KETs) focused
on the identification of some supporting technological axes, corresponding
to the main needs suggested by the EU
member countries (EU-COM, 2009).
So, the first recognised list of KETs
was outlined: advanced materials, nanotechnology, micro/nanoelectronics,
TECHNE 25 2023
dustriali che inducono continue rimodulazioni dei settori della
produzione. Non per caso, a soli dieci anni dal primo documento EU, le KETs appaiono già sensibilmente riorientate e, in parte,
aggregate in nuove categorie di classificazione. In questa seconda stagione, si osserva un tendenziale posizionamento traversale
e portante di alcuni settori (AI, micro/nano-elettronica, fotonica, sicurezza e connettività) rispetto ad altri più specialistici, ma
portati (STOA, 2021). Nella stessa direzione, il Piano Nazionale
Impresa 4.0, che sviluppa i contenuti del Piano Nazionale Industria 4.0 del 2016, amplia la definizione comunitaria di KETs
prediligendo comunque gli aspetti della digitalizzazione.
Non sorprende che il dibattito e la sperimentazione sulle tecnologie abilitanti abbia interferito debolmente nel campo dell’Architettura e forse anche in termini di ricadute nell’ambito del
progetto. Laddove si sono delineate prospettive di innovazione
connotate da tempi particolarmente veloci, si contrappongono
quegli aspetti dell’Architettura caratterizzati, storicamente, da
cronologie prolungate di cambiamento e forme di ibridazione
tecnica (Nardi, 2000). Rispetto alle attitudini comportamentali
di persone e società, alle forme dell’abitare individuali e collettive, alla domanda di architetture che possono abilitare nuove
condizioni di benessere senza negare completamente il passato,
il trinomio avere (essere), abitare, abilitare dovrà essere indagato
considerando anche altre dimensioni.
Per andare oltre le limitative
definizioni tecniche e normative di tecnologia abilitante, finora riassunte, appare evidente
come nel campo dell’architettura sia oggi necessario superare
Quali altre dimensioni
abilitanti per la
tecnologia?
industrial biotechnology, and photonics.
They were defined as multidisciplinary
technologies of systemic relevance;
they were considered as strategic priorities for the innovation of processes,
goods, and services because they were
characterised by high knowledge intensity, research and development,
rapid innovation cycles and high investment costs.
This definition of KETs suffered from
an excessive technocratic vision for
sectors, products, and objects, and
it did not consider many other technological segments that were simply
excluded from possessing enabling capabilities. The first generation of KETs
was also affected by the high variability
of the financial and industrial markets,
which lead to continuous remodulations of the production sectors. Not by
chance, just ten years after the first EU
document, the KETs already appear
17
significantly reoriented and, partly
aggregated into new classification categories. In this second period, there is
a transversal and supporting positioning trend of some sectors (AI, micro/
nano-electronics, photonics, security,
and connectivity) compared to other
more specialised but supported sectors
(STOA, 2021). The Piano Nazionale
Impresa 4.0, developing the contents
of the Piano Nazionale Industria 4.0 in
2016, expands the Community definition of KETs in the same direction, and
prefers the aspects of digitalisation,
anyway.
It is not surprising that the debate
and experimentation about enabling
technologies has interfered weakly in
the architectural sector and, perhaps,
also in terms of repercussions within
the design. Innovation perspectives,
characterised by particularly rapid
times, have emerged contrasting those
F. Angelucci, P. Davoli
l’idea di “tecnologia di servizio”. La tecnologia, infatti, può assumere un ruolo abilitante se sarà in grado di pervadere, ‘a
monte e attraverso’ e non necessariamente ‘a valle’, l’intero processo progettuale e costruttivo, indirizzandone le traiettorie
innovative non solo in senso tecnico o estetico.
In questa direzione, può essere utile ripartire dal concetto di
“metatecnologia”, nell’accezione di sistema di risorse conoscitive e tecniche che si pongono come media, in senso regolativo,
“tra” entità dell’ambiente naturale e umano, fra umanità e tecnologia e, si potrebbe aggiungere oggi, anche fra tecnologia e
tecnologia (Floridi, 2017). Si tratta quindi di riavvicinare logos
e techne, ricomponendo diverse conoscenze e saperi applicativi
che possono abilitare progettisti e abitanti a una visione processuale, sistemica e integrata dell’agire tecnico. Una tecnologia
che quindi abilita perché sviluppa capacità di anticipazione per
“prevenire, limitare, rimediare, compensare” e ottimizzare.
È però importante soffermarsi sulla tecnologia che non solo anticipa o risolve problemi, ma che contribuisce anche alla ricerca
continua di stati multipli di adattività co-evolutiva fra bios e
techne. Entra così in gioco una pratica tecnologica non distinta
dalle capacità evolutive comportamentali, culturali e abitative
che sono fondamentali nei processi di preadattamento della
specie umana a fronte delle sfide ambientali e sociali. La tecnologia assume valenza abilitante per definire scenari, strategie
e scelte che supportino le necessità evolutive dell’homo complexus per prendersi cura di sé, dell’ambiente, degli altri, per
apprendere e collegare logiche diverse, per affrontare le incertezze (Ceruti and Bellusci, 2020).
La necessità di una tecnologia che abilita su più livelli emerge anche dai contributi selezionati per Techne 25. Si riscontra
aspects of Architecture historically
featuring prolonged chronologies of
change and forms of technical hybridisation (Nardi, 2000). The trinomial “have (be), inhabit, enable” shall
be investigated also considering other
dimensions, compared to people and
society’s behavioural attitudes, individual and collective ways of living,
and demands for architectures that can
enable new comfort conditions without completely denying the past times.
What are the other enabling dimensions for technology?
It is evident that now it is necessary
to overcome the idea of “service technology” in the architectural sector to
reach beyond the limiting technical
and regulatory definitions of enabling
technology summarised so far. In fact,
technology may play an enabling role
if it is able to pervade the whole design
and construction process, ‘upstream
and throughout’, and not necessarily
‘downstream’, orienting its innovative
trajectories, not only in a technical or
an aesthetic sense.
In such a direction, it may be useful
restarting from the concept of “metatechnology”, as a system of cognitive
and technical resources acting as media, in a regulatory sense, “among”
entities of both natural and human
environment, between humanity and
technology and, we could add today,
between technology and technology,
too (Floridi, 2017). It is, therefore, a
question of getting logos and techne
closer, recomposing different applied
knowledge that can enable designers and inhabitants to a procedural,
systemic, and integrated vision of
technical action. So, it is an enabling
technology because it develops anticipatory skills in order to prevent, limit,
TECHNE 25 2023
un’ancora marcata tendenza nel considerare soprattutto le tecnologie digitali. Si possono però rilevare almeno altre tre dimensioni d’indagine.
In primo luogo, si rileva l’urgenza di interrompere l’accumulazione ipertrofica di oggetti e prestazioni che si stratificano
asetticamente sullo spazio abitativo. All’“avere”, nel senso possessivo enunciato da Fromm (Fromm, 1976), è necessario contrapporre una visione che torni a riflettere sulle implicazioni
che le tecniche comportano nell’“abitabilizzare” lo spazio per
sopravvivere (Friedman, 2003), ma non solo. Andrebbe estesa
la definizione stessa di tecnologia espressa dall’Organizzazione
Mondiale della Sanità (WHO, 2001), senza limitarla al campo
delle disabilità, ma ampliandola a qualsiasi prodotto, strumento o sistema che possa contribuire all’empowerment delle persone e delle loro capacità.
Un altro aspetto emergente riguarda le dimensioni abilitanti che
si possono attivare nell’evoluzione delle forme di creatività e di
sviluppo culturale attraverso tecnologie che non perdono di vista le variabili umane e allo stesso tempo ambientali. In questa
seconda traiettoria, vanno esplorati sia i ruoli abilitanti che le tecnologie possono assumere in vista degli obiettivi di sostenibilità
dell’Agenda 2030 (ONU, 2015), sia le forme di applicazione, diffusione e trasferimento tecnologici che, nei recenti orientamenti
dell’IPCC, sono in grado di abilitare “condizioni” per migliorare
la fattibilità delle opzioni di adattamento e mitigazione e affrontare il climate change (IPCC, 2022). A questi campi di esplorazione si affiancano anche gli ambiti di ricerca e innovazione del
PNR – Programma Nazionale per la Ricerca 2021/27, riguardanti
i design studies, i cambiamenti climatici, la qualità della vita e le
strategie di rigenerazione dell’habitat antropizzato (MUR, 2020).
remedy, balance and optimise.
However, it is important to focus on
the technology that not only anticipates or solves problems, but which
also contributes to the continuous
search for multiple states of co-evolutionary adaptivity between bios and
techne. So, a technological practice
comes into play, which is not different from the behavioural, cultural,
and housing evolutionary capabilities
that are essential in the pre-adaptation
processes of the human species before
environmental and social challenges.
Technology has got an enabling value
to define scenarios, strategies and
choices supporting the evolutionary
needs of the homo complexus to take
care of himself, the environment and
the others, to learn and connect different rational approaches, and face uncertainties (Ceruti and Bellusci, 2020).
The need for an enabling technology
18
at several levels also emerges from the
contributions selected for Techne 25.
There is still a marked tendency to
consider mainly digital technologies.
However, at least three other dimensions of investigation can be identified.
Firstly, there is an urgent need to interrupt the hypertrophic accumulation of objects and performances
that are aseptically stratified on the
living space. It is necessary to oppose
“have” in the possessive sense stated
by Fromm (Fromm, 1976) against a
vision, which once again reflects on
the technical implications involved in
the “habitabilisation” of the space to
survive (Friedman, 2003), and that is
not all. The definition of technology
itself expressed by the World Health
Organisation (WHO, 2001) should
be extended to any product, tool or
system that may contribute to people
empowerment and their capabilities,
F. Angelucci, P. Davoli
Ulteriori dimensioni abilitanti risultano inoltre dai recenti
dispostivi legislativi e strategici comunitari e nazionali. Tra
questi, vanno ricordati il NextGenerationEU Plan con cui
sono stati finanziati i piani nazionali (il PNRR in Italia) e il
documento per un’Industria 5.0 europea. Rispetto alle perimetrazioni specialistiche delle KET’s, infatti, il NextGenerationEU amplia gli ambiti d’innovazione tecnologica abilitante
entro missioni trasversali che pervadono gli aspetti quotidiani dell’abitare: digitalizzazione, transizione ecologica, infrastrutture sostenibili, istruzione e ricerca, inclusione e coesione, salute. Per quanto riguarda l’Industria 5.0, invece, sono le
stesse tecnologie abilitanti a essere ridefinite in senso humancentred, individuando come future sfide le interazioni uomomacchina, le interferenze fra Big Data e società, l’interoperabilità fra sistemi tecnologici complessi e le loro implicazioni di
natura energetica.
Da queste riflessioni generali,
terminologiche e concettuali, è
sorta la necessità di approfondire il tema del ruolo abilitante della tecnologia anche con l’apporto di alcuni studiosi che si stanno confrontando direttamente
con le molteplici sfide poste dalle innovazioni tecnologiche contemporanee rispetto alle complessità del fare Architettura.
I contributi di Nicola Emery, Maurizio Ferraris e Paolo Tombesi, coinvolti per la costruzione di questo dossier, evidenziano
quanto, in realtà, il tema sia da leggersi non soltanto dal punto
di vista tecnico, costruttivo e operativo. Emerge uno scenario
molto più complesso che riguarda gli aspetti teoretici, antropologici e metodologici indotti dal concetto di tecnologia che
Declinazioni per una
tecnologia che abilita
and it should not be limited to the disability field.
Another emerging aspect concerns the
enabling dimensions, which can be
activated in the evolution of the forms
of creativity and cultural development
through technologies that do not overlook both human and environmental
variables. In this second trajectory, we
must explore the enabling roles technologies can assume considering the
sustainable development goals of the
2030 Agenda (ONU, 2015). We must
also explore the forms of technological application, diffusion, and transfer,
which can enable some “conditions”
to improve the feasibility of adaptation and mitigation options, and face
the climate change (IPCC, 2022), in the
recent guidelines of the IPCC. These
fields of exploration are also supported
by the research and innovation fields of
the Italian PNR – Programma Nazion-
ale per la Ricerca 2021/27, concerning
design studies, climate change, quality
of life and regeneration strategies of
the anthropised habitat (MUR, 2020).
Further enabling dimensions also
result from the recent Community
and National legislative and strategic
guidelines. The NextGenerationEU
Plan, the National plans were financed
with (the PNRR in Italy), and the
document for a European Industry 5.0
should be mentioned among them.
Compared to the specialised boundaries of the KETs, in fact, the NextGenerationEU extends the areas of enabling technological innovation within
transversal missions that pervade the
aspects of daily living: digitalisation,
ecological transition, sustainable infrastructures, education and research,
inclusion and cohesion, and health.
Concerning Industria 5.0, the enabling
technologies themselves are redefined
TECHNE 25 2023
può assumere capacità abilitanti all’interno dell’intero processo progettuale dell’habitat umano.
Nicola Emery precisa che, prima ancora di parlare di tecnologie
abilitanti, sarebbe necessario disinnescare quel “rapporto ingenuo” che tende a stabilirsi tra la “forza” dei metodi tecnologici,
l’espansione incontrollata dei processi di automatizzazione e
l’illusione di una facilitazione che esonera l’umanità da tutte
le gravosità del lavoro. Nella trasformazione profonda dei ragionamenti teleologici sull’avanzare delle innovazioni tecnologiche, l’inversione tra soggetto e oggetto, tra l’umanità e le
tecniche, sarebbe alla base di questa ingenuità che Emery metaforicamente evidenzia evocando l’immagine dell’apprendista
stregone. Con il progressivo svanire del mito moderno della
tecnica liberatoria al servizio della società, gli enti tecnologici
oggi retroagiscono con i soggetti umani monitorandoli, orientandoli, guidandoli, ma anche possedendoli e sovrastandoli con
un’imposizione di regole, tempi, ritmi e processualità del mondo virtuale.
In assenza di una ricucitura fra il pensiero umanistico e quello scientifico, che abbia la capacità di riequilibrare i rapporti
fra attori, processi, mezzi e fini, risulta difficile, se non inutile,
affrontare questioni che riguardano la sfera dell’abitare e del
costruire quali: la disautomatizzazione dei processi, il superamento delle derive tecnocratiche, la revisione disciplinare e la
rifondazione dei paradigmi del progetto. In sostanza, senza il
superamento della dilagante “teleologia dell’utile immanente”,
andrebbe a decadere anche la possibilità di ripensare in senso
davvero sostenibile e umanizzato il progetto dell’architettura,
a meno di non rifugiarsi in un’illusoria e consolante riproposizione della sua assoluta centralità nel dominio del costruire
in a human-centred sense, identifying
human-machine interactions, interferences between Big Data and society,
interoperability among complex technological systems and their energy implications as future challenges.
Variations for an enabling technology
Starting from these general, terminological, and conceptual reflections, it
has been necessary to investigate the
issue of the enabling role of technology with the contribution of some
researchers, too. They are directly facing the multiple challenges, made by
contemporary technological innovations, with respect to the complexities
of making Architecture.
The contributions from Nicola Emery,
Maurizio Ferraris, and Paolo Tombesi,
involved in making this dossier, highlight how the issue is to be read not
only from a technical, construction
19
and operational point of view. A much
more complex scenario emerges concerning the theoretical, anthropological, and methodological aspects, which
are induced by the concept of technology, and which can have different
enabling capabilities within the whole
design process of the human habitat.
Nicola Emery specifies that, even before talking about enabling technologies, it would be necessary to diminish
that “naïve relationship” established
among the “power” of technological
methods, the uncontrolled expansion
of automation processes, and the illusion of a facilitation, which emancipates humanity from all the burdens of
work. In the deep transformation of a
teleological thought about the advances of technological innovations, the
inversion between subject and object,
between humanity and techniques,
would be at the basis of this naivety
F. Angelucci, P. Davoli
il nostro habitat. Con questo potenziale stallo dell’evoluzione
del progetto e delle implicazioni a esso legate, andrebbe a sancirsi anche una sua definitiva inadeguatezza per affrontare le
emergenze abitative e planetarie contemporanee e del futuro.
Anche le innovazioni tecnologiche e le loro capacità di svolgere un ruolo abilitante per l’umanità sarebbero inesorabilmente
destinate a continuare ad assumere un carattere esclusivamente
prestazionale e tecnocentrico.
Per Maurizio Ferraris c’è un nucleo centrale nel ragionamento
sui ruoli abilitanti della tecnologia che va rintracciato nella capacità della specie umana di connettere aspetti apparentemente
lontani o tra loro estranei. Ferraris analizza la domanda “che
senso ha”, ricorrente nella storia e nello sviluppo di tutte le civiltà perché, di fatto, restituisce la natura “diversa” della nostra
specie rispetto alle altre forme viventi. Pur facendo riferimento
ai cinque sensi (presenti in parte o integralmente in quasi tutte
le specie biologiche) questo interrogativo si reitera a causa del
nostro bisogno di essere sistematicamente connessi con meccanismi, attraverso i quali riceviamo e filtriamo input, feedback
e sollecitazioni dall’ambiente esterno. Meccanismi, però, con i
quali abbiamo sempre archiviate, manipolate, integrate e trasmesse informazioni utili per la nostra sopravvivenza materiale di esseri incompleti e anche per le nostre necessità di esseri
spirituali.
È così che i cinque sensi sono stati interpretati non limitandosi al solo possesso di capacità funzionali, bensì estendendoli a
modi di essere, ragionare e usare le nostre risorse intellettive.
In particolare, Ferraris si sofferma sul senso del tatto. Tra le nostre capacità sensoriali, il tatto pervade l’intero nostro corpoorganismo e, attraverso lo sviluppo di membrane tecniche, ha
that Emery metaphorically highlights
by evoking the image of the sorcerer’s
apprentice. Gradually, the modern
myth of the liberating technique at
the service of society has disappeared
and, today, the technological bodies
retroact with human subjects by monitoring, orientating, and guiding them,
but also by possessing and dominating
them through the imposition of rules,
times, rhythms, and processes of the
virtual world.
Due to the lack of a reconnection
between humanistic and scientific
thought, which does not allow to rebalance the relationships among actors, processes, means and ends, it is
difficult, if not useless, to face issues
concerning the sphere of living and
building such as: de-automatisation
of processes, overcoming technocratic drifts, disciplinary revision, and
re-foundation of design paradigms.
Essentially, the possibility of conceiving the design of Architecture in a
truly sustainable and humanised sense
would decline without overcoming
the pervasive “teleology of immanent
utility”, unless we take refuge in an illusory and comforting re-proposition
of its absolute centrality in the domain
of building our habitat. Its definitive
inadequacy to face contemporary and
future housing and planetary emergencies would also be established with
this potential stalemate in the design
evolution and the implications linked
to it. Even technological innovations
and their capability to play an enabling
role for humanity would inexorably be
destined to continue assuming an exclusively performing and technocentric character.
According to Maurizio Ferraris, there
is a core in reasoning on the enabling
roles of technology, which can be
TECHNE 25 2023
ristabilito ogni volta nuove condizioni favorevoli per vivere. Il
riferimento alle stratificazioni che si sono sovrapposte alla nostra epidermide naturale (evidentemente insufficiente), attraverso pellicce e membrane edilizie, ma anche alle pergamene,
come membrane di supporto per la scrittura, ricostruisce un
quadro in divenire tecno-antropologico. È quindi nel nostro
destino o DNA dover ragionare sulle tecniche, connettendole
in senso “filantroscopico”, per dar loro senso affinché possano
continuare ad abilitarci a diversi livelli di preadattamento a ciò
che noi siamo e saremo: esseri molteplici e ibridi, fisici e spirituali. Questo finanche in vista degli imminenti sviluppi delle
membrane interattive che ci coinvolgeranno nelle dimensioni
degli ambienti virtuali, delle realtà immersive e del metaverso.
Paolo Tombesi riparte dalla definizione classica di economia,
quale scienza profondamente legata allo studio dell’òikos e delle
sue risorse. Evidenzia il ruolo centrale della pratica tecnologica come approccio metodologico necessario per comprendere
e migliorare le relazioni fra comportamenti umani, finalità del
nostro agire tecnico e disponibilità o scarsità di risorse. Tale
pratica non può che manifestarsi ed essere fondamentale, nel
suo ruolo abilitante, all’interno del progetto dell’architettura.
Tombesi delinea quattro possibili ambiti preferenziali, non
necessariamente esclusivi, che possono abilitare livelli di progressivo affinamento del progetto e dei suoi gradi di efficacia.
Entrano così in gioco insiemi di variabili abilitanti plurime. Il
primo riguarda gli assi di collaborazione che coinvolgono diversi attori e influiscono sulle decisioni da prendere in relazione
a forme, processi, materiali e obiettivi esigenziali del progetto.
Il secondo concerne le modalità d’azione tecnica, le procedure
e le responsabilità delle filiere produttive che contribuiscono a
traced back to the capability of the
human species to connect aspects that
are apparently distant or unrelated
to one another. Ferraris analyses the
question “What does it mean?”, recurring in the history and development
of all civilisations because, in fact, it
gives back the “different” nature of our
species compared to other life forms.
While referring to the five senses
(present partly or wholly in almost
all biological species), this question is
repeated due to our need to be systematically connected with mechanisms,
through which we receive and filter
inputs, feedbacks and solicitations
from the external environment. They
are mechanisms, however, with which
we have always archived, manipulated,
integrated, and transmitted useful information for our material survival as
incomplete beings, and for our needs
as spiritual beings, too.
20
This is how the five senses have been
interpreted, not limited to the only possession of functional capabilities, but
extended to ways of being, reasoning
and using our intellectual resources.
Particularly, Ferraris focuses on the
sense of touch. Among our sensory
skills, touch pervades our entire bodyorganism, and it has re-established
new, favourable, living conditions
every time, through the development
of technical membranes. The reference to the stratifications, which have
been overlapped on both our natural
(obviously insufficient) epidermis,
through furs and building membranes,
and parchments, as supporting membranes for writing, develops a framework in techno-anthropological evolution. It is, therefore, part of our destiny,
or DNA, that we must think about
techniques, connecting them in a
“philanthroscopic” sense, to give them
F. Angelucci, P. Davoli
definire lo spazio abitativo e le sue prestazioni. Un terzo insieme
include le condizioni geografiche e culturali che incidono sulle
ragioni tecniche, costruttive e morfogenetiche. Non per ultime,
sono centrali le logiche di analisi, interpretazione e ideazione,
nel loro significato essenziale di ragionamenti sulle alternative
che possono considerarsi verso un futuro preferibilmente non
univoco e unidirezionale.
Attribuendo maggiore attenzione al logos, Tombesi rintraccia
nel metodo “tecno-logico” un processo aperto che, attraverso
filtri di indagine volta per volta diversi, può determinare condizioni diverse per ricondurre decisioni, forme di produzione
dello spazio e relative scelte di risorse all’interno di una pratica
euristica del fare progetto. La tecnologia, intesa come compendio di metodi, strumenti e tecniche, costituisce una risorsa insostituibile per comprendere, leggere, comparare e intervenire,
in senso “politecnicistico”, all’interno dei quadri operativi del
progetto contemporaneo che sono ormai caratterizzati da livelli
di complessità sempre più elevati.
I contributi dei tre autori evidenziano interpretazioni con
sfumature diverse dei ruoli abilitanti delle tecnologie. È oggettivamente riscontrabile che avere un atteggiamento tecnologico, di fatto, ha sempre caratterizzato il processo evolutivo della
specie umana per integrare le innovazioni tecniche nelle pratiche abitative della quotidianità. È fondamentale evitare, tuttavia, l’uso delle risorse tecnologiche (anche quelle cosiddette abilitanti) in senso possessivo/sovrastante. Emerge invece la necessità di un loro impiego senza eludere i bisogni e le esigenze individuali o collettive, le implicazioni che esse possono comporConclusioni
a meaning, so that they can continue
enabling us at different levels of preadaptation to what we are and what we
will be: multiple and hybrid, physical
and spiritual beings. This even in view
of the imminent developments of interactive membranes that will involve
us in the dimensions of virtual and
immersive realities, and the metaverse.
Paolo Tombesi restarts from the classic
definition of economics, as a science
deeply linked to the study of the òikos
and its resources. He highlights the
central role of technological practice as
a methodological approach, which is
necessary to understand and improve
the relationships among human behaviours, the purpose of our technical
action, and the availability, or scarcity
of resources. Such a practice can only
appear and be essential in the design
of Architecture for its enabling role.
Tombesi outlines four possible prefer-
ential areas, not necessarily exclusive,
which can enable levels of progressive refinement of the design and its
degrees of effectiveness. So, groups of
multiple enabling variables come into
play. The first group concerns the collaboration axes that involve different
actors and influence decisions-making
in relationship with forms, processes,
materials, and design requirements.
The second group concerns the methods of technical action, procedures,
and responsibilities of the production
chains, which contribute to defining
the living space and its performance.
The third group includes the geographical and cultural conditions affecting the technical, construction and
morphogenetic reasons. Last but not
least, the rationale of analysis, interpretation and conception are central, in
their essential meaning to think about
the alternatives that can be considered
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tare nei domini ecosistemici, sociali ed economici. In sintesi,
bisogna comunque attribuire al concetto di abilitante un ruolo
finalizzato al miglioramento della qualità dell’habitat.
Le condizioni per assumere modi di essere, abitare, sopravvivere e convivere con i propri simili non possono però disgiungersi
da una continua ricerca di senso e finalità che assume caratteri
plurali e multidimensionali sia progettuali, sia, al tempo stesso, di natura tecnologica e ambientale, per re-inventare continuamente le tecniche, ricondurle alla loro ineludibile finalità di
risorse al servizio delle esigenze umane e rideterminare, ogni
volta, nuove forme di adattamento (Guazzo, 2003). Il problema
non è quindi classificare, riorientare, negare o esaltare le tecniche come risorse più o meno abilitanti. È di certo necessario
superare quello stato di sospensione che, ciclicamente, si manifesta di fronte alle grandi innovazioni epocali. La vera sfida è
però riappropriarsi delle capacità tecnologiche insostituibili di
connettere o ricomporre i vari livelli tecnici in una visione organica che possa risultare abilitante per garantire, consolidare
e migliorare le nostre attitudini comportamentali e abitative.
Per raggiungere questo obiettivo, occorre esplorare le possibili
forme d’impiego delle innovazioni nell’ambito della progettazione del nostro habitat, evitando le riduttive interpretazioni in
senso sostitutivo e automatizzante (Stiegler, 2015) che spesso
caratterizzano i primi approcci alle nuove scoperte. È soprattutto fondamentale recuperare quella capacità di pensare e
tradurre in entità abitabili tutte le componenti materiali e immateriali del progetto, riconducendole alla costruzione di relazioni armoniche fra individui, società, tecniche e natura. Senza dimenticare che, qualsiasi atto progettuale è e dovrà essere
sempre fondato su ragioni e opzioni tecnologiche con le quali
towards a preferably non-unique and
unidirectional future.
Paying greater attention to the logos,
Tombesi traces an open process in
the “techno-logical” method which,
through different investigative filters,
time after time, can determine different conditions to bring back decisions,
forms of space production and relative
choices of resources within of a heuristic practice of designing. Technology,
meant as a compendium of methods,
tools and techniques, is an irreplaceable resource to understand, read,
compare, and intervene, in a “polytechnical” sense, within the operating
frameworks of contemporary design,
characterised by higher and higher
complex levels now.
Conclusions
The contributions from the three authors highlight differently nuanced
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interpretations of the enabling roles of
technologies. It is objectively verifiable
that having a technological attitude
has practically always characterised
the evolutionary process of the human
species to integrate technical innovations into daily inhabiting practices.
However, it is essential to avoid the
use of technological resources (even
the so-called enabling ones) in a possessive/overhanging sense. Instead,
the need to use them emerges without
eluding either individual or collective
needs and requirements, and implications that they may have in the ecosystemic, social and economic domains.
Briefly, it is still necessary to attribute
a role aimed at improving the quality
of the habitat to the concept of enabler.
The conditions to assume ways of being, inhabiting, surviving and coexisting with our fellow humans cannot be
separated from a continuous search
F. Angelucci, P. Davoli
avviare quei processi di modellazione dell’ambiente naturale
senza i quali potrebbero essere messe in discussione le nostre
stesse capacità di sopravvivenza.
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purpose of resources at the service of
human needs and re-determine new
forms of adaptation each time (Guazzo, 2003). The problem is, therefore,
not to classify, redirect, deny or exalt
techniques as more or less enabling
resources. It is certainly necessary to
overcome that state of suspension,
which, cyclically, appears before great
epochal innovations. However, the
real challenge is to regain possession
of the irreplaceable technological skills
to connect or recompose the various
technical levels in an organic vision
that can be enabling to guarantee, consolidate and improve our behavioural
and housing attitudes.
In order to achieve this goal, it is necessary to explore the possible usage
of innovations to design our habitat,
avoiding the reductive interpretations
in a substitutive and automating sense
(Stiegler, 2015), which often characterise the initial approaches to new
discoveries. It is essential to recover
the ability to think and translate all
the material and immaterial components of design into habitable entities,
reducing them to the construction of
harmonious relationships among human beings, society, techniques, and
nature. Do not forget that any design is
and must always be based on technological reasons and options with which
those processes of modelling the natural environment must be started, and
without which our own survival skills
could be questioned.
TECHNE 25 2023
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